Il 29 gennaio verrà posta fine ad una gestazione durata oltre dieci anni che ha portato la creatura di Tetsuya Nomura ad essere l’oggetto della curiosità di un pubblico vasto e trasversale. Nata nel lontano 2002, Kingdom Hearts, come ogni saga giapponese che si rispetti, annovera moltissimi capitoli usciti per le piattaforme più disparate. Ciò rende l’universo misto targato Square Enix – Disney estremamente elitario: in maniera non dissimile dalla Metal Gear Saga, solamente i giocatori che hanno giocato tutti (o quasi) i capitoli precedenti possono godersi appieno Kingdom Hearts 3. Questo complica non poco la vita ai potenziali neofiti che vorrebbero provare a saltare sul treno in corsa e, pur senza aver recuperato i capitoli precedenti, giocare il nuovo capitolo in uscita con un minimo di consapevolezza nei confronti del contesto narrativo e ludico della serie.
Due friends estimatori di vecchia data dell’opera di Nomura, Simone Di Gregorio e Roberto D’Amore, rispondono alle domande di Giulia Ghiadistri.
È dunque il caso che i giocatori si diano una mano fra loro! Che gli esperti di Kingdom Hearts diano una mano ai volenterosi ma ignoranti neofiti. A tale scopo, abbiamo deciso di organizzare questa chiacchierata per iscritto sulle pagine di Gameplay Cafe. Due friends estimatori di vecchia data dell’opera di Nomura, Simone Di Gregorio e Roberto D’Amore, rispondono alle ignorantissime domande di Giulia Ghiadistri. Lo scopo non è trasmettere la storia del gioco per intero: per quello non basterebbe un papiro e sicuramente qualcuno ha già provveduto. Cerchiamo semplicemente di gettare qualche boa per permettere a chi volesse avventurarsi nel mare ignoto di Kingdom Hearts 3 di orientarsi.
Giulia Ghiadistri: Kingdom Hearts nasce come un cross-over fra personaggi della serie Final Fantasy e quelli Disney. Chi è dunque il protagonista di Kingdom Hearts 3? C’è un solo protagonista, fin dal primo capitolo? È un personaggio catalogabile come positivo/eroico oppure ha sfaccettature ambigue? Cosa sta cercando e/o per cosa sta combattendo?
Simone Di Gregorio: La faccenda è più complessa di quanto si possa pensare. L’eroe della serie è senza dubbio Sora, un personaggio piuttosto monologico nella sua caratterizzazione e votato a una morale del bene esplicita, a tratti bonariamente infantile. Accanto a Sora – per importanza – si trova Riku, deuteragonista del primo capitolo e vero e proprio personaggio centrale nell’economia della saga, di cui rappresenta l’aspetto più maturo, problematico e conflittuale. Si aggiungono poi Roxas (alter ego/nessuno/corpo di Sora), Ventus, Terra e Aqua, protagonisti di alcuni spin – off come 358/2 Days e Birth by Sleep. Il movente di ciascuno di questi eroi non è tuttavia univoco; laddove la lotta contro l’oscurità può essere banalmente considerata motivo fondante di questa immensa catena di eventi, contribuiscono in realtà all’intreccio diverse altre tematiche, tra le quali spicca di sicuro l’amicizia.
Roberto D’Amore: Nel corso della saga ci sono stati vari personaggi che hanno avuto un peso abbastanza importante nella narrazione ed alcuni di essi sono anche stati giocabili, ma fra tutti quello che più si può associare ad un protagonista è Sora, il quale è stato creato appositamente per questa saga. Sora è diventato una sorta di volto di Kingdom Hearts, tanto quanto un Kratos per God of War o una Lara Croft per Tomb Raider e questo è stato grazie al suo carattere sempre positivo, unito alla sua integrità morale ed alla sua determinazione incrollabile, che lo pongono come l’eroe di cui questa saga ha bisogno (per citare il buon Nolan). Per quanto riguarda i suoi obbiettivi essi cambiano lungo il corso dei vari capitoli. Un viaggio che inizia per cercare i suoi amici scomparsi, col tempo è diventato un viaggio per salvare tutte le persone che sono state vittime delle forze del male e fermare le macchinazioni di questi seguaci dell’oscurità.
Giulia Ghiadistri: Esiste un antagonista per eccellenza? Come è legato al protagonista? Quali valori/convinzioni porta avanti rispetto a quelli del protagonista?
Simone Di Gregorio: L’antagonista per antonomasia di ogni capitolo, il burattinaio dietro ogni evento della serie, prende il nome di Xehanort. Antitetico rispetto a Sora, cinico e crudele nel portare avanti piani machiavellici, Xehanort supera ogni confine razionale nel nome di una malata ricerca di potere e conoscenza. La sua ossessione verso Kingdom Hearts (il cuore di tutti i mondi n.d.r.) lo conduce a rinnegare qualsiasi tipo di valore morale e positivo, preferendo invece uno studio dell’animo su un piano di freddo distacco scientifico. Curioso anche ricordare come Xehanort provenga proprio dalle Isole del Destino, esattamente come Sora e Riku, di cui costituisce il polo negativo. Le due reincarnazioni (Heartless e Nessuno) di Xehanort, Ansem e Xemnas, sono gli antagonisti rispettivamente del primo e del secondo episodio numerato.
Roberto D’Amore: Uno dei nemici per eccellenza di KH è senza ombra di dubbio Xehanort. Xehanort è un maestro del Keyblade (ossia un esperto nell’utilizzo della spada a forma di chiave che usano molti personaggi nella storia, tra cui Sora) che si è votato allo studio delle arti oscure per scoprire i segreti di un evento antico e disastroso, noto come la guerra dei Keyblade. Secondo Xehanort, una volta scoperti i segreti perduti di tali eventi, molti dei misteri dell’universo saranno svelati, tra cui quello sulla vera natura sul regno dei cuori, Kingdom Hearts, e più in particolare sul cuore umano. Il legame che collega Sora a Xehanort è quello di provenire dalla stessa isola sperduta. Entrambi hanno iniziato il loro viaggio curiosi di scoprire cosa ci fosse oltre il cielo limpido sopra le loro teste, ma se da un lato Sora ha conservato quella sua purezza d’animo e fedeltà verso i suoi amici, dall’altro Xehanort ha gettato via tutti i suoi vecchi legami e ha deciso di usare qualsiasi mezzo, non importa quanto infimo e crudele, pur di ottenere le conoscenze che cerca così disperatamente. Si può dire che il giovane Sora ed il vecchio Xehanort siano un po’ due facce della stessa medaglia.
Giulia Ghiadistri: Come evolve il protagonista? Dove si trova (figurativamente!) all’inizio di Kingdom Hearts 3 rispetto al primo capitolo?
Simone Di Gregorio: La caratterizzazione di Sora – nonostante molte difficoltà affrontate e prove di maturità superate – rimane in sostanza costante lungo tutte le iterazioni della saga. Dall’inossidabile fede nell’amicizia ad un malinconico senso di perdita ed assenza, dal marmoreo e infantile ottimismo all’intimo legame con l’amica d’infanzia Kairi, gli occhi di Sora filtrano di continuo la realtà attraverso le lenti dell’innocenza, disarmata e sconvolta alla vista di quanto di male esiste a causa della cupidigia umana. In Kingdom Hearts III Sora è ormai quasi un adulto, spesso sì ingenuo, ma in qualche modo cosciente della strada percorsa e delle enormi minacce incombenti. All’inizio di KH3, dopo aver rischiato di essere posseduto da Xehanort nel finale di Dream Drop Distance, Sora dovrà ritrovare i suoi poteri e la sua sicurezza grazie all’aiuto del radioso Hercules (dall’omonimo film Disney), in modo da concludere una volta per tutte l’eterna lotta tra luce ed oscurità.
Roberto D’Amore: L’evoluzione del protagonista avviene più sul lato della maturazione personale. Quando inizia il suo viaggio Sora è un ragazzo giovanissimo ed è molto ingenuo, ma pian piano inizia a maturare quando viene a contatto con la dura realtà. La vera forza di Sora sta nel fatto che ogni volta che viene abbattuto trova sempre la forza di rialzarsi, di apprendere la lezione e di andare avanti, senza mai abbandonare i suoi principi. All’inizio di KH3 lo ritroviamo proprio dopo una di queste cadute, che lo ha privato di quel potere che gli avrebbe permesso di raggiungere lo stesso rango di Xehanort e di essere più vicino a sconfiggere lui ed i suoi seguaci, ma Sora non si arrende e con il sorriso sul volto è deciso ad intraprendere un nuovo viaggio, insieme ai fidati Paperino e Pippo, per prepararsi in vista dello scontro finale.
Giulia Ghiadistri: Il fulcro narrativo, inteso come insieme delle tematiche principali della serie, risale al primo capitolo pubblicato nel 2002? Cerco di spiegarmi meglio: esiste un punto (o più punti) di rottura in cui l’attenzione della storia si è allontanata da quelli che erano in origine i temi fondamentali della saga? Faccio l’esempio di Metal Gear: nonostante le continue acrobazie della storia, i temi classici della saga sono rimasti nel tempo, ad esempio: tema del nucleare, tema della guerra, tema della genetica, eccetera. È successa la stessa con Kingdom Hearts? Quali sono dunque questi temi di fondo?
Simone Di Gregorio: Come già ho in parte accennato in precedenza, la tematica strutturante di Kingdom Hearts – tralasciando il concetto manicheo dello scontro tra opposti – appare indiscutibilmente quella dell’amicizia. Il rapporto tra Riku, Kairi e Sora, tra Aqua, Ventus e Terra, tra Axel, Xion e Roxas, e così via. Se da una parte quindi uno scheletro ricorrente esiste, non si rivela nemmeno corretto ridurre il tutto ad un tessuto omogeneo di fondo. Ogni capitolo (o arco narrativo) di Kingdom Hearts espande in fin dei conti un motivo diverso. La radice dell’identità e dell’esistenza nel lungo arco di Kingdom Hearts 2, la forza e la speranza nella disperazione in A Fragmentary Passage, l’ineluttabilità della sofferenza in Birth by Sleep, il momento del ricordo in Chain of Memories. Un’opera più organica che unitaria su questo fronte, dunque.
Roberto D’Amore: Ci sono numerosi temi che vengono introdotti man mano nel corso della saga, come l’amicizia, la differenza tra luce ed oscurità, ma anche la similitudine tra le due e tanto altro, ma tutti si possono ricollegare al mistero del cuore. Molti personaggi si interrogano su come funzioni e su cosa lo componga, cosa lo rende forte e cosa lo indebolisce. Alla fine dei conti molte delle vicende narrate e molti dei misteri presenti nella saga sono solo dei punti di vista diversi attraverso cui guardare lo stesso grande interrogativo, ossia il cuore umano.
Giulia Ghiadistri: Negli svariati trailer mostrati negli ultimi tempi ho visto tante ambientazioni diverse appartenenti a diversi franchise Disney. Dal punto di vista del gioco quale è l’escamotage narrativo che rende plausibile questa commistione di mondi?
Simone Di Gregorio: Ciascun mondo di Kingdom Hearts è racchiuso da barriere che rendono difficile o impossibile spostarsi dal luogo di provenienza. A seguito di alcuni stravolgimenti poco precedenti agli eventi del primo capitolo, i sopracitati gusci protettivi si sgretolano sotto gli attacchi degli Heartless (cuori corrotti n.d.r.), frantumandosi nei cosiddetti gummiblock. A partire da questi materiali è possibile poi costruire delle navi (le gummiship) in grado di attraversare lo spazio tra i mondi, tra i quali troviamo i molti legati ai franchise Disney. Ovviamente il discorso è decisamente più complesso rispetto a quanto può trasparire da questa semplice spiegazione, ma credo renda bene l’idea.
Roberto D’Amore: Ogni mondo è come se fosse un pianeta di un grande universo in cui sono ambientati i vari capitoli della saga. L’universo di Kingdom Hearts può essere visto un po’ come quello di Star Wars o di altre saghe spaziali, ossia con tanti pianeti che hanno ambientazioni, popoli e culture diverse, solo che in Kingdom Hearts ogni mondo di norma è separato dagli altri e non è a conoscenza dell’esistenza di altri mondi al di fuori di esso. Attraverso alcune eccezioni è possibile viaggiare da un mondo all’altro e venire a contatto con i vari abitanti. I buoni sfruttano una nave spaziale nota come Gummiship per viaggiare, mentre i cattivi utilizzano i loro poteri oscuri per aprire alcuni portali che permettono loro di spostarsi.
Giulia Ghiadistri: Da un punto di vista ludico stiamo parlando di un RPG? A quale altro JRPG è paragonabile per meccaniche?
Simone Di Gregorio: Kingdom Hearts si configura a tutti gli effetti come una curiosa sinergia tra gusti occidentali ed orientali. Le proprietà intellettuali Disney si confrontano quindi con la sensibilità di Final Fantasy e le meccaniche di un JRPG, con una deriva hack ’n slash piuttosto caratteristica. A dispetto di tale impostazione, le meccaniche da gioco di ruolo non appaiono quasi mai invasive, rendendosi approcciabili persino ad un pubblico neofita o comunque inesperto di questo tipo di produzioni. A fronte di ciò la definizione di JRPG può risultare stringente o addirittura impropria, visto anche che – e non dico una bestemmia – parte del sistema di combattimento di Kingdom Hearts (proprio per la sua fortissima componente melee) potrebbe essere tranquillamente assimilabile ad alcune scelte di design di action classici (come il vecchio God of War). Due JRPG paragonabili, per ritmo e sistema di combattimento, sono sicuramente Final Fantasy TYPE-0 e Final Fantasy XV.
Roberto D’Amore: Come gioco Kingdom Hearts è sicuramente ricollegabile ad un RPG, anche se con forti meccaniche action. È molto importante tenere sottocchio il livello, i parametri e le abilità dei vari personaggi, ma saper schivare e attaccare i nemici in veloci e dinamiche combo è necessario per vincere, altrimenti anche lo sconto più semplice può diventare molto impegnativo. Pochi JRPG si sono avvicinati allo stile di Kingdom Hearts, anche se nessuno è riuscito completamente ad incarnarne lo spirito appieno. Forse quelli che si sono avvicinati di più sono Final fantasy XV, che è anche il Final Fantasy che più si è ispirato a Kindom Hearts, e i giochi della serie di Tales of, che mancano della spettacolarità di Kingdom Hearts, ma sono in genere dei JRPG molto dinamici e veloci.
Giulia Ghiadistri: Quale è l’elemento rappresentativo della serie? Ciò che la distingue dalle altre e che, pur non essendo esperta, dovrei sicuramente notare giocando Kingdom Hearts 3?
Simone Di Gregorio: Il quid rappresentativo di Kingdom Hearts si poggia principalmente sugli immensi valori produttivi della saga, iconici nel dare vita a un concept tanto stravagante quanto eclettico ed originale. Le proprietà Disney, sebbene elemento fondamentale nella comunicazione marketing dei titoli, appaiono invece subordinate ad una visione d’insieme sconvolgente, erede e parente dell’iconografia e della narrativa dei vari Final Fantasy. Se quindi esiste una qualcosa di lampante in Kingdom Hearts – mettendo da parte quel simbolo pop che è diventato il keyblade – quella è l’unione di due culture diverse in un linguaggio nuovo, ormai entrato nel cuore dei videogiocatori.
Roberto D’Amore: Secondo me l’elemento più rappresentativo di Kingdom Hearts è lo stesso crossover del gioco. In vari media abbiamo dei prodotti in cui personaggi e storie di universi narrativi differenti si incontrano insieme e producono qualcosa di buono, ma nessuno riesce a farlo al livello di Kingdom Hearts. I vari personaggi Disney vengono arricchiti dalla caratterizzazione profonda, degna di uno dei migliori Final Fantasy, mentre le tematiche complesse, tanto care ai giochi di casa Square-Enix, vengono rese accessibili a chiunque, grazie alla semplice magia dei prodotti Disney. Insieme i due colossi funzionano bene e rendono un prodotto in apparenza “strano” un qualcosa di unico nel suo genere.
Kingdom Hearts 3 esce il 29 gennaio per PlayStation 4 e Xbox One.
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