Dopo il successo clamoroso del primo, incredibile, Game Boy nel 1989 ci si chiedeva come Nintendo avrebbe potuto migliorare una macchina capace di vendere più di 100 milioni di unità, già perfezionata con la variante Color commercializzata quasi dieci anni dopo che la migliorava con un processore simile allo Z80 originale ma col doppio della frequenza e della RAM, rendendola capace di gestire più di cento colori a schermo contemporaneamente ampliando di gran lunga la gamma cromatica rispetto alle sole quattro tonalità del primo modello.
Ma quando si tratta di superarsi, Nintendo non si è mai tirata indietro. Ecco che il 24 agosto del 2000, due anni dopo l’uscita del Game Boy Color, fa improvvisamente la sua comparsa al Nintendo Space World il Game Boy Advance, presentato quasi in sordina dato che è il fratellone Gamecube a farla da padrone. Con l’arrivo del nuovo millennio il mondo sentì la necessità di rinnovarsi abbracciando il futuro, esigenza che ha portato la casa di Kyoto ad osare e stravolgere il concetto di Game Boy innanzitutto passando dalla originaria forma monolitica e verticale pensata da Gunpei Yokoi a quella orizzontale e più sinuosa realizzata dal designer francese Gwénaël Nicolas e dal suo studio Curiosity Inc. di Tokyo.
Il risultato fu un approccio più ergonomico e gradevole alla vista, con uno schermo più grande rispetto alla passata generazione che lasciava sostanzialmente invariata la posizione dei tasti, con i due A e B a destra del display e la croce direzionale a sinistra, mentre i due dorsali R ed L notevolmente più grandi rispetto al passato posizionati sui lati della superficie superiore.
Sotto la scocca il Game Boy Advance vantava un processore a 32 bit con un co-processore Z80 per la retrocompatibilità, il che lo rendeva una sorta di SNES tascabile con la potenza adatta per gestire un numero limitato di poligoni in 3D ed effetti di luci ed ombre. Questa somiglianza hardware col Super Nintendo portò sul GBA un buon numero di porting dalla console casalinga tra cui Final Fantasy IV, F-Zero: Maximum Velocity e Super Mario Advance.
Il display da 2.9 pollici dalla risoluzione di 240 x 144 pixel presentava un pannello riflettente non retroilluminato LDC con tecnologia TFT, questa mancanza fece storcere il naso al pubblico dato che tra i problemi più snervanti della prima generazione c’era la completa ingiocabilità al buio, mancanza che a detta degli sviluppatori fu trascurata per non gravare troppo sulla durata del dispositivo, alimentato da due pile AA.
L’hardware avanzato impreziosito dal co-processore per la retrocompatibilità rese il parco giochi del GBA incredibilmente ampio e variegato, con il carrellino per le cartucce nella parte superiore del dispositivo che poteva contenere sia quelle allungate per Game Boy/Color che le nuove molto più piccole ed arcuate: nei primi tre anni furono pubblicati ben tre nuovi Castlevania tra cui quell’Aria of Sorrow che colpì per la qualità grafica non lontana al Simphony of the Night per PSX; Metroid ritornò con Zero Mission, remake del primo e Fusion, cronologicamente l’ultimo della serie; i Pokemon la fecero da padrone con Rubino/Zaffiro e Smeraldo segnando il record di vendite per la console con ben 16,22 milioni di copie; l’immancabile The Legend of Zelda ritornò con The Minish Cap che convnse su tutta la linea ed in particolare per la qualità grafica che richiamava i tratti in cel shading di The Wind Waker. Naturalmente anche il Game Boy Advance fu colonizzato da Super Mario in tutte le salse: tennista, golfista, spalla di Luigi, salvatore di principesse, festaiolo scatenato e dottore.
L’effettivo sviluppo iniziò solo dopo l’uscita del Game Boy Color (1998) ma il periodo di messa a punto fu brevissimo, nel giro di due anni la console era pronta. Chiamata provvisoriamente col nome in codice di “Advanced Game Boy”, alla fine si decise di mantenerlo anche per il prodotto finale. Piccola chicca: sapete che questo nome fu coniato come risposta videoludica di Nintendo al successo del Walkman di Sony? All’epoca il Walkman fu una trovata dalla portata enorme dato che permetteva di ascoltare la propria musica in giro per la città e non più costretti a stare in auto o a casa.
Nintendo fece suo questo concetto col Game Boy, creando non pochi fastidi a Sony ed iniziando una lunga serie di scaramucce di cui parleremo più avanti.
Ad ogni modo, quello che non tutti sanno è che il GBA ha rischiato di non vedere mai la luce, o quantomeno non nella veste che ora conosciamo, dato che Nintendo ha ammesso di aver inizialmente lavorato ad un successore del Game Boy già dalla metà degli anni ’90 progettando una console con una potenza di calcolo simile allo SNES con processore a 32 bit. Il progetto fu poi abbandonato in seguito ad una ripresa delle vendite della console e delle dimensioni eccessive e poco portatili del prototipo. Il nome in codice era Project Atlantis.
Approdata sugli scaffali nipponici il 21 marzo 2001 ed in giugno nel resto del mondo, non si può certo dire che la console sia rimasta a prender polvere: Nintendo stimò vendite per ben 24 milioni di unità al termine del primo anno, aspettandosi ben un milione di vendite solo in madrepatria. All’uscita in Nord America il GBA vendette ben 500.000 unità soltanto nella prima settimana segnando un nuovo record, lo stesso destino toccò all’Inghilterra le cui vendite arrivarono ad 80.000 esemplari stracciando il precedente record di Sony con la PlayStation 2 di “sole” 20.000 unità. Al termine del suo ciclo vitale Nintendo ha pubblicato le cifre definitive, tra tutti e tre i modelli commercializzati (GBA, GBA SP e Micro) la console ha venduto 81,50 milioni di copie in tutto il mondo, di cui 35,6 milioni solo il primo modello. Ad aiutare le vendite contribuì il prezzo di 100$, che la rendeva una console accessibile a tutti.
Questo successo non bissava quello clamoroso del primo Game Boy, arrivato alla sconcertante somma di 118,69 milioni. Perchè? Fu soprattutto per via dei diversi competitor con cui le due console si sono scontrate: se il primo Game Boy ha dovuto scontrarsi con avversari molto più agguerriti come l’Atari Lynx, il TurboExpress ma soprattutto il Sega Game Gear capace di piazzare da solo dieci milioni di console, per il GBA non fu tanto un problema di concorrenza esterna, rappresentata dal Neo Geo Pocket Color, WonderSwan, GP32, Tapwave Zodiac ed il Nokia N-Gage che in totale hanno venduto meno di sette milioni di console, quanto di concorrenza interna. Per il giovane Advance il pericolo maggiore veniva da casa propria, dato che sul finire del 2004 Nintendo commercializzò il Nintendo DS, console portatile dalla straordinaria carica innovativa per l’epoca dati i due schermi di cui uno dotato di touchscreen resistivo.
Di fatto il ciclo vitale del GBA è stato di poco più di quattro anni nonostante la produzione sia cessata nel 2008 e la console abbia avuto due varianti, l’affiancamento del DS ne cannibalizzò le vendite. Al primo impatto la mossa di Nintendo poteva sembrare insensata, affiancare ad una console che sta vendendo benissimo un’altra dopo così poco tempo dall’uscita e piazzandola nello stesso settore. Per capirne il perchè bisogna guardare sempre in Giappone, a circa 370 chilometri da Kyoto, nel distretto di Minato, sede della rivale Sony. L’altra casa nipponica in pochi anni era riuscita ad ottenere un successo strepitoso prima con PSX nel ’94 vendendo il triplo del Nintendo 64 e successivamente con la Playstation 2 che dall’uscita nel 2000 stava stracciando il Gamecube, vendendo al termine del ciclo vitale cinque volte la Scatola viola.
In questo contesto Nintendo si trovava ad aver perso la leadership del mercato home console e si preparava ad un’altra durissima batosta, l’annuncio della Playstation Portable che mirava a scardinare l’ultimo baluardo della casa di Kyoto, il mercato delle portatili. In questo contesto a farne le spese fu soprattutto il Game Boy Advance, che come detto si trovò a dover competere con due mastodonti come il DS e la PSP, trovando una sua dimensione in questo binomio come console più tradizionale e dal costo contenuto rispetto ai 150$ della sorellina e dei ben 250$ della debuttante Sony.
A prescindere dai piani per il DS, Nintendo si decise a non lasciare il GBA al proprio destino e continuò a supportarlo. I problemi relativi alla scarsa illuminazione ed al fastidio di dover alimentare la console con le stilo portarono in un primo momento all’uscita di una gran quantità di accessori ufficiali e non come fu per Game Boy, ma era chiaro che se la soluzione aveva funzionato per il Game Boy dieci anni prima, nel 2000 era come fermare una cascata con una pezza. Tra l’altro, chi non ricorda le scomodissime Worm Light, chiamate così per la loro caratteristica forma attorcigliata?
Così nel 2003 a due anni dalla commercializzazione esce la prima variante del GBA, il Game Boy Advance SP dove la sigla sta a significare “Special Project”. In sostanza l’SP era una nuova console: design rivoluzionato ed addio all’impugnatura orizzontale, presentava ora la forma a conchiglia che stava prendendo piede nel mercato dei telefoni cellulari (ricorderete sicuramente il Motorola RAZR V3, simbolo di quel periodo) strizzando anche l’occhio al DS che aspettava l’anno dopo per debuttare. Il nuovo form factor divideva il dispositivo in due blocchi attaccati da una cerniera, con la parte superiore reclinabile di 160°.
Oltre i cambiamenti estetici la nuova console presentava finalmente, e lo dico con un po’ di astio perchè se il sottoscritto porta gli occhiali da una vita è anche colpa di quegli schermi osceni, un nuovo pannello retroilluminato e leggermente più grosso che risolveva i problemi di visibilità notturna, ed altrettanto finalmente si abbandonavano le stilo in favore di una batteria ricaricabile da collegare alla corrente. Ma non è tutto oro ciò che luccica, perchè oltre queste indubbie migliorie il nuovo GBA perdeva il jack audio, scatenando ancora una volta l’ira degli utenti. Il consenso che seguì l’SP fu pressochè unanime e vendette 43.5 milioni di esemplari sugli 81 milioni totali, divenendo così il modello più proficuo della generazione, anche grazie al ribasso del prezzo ad 80$ del lancio.
Dopo l’uscita dell’ SP nel 2003 e del DS nel 2004 nessuno si aspettava novità da parte di Nintendo, ed invece Reggie Fils-Aime, vicepresidente alle vendite ed al marketing, all’E3 del 2005 presentò sul palco la terza iterazione del GBA, il Game Boy Advance Micro.
Lascito del compianto Satoru Iwata, e forse la meno azzeccata di tutte le sue strabilianti idee, questa nuova console era probabilmente il modo di Nintendo di urlare al mondo che il Game Boy Advance non aveva ancora finito di macinare vendite, sebbene questa particolare versione fu un flop. Chassis in metallo, dimensioni estremamente contenute, una illuminazione migliore, refresh rate aumentato e schermo più piccolo e quindi meno sgranato uniti al ritorno all’impugnatura orizzontale e del jack audio erano i cavalli di battaglia di questo modello, che Nintendo pensava nelle sue reclàme rivolto al consumatore “che tiene all’immagine”. Di fatto la smania di miniaturizzare qualsiasi cosa propria del periodo, basti pensare all’iPod nano presentato nel settembre di quell’anno, non bastò ad attirare i consumatori poiché il dispositivo vendette la miseria di 2.42 milioni di unità. Sul flop pesarono (oltre il successo del DS) il folle prezzo di 100$, 20$ in più dell’SP e lo stesso del GameCube che veniva venduto quel natale con Mario Party 7 ed un secondo controller, ragion per cui successivamente fu abbassato a 90$. Il prezzo non fu però l’unica discriminante dato che il Micro perdeva la retrocompatibilità e ed era incompatibile con gli accessori delle altre due versioni.
L’uscita del Game Boy Micro segnò il triste declino della generazione Advance. Passato il 2005, il mercato delle console portatili si riduce sostanzialmente al duopolio DS PSP col GBA relegato ad un ruolo marginale, impotente rispetto all’effetto WOW che accompagnava il DS e le nuove interazioni permesse dal touch e troppo inferiore tecnicamente alla PSP.
Il 2006 segna un’altra svolta nella storia di Nintendo che commercializza il Nintendo Wii, che al pari del DS cerca di rivoluzionare il gaming casalingo con l’introduzione della combo Nunchuk + Wiimote che permettono di interagire in una maniera tutta nuova col gioco, utilizzando un accelerometro in maniera simile alle tecnologie degli shooter cabinati da sala giochi à la Time Crisis o Duck Hunt per NES. In questo biennio di cambiamenti epocali per il mondo videoludico e soprattutto per Nintendo il GBA si trovava ad essere portatore di un modo di vedere il videogioco classico, quasi vecchio paragonato alle innovazioni della generazione successiva e che non riusciva a reggere il confronto tecnico con le console più recenti.
Eppure Nintendo ci aveva provato a “svecchiare” l’Advance pubblicando giochi con cartucce modificate contenenti hardware particolari, queste permettevano ad esempio alla console di riconoscere l’inclinazione tramite un giroscopio. Il più famoso è indubbiamente Wario Ware Twisted, il terzo capitolo della serie proponeva un gran numero di minigiochi basati sul movimento della console, ma non fu l’unico: Yoshi Universal Gravitation era dotato di un tilt-system che permetteva alla console di riconoscere l’inclinazione e di modificare il mondo di gioco in base a questa, mentre la serie Boktai prodotta da Hideo Kojima utilizzava sia per The Sun Is in Your Hand che per Solar Boy Django uno stravangante sensore che rilevava l’intensità della luce solare ed a seconda di questa ricaricava l’arma solare del protagonista. La maggior parte di questi esperimenti fu pubblicata tra il 2004 ed il 2005 anche se il primo in assoluto fu Koro Koro Puzzle Happy Panechu! del 2002, mai uscito dai confini giapponesi. Alla fine ricordiamo questi giochi come uno stupendo canto del cigno della generazione, che cercava di dire la propria contro avversari ben più corazzati.
Finita questa parentesi sperimentale il GBA si trovò tra il 2005 ed il 2006 senza più carte da giocare dato che gli sviluppatori traslocarono in massa verso quella El Dorado chiamata DS. Gli ultimi titoli degni di nota erano per lo più sequel che non riuscirono a bissare il successo dei predecessori, vedasi Boktai 2, Megaman Zero 4 o Mario Tennis: Power Tour mentre i sempre meno giochi commercializzati erano per lo più porting del SNES quali Donkey Kong Country 3, Final Fantasy IV, V e VI, Prince of Persia, Tomb Raider. Sadicamente quella che fu l’ultima perla rimase sigillata nelle valve del Giappone, quel tanto chiacchierato Mother 3 (o Earthbound 2 se preferite). In buona sostanza, mentre noi vincevamo il mondiale nel 2006, il GBA esalava gli ultimi respiri. Nel 2008 Nintendo annunciò la cessazione della produzione ponendo ufficialmente fine al Game Boy Advance, gli ultimi titoli pubblicati furono Samurai Deeper Kyo per il Nord America, Pixeline in Pixieland in Europa e Rhythm Tengoku per il Giappone. Per chi ne sentisse il bisogno, e fidatevi lo sentite, buona parte della libreria del Gameboy Advance è disponibile dal 2011 sulla libreria virtuale del Nintendo 3DS mentre dal 2014 su quella del Wii U.
SCHEDA TECNICA
Nome: Game Boy Advance
Casa Produttrice: Nintendo
Tipo: Console portatile
Origine: Giappone
Nascita: 21 marzo 2001
Fine Produzione: 12 febbraio 2008
Lunghezza: 14.45 cm
Spessore: 2.25 cm
Altezza: 8.2 cm
Peso: 140 g
Schermo: 2.9 pollici riflettente (TFT) color LCD
Alimentazione: 2 batterie AA
Durata: Media di 15 ore con giochi del Game Boy Advance games (fattori come la luminosità, il volume ed eventuali periferiche possono influire)
CPU: 16.8 MHz 32-bit ARM7TDMI. 8/4 MHz 8-bit Z80 co-processore la retrocompatibilità
Memoria RAM: 32 kilobyte + 96 kilobyte VRAM (interni alla CPU), 256 kilobyte DRAM (esterni CPU)
Memoria ROM: Cartucce GBA a dimensione massima di 32 Megabyte e cartucce GB/GBC a dimensione massima di 8 Megabyte
Risoluzione: 240 × 160 pixels (3:2 aspect ratio)
Colori: 512 colori massimi visualizzati contemporaneamente sullo schermo nella Character Mode, 32.768 nella Bitmap Mode
Sonoro: Sonoro stereo digitale a 6 canali (4 del Game Boy originale e 2 DAC a 8 bit). Uno speaker mono. Uscita stereo per spinotto Jack 3,5 mm
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