Editoriale di gmg215
Pochi giorni fa, precisamente il due aprile, il sempre informatissimo Jason Schreier di Kotaku ha pubblicato una massiccia inchiesta sui retroscena ed i vuoti di potere che hanno afflitto lo sviluppo di Anthem. Alla luce delle critiche piovute addosso al controverso loot shooter di Bioware, il resoconto di Kotaku ambisce a portare alla luce i motivi dell’attuale situazione critica e senza precedenti che attanaglia la blasonata casa di sviluppo canadese. Di seguito facciamo il punto sui passaggi salienti dell’articolo di Schreier ed analizziamo anche la piccatissima risposta rilasciata da Bioware immediatamente dopo la pubblicazione online del pezzo di Kotaku. Si avverte che molti periodi di questo articolo costituiscono delle perifrasi delle due fonti citate poc’anzi e sono inoltre conditi da alcuni spunti di riflessione personali.
La concezione di Anthem risale a sette anni fa. Infatti, nel 2012 Bioware si apprestava a rilasciare Mass Effect 3, acclamata conclusione della storica trilogia fantascientifica. Poco prima del termine dello sviluppo Casey Hudson, all’epoca game director dei Mass Effect e figura chiave all’interno della software house, ed un manipolo di altri veterani iniziarono a concepire l’idea di una nuova proprietà intellettuale: un misterioso progetto dal nome in codice Dylan (inspirato, con poca modestia, a Bob Dylan). Inizia qui la genesi di Anthem.
Progetto Dylan
I capisaldi di questa prima iterazione erano i seguenti: un’avventura di fantascienza, ambientata su un pianeta ostile, in cui il protagonista sarebbe stato un “Ironman non cartoonesco” in mezzo ad infiniti pericoli. All’epoca, moltissime idee circolavano nel talentuoso team di sviluppo circa le possibili caratteristiche del progetto. Ad esempio, Schreier cita l’ipotesi di una meccanica alla Shadow of the Colossus in cui il giocatore avrebbe potuto aggrapparsi a gigantesche creature ambulanti. Un piccolo teaser derivante da questo lavoro di brainstorming in atto all’interno di Bioware viene presentato, senza titolo, all’E3 del 2014.
Sembra assodato che fin dall’inizio Anthem fosse un gioco multigiocatore, sempre online. Tuttavia, le fonti non riportano che si trattasse di un loot shooter. In realtà, è probabile che all’epoca nessuno sapesse realmente cosa fosse questo Dylan: come detto, si trattava solo di un raccoglitore di idee teoriche partorite da un ristretto numero di esperti game designer. Occorre inoltre tener presente che fino al 2014 inoltrato il grosso delle forze produttive di Bioware erano concentratissime su Dragon Age: Inquisition, anch’esso caratterizzato dallo sviluppo travagliato tipico di tutti i giochi della suddetta serie fantasy.
Nel 2014 Dragon Age: Inquisition viene dichiarato Gioco dell’Anno ai neonati The Game Awards, pubblico e critica promuovono l’avventura Bioware. Paradossalmente, ciò crea un diffuso malcontento tra gli sviluppatori canadesi.
Il GOTY vinto da Inquisition crea malcontento e preoccupazione all’interno dei piani medio-bassi di Bioware. È paradossale?
Le numerose fonti anonime intervistate da Schreier (le quali hanno scelto l’anonimato poiché tutt’oggi vige il veto da parte di Bioware sulla diffusione dei dettagli di produzione dei giochi) hanno spiegato come il successo fosse figlio di una maniera insostenibile di sviluppare videogiochi. Gran parte dello sviluppo di Inquisition parrebbe infatti essere stata caratterizzata da un crunch feroce, ossia da giornate lavorative lunghissime e weekend inesistenti. Tutto questo a causa della palese inefficienza della prassi in atto presso Bioware: nulla veniva fatto per combattere i mesi di avanzamento a rilento che caratterizzavano le fasi centrali delle produzioni poiché vigeva la certezza di trovare la quadra a ridosso della data di uscita sul mercato.
È dunque questa la radice del malcontento, la Bioware Magic: tutti i giochi più importanti della casa canadese sono stati fatti con la fede incrollabile che, anche a fronte di problemi produttivi significativi, tutto sarebbe andato a posto a ridosso della scadenza. Tuttavia, questa pratica comporta inevitabilmente un enorme stress sui lavoratori, molti dei quali soffrono puntualmente di esaurimenti psico-fisici al termine di ogni ciclo produttivo.
La Bioware Magic implica carichi di lavoro sovraumani per gli sviluppatori.
Negli ultimi dieci anni circa (dopo l’uscita di Mass Effect 2), le inefficienze che hanno causano forti ritardi durante fasi cruciali dello sviluppo dei giochi non sono mai state affrontate all’interno di Bioware. I continui successi riscontrati dalla software house hanno involontariamente favorito il mantenimento dello status quo, tuttavia la storia é radicalmente cambiata negli ultimi due anni. L’insuccesso di Mass Effect: Andromeda ha prepotentemente riportato a galla problemi di lunga data.
Torniamo ad Anthem. Corre l’anno 2014 e, con la chiusura di Inquisition, l’intera Bioware si concentra sul neonato progetto con l’ambizione di lasciare la fase concettuale di pre produzione in un lasso di tempo ragionevole. Tuttavia, in questo periodo Casey Hudson lascia Bioware. Fautore della concezione di Dylan, la sua figura era evidentemente ancora più importante di quanto egli stesso potesse immaginare, poiché nei mesi ed anni successivi alla sua partenza si crea un vero e proprio vuoto di potere.
La partenza di Casey Hudson nel 2014 crea un vuoto di potere in Bioware.
Le mille idee tirate in ballo dai designer per Dylan non vengono né bocciate né promosse con certezza dai capi responsabili del progetto e questo fatto pone i designer e gli artisti in uno stato di confusione e frustrazione. Si susseguono dunque una miriade di prototipi, più o meno promettenti e fattibili, delle possibili meccaniche del gioco e, tra queste, spicca il volo. Del resto, cosa sarebbe Iron man se non potesse volare?
Per dare una scossa alla produzione è necessario iniziare a lavorare con il designato motore di gioco e, nel caso di Bioware ahimè, si tratta del Frostbite Engine.
“Il Frostbite Engine è pieno di lame”
Sviluppato dagli svedesi di DICE per Battlefield, questo motore è in grado di prestazioni grafiche eccelse. Electronic Arts (EA), publisher di Bioware e di una miriade di altri studi di sviluppo fra cui Respawn ed il defunto EA Motive, è fortemente interessato allo sviluppo continuo del Frostbite, poiché trattasi dello strumento che sorregge i suoi franchise di maggior successo, ovvero il citato Battlefield e FIFA. Come conseguenza di ciò, EA impone l’utilizzo di questo motore a tutti i suoi studi subordinati, incluso Bioware: lo stesso Inquisition ne faceva uso (e ciò aveva avuto ripercussioni negative sulla produzione). Essendo però un motore creato per uno sparatutto in prima persona ed essendo molto modesto il lavoro di documentazione offerto da DICE, il Frostbite risulta estremamente ostico e per nulla versatile in fase di sviluppo di un RPG in terza persona.
Il publisher EA spinge per lo sviluppo del Frostbite e lo impone a tutti i suoi studi subordinati.
Di conseguenza, Bioware ha per le mani un gioco, Anthem, dagli intenti poco chiari, privo di figure carismatiche nei ruoli di director (per la cronaca il director di Anthem è Jon Warner ma, come vedremo, non otterrà nemmeno la prima menzione nei titoli di coda del gioco) e per il quale è difficilissimo introdurre i prototipi delle meccaniche all’interno del motore di gioco, il Frostbite, e verificare cosi che siano effettivamente realizzabili e, possibilmente, divertenti. Ad esempio, quella che fino ad allora era l’unica caratteristica veramente originale del gioco, ovvero il volo, sembrava impossibile da far digerire al Frostbite. Schreier riporta che negli anni tra il 2014 ed il 2017, il volo entra ed esce continuamente dalla produzione per problemi di fattibilità.
Gli anni passano senza lasciare risultati concreti e, nel frattempo, giochi come The Division e Destiny escono sul mercato. EA impone la data dell’E3 2017 come obbligatoria per fare un vero e proprio reveal del nuovo progetto Bioware.
EA impone la data dell’E3 2017 per il reveal vero e proprio del nuovo progetto Bioware
Tuttavia, a pochi mesi di distanza dalla fiera californiana, Anthem non è in condizioni di essere presentato al pubblico: a dirlo è Patrick Söderlund, un esecutivo di alto rango di Bioware responsabile, tra le altre cose, dei rapport con il publisher EA. Scatta dunque la chiamata alle armi o, per meglio dire, l’invocazione della magia Bioware per riuscire a mettere insieme la demo E3 2017. Quasi in contemporanea, però, questa magia era già andata in fumo (o quasi) nel caso di Mass Effect: Andromeda.
Söderlund mette in campo tutte le risorse possibili per portare Anthem fuori dalla stagnazione della pre produzione dove era giaciuto negli ultimi quattro anni abbondanti. Persino lo sviluppo di Dragon Age 4 (DA4) viene messo in stand by per consentire di incanalare ogni forza produttiva sulla nuova proprietà intellettuale (per la cronaca DA4 è stato annunciato ai The Game Awards del 2018).
Söderlund porta gli ingegneri Bioware nella sede di DICE in Svezia per risolvere i problemi del Frostbite
Tra le misure volute da Söderlund vi è anche una visita agli studi svedesi di DICE da parte di un corposo manipolo di ingegneri Bioware per cercare di trovare una soluzione all’implementazione della meccanica del volo all’interno di Frostbite, poiché era chiaro ed evidente che si trattasse dell’unico bagliore di originalità in un gioco altrimenti anonimo e con poche idee.
Gli sforzi sono apparentemente ripagati, poiché viene prodotta una demo per l’E3 sufficientemente spettacolare da attirare la curiosità del grande pubblico e della stampa di settore. Tuttavia non vi era una vera e propria build del gioco dietro il filmato mostrato in fiera, perché il gioco non aveva ancora lasciato la pre-produzione. In altre parole, il gioco mostrato non esisteva nella realtà.
Fino a due settimane prima dell’E3 2017 il nome di Anthem era Beyond (!!)
Lo stesso nome di battesimo, Anthem, rivelato proprio nel corso dell’E3 2017, era stato imposto un paio di settimane prima della conferenza da parte di EA per motivi di copyright. Il nome originale di Anthem era Beyond.
La situazione difficilissima di Anthem spinge Bioware ad aggregare al progetto un’altra figura dirigenziale relativamente nuova nella compagnia, Mark Darrah: un produttore esecutivo, inizialmente designato per DA4. In pochi mesi, egli diventa una figura chiave e, col senno di poi, è possibile notare che il suo nome compare in cima ai titoli di coda di Anthem, prima di quello del game director Jon Warner. Darrah inizia a fare quello che nessuno prima di allora aveva fatto nel progetto Anthem, sin dai tempi di Dylan: prende decisioni, perché il tempo stringe.
Siamo a circa sedici mesi dalla data di uscita prevista per Anthem (ovvero febbraio 2019) quando il titolo finalmente esce dalla melma della pre-produzione. Le decisioni di Darrah, il supporto di DICE ed il ritorno di Casey Hudson nel ruolo di general manager appaiono fattori strumentali in favore di tale passaggio.
A sedici mesi dall’uscita (febbraio 2019) Anthem esce finalmente dalla pre produzione
Tuttavia, non si possono fare miracoli: all’inizio del 2018 solamente una missione della storia era stata implementata da cima a fondo. Nei mesi seguenti le quest del gioco subiscono riscritture continue in base alle meccaniche di gioco che riescono ad essere supportate dal Frostbite. In parallelo, vengono allestite sessioni di motion capture con gli attori, poiché EA esige (e qui gli diamo ragione) di evitare le espressioni facciali terrificanti da effetto meme di Andromeda; tuttavia, non essendo ancora finalizzate le missioni, gli attori devono lavorare con linee di dialogo sono provvisorie.
Le continue riscritture delle missioni hanno causato contraddizioni narrative nel gioco uscito sul mercato
Come conseguenza di ciò, all’uscita sul mercato Anthem porta in dote un paio di contraddizioni narrative dovute al fatto che le missioni erano state riscritte ma i dialoghi erano rimasti quelli dell’iterazione precedente. Il talento autoriale di Bioware, indiscusso in così tanti capolavori del passato, rimane dunque vittima dello sviluppo travagliato.
Citando una fonte di Schreier: “Tutti parlano dei sette anni di sviluppo di Anthem, ma in realtà il gioco è stato fatto negli ultimi sedici mesi a causa principalmente della totale assenza di leadership e di idee precise da parte del management dei piani alti della società”.
“Il gioco è stato realmente costruito negli ultimi sedici mesi”
In tale situazione, paradossale e stressante per i lavoratori di Bioware, il prezzo più alto viene pagato dal level design, dalla storia e dalla progressione nel mondo. Molti elementi vengono presi in prestito da altre produzioni AAA contemporanee, incluso il fattore loot shooter, tuttavia non c’è il tempo di amalgamare e calibrare tutti gli ingredienti.
Anthem esce per tutte le maggiori piattaforme il 22 febbraio del 2019. Nella nostra recensione (link qui) abbiamo discusso i pro ed i contro della produzione in dettaglio. I retroscena discussi poc’anzi offrono una chiave di lettura che aderisce perfettamente con la realtà dei fatti, ovvero: Anthem è un gioco pregevole in alcuni aspetti ma grezzo nelle meccaniche, nel mondo e nei contenuti. Tuttavia, considerata la (quasi certa) brevità della lavorazione effettiva, il prodotto uscito sul mercato potrebbe essere definito miracoloso.
Considerata la brevità della lavorazione effettiva, Anthem è un miracolo
Ad oggi, il maggiore oggetto di dibattito è la motivazione della brevità della fase di produzione a fronte di quello della pre produzione. Stando al reportage di Kotaku, che appare quasi inattaccabile dal punto di vista della veridicità dei suoi contenuti, la responsabilità di questo fallimento logistico manageriale, ancor prima che artistico, è in parte nelle mani di Bioware. La fede incrollabile nella magia Bioware ha prevenuto qualunque miglioramento di una produzione che si è rivelata farraginosa, priva di leadership e, soprattutto, dannosa per gli stessi sviluppatori, molti dei quali hanno infatti lasciato la società. Le responsabilità del publisher EA si evidenziano nella gestione criminale del famigerato motore di gioco Frostbite, imposto con poca lungimiranza a Bioware. Per il resto, infatti, EA ha preteso un gioco finito dopo una gestazione di sette anni e ciò non appare una richiesta irragionevole.
L’inchiesta di Kotaku non è certamente passata inosservata dalle parti di Bioware, che ha risposto rilasciando una dichiarazione nel blog aziendale. Il tono generale del breve scritto è difensivo: si ribadisce che ogni decisione presa dalla dirigenza è stata nel migliore interesse del gioco, il quale ha presentato le difficoltà tipiche delle produzioni ambiziose e su larga scala. Inoltre, Bioware ha dichiarato di non voler commentare le tesi dell’articolo e questo fatto, assieme al curioso tempismo (il botta e risposto si è materializzato nel giro di pochi minuti), sembra suggerire che la casa di sviluppo non abbia nemmeno letto il lungo articolo di Schreier (questa tesi è stata avanzata dallo stesso Schreier su Twitter). Infine, la nota aziendale bolla (ingiustamente) l’inchiesta di Kotaku come criticismo disfattista. Quest’ultimo passaggio sembra aver causato ulteriore preoccupazione presso le fonti di Schreier all’interno di Bioware, poichè sembra alludere al fatto che non vi siano piani di cambiare la cultura societaria.
L’ultimissimo aggiornamento a riguardo di questa corposa polemica è, ancora una volta, fornito da Schreier il quale ha pubblicato in un tweet uno stralcio di una email fatta circolare da Casey Hudson (general manager di Bioware) in cui si riconoscono i problemi del passato e si ribadisce l’impegno per migliorare l’ambiente lavorativo.
Questo è quanto, per ora. Tutti gli appassionati inizino ad augurare a Bioware una ristrutturazione radicale e, per quanto possibile, vicina nel tempo.
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Aggiungerei che la saga si allunga con l’inchiesta su Dragon Age 4.
dall’ articolo esce un quadro raccapricciante della situazione lavorativa in Bioware, un colosso con una lunghissima esperienza nell industria. Uno pensa che dietro le grandi aziende c’è una grande organizzazione e un sistema poi scopre questi retroscena.
si dopo Mass Effect 2 hanno avuto grossi problemi di riassestamento