È tempo di un’altra classifica: sanciti i GOTY di Gameplay Café, diamo uno sguardo all’intero 2020 per trovare ancora una volta le dieci migliori art direction dell’anno. A differenza del 2019 dove la quantità di titoli tripla A dai budget milionari era ben bilanciata da altrettanti indie dalle ricerche estetiche più particolari, quest’anno l’ago della bilancia è andato a tendere maggiormente verso i primi. Alcuni giganti del gaming attesi da anni sono finalmente stati pubblicati e abbiamo anche potuto assaporare cosa significa avere budget importanti quando si ha a che fare con alcuni specifici ambiti dell’art direction, come nel caso delle animazioni di The Last of Us Parte II.
Forse impattati maggiormente dagli effetti della pandemia, diversi studi indie hanno invece rimandato i loro titoli al 2021 dove effettivamente sono pianificati i rilasci di vere e proprie gemme. Prima iniziare a sognare su cosa ci aspetta, vediamo dunque le migliori art direction dei videogiochi del 2020!
Ennesimo titolo di una serie ormai più che decennale, Assassin’s Creed Valhalla è un colosso di videogioco da più di cinquanta ore di campagna. È dunque lecito dunque aspettarsi delle imperfezioni qua e la, che infatti ci sono, eppure è impossibile non rimanere meravigliati di fronte ai risultati tecnici e artistici del team di Ubisoft Montreal in un gigantesco titolo open-world come questo. Modellazione poligonale di personaggi e ambientazioni ricchissima, vegetazione dinamica, rendering dei fluidi da primo della classe, e illuminazione ed effettistica post-processing finalmente al passo con i tempi rendono Valhalla uno dei migliori giochi dell’anno. La solita, ma non per questo scontata, ricerca maniacale dei dettagli del periodo storico ricreato traspare non solo durante il gioco, ma anche in dettagli minuziosi come l’eccezionale UI del titolo, tra le migliori dell’anno passato.
If Found è un titolo delicato, dal gameplay quasi assente, che tocca le corde dell’anima in maniera forte e delicata allo stesso tempo e avvalora le sue tematiche con uno stile artistico ispirato, unico e perfettamente in linea con la narrativa. Sebbene l’utilizzo della carta e i disegni semplici, quasi da schizzo preparatorio, non siano nulla di particolarmente nuovo, If Found utilizza questi elementi con una grande maestria nell’uso del colore e delle transizioni tra scene che accompagnano la narrazione. Il particolare stile artistico riesce perfettamente nell’obiettivo di rendere il titolo una sorta di prodotto dai toni quasi intimi e personali catapultando il giocatore in una dimensione di estrema vicinanza non solo ai personaggi del titolo, ma perfino agli autori stessi.
Seguito dell’amato reebot di Doom, Eternal è arrivato quest’anno con il compito di confermare lo status di fps hardcore, splatter e demoniaco che infiammò gli animi dei fan del primo titolo. Sebbene dal punto di vista ludico non tutti siano stati perfettamente accontentati, artisticamente il passo avanti è netto e assolutamente positivo. Abbandonate alcune caratteristiche tecnologiche ormai vetuste dell’engine id Tech, gli artisti della storica software house americana hanno liberato tutta la loro creatività nella creazione di demoni ancora più grotteschi, spaventosi e dettagliati che perdono pezzi e sangue a ogni colpo ricevuto. Il livello di dettaglio delle ambientazioni è aumentato a dismisura e la pura tamarraggine dell’hud e dell’intera UI è rimasta inalterata. La precisione e la velocità delle animazioni rende alla perfezione lo stile pseudo realistico del rendering, comunque assai stilizzato, andando a premiare l’elasticità e l’enfatizzazione del movimento piuttosto che la sua veridicità. Doom Eternal non può, e non vuole essere, pane per tutti i denti, ma gli amanti di questo tipo di estetica non possono che gioirne.
Rimaniamo all’inferno per il prossimo titolo in classifica, il figlio di un lungo processo di sviluppo e lancio in early access che ha infine consegnato una perla di rogue-lite destinato probabilmente a fare scuola da diversi punti di vista, anche da quello artistico. Pur non allontanandosi particolarmente dalle proprietà tecnico-estetiche dei passati titoli Supergiant, Hades miscela sapientemente background disegnati a modelli tridimensionali arricchendo il pacchetto con un’ottima gestione delle fonti di luce e una pletora di vfx per gli attacchi del protagonista ed avversari. Il character design, seppur non innovativo, è ispirato e realizzato con grande competenza in accordo con lo spirito della narrazione. Una nota leggermente stonata è nella UI del gioco, spesso incapace di comunicare efficacemente delle meccaniche e anche mal gestita in termini di dimensioni dei caratteri, specialmente nella versione Nintendo Switch.
Tra i più grandi dimenticati da qualsiasi premio di quest’anno, il nuovo titolo della serie Paper Mario è un degno membro alla storica saga cross-genere di Nintendo graziato ancora una volta da uno stile artistico unico. La novità degli origami si presta facilmente al character ed environment design, con quest’ultimo in particolare in grande spolvero. Molte ambientazioni sono ispirate al paesaggio giapponese reinterpretato in chiave materica e cartacea con un livello di dettaglio complessivamente superiore all’episodio precedente su Wii U. Alcune scelte stilistiche delle modellazione di alcuni elementi possono ancora far storcere un pochino il naso perché vanno a creare delle incoerenza stilistiche che sono comunque ben giustificate narrativamente. Il connubio tra elementi bidimensionali e tridimensionali, la forza della palette cromatica e le animazioni esilaranti garantiscono grande freschezza al prodotto per un pubblico di qualsiasi età.
Secondo capitolo dell’amata serie di casa Microsoft, Ori and the Will of the Wisps rappresenta il perfetto seguito che non stravolge ma amplifica ciò di quanto fatto precedentemente. Lo stile artistico è infatti un completo potenziamento di ogni aspetto del titolo originale. Dall’illuminazione ancora più dinamica, alla gestione dei piani bidimensionali fino al miglioramento netto e percepibile della quantità e qualità degli elementi in scena. Lodevoli tutte le versioni del gioco, dopo il lancio non esaltante, che sfruttano al massimo ogni console con 60fps anche su Nintendo Switch e 120fps su Xbox Series X. Seppure lo stile artistico impiegato non sia di per sé il più innovativo, né esclusivo, Ori and the Will of the Wisps è certamente il miglior esempio di questo fantasy luminoso, fiabesco e magico visto anche in altre serie come Trine o Lostwinds.
Nonostante un lancio a dir poco travagliato, e con le conseguenza che chissà per quanto ancora dureranno, è impossibile non apprezzare il sublime lavoro artistico di CD Projekt Red nel realizzare una delle più impressionanti ambientazioni open-world mai viste. Uno studio architettonico e paesaggistico di grande livello è accompagnato da un’estetica tutta neon e punk all’ennesima potenza. Nella sua versione PC, Cyberpunk 2077 è il nuovo Cryisis: un titolo spacca schede grafiche che osserveremo al meglio tra qualche anno quando il ray-tracing sarà ormai pane per i denti di qualunque build. Proprio il ray-tracing dona al gioco un look al momento non rintracciabile nelle misere versioni console, aumentando di dieci spanne lo spessore del travolgente sistema di illuminazione della città. Il character design è forse la cosa meno esaltante, ma è abbondantemente ripagata da molte altre qualità che speriamo possano essere messe in risalto maggiormente una volta che il gioco sarà sistemato completamente.
Budget milionari più un’assoluta maestria nel campo non possono che concludersi in un’opera che da molti punti di vista, tra cui anche quello artistico, ridefinisce il medium. The Last of Part II è il pinnacolo tecnologico della scorsa generazione: un concentrato di assoluta padronanza delle tecniche tradizionali in campo dell’illuminazione coadiuvato dall’uso quasi pionieristico del motion matching in campo videoludico per le animazioni. Non sorprende quindi che anche mesi dopo e con le nuove console nelle nostre case, non ci sono titoli che segnino un forte distacco dall’opera Naughty Dog, che anche senza hardware potenziato, Ray Tracing o SSD dalla velocità spaziale, mette in scena ambientazioni quasi fotorealistiche, dalla luce avvolgente, credibile e dinamica. La brutalità della narrativa del titolo, superiore a quella del primo capitolo, è orrendamente ben rappresentata da sanguinolente scene di smembramento e oscenità degne dei migliori Resident Evil. Certo, come ogni titolo lineare con ambienti ben confinati, The Last of Us Part II ha diversi vantaggi ai blocchi di partenza rispetto a dei concorrenti in questa lista, ma questo non detrae nulla dalla perfezione di quanto messo in campo dagli artisti Naughty Dog, arrivati quest’anno al loro ennesimo capolavoro.
Riconquistare il cuore di fan di un titolo di oltre vent’anni fa non è certo un compito facile; eppure Square Enix ci è riuscita dopo anni di lavoro su un titolo che pareva ormai un miraggio. Final Fantasy VII Remake è uno dei migliori videogiochi del 2020 grazie al lavoro eccezionale svolto dal team di sviluppatori nel mantenere i valori chiave dell’originale trasportandoli in un corpo ludico e visivo contemporaneo. Lo stile artistico esalta la visione che apparteneva all’era PlayStation One in una maniera ovviamente impossibile per l’epoca. La personalità non perde nemmeno un colpo, dai personaggi alle splendide e distorte strade di Midgard, fino agli interni distopici degli impianti Shinra. Forse aiutato dall’effetto nostalgia, il character design è tra i più iconici della serie Square Enix e siamo certi che i prossimi episodi della serie sapranno sopperire i difetti tecnici del gioco, effettivamente un po’ troppo pretenzioso per le console di vecchia generazione.
Dopo uno speciale di Art Cafè interamente dedicato ad esso, e la vittoria nei GOTY di Gameplay Cafè per lo stile artistico, non sorprende ritrovare Ghost of Tsushima alla vetta di questa classifica. Sucker Punch Productions ha confezionato una vera lettera d’amore al Giappone feudale, ai registi che lo hanno reso noto e agli artisti che lo hanno dipinto nella storia. Luce e colore sono gestiti in maniera magistrale e regalano dei panorami unici, con il giusto livello di realismo e stilizzazione. La quasi totale assenza di hud mantiene un senso di immersione nelle azioni del protagonista che, seppur non animate sempre eccezionalmente, sorprendono per la plasticità ed il dinamismo con cui ricalcano le pose dei samurai che conosciamo dai film di Akira Kurosawa.
In aggiunta al movimento dei personaggi, una parte chiave del lavoro degli artisti e animatori è stato dedicato alle sottili ma preziose animazioni ambientali impreziosite da grandi effetti particellari che donano non solo vita, ma anche poesia all’isola di Tsushima. Non vediamo l’ora di vedere cosa Sucker Punch Production saprà combinare su PlayStation 5.
Il 2021 sarà il primo anno di vita effettivo per le nuove console, l’anno appena incominciato sta già riservando ottime uscite come Hitman III che conferma la maturità anche artistica di IO Interactive anche nella sua veste di sviluppatore indipendente. Volgendo lo sguardo più avanti, in questi giorni abbiamo potuto osservare con più attenzione Resident Evil 8 e il suo peculiare look gotico che riprende elementi dal quarto capitolo mescolandoli alla nuova vista in prima persona. Deathloop in uscita a maggio promette un cambio di I.P. ma con uno stile quasi in continuità con quello di Dishonored per Arkhane Studios mentre verosilmente a fine anno potremmo osservare le meraviglie tecnologiche di Guerrilla Games alla prese con PS5 e Horizon Forbidden West.
Grande incognita del 2021, e proprio per questo tra i più attesi, è Halo Infinite che dopo la scadente demo di annuncio e il conseguente rinvio deve ora provare di poter di nuovo competere tra i grandi, anche dal punto di vista artistico. Il tunnel in cui si è addentrata 343 Industries non è di semplice uscita: ricostruire l’estetica di Halo: Combat Evolved con tecnologie contemporanee può risultare come un’arma a doppio taglio. Spostando lo sguardo invece su budget minori, confermiamo Sable di Shedworks come tra i titoli più attesi del 2021 insieme alla quasi garantita perla Twelve Minutes di Annapurna Interactive, publisher da sempre attento agli stili visivi peculiari.