Probabilmente avrete già sentito parlare di gamification, questa parola forse non vi è nuova, tuttavia non vi siete mai chiesti il vero significato o la definizione corretta. Questo termine, che da alcuni anni è entrato a far parte del nostro linguaggio comune, viene usato negli store delle app, ma anche nei posti di lavoro. Magari vi siete imbattuti in qualche forma di applicazione gamificata pur non essendone consapevoli. Senza troppi fronzoli, cercheremo di spiegarvi di cosa si tratta, partendo dai primi tentativi di utilizzo del gioco per mantenere impegnati gli utenti arriveremo alla definizione e agli utilizzi che vengono fatti ai giorni nostri.
Il voler utilizzare elementi ludici nel mondo del lavoro o in varie attività non è una faccenda che riguarda solo la nostra epoca, ma, che ci crediate o no, si porta dietro una storia lunga più di 100 anni. Si è sempre cercato il modo di tenere motivato il lavoratore per mantenere il suo interesse nell’attività che sta svolgendo e una di queste prime configurazioni la troviamo nel movimento dei boy scout nato nel 1908. Questo movimento aveva, e ha tutt’ora, un sistema di ricompense che ricorda le attività gamificate. I partecipanti al movimento compiono una progressione personale delle abilità e vengono affidate loro nuove responsabilità e sono ricompensati attraverso medaglie e gradi che ne riconoscano il proprio valore. Altri tentativi di gamification, prima della sua definizione, li abbiano nel 1981 con la compagnia aerea American Airlines. Fu il primo il programma di incoraggiamento che si basa sul dare fiducia, attraverso premi esclusivi, ai viaggiatori abituali e che oggi troviamo in molte compagnie di vario tipo per consentire al cliente di legare con il brand sentendosi parte di un’élite. Nel 1984 Charles A. Conradt, colui che possiamo considerare il nonno della gamification, pubblica il libro: “The Game of Work“, in cui esplora l’utilizzo del gioco nel mondo del lavoro.
Solo nel 2003 Nick Pelling, un programmatore britannico, conia il termine gamification mentre cercava di progettare interfacce per dispositivi elettronici, come ATM e distributori automatici, che riprendessero elementi dal gioco. Dobbiamo attenderei 2005 per fare la conoscenza della prima piattaforma moderna di gamification: Bunchball. Rajat Paharia crea questo sistema, tutt’oggi funzionante, che consente di migliorare la relazione tra utente e sito web utilizzando elementi ludici, offrendo badge, trofei e obiettivi. Nel 2007, Kevan Davis sviluppa Chore Wars, un sito realizzato per incentivare le persone a compiere le pulizie di casa trasformando l’attività in un gioco di ruolo. Vi lascio il link se siete desiderosi di realizzare un party RPG con i vostri coinquilini, così la vostra casa sarà più pulita che mai. Due anni dopo, nel 2009, abbiamo la nascita di Foursquare, fortemente utilizzata anche adesso. Si tratta di un sistema geolocalizzato che registra i posti che visitiamo e più si frequentano luoghi più si avanza di livello, premiando l’utente. Un anno dopo abbiamo il boom dei giochi su piattaforme come Facebook e Jesse Shell, designer di videogiochi, realizza un discorso al D.I.C.E. che parla dei giochi presenti nei social network, mostrando come possano attirare un audience enorme. Questi giochi presentano elementi di gamification, così la parola diventa d’uso comune.
Il marketing delle grosse compagnie si scaraventa per realizzare piattaforme gamificate, ma un prodotto scadente non può diventare attraente solo aggiungendo badge e trofei. La gamification non è solo il mero utilizzo di sistemi di ricompensa. Come ci spiegano Gabe Zichermann e Christopher Cunningham, la gamification è il processo di utilizzare meccaniche di gioco e game thinking per impegnare gli utenti e risolvere problemi. Yu-kai Chou, il creatore del framework Octalysis, ci aiuta nella definizione dichiarando che viene chiamata così perché l’industria videoludica è stata la prima a comprendere e utilizzare il design focalizzato sull’uomo, e non sulla macchina. I giochi devono mantenere l’utente felicemente intrattenuto. Da questo punto in poi, abbiamo una consapevolezza maggiore da parte dell’industria e un vero e proprio prolificare di sistemi e applicazioni gamificate. Se entriamo nell’app store o google play, possiamo osservare una miriade di app, anche dalla più banale, che presentano sistemi di gamification che fanno ottenere badge, trofei o avanzare di livello, in modo a mantenere l’utente così che non cancelli immediatamente l’applicazione. Il giocatore si sente coinvolto in quello che sta facendo e motivato dalla ricompensa.
Alla fine a cosa la gamification?
Questo utilizzo di elementi dei giochi è utile per farci cambiare abitudini, infatti sono state sviluppate applicazioni come Habitica (per far diventare routine ciò che desideriamo) o Plant Nanny (per ricordarvi di bere l’acqua). I sistemi gamificati, quindi, possono essere, e vengono, utilizzati nel: mondo del lavoro, per renderlo più semplice, educazione, per motivare gli studenti, fitness, per cercare di farci muovere. Si tratta di un metodo che potrà migliorare il mondo, consentendo di stimolarci e impegnarci maggiormente in attività considerate noiose o faticose, rendendole più avvincenti grazie agli elementi ludici, che sono essenziali sin da quando siamo già piccoli fino a quando non diventiamo anziani. Come dice Roald Dahl:
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