“Attento a ciò che sogni, potrebbe avverarsi.” Frase fatta, questo è vero, ma se ci pensate stavolta ci sta bene, perché GTA VI è, per una considerevole fetta di videogiocatori in tutto il globo, esattamente questo: un sogno. E un sogno – a prescindere dal fatto che possa esser bello o brutto, possa rallegrarci o metterci paura – è in primis un qualcosa che ci fa riflettere, che dice tanto di noi stessi e che può farci arrovellare il cervello per parecchio tempo.
Il nuovo capitolo di GTA corrisponde pienamente a quanto detto prima: può esser bello (ben più improbabile che sia brutto) e ci fa riflettere sulla sua natura; può dire tanto di noi stessi (come videogiocatori) in base alle direzione che sceglierà di intraprendere (e che noi sceglieremo o meno di appoggiare), che mai come oggi potrebbero essere incredibilmente variegate e dai risvolti addirittura inaspettati – specie se si tiene conto dell’incredibile precedente che vede un GTA V così tanto vicino alle tradizioni del brand e contestualmente così inedito nell’incredibile andamento della sua componente online.
You forget a thousand things everyday. How ’bout you make sure this is one of ’em?
Che possa farci arrovellare il “gulliver”, inoltre, lo dimostrano già le innumerevoli indiscrezioni, gli innumerabili post, gli audaci articoli della stampa videoludica di tutto il mondo che, lungo tutta un’estate decisamente troppo calda, hanno parlato di GTA VI come di un lodevole piatto di tutto e niente, che ha come unico fattore riconoscibile l’essere votato al politically correct (quando a cambiare direzione, per ora e stando a quanto ne possiamo effettivamente sapere, è l’azienda che c’è dietro al prodotto, e non la filosofia del prodotto stesso), nonché le circa duecentotrenta parole scritte fin qui solo per sottolineare quanto il nuovo arrivo di casa Rockstar ci farà, appunto, fumare i cervelli a furia di ripensarci.
Che vogliamo farci: siamo videogiocatori, e questo, a suo modo, fa parte del gioco.
Come non citare, poi, il pesantissimo leak di questi giorni – che indecorosamente spiattella un discreto quantitativo di footage tratto dalle (vecchie) build di lavorazione del gioco – schiettamente definito da Jason Schreier, di Bloomberg, come “one of the biggest leaks in video game history and a nightmare for Rockstar Games”, e a cui scelgo di fare riferimento solo per dovere di cronaca – rimarcando però la disdicevolezza del fatto, la scia di sconforto che si lascia dietro e la concreta, pratica, solida inutilità del vedere una build così vecchia, grezza ed impersonale di un gioco che, ad oggi, invece, desideriamo giocare proprio affinché ci restituisca quell’anelato senso di stupore, bellezza e avanguardia che ci aspetteremmo da un prodotto sì fatto ad arte, ma soprattutto finito.
E proprio a quel senso di stupore, a quel sogno di avanguardia, a quel miraggio di bellezza voglio riaccodarmi, mettendo da parte tutto il resto e stando tra me e me, e tra me e voi. Voglio pensare allo sgomento, voglio pensare a ciò che non ci aspettiamo, voglio pensare al fatto che io, di questo GTA VI, non ne so proprio nulla. E allora chiediamoci, io e voi: in soldoni, GTA VI cosa sarà?
“You Tell Me Exactly What You Want, And I Will Very Carefully Explain To You Why It Cannot Be”
Non lo so io (appunto), non lo sai tu che leggi, non credo lo sappia Schreier e sono piuttosto certo che, in fin dei conti, non lo sappia neanche il leaker; se tutto va bene, lo sa già Rockstar. E tutti noi di Rockstar ci fidiamo (sì, anche nonostante i tre recenti passi falsi e l’addio di volti storici della SH come Dan Houser…). Dovessi dirvi la mia, cercando di osservare il tutto da una prospettiva diversa (o comunque inusuale), vi direi che il punto è più o meno questo: Rockstar ad oggi vive un periodo di dualità, tra un ormai iconico GTA V e un magistrale Red Dead Redemption II.
Se è vero che le differenze tra i due titoli sono abissali, anche e soprattutto poiché votati a due tipi di esperienze totalmente diversi, è pur vero che non riesco a non vedere questo GTA VI proprio lì in mezzo, tra i due giganti, e non tanto perché il nuovo capitolo di Grand Theft Auto debba necessariamente prendere a piene mani dai due titoli sopracitati, quanto piuttosto perché quei due stessi titoli hanno settato, per gli sviluppatori di casa Rockstar, nuovi standard per quanto concerne le loro produzioni, stabilendo nuove, curiose condizioni che ritengo siano impossibili da ignorare man mano che incalza lo sviluppo del loro nuovo gioco di punta. Questo perché quei due titoli, quei due nuovi standard point, fanno ancora sognare il pubblico e spingono gli appassionati a chiedersi come e cosa, arrivati a questo punto, si potrà fare di nuovo – e di meglio – nella nuova grande iterazione targata Rockstar Games.
GTA VI ha da raccogliere in eredità l’incredibile minuzia tecnica dell’ancora oggi superlativo Red Dead Redemption II riuscendo al tempo stesso a snellire quella pesantezza e quei sani rallentamenti nel ritmo di gameplay, che incidevano (positivamente, ad onor del vero) sull’immersitivà di RDR II, per venire incontro ad una immediatezza di gioco, ad un divertimento provato sin dal minuto zero dell’esperienza di Grand Theft Auto V.
Oppure, se al contrario Rockstar volesse mantenere quelle finezze tecniche che rendevano RDR II – per lo più nell’ambito delle animazioni e dell’interazione nel mondo di gioco – un gioco quasi simulativo (tanto da guadagnarsi il gergale nominativo di “simulatore di Far West”), dovrebbe farlo riuscendo contemporaneamente a essere seducente e accattivante quanto basta per catturare il giocatore più impaziente e ben più abituato alla frenesia del ritmo di GTA V.
You don’t get to live a bad life and have good things happen to you
Badate bene: ciò vale anche se si tiene conto delle rispettive modalità online dei due giochi, dove il comportamento del gamer-tipo è abbastanza diverso da un titolo all’altro, e dove un’attività svolta in un gioco può avere un peso ben diverso se svolta nell’altro: a venirmi subito in mente, ad esempio, sono proprio gli spostamenti, e il valore che essi assumono nei due giochi. Spostarsi con un amico in GTA V dalla zona urbana a quella desertica, passando ancora per le alte montagne di Los Santos, in cerca di qualche acrobazia o di qualcos’altro di altrettanto adrenalinico risulta ben diverso dal cimentarsi nel raggiungimento delle zone innevate della mappa di RDR II, dove i pericoli costituiti dal freddo e dalle bestie che popolano quelle cime creano non solo una concreta difficoltà per il giocatore, ma stimolano anche ad una percezione diversa dell’avventura che si sta vivendo in quel momento.
Perché, alla fin fine, ogni minuto di GTA V è divertente, mentre invece ogni minuto di RDR II è appagante. Non che ciò determini una maggiore qualità dell’uno sull’altro, ma segna due direzioni diverse, entrambe ricche di opportunità e di valori aggiunti, entrambe imprescindibili alla buona riuscita di un progetto che ci aspettiamo essere mastodontico.
Volendo riassumere, arrivando così alla chiosa di queste prime elucubrazioni, resta la domanda: GTA VI potrà anche ereditare l’indovinata scelta di avere più protagonisti, così come potrà avere una modalità online ricchissima di contenuti e magari anche devota al tanto acclamato role-play, e ancora, potrà prendere il meglio di RDR II in quanto a comparto visivo e qualità della direzione artistica, ma quanto prenderà dalla vera e concreta esperienza di sviluppo che Rockstar ha acquisito (in particolar modo) in quest’ultimo decennio? Quanto di ciò che Rockstar ha appreso, e quanto di ciò che ha sapientemente scelto in questi dieci anni ci sarà nel loro nuovo, grande gioco? Ma forse, più di tutto, vale la pena chiedersi: Rockstar troverà l’equilibrio in questa sua dualità?
Per ora, ci basta sapere che ci stia lavorando. A noi tocca goderci il viaggio che ci porterà alla pubblicazione del titolo, ma soprattutto, in quanto videogiocatori, ci tocca sognare.
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Io temo che il nuovo corso del politicamente corretto potrebbe depotenziare il fattore GTA.
Non sarei cosi disfattista, alla fine è pur sempre GTA 😀