Il libero arbitrio è ciò che rende ogni persona veramente viva. Poter scegliere come utilizzare il tempo a nostra disposizione è un qualcosa di cui fare tesoro, impagabile e senza prezzo.
Tale possibilità, ormai da diverso tempo, ci viene offerta anche nel contesto videoludico. Molti giochi, infatti, hanno adottato una politica simile. In particolare, in tante produzioni è possibile, attraverso l’introduzione di scelte più o meno importanti, andare a modificare il corso degli eventi della storia.
Poter scegliere ci rende più facile l’immedesimazione nel nostro alter ego e nel mondo di gioco in cui ci muoviamo. Spesse volte, poi, attraverso le nostre scelte, è possibile alterare addirittura il finale di un gioco. Sembra bellissimo, sì. Ma è davvero ciò che vogliamo?
Col passare del tempo, moltissime produzioni hanno basato, più o meno pesantemente, su questa dinamica le proprie fortune.
Tantissimi titoli, infatti, hanno adottato la sopracitata “politica”, in modo diverso e con meccaniche e rilevanza quasi sempre diverse. In alcuni titoli è possibile compiere diverse scelte morali che non incidono sul finale del gioco. In altri, invece, è possibile dar vita a più finali diversi proprio a seconda della nostra condotta.
Inutile negare che, a primo impatto, questa feature risulti eccellente e preziosa, ma è davvero così per tutti?
Come un po’ accade anche nella vita di tutti i giorni, dover scegliere può rappresentare uno scoglio difficile da superare.
Da qui la domanda che può ripercorrere la mente di chi si approccia, storcendo il naso, ad una produzione che fa di questa dinamica la propria spina dorsale: perché mai?
Dover scegliere non è mai facile.
Che si tratti di un videogioco o, a maggior ragione, della vita reale, trovarsi nella posizione di dover fare da spartiacque di fronte ad un bivio è una patata bollente, che nessuno vorrebbe mai impugnare.
Nell’ambiente ludico, quindi, appare evidente come il fruire della suddetta possibilità non rappresenti per forza di cose un punto a favore. Da qui, infatti, si riapre il dibattito senza fine su ciò che un videogioco dovrebbe rappresentare.
Inutile dirvi che ognuno vede la cosa dal proprio punto di vista: non c’è una verità assoluta.
C’è chi è costantemente a difesa dell’idea che un videogioco deve innanzitutto divertire e che, nella maggior parte dei casi, non vede di buon occhio la pesantezza di una trama interattiva. C’è poi chi difende a spada tratta l’importanza quasi maggiore della trama a discapito di gameplay e dinamiche di gioco varie e che, con ogni probabilità, si trova a proprio agio in questo contesto.
Va inoltre chiarito anche un altro punto fondamentale. Non soltanto i giochi facenti parte di un genere ben precisato si attaccano alla meccanica dei finali multipli, ma questa si estende un po’ in modo disomogeneo.
Persino i Soulslike, in alcuni casi, offrono la possibilità di portare al termine in modo diverso le proprie fatiche, seppur con meccaniche e dinamiche del tutto originali. Questo per chiarire, ancora una volta, come la possibilità di andare a modificare la struttura narrativa del titolo, attraverso le proprie decisioni, abbia assunto grande rilevanza negli ultimi anni.
La domanda che vi pongo è: abbiamo veramente bisogno di tutto questo?
Personalmente, faccio parte della fazione del no, e mi spiego meglio. Per quanto mi riguarda, la trama di un gioco deve accompagnarci in modo predominante, quello sì, ma comunque sorretta da una struttura ludica all’altezza.
La meccanica dei finali multipli credo rovini in parte l’esperienza di gioco. Che senso ha decidere come procedere sapendo di poter comunque ritornare sui propri passi? La trama, in questo modo, perde pesantemente la propria identità e finisce per perdersi in un’accozzaglia di idee contrastanti tra loro.
A voi la palla, dunque: da che parte state? Finali multipli si o no? E perché? Fatecelo sapere.