Tra le numerose figure che compongono il pantheon mitologico orientale, il drago si distingue per forza, gloria e imponenza. Trattasi certamente di caratteristiche sublimi, talvolta fin troppo soverchianti: impossibile quindi che due esemplari di questo genere riescano a coesistere nello stesso regno senza alcun ingombro. Come più volte ripetuto durante la saga creata da Toshiro Nagoshi, “c’è spazio per un solo dragone”. Prevalsa e sopravvivenza, due pilastri sui quali poggia le proprie basi Yakuza Kiwami 2. Dopo l’emozionante conclusione del sesto e ultimo capitolo, Sega ci consente di tornare indietro sui nostri passi, a quel lontano 2006, durante il quale assistemmo per la prima volta allo scontro tra Kiryu Kazuma e Ryuji Goda, il dragone di Kansai. Mai epiteto come “Kiwami” – traducibile in Inglese con “Extreme” – sarebbe stato più appropriato per questa scoppiettante avventura: il Ryu Ga Gotoku Studio è riuscito nell’ardua impresa di unire i migliori elementi di Yakuza con la nuova tecnologia di Yakuza 6, estremizzandone e perfezionandone la formula di gioco, condita da una trama incalzante e dai numerosi colpi di scena. Per quanto smaniosi di saperne di più circa il futuro della serie, mentiremmo se dicessimo di non desiderare il remake di tutti gli altri capitoli in Dragon Engine. L’annuncio delle versioni rimasterizzate degli episodi pubblicati su PlayStation 3 è certamente un evento lieto, accolto con il piacere di molti, ma il desiderio di vedere nuovamente all’opera tale motore grafico è davvero forte. Senza indugiare ulteriormente, seguiteci per le strade di Kamurocho, alla volta della nostra recensione di Yakuza Kiwami 2.
È trascorso ormai un anno dall’incidente della Millennium Tower e dei dieci miliardi di yen: lasciati alle spalle i fantasmi del passato, Kiryu e la piccola Haruka si apprestano a iniziare una nuova vita assieme. Prima di abbandonare il caotico agglomerato urbano, i due decidono di salutare un’ultima volta i propri defunti, tra amori scomparsi e vecchie amicizie. Sebbene il cimitero sia un luogo sacro ove vigono silenzio e raccoglimento, il clamore della guerra non conosce norme e formalità: il nostro protagonista viene raggiunto da Terada, attuale presidente del Tojo Clan, il quale lo mette in guardia circa l’imminente scontro tra l’organizzazione criminale e l’Alleanza Omi di Osaka. Partendo alla volta di Sotenbori – quartiere già noto ai più dopo gli avvenimenti del capitolo zero – per mediare tra i due clan ed evitare una serie di massacri sanguinolenti, dovremo prima trovare un giovane e ribelle Daigo Dojima. Inutile sottolineare come quasi nulla vada come pronosticato, gettandoci in una sequela di disavventure e situazioni dalla soluzione apparentemente impossibile. A differenza di quanto proposto dal sesto episodio, l’antagonista principale di Kiwami 2 è uno dei più amati dal pubblico della serie: Ryuji Goda, il dragone di Kansai, è un leader carismatico, violento e ambizioso, ossessionato dalla propria ascesa al potere. Lo scontro finale tra i due pesi massimi di Est e Ovest è un evento atteso per tutta la durata dell’avventura, la quale non mancherà di stupirci con svariate inversioni di marcia, tra oscuri burattinai, macchinazioni e tradimenti. Come se non bastasse, alla sempreverde trama di Yakuza 2 si aggiungono i tre capitoli totalmente inediti con protagonista Goro Majima: il team creativo ci ha concesso non solo di vestire nuovamente i panni del potente e imprevedibile “Cane Pazzo di Shimano” ma ci ha anche fornito le risposte a numerosi interrogativi, rimasti aperti fin dagli avvenimenti degli anni ’80. Una delle maggiori criticità di The Song of Life erano alcune porzioni di gioco decisamente più lente e senza particolare mordente. Fortunatamente non è questo il caso di Kiwami 2, il quale riserva svariati colpi di scena alla fine di ogni parentesi. Il numero elevato di sequenze filmate potrebbe forse far storcere il naso agli amanti dell’azione più pura, ma credeteci: il livello qualitativo della regia e l’interpretazione degli attori varranno ogni singolo minuto di visione. Terminata l’avventura principale – dalla durata complessiva di una quindicina d’ore – potrete come di consueto ricominciare il gioco con il New Game Plus o proseguire nella libera esplorazione degli ambienti. Le storie secondarie presentano piccole avventure davvero ben scritte, in numero superiore rispetto a Yakuza 6 ma decisamente inferiore se paragonate alla pletora di quelle di Yakuza 0.
Ritornano in grande stile alcune delle attività di maggior successo presenti in passato: stiamo parlando del Clan Creator e del Cabaret Club. Il primo riprende in tutto e per tutto la struttura del Kiryu Clan, ponendoci nei panni di manager per la Majima Construction. Quest’ultimo richiede sostanzialmente di difendere il proprio avamposto dagli assalti dei nemici, reclutare uomini sempre più forti e potenziare tutta la strumentazione a nostra disposizione. Sia le meccaniche che le missioni seguono il medesimo canovaccio del Clan in Yakuza 6, con qualche piccola modifica. A sporcarsi le mani non troveremo più le anonime orde di sgherri, bensì tutti i singoli combattenti aggiunti ai nostri ranghi, con abilità offensive e difensive uniche. Dal canto suo, il Cabaret Grand Prix – oltre a essere una vera e propria droga – non altera in alcun modo la formula del Club Sunshine di Yakuza 0: gli esperti di tale modalità si troveranno perfettamente a proprio agio e avranno modo di incassare ingenti somme di denaro senza troppa fatica. Queste due graditissime inclusioni sono in grado di aumentare drasticamente il numero di ore necessarie per completare il gioco: i più assennati potranno accumularne benissimo un centinaio. A tutto ciò si aggiungono anche gli svariati minigiochi, dai cabinati arcade agli scacchi giapponesi dello Shogi, dal Blackjack al maledetto Mahjong. A tal proposito sarebbe bene aprire una parentesi. Che questi siano disponibili e che Kiwami 2 ci chieda di prendervi parte è sicuramente un bene: ciò che risulta difficilmente digeribile è che, per portare a termine la Completition List e ottenere il trofeo di Platino, sarà necessario divenire particolarmente abili in ognuno di essi. Senza voler tener conto del fattore RNG, eccezioni a parte, un giocatore occidentale difficilmente potrebbe terminare un incontro di Shogi o Mahjong con vantaggi esorbitanti. La sua natura intrinsecamente nipponica è indubbiamente uno dei principali motivi per i quali in molti apprezzano la saga, ma forse richieste di tal genere potrebbero dare sui nervi al pubblico nostrano: sarebbe come chiedere ai giapponesi di sconfiggere “Don Antonio, il re dello Scopone scientifico” giù al bar del paese. Oltre al gioco d’azzardo trovano anche spazio attività ben più rilassanti, come l’immancabile karaoke o i perversi set fotografici per attrici hard in carne e ossa. Potremo inoltre cimentarci nei caotici e divertentissimi scontri al Coloseum, assente nel precedente Yakuza 6, dove affronteremo avversari anonimi, volti noti e addirittura animali feroci.
Il sistema di combattimento, vero scheletro dell’intera offerta, è stato ereditato da The Song of Life, mantenendo la singolarità dello stile, le numerose Heat Action e la grande accessibilità anche per i neofiti. Caricando al massimo la barra dell’Heat potremo attivare la Super Heat Mode, con la quale scatenare una tempesta di colpi devastanti sui nostri nemici, mentre portando il boss di turno al limite dello sfinimento si otterrà una mossa finale ad hoc chiamata “Feel the Heat”, con la quale concludere lo scontro in modo spettacolare. Completare obiettivi e sconfiggere nemici ci farà accumulare punti, da spendere nelle diverse sezioni, divise per abilità fisiche, mentali e sociali. Stavolta però non basterà più completare la singola campagna principale per ritrovare un Kiryu al massimo della condizione fisica, ma dovremo portare a termine anche gran parte degli incarichi secondari. Al realismo degli scontri di Yakuza 6 si oppone invece lo spirito più arcade e spettacolare di Yakuza 0. Nel capitolo conclusivo di questa enorme odissea avevamo sottolineato come gli scontri con i boss avessero perso quel particolare appetito scenico. Stavolta però abbiamo potuto constatare come la musica sia cambiata, con il ritorno delle barre multi-vita e dei sempre cari QTE. Proprio grazie alla reintroduzione di queste caratteristiche, i confronti – specialmente quelli delle battute finali – sono risultati più longevi ed entusiasmanti. Degna di menzione è inoltre la possibilità di utilizzare le armi, le quali spaziano dalle normali mazze di ferro alle folli spade laser, consentendoci di ribaltare spesso l’esito di alcuni incontri. Purtroppo, al netto di tutte le migliorie tecniche apportate dal Dragon Engine, la telecamera risulta essere fin troppo ballerina, almeno per quanto riguarda i combattimenti, ponendosi spesso in punti ciechi o angoli dalla scarsa visuale.
Il gioco è stato portato a termine su PlayStation 4 standard. Per poi testarne i miglioramenti delle performance, sono state effettuate alcune sessioni di gioco anche su PlayStation 4 Pro. Essendo parte di una saga così ricca di personaggi e avvenimenti, è consigliabile prima recuperare sia Yakuza 0 che il primo Yakuza Kiwami. Nel caso in cui siate particolarmente impazienti, troverete alcune spiegazioni filmate proprio nei primi istanti di gioco.
DurataDal punto di vista artistico, Kiwami 2 si attesta su altissimi livelli per quanto riguarda la saga del Dragone di Dojima. I modelli dei volti durante le sequenze filmate rendono giustizia alle performance di attori come Susumu Terajima, il quale ha interpretato brillantemente l’oscuro detective Jiro Kawara. Allo stesso modo, il doppiaggio in lingua originale è come al solito eccellente, in grado di restituire facilmente la tensione e il grande pathos dei dialoghi. L’opera di sottotitolaggio in inglese è stata svolta nel migliore dei modi, con un linguaggio comprensibile e mai troppo astruso. L’assenza dell’italiano è una mancanza sulla quale si potrebbe bene o male chiudere un occhio, constatando come spesso in Yakuza le immagini possano parlare anche da sole. L’accompagnamento sonoro purtroppo non riesce a regalare grandi perle come in passato (Yakuza 3 e Yakuza 0 restano ancora oggi imbattuti), con l’eccezione dei temi di Kei Ibuchi, Ryuji Goda e dei titoli di coda. In termini di performance il titolo dei Ryu Ga Gotoku Studio svolge un lavoro egregio su PlayStation 4 Pro mentre presenta ancora qualche piccolo difetto – come sporadico aliasing sulle lunghe distanze e qualche raro calo di frame rate – sulla sua controparte standard, senza però creare particolare fastidio al giocatore. I quartieri di Kamurocho e Sotenbori, con i loro contrasti di verde e rosso, restano particolarmente piacevoli da esplorare, sempre saturi di insegne al neon e luoghi suggestivi da fotografare.
Concludendo, Yakuza Kiwami 2 è ad oggi l’esperienza più completa, vasta e variegata dell’intera serie, con una trama avvincente e un gameplay immersivo e divertente. Prima di addentrarvi in questa seconda avventura “estrema” vi consigliamo ovviamente di recuperare i precedenti Zero e Kiwami, sia per conoscere al meglio ogni volto e avvenimento (non preoccupatevi, ci sono numerose spiegazioni filmate proprio nei primi minuti) sia per padroneggiare al meglio ogni meccanica…sempre che abbiate qualche centinaio di ore a vostra disposizione. Il perfetto bilanciamento in termini quantitativi e qualitativi tra Yakuza 0 e Yakuza 6 ha dato vita a un prodotto ottimo, imperdibile per ogni fan della saga di Kiryu Kazuma e godibile anche per i giocatori meno esperti. Prima di riporre Kiwami 2 sullo scaffale e sentirvi completi, dovrete sacrificare gran parte del vostro tempo libero.
In Yakuza Kiwami 2 troviamo un Dragon Engine ormai ben rodato e in gran spolvero. Dopo il primo esperimento del sesto capitolo, il team di sviluppo ha appreso come utilizzare al meglio il motore grafico, ottenendo risultati eccellenti, specialmente per quanto riguarda le sezioni filmate e la resa dei volti. Ottimo non solo il sistema di illuminazione ma anche la qualità delle texture e la gestione della fisica di gioco. Assenti su PlayStation 4 Pro, ritroviamo ancora sulla sua controparte standard alcuni piccoli difetti di natura tecnica, come aliasing sulle lunghe distanze e qualche sporadico calo di frame rate.
La colonna sonora non regala perle di particolar pregio come in passato ma è comunque possibile ritrovare qualche traccia di qualità, specialmente quella dello scontro finale e dei titoli di coda. La vera forza del comparto audio di Kiwami 2 risiede però nel doppiaggio in lingua originale e nella performance attoriale di alcuni protagonisti.
Il gameplay di Yakuza Kiwami 2 è il risultato di tanti anni di esperienza, esperimenti e perfezionamenti. Ad oggi, l'offerta ludica proposta è la migliore dell'intera saga del Dragone di Dojima, sia per mole che qualità dei contenuti. Il sistema di combattimento è stato reso più accessibile, meno legnoso e impreziosito dall'inclusione di una fisica di corpi e oggetti più realistica. Menare le mani e dare "capate in bocca" non è mai stato così soddisfacente. Mal digeribile invece l'eccessiva difficoltà di alcuni minigiochi tipici della tradizione giapponese, necessari per completare al 100% il gioco: il fattore frustrazione potrebbe talvolta demoralizzarvi.