Durante il Comicon di Napoli 2019 sul palco dell’area videogiochi si sono susseguiti diversi appuntamenti per parlare dei nuovi titoli in uscita, come Mortal Kombat 11 o Days Gone, ma anche appuntamenti di approfondimento come è stato per il panel “Videogiochi Tripla A: un modello in crisi? Analizziamo sfide, prospettive e difficoltà dei modelli produttivi attuali” con protagonista Francesco Fossetti, responsabile editoriale dell’area videogiochi di Everyeye.it.
L’interessante intervento di Fossetti ha messo in luce una criticità del mercato e del percorso di produttivo dei videogiochi “mainstream”. Riassumendo un po’ il pensiero di Fossetti, che potete comunque trovare in versione integrale qui di seguito nella diretta Twtich del primo giorno di Comicon (a 6:30:00), la criticità di questo periodo per i titoli tripla A è che il mercato ha delle dinamiche e tempistiche che impediscono spesso ai creativi di portare avanti il proprio lavoro con qualità. Fossetti fa giustamente notare che oggi ci sono tempi ristretti di marketing, esigente finanziarie dei mercati azionari e necessità di delegare alcuni compiti per ottimizzare le tempistiche. Tutto questo fa perdere spesso di vista la visione d’insieme dell’idea originale e il progetto finisce per non corrispondere alle reali intenzioni del creativo dell’idea originale o arriva alla fase di pubblicazione ridimensionato o addirittura monco.
Fossetti ha riportato alcuni esempi che fanno da cartina tornasole di questo fenomeno complesso e per certi versi di difficile gestione. C’è il caso Anthem, i cui proclami iniziali troppo precoci sono stati vistosamente ridimensionati alla pubblicazione, le problematiche legate a For Honor, descritte nel documentario presente anche su Netflix “Playing Hard”, e tutto il contorno di critiche che ha circondato No Man Sky. Fossetti ha spiegato che in tutti e tre i casi per motivi diversi, ma tutti riconducibili alla stessa criticità delle esigente contemporanee, il mercato ha risposto in maniera critica e controversa alla loro pubblicazione.
La lunga disquisizione di Fossetti ha smosso nella mia mente alcune pensieri riguardanti anche altri esempi che possono essere emblematici rispetto a questa problematica di difficile soluzione. E il pensiero è subito volato al Late Show dei Poveri tra Tanzen e Andrea Pessino di Ready at Dawn e al processo di sviluppo che ha portato The Order: 1886 a essere pubblicato in maniera affrettata e poco soddisfacente per l’utenza. Il pubblico e la stampa specializzata anche in quel caso, come in quelli sopracitati, è stato pronto bacchettare la qualità finale e evidenziarne tutti contro. Come ha evidenziato anche Fossetti, Il pubblico vuole tutto e lo vuole subito. Allo stesso modo il publisher vuole cose fatte il più velocemente possibile e nei tempi del mercato. E invece dovremmo essere tutti più pazienti, publisher e fruitori finali. La creatività e le idea sono difficili da esprimere e sviluppare con l’ansia dei tempi o dell’impazienza.
La storia recente è piena di esempio più o meno illustri di questo difficile equilibrio tra tempi creativi e tempistiche di marketing. Eppure la pazienza può essere ripagata, come dimostra The Legend of Zelda: Breath of the Wild, il cui primo trailer apparve nel lontano 2014 per poi vedere la luce realmente solo nel 2017. Tre anni di tribolazioni e di speranze che hanno portato alla fine su Nintendo Switch (e Wii U) un titolo che ha avuto un fortissimo impatto sui giocatori e probabilmente sul futuro della saga di Link. Pazientare paga quindi. Potrebbe essere quindi giusto non mettere fretta a Metroid Prime 4, che come sappiamo è stato riconsegnato nelle mani di Retro Studios che è ripartita pressoché da zero, e sperare che esso possa portare a un ritorno in grande stile della cacciatrice di taglie spaziali.
Ad oggi non posso che trovarmi concorde con Fossetti nel dire che non c’è nulla di male aspettare un gioco. Il mercato offre numerose alternative per ingannare l’attesa oltre che una serie infinita di contenuti aggiuntivi per i giochi già pubblicati. Richiedere a gran voce un nuovo gioco o polemizzare su un ritardo rischia di rendere frettoloso e barcollante lo sviluppo penalizzando il prodotto finale. Ci pensano già i mercati azionari a spingere per l’urgenza di una pubblicazione. A noi utenti tocca il compito di essere comprensivi.
L’andamento dell’industria videoludica di questi ultimi anni, che vive di attese, pretese e frenesia, non è stato solo portatore di questa crisi delle grandi produzioni, ma è stato anche catalizzatore per l’attecchimento e diffusione di due grosse frange di mercato: gli indie da un lato e i battle royale. La crisi del mercato dei tripla A, sempre più assoggettati ai tempi e meno liberi di esprimersi, sia una della cause maggiori per le quali oggi stiamo vivendo una stagione florida degli indie, che sono più liberi dai vincoli dei tempi del marketing e che stanno esprimendo qualità spesso non riscontrabili in altri ambienti e dall’altro lato.
Dall’altro lato del bivio ci sono invece i battle royale. Questa crisi delle grandi produzioni dalle grandi premesse e promesse spesso disilluse o ridimensionate dai tempi stretti ha fatto la sua parte nel processo di ascesa e successo dei battle royale: meno complessi da sviluppare, più immediati da giocare, più “comunitari” e dal gusto competitivo. Titoli che si accetta tacitamente spesso che siano incompleti o derivati da altri prodotti simili tanto poi sono destinati a migliorare. I battle royale sono più assomiglianti per certi versi a campagne di marketing in divenire che a videogiochi interattivi. Questo genere è diventato il modo migliore per mettere d’accordo le richieste di novità del pubblico e le tempistiche del mercato, a quanto pare. Del resto il mercato siamo noi, siamo noi la domanda. Noi possiamo decidere se questo è quello che vogliamo o vogliamo altro.
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Ottimo pezzo, argomento molto interessante e attuale. Secondo me i “tripla A” non sono in crisi, basti pensare al grande successo degli ultimi “titoloni” arrivati sul mercato, non ultimo Days Gone. Piuttosto, vedo un po’ di crisi di idee più in generale, quello sì.
Ormai i tripla A sono molto simili tra loro e molte case produttrici hanno troppa paura di osare, quindi tendono a “giocare in un territorio sicuro”, e questo va a vantaggio di chi, invece, non ha la pressione della fama sulle spalle e può permettersi di provare a fare qualcosa di diverso dal solito. Opinione personale, ovviamente, ma alla fine la colpa è solo nostra: siamo noi che quando una casa produttrice prova a fare qualcosa di nuovo e quel qualcosa non rispecchia appieno le nostre attese (enormi, spesso) storciamo il naso, mentre se la stessa cosa ce la propone una casa produttrice non famosissima la amiamo e la elogiamo…
Davvero un ottimo pezzo e davvero credo che non ci sia niente di male nell’aspettare un titolo. Uno degli esempi può essere TLOU ma credo anche Kojima con Death Stranding. Io credo che la vera crisi bisogni identificarla nella forte richiesta di mercato che tende a sterilizzare la creatività e la libertà che essa necessita.
Mi trovo concorde con quanto scritto sopra dai Friends. La fretta non è mai una soluzione, può portare a commettere errori, al malcontento, a portare un progetto a diventare tutt’altro. Tirando sul piatto la mia esperienza personale, la fretta di tutte queste “novità” non mi sfiora. Ho decine di giochi ancora da iniziare e troppo poco tempo a disposizione per vivere quelle “ahimè” stantie storie. ☹️