La tassonomia (dal greco taxis, ordinamento e nomos, norma o regola) è, nel suo significato più generale, la disciplina della classificazione. Quando all’E3 2018 Nintendo aprì il sipario sulla nuova scintillante iterazione del famosissimo picchiaduro, l’obiettivo di Sakurai e soci fu chiaro sin da subito: riassumere due decadi di Smash Bros in un’unica mastodontica opera. In quella specifica occasione Nintendo ci aveva tediati con ben venticinque minuti in cui far scorrere a schermo, uno ad uno, tutti i personaggi presenti nel nuovo roster, con quanto mai ridicoli approfondimenti su aspetti risibili quali, ad esempio, le nuove textures utilizzate nel ridisegnare il viso del trainer di Wii Fit. Col trascorrere dei mesi, Nintendo ha progressivamente corretto il tiro con altri direct dedicati e, soprattutto, presentando la nuova modalità legata agli spiriti e la nuova splendida modalità storia introdotta in quest’ultimo capitolo: la Stella della Speranza. I risultati, in termini qualitativi e di vendite, hanno dato ancora una volta ragione a Nintendo. Super Smash Bros Ultimate non è soltanto un videogioco eccellente da quasi tutti i punti di vista, ma è anche il picchiaduro più venduto della storia. Questo spazio non è però dedicato a decantare le lodi dell’ennesimo system seller uscito su Switch. Quello che si vuole fare è cercare di capire cosa sia diventata questa serie negli anni e come oggi risulti essere, in fin dei conti, un’immensa catalogazione dinamica dei personaggi chiave del gaming giapponese ed un’esaltazione della loro importanza. Proprio per questo, ci sentiamo di definire questo capitolo la prima “Tassonomia Dinamica” del mondo dei videogiochi.
Il pretesto narrativo per dare libero sfogo alla creatività di Sakurai non presenta particolari sussulti letterari o cinematografici (il parallelo con i vendicatori marveliani è probabilmenete solo una casualità).
Riesce però perfettamente nell’intento di introdurre una modalità avventura che è un tripudio di colori e riferimenti al gaming giapponese. Muovendosi lungo la mappa di gioco, dovremo via via liberare i vari personaggi del roster affrontando un’infinità di sfide estremamente diverse tra loro. Il completamento di ogni sfida ci farà ottenere uno spirito, ovvero una carta personaggio legata al mondo dei videogiochi giapponese che ci aiuterà a potenziare il personaggio per agevolarci in alcuni punti dell’avventura. Fin da subito si intuisce il carattere catalizzatore di questa scelta. Le mappe sono disegnate divinamente e consentono di avere una panoramica globale su praticamente ogni brand coinvolto nel gioco (che sia attraverso i personaggi del roster, gli assistenti o una semplice carta spirito). Ma perché l’abbiamo definita una “tassonomia dinamica”? Il motivo è semplice: Sakurai non si limita semplicemente a presentare una breve biografia del personaggio all’interno della carta spirito.
Ad onor del vero, sarebbe stato complesso catalogare da questo punto di vista i circa 1400 spiriti presenti.
Ciò che viene fatto è inserire questi spiriti talvolta all’interno dei loro scenari (ove siano presenti), catalogarli in base al genere (attacco, difesa, cura) o addirittura creare sfide apposite che ricalchino la natura del brand stesso. Di tanto in tanto, durante i brevi caricamenti, sarà possibile leggere delle vere e proprie curiosità sui personaggi presenti che stuzzicano la nostra attenzione. In questo, Super Smash Bros Ultimate riesce a catalogare dinamicamente ed in modo estremamente funzionale ogni personaggio presente. L’operazione non è sempre idilliaca e non si definisce sempre un contesto perfetto per ogni personalità presente nel picchiaduro Nintendo, ma nel complesso funziona con buon equilibrio. Nel fare ciò, Sakurai non può fare a meno di conferire più o meno importanza ad alcuni brand su tutti: se a The Legend of Zelda e Castlevania vengono dedicate due intere splendide porzioni dell’avventura, altre ricevono stage dedicati o assistenti particolarmente riusciti; altre, invece, si limitano ad essere rappresentate dalla propria carta spirito. La volontà di rendere omaggio al gaming giapponese attraverso questa particolare forma, ha portato gli sviluppatori a fare scelte personali che non hanno messo d’accordo tutti: ne sa qualcosa Sakurai stesso, dopo aver ricevuto critiche a dir poco eccessive per aver lasciato Kirby come unico personaggio giocabile all’inizio dell’avventura, conferendogli, a detta di alcuni, un ruolo privilegiato.
L’immenso lavoro di catalogazione intrapreso nell’ultima iterazione di Smash Bros non si conclude però con la modalità avventura. La modalità classica è personalizzata per buona parte dei personaggi presenti nel roster e, oltre ad aver accesso ad un numero sconfinato di stage (ognuno dei quali dedicato ad un brand particolare), è possibile accedere ad una selezione di temi musicali arrangiati per l’occasione e provenienti da ogni angolo dell’intrattenimento ludico giapponese.
Ma in che modo questo fattore tassonomico, negli ultimi anni, ha preso il sopravvento sul particolare picchiaduro della casa di Kyoto?
Super Smash Bros nasce non solo come picchiaduro, ma anche (e soprattutto) come party game, col semplice intento di raccogliere alcuni personaggi dell’immaginario Nintendo in un’unica arena di combattimento. Di fatto, in un’epoca in cui anche i grandi nomi storici dell’industria (Street Fighter su tutti) faticano a rimanere a galla, Smash Bros è un fenomeno che, al contrario, non accenna ad arrestarsi di un millimetro. Ad ogni iterazione si ingigantisce in maniera esponenziale e la portentosa community che lo sostiene chiede a gran voce nuovi personaggi e contenuti. La bravura del team capitanato da Sakurai è stata proprio nel capire cosa può rendere ancora oggi appetibile un picchiaduro dal punto di vista comunicativo, e la presentazione dell’entrata nel roster di Joker annunciata in pompa magna durante i Game Awards del 2018 ne è un esempio lampante. Può un annuncio di un nuovo personaggio tenere in piedi da solo l’intero programma comunicativo di un’azienda come Nintendo in un palco importante come quello dei Game Awards? Non solo può, ma risulta essere anche più risonante del ben più importante annuncio di Bayonetta 3 durante lo show dell’anno precedente. E allora è chiaro che, se l’entrata all’interno del roster diventa sintomo di fama e prestigio, il picchiaduro in questione non può che essere considerato una sorta di Hall of Fame dei videogiochi. In definitiva, cosa è diventato davvero Smash Bros? Una celebrazione del videogioco? Un’enciclopedia? Oppure mantiene ancora un carattere preponderante di piacchiaduro misto a party game che lo rende così popolare? Probabilmente la risposta sta nel punto di incontro tra questi tre aspetti. In un gioco di forze tra il prestigio, il divertimento ludico e la quantità di contenuti, Smash Bros si posiziona esattamente nel punto critico in cui nessuna delle tre forze prevale sull’altra, nel punto in cui ognuno dei tre aspetti coesiste in un equilibrio perfetto con gli altri due.