ArtCafè è arrivato al suo settimo episodio che affronta uno degli argomenti più tecnici dell’intera rubrica: il post processing ed i VFX, comunemente detti effetti speciali, che arricchiscono di carattere ed emozione le immagini di tutti i titoli.
Perchè nel 2020 non abbiamo ancora videogiochi fotorealistici? O titoli stilizzati il cui aspetto è esattamente quello di un film Disney o Pixar? Molto semplicemente: i videogiochi elaborano le loro immagini tramite frame renderizzati in real-time. La differenze con i film in computer grafica è lampante: ogni secondo che vediamo a schermo in un videogioco deve essere creato sul momento dalle console o pc per visualizzare la risposta agli input del giocatore; questi ultimi sono totalmente assenti nel medium cinematografico che si avvale quindi del lusso di sapere sempre che cosa sta per accadere nel frame successivo. Questa banale considerazione ci porta a capire un concetto semplice: ogni videogioco è costruito grazie ad una sequenza di azioni che processori e schede grafiche svolgono per restituire un’immagine.
Prendendo come caso tipico la renderizzazione della prima immagine che appare dopo uno schermo di caricamento, vediamo come avviene il processo di rendering di un frame:
Ognuno dei passaggi descritti è ricco di risvolti tecnologici che non rientrano nell’interesse di questa rubrica; tuttavia il Post Processing è uno spicchio di questo processo che molto ha a che vedere con l’Art Direction di un videogioco. Separiamo in due grandi famiglie gli effetti di Post Processing: una di tipo tecnico che va a migliorare la qualità dell’immagine renderizzata, ed una di tipo artistico che va ad alterare ed arricchire la resa estetica. Nella prima famiglia, che non è interesse di ArtCafé approfondire, rientrano tecniche come l’Anti-Aliasing, l’HDR, l’Ambient Occlusion, il Texture Filtering, il VSync ed anche lo Scaling della risoluzione. Nella seconda invece è presente gran parte dell’effettistica che vediamo a schermo in tutti i videogiochi moderni. Nei prossimi paragrafi analizzeremo quelli più utilizzati.
Tra gli effetti di luce maggiormente utilizzati, il Bloom riproduce il bagliore prodotto dalla luce quando colpisce un materiale particolarmente riflettente creando un’aura luminosa circostante. Spesso utilizzato eccessivamente, specialmente nella scorsa generazione di console quando è diventato più leggero in termini di utilizzo di risorse computazionali, l’effetto Bloom è oggi frequentemente associato a luci negli interni scuri oppure al bagliore del sole o della luna negli esterni. Abbiamo osservato con attenzione l’utilizzo della luce nei videogiochi in questo articolo di ArtCafé.
Tanto amato, quanto odiato, il motion blur è una tecnica che cerca di simulare la persistenza delle immagini sulla nostra retina nella vita reale. Questo si traduce in un effetto di scia per ciò che si muove a schermo, alle volte applicato solo alla camera, altre volte anche a tutte le animazioni sia dei personaggi che dell’ambientazione. L’effetto è particolarmente utile per conferire maggior senso di velocità a scene dinamiche come nei giochi di guida o nelle coreografie dei combattimenti in titoli action.
La profondità di campo ha invece origini in campo fotografico. Nel campo del rendering è infatti volta a simulare l’effetto di un obiettivo fotografico, sfocando così determinate parti dell’immagine per guidare l’attenzione del giocatore. In alcuni casi, la sfocatura può presentare dei pattern dalle forme particolari, evidenziati dai contrasti per esempio nelle luci, per creare un ulteriore livello di ricerca artistica.
Per screen overlay si può intendere qualsiasi immagine posto semplicemente al di sopra della base renderizzata. Queste possono includere la classica vignettatura ed anche sovra-impressioni più ricercate come simulazioni di un casco del protagonista, o i tipici effetti degli FPS che simulano il danno ricevuto con schizzi di sangue o altro. Considerando quindi l’overlay in questa maniera, perfino l’interfaccia di gioco può essere considerata come tale.
Qualsiasi effetto di sovrimpressione completa al rendering base dell’immagine può essere inserito in questa categoria. I casi più tipici sono le colorazioni dei visori termici o notturni osservabili nella maggior parte degli FPS, oppure le variazioni di colori delle modalità Detective dei titoli adventure. Possiamo differenziare questa categoria dalla precedente, gli screen overlays, in base al fatto che i filtri occupano il 100% dello spazio dello schermo, mentre gli overlay solo una parte. Un particolare esempio di screen filter sono la miriade di opzioni di rendering in Uncharted 4: Fine di un ladro che vanno a modificare sostanzialmente l’aspetto del gioco.
La distorsione della lente della camera è un effetto piuttosto raro da osservare nei videogiochi, ma può essere utilizzato per ricercare particolari effetti di disorientamento del protagonista, quasi sempre solo per titoli in prima persona. Il fish-eye ad esempio è un effetto di distorsione della lente, ma non è frequentemente utilizzato in ambito videoludico.
L’aberrazione cromatica è invece ben più frequente ed è utilizzata per molteplici scopi. Ci sono videogiochi che la presentano costantemente per ricercare un effetto artistico di distorsione dell’immagine, come ad esempio Cuphead o Bloodborne, il primo per simulare gli effetti dei vecchi proiettori e televisori, il secondo per presentare un’immagine fortemente irreale. Altri titoli invece presentano aberrazioni cromatiche in determinati momenti per enfatizzare effetti di disorientamento, confusione o per enfatizzare l’impatto dei colpi come ad esempio in Marvel’s Spider-Man.
Tecnica utilizzata in qualsiasi ambito di produzione multimediale, la Color Correction è semplicemente il ritocco dei colori della scena svolto in post-produzione. In termini più tecnici si parla spesso di LUT (Lookup Table) cioè un set di numeri che va a specificare quali colori debbano variare e verso quali altri toni. Il color grading serve ad enfatizzare emozioni, sensazioni e atmosfera di una scena, tutte caratteristiche che hanno nei toni di colore qualcosa di determinante, come abbiamo osservato nell’articolo sull’uso dei colori. Anche quando il Color Grading non è chiaramente visibile, la sua azione è comunque percepibile in maniera incosciente. Pensiamo ad esempio al caso di Deus Ex: Mankind Divided è l’intensa gradazione gialla che ricopre tutto il gioco donandogli un look cyperpunk grottesco, umido e distopico.
Chiamati anche in svariati altri modi, i God Rays sono i raggi di luce che filtrano verso la camera passando attraverso oggetti frastagliati come i rami di un albero o la cresta di una montagna. Si tratta di un effetto particolarmente efficace nell’arricchire l’illuminazione di uno scenario, specialmente negli esterni. Il loro utilizzo è aumentato considerevolmente nella corrente generazione di console ed è spesso considerato un facile modo per ricercare un “wow” di ammirazione dai giocatori.
La granulosità è un effetto totalmente devoto alla resa filmica dell’immagine andando a simulare le riprese su pellicola. Proprio per questo è utilizzato soprattutto da titoli che ricercano un’estetica cinematografica, come quasi tutti i giochi Naughty Dog oppure The Order 1886 che utilizza l’effetto maniera quasi eccessiva. Per sua natura, la granulosità è maggiormente osservabile ad alte risoluzioni: in questo caso, la risoluzione 4K fa davvero la differenza.
Il Lens Flare è un comunissimo effetto di illuminazione che crea un artefatto tipico della fotografia. Quando un raggio di luce colpisce direttamente le lenti dell’obiettivo, viene distorto dalle imperfezioni o dai vari strati di lenti creando particolari aloni sull’immagine. Moltissimi titoli oggi fanno largo uso di lens flare, in quanto esso dona all’immagine un tono futuristico e tecnologico come ad esempio in Horizon Zero Dawn che associa Lens Flare a moltissimi elementi come ad esempio alle luci degli occhi delle sue creature meccaniche.
Effetto piuttosto raro da osservare, è utilizzato per replicare l’effetto di dispersione dei raggi luminosi che vanno a separarsi nelle loro componenti cromatiche basiche. Il light scattering è quindi una tecnica che enfatizza un fenomeno raramente osservabile in natura: proprio per questo motivo è utilizzato da giochi con ambientazione aliena, fantascientifica e fantastica, come ad esempio sul pianeta Requiem in Halo 4.
Proprio così: il famoso Cel Shading è un effetto applicato in post-processing. Non spenderemo tante righe in questo articolo perchè questa tecnica avrà il suo spazio più avanti in ArtCafé. Per ora, basti sapere che il Cel Shading elimina totalmente la gradazione delle ombre sugli oggetti rendendole piatte e dai tagli netti. Questo crea un effetto simile ad un cartone animato bidimensionale, quando abbinato anche all’utilizzo di linee nere di contorno agli oggetti.
Si tratta dell’effetto di abbagliamento che avviene passando tra una situazione di scarsa illuminazione ad una esterna soleggiata. Alle volte convincente, altre volte esagerata, questa tecnica aiuta l’immersione del giocatore nell’ambientazione facendolo vedere tramite gli occhi temporaneamente accecati dei protagonisti in gioco.
Le riflessioni, siano su vetro, acqua o altro, sono effetti calcolati in post-processing. Di questi tempi stiamo finalmente assistendo ad una rivoluzione in questo campo data dal cosiddetto Ray-Tracing, una tecnica di rendering che migliorerà tutte le caratteristiche delle correnti tecniche di riflessione. Oggi queste sono tipicamente create da Cube Maps, ossia delle texture cubiche e statiche applicate ad oggetti per simulare le riflessioni dell’ambiente circostante, oppure dalle Screen-Space Reflections ossia riflessioni dinamiche che hanno però la pecca di basarsi esclusivamente su ciò che appare a schermo nell’esatto momento in cui sono visualizzate.
Inscrivibili nella più generale categoria delle animazioni, per effetti speciali o VFX si intendono comunemente tutte le esplosioni, effetti legati a magia, acqua, vento o particelle che vediamo nei videogiochi. Essendo questi di fatto delle micro-animazioni, la loro concezione risente degli stessi principi, trattati in un precedente articolo di ArtCafé. Così come le animazioni, anche ogni effetto deve quindi essere dotato di: una fase di preparazione, una di impatto ed una di dissipazione o rilascio. L’effetto più comune visibile sono i proiettili sparati di un arma: in titoli come Doom (2016) questi sono entità visibili a schermo e composte da texture, luci e particelle rilasciate dal corpo centrale. La forma degli elementi dell’effetto risponde tipicamente a delle convenzioni standard: azioni difensive, scudi e protezioni hanno spesso forme rotonde mentre attacchi, azioni dinamiche e offensive hanno tendenzialmente forme angolari o rette. Anche il colore gioca un ruolo chiave nel riconoscimento degli effetti, soprattutto in situazioni di gioco caotiche come possono essere quelle dei MOBA in cui molti VFX sono su schermo allo stesso tempo. Il colore può inoltre determinare aspetti caratteristici e distintivi di personaggi o armi: pensiamo ad esempio a God of War (2018) in cui l’Ascia del Leviatano rilascia scie e particelle color ghiaccio, mentre le Lame del Caos fanno lo stesso ma con colori legati al fuoco.
Abbiamo finalmente concluso l’analisi di tutti gli aspetti che generano l’immagine in movimento di un videogioco, ma ne mancano altri due per completare: l’interfaccia di gioco e il design grafico che comprende anche la tipografia che saranno gli argomenti dei prossimi episodi di Artcafé. Nel frattempo fatemi sapere quali sono gli effetti speciali che più vi stupiscono nei videogiochi!
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Top Emanuele!
Grazie mille!
Personalmente apprezzo tantissimo questi articoli di divulgazione videoludica. Grazie Gameplay Cafè!