Editoriale di gmg215
Il recente Yakuza 7: Like a Dragon è soltanto l’ultimo esempio in ordine temporale dei giochi che peccano di grinding a tradimento. Avventure dalla componente narrativa a dir poco trascinante, che stroncano pathos e ritmo per imporre al giocatore una fase di livellamento necessaria a proseguire nella quest principale.
Un tale scempio di game design non solo interrompe bruscamente l’immedesimazione, ma getta anche luce sulla mancanza di una curva di progressione che con naturalezza porti il giocatore ad essere pronto per affrontare tutte le fasi di gioco. Che grandissima seccatura!
Yakuza 7: Like a Dragon ha molti meriti. Non ultimo, il coraggio di rinnovare una formula che pareva quantomai immutabile, proponendo un solido impianto da JRPG con combattimento a turni. Tuttavia, a circa due terzi dello svolgimento, inserisce uno scenario in cui la difficoltà impenna, forzando il giocatore ad una mesta ritirata ed una massiccia opera di livellamento in un’arena aperta per l’occasione in una mappa che non è quella principale del gioco.
In coerenza col suo nuovo DNA da JRPG, Like a Dragon non consente di ribaltare le battaglie in cui le statistiche sono largamente a favore degli avversari, inoltre non prevede un livello di difficoltà facile. Di conseguenza, o grinding o niente.
Divinity Original Sin II è, a oggi, la massima espressione del gioco di ruolo occidentale di stampo classico. Una raffinata e complessa digitalizzazione dei massicci manuali di Dungeons & Dragons, immersa in un mondo intriso di storie interessanti, animato da dialoghi brillanti e musiche inebrianti. Il gioco non prende per mano il giocatore, bensì si limita a dargli gli strumenti per inventare soluzioni estrose e variegate, riuscendo così ad appagare anche gli esperti e coloro che sono desiderosi di giocare fuori dai binari.
L’inizio del quarto atto di DOS2 presenta, in maniera inaspettata, un incremento della difficoltà
Tuttavia, l’inizio del quarto atto del gioco presenta, in maniera inaspettata, un incremento della difficoltà e, per evitare di schiantare i giocatori arrivati impreparati, viene concessa la possibilità di rimescolare in maniera sostanziosa il proprio party. Si tratta di una spigolatura ludica che mal si innesta in un gioco altrimenti capace di aumentare gradualmente la competenza ed il livello del giocatore. Questa progressione viene guidata dal classico accumulo di punti esperienza, i quali possono essere spesi per acquisire una miriade di abilità e competenze diverse. L’accumulo di esperienza avviene esclusivamente attraverso l’esplorazione ed il conseguente svolgimento di missioni.
Non esistono, o quasi, combattimenti casuali concepiti per innalzare le statistiche dei membri del party. Se si considera anche che seguire solamente la quest principale non permette di equipaggiare i propri avatar in maniera sufficientemente sofisticata da poter affrontare serenamente tutte le battaglie, risulta evidente come i ragazzi di Larian vogliano spingere i giocatori a completare quante più missioni secondarie possibili. Si tratta insomma di una forma raffinata di grinding che, data la qualità narrativa del prodotto, non da poi così fastidio.
Non è certamente un caso che il primo capitolo della serie Larian, Divinity Original Sin, presenti una trovata concettualmente simile a quella del suo illustre successore. Tuttavia, al posto di proporre nemici fuori portata, il gioco sbarra la strada ai giocatori che hanno collezionato un numero insufficiente di pietre stellari o del sangue. Quest’ultime sono legate al completamento di quest principali e secondarie, ed all’esplorazione del mondo.
Nessun giocatore si aspettava la conta delle pietre in DOS
Pertanto, risulta ancora evidente come il game design sia architettato per portare il giocatore a sviscerare almeno una quantità prestabilita delle storie messe in piedi dagli sviluppatori. Resta da sottolineare che lo sbarramento menzionato non viene preannunciato in alcun modo dal gioco. Infatti, a giudicare dai molti thread sparsi nei vari forum, molti giocatori tendono a trovarsi spaesati di fronte alla poderosa opera di back-tracking che viene loro inaspettatamente richiesta. Sebbene la qualità del materiale di gioco sia altissima, questa trovata di game design appare rudimentale, quasi al pari di porre un livello consigliato accanto ad ogni missione (come fatto da The Witcher 3:Wild Hunt.
Il grinding è un po’ come la farina: se usata nelle ricette giuste, aggiunge spessore senza alterare il gusto. Se contestualizzato e sorretto da un gameplay divertente, il grinding può essere divertente ed aumentare la longevità del gioco. Altrimenti, spezza il ritmo ed aliena il giocatore dall’immersività costruita dalla storia.
Di questi tempi, in cui nessun giocatore vuole perdere tempo senza ricevere qualcosa in cambio, si tratta di un rischio molto grave di cui ogni sviluppatore dovrebbe essere consapevole.