Vi ricordate quel film che vi piaceva tanto e il vostro personaggio sorseggiava una Coca-Cola o teneva in mano i bibitoni di Starbucks? Vi siete mai chiesti perché tutti i personaggi usano dispositivi elettronici della stessa casa produttrice o i beni di un’azienda diventano parte centrale della trama? Si tratta del noto piazzamento del prodotto e il voler pubblicizzare prodotti all’interno delle opere d’intrattenimento non è un fenomeno recente: le compagnie di tabacco hanno collaborato dal 1920 fino agli anni cinquanta con le compagnie produttrici cinematografiche per poter inserire i loro prodotti sul grande schermo, ecco perché due su tre dei migliori attori fumava. Le strategie di mettere inserzioni nei mezzi in cui lo spettatore non è, in alcuni casi, consapevole viene utilizzato ancora oggi nel mondo videoludico, poiché sono estremamente efficaci: il giocatore potrebbe osservarli più volte nel mondo di gioco o rigiocando un determinato livello.
Il livello base è efficace sopratutto quando il pubblico è molto consapevole della sua esistenza, anche se funziona meglio nel momento in cui fa parte della trama in maniera logica (Scusami, Wilson). Nel caso dei videogiochi è possibile inserire il piazzamento dei prodotti per testare la reazione dell’utente prima di lanciare un nuovo prodotto e fare direttamente esperimenti sul mercato.
Nel 2002 più della metà dei giochi di maggior successo conteneva piazzamenti dei prodotti e nel 2010, secondo Nielsen, vi è stato un ritorno di 3.1 per ogni dollaro speso. Se teniamo conto dei numeri, il piazzamento è una pratica che funziona, sopratutto nel mondo videoludico in cui la possibilità di sperimentare nelle modalità di inserimento della pubblicità è ampiamente vasto. Nonostante i molti punti positivi, può accadere che il pubblico non lo noti e quindi si dimenticherà di quel determinato brand che avrebbe dovuto colpirlo oppure vi sono casi in cui gli spettatori sentono minacciata la propria libertà di poter scegliere quale pubblicità osservare o meno. L’obiettivo chiave della pubblicità nelle opere videoludiche è proprio quello di notarlo senza perdere il coinvolgimento del giocatore con l’esperienza in corso.
Molta della pubblicità piazzata viene utilizzata nei giochi di corse, principalmente perché le macchine utilizzate appartengono a marchi conosciuti e poiché vengono inseriti cartelloni pubblicitari nel mondo di gioco che aumentano il realismo, ma con l’obiettivo principale di aumentare la consapevolezza rispetto a una firma e ampliare il profitto per chi crea il videogioco. Uno degli esempi di maggior rilievo è la campagna di Barack Obama (Vote For Change) che è apparsa nei cartelloni pubblicitari del videogioco Burnout Paradise realizzato da Electronic Arts. In questa occasione il mezzo elettronico è stato utilizzato come strumento di campagna politica nel titolo di EA, indubbiamente sotto pagamento e senza che la compagnia condividesse le stesse idee politiche del mittente. Allo stesso modo in cui vengono realizzate pubblicità in radio, televisione e giornali, è stato usato un altro medium. Certamente differente, ma pur sempre un medium. In Mario Kart 8 è stato introdotto un DLC che consentiva al giocatore di saltare in pista con i veicoli targati Mercedes–Benz che, dal mio umile punto di vista, risultano un pugno nell’occhio in confronto alla direzione artistica del gioco.
Oltre ai cartelloni nei più classici giochi di corse come Need For Speed, anche altre tipologie di videogiochi hanno visto prodotti al suo interno. Come non poter citare l’orrorifico Alan Wake al cui interno appaiono le batterie Energizer per ricaricare la torcia, strumento utile per far scomparire i mostri sulla propria strada. All’interno di Splinter Cell: Chaos Theory appare il deodorante spray Axe, devo forse ricordarvi il target a cui è rivolto il gioco? Poi c’è Snake che, affamato durante le sue missioni, viene circondato da Doritos e Mountain Dew. Il colosso Pizza Hut (perdonami Tanzen) è apparso in una miriade di titoli (come EverQuest 2), giocando sulla fame che vien giocando.
In conclusione, possiamo osservare come il piazzamento del prodotto sia stato un fenomeno fortemente utilizzato in passato e ancora oggi è altamente remunerativo. Utilizzare un mezzo usufruito dai giovani è ideale per le aziende che vogliono raggiungere determinati obiettivi e cercare di aumentare le vendite del prodotto e il piazzamento è fantastico: i giocatori lo vivono come un easter egg, ma non tutti. Secondo le ricerche effettuate sul fenomeno, i giocatori compiono associazioni favorevoli nei confronti del prodotto e riescono a richiamarlo alla mente sopratutto nei videogiochi gratuiti. Quando il pubblico paga un abbonamento o ha già acquistato il titolo, diventa frustrato dalla presenza di elementi pubblicitari, a meno che non sia fortemente contestuale con l’ambiente di gioco.
Anche la pubblicità del nostro hobby preferito viene realizzata tramite piazzamento, come nel caso di The Division nel video Maria Salvador di J-AX (aguzzate la vista).
Fonti:
Marketing Communications: A Brand Narrative Approach – M. Dahlen, F. Lange, T. Smith
http://www.gamasutra.com/view/feature/3927/emerging_issues_in_ingame_.php
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Pizza Hut 😍 Ma che vuoi che ne capiaxa il Tanzen di 🍕 ?