Videogiochi: istruzioni per l’uso. Dopo aver parlato del PEGI e di come esso possa aiutare a scegliere il gioco più adatto in base all’età, il Bugiardino Videoludico approfondisce un argomento molto delicato ma che merita la stessa attenzione nel riconoscere e segnalare rischi ed errori comuni: la dipendenza da videogiochi o videogame addiction.
Recentemente il WHO (World Health Organization) ha riconosciuto il “game disorder” come malattia mentale. Prima di andare a sviscerare alcuni aspetti dell’argomento è giusto chiarire alcuni punti fondamentali che devono essere tenuti a mente.
Giocare ai videogiochi non vuol dire esserne per forza dipendente. Il fatto di utilizzare una console non fa per forza di un individuo un malato, così come non bere birra o vino non fa della persona un alcolizzato. Questo articolo cerca proprio di aiutare nel distinguere uso da abuso, patologia da semplice divertimento.
La dipendenza da videogiochi NON è collegata alla ludopatia. Sono due patologie che partono da radici diverse e sfociano solo in alcuni casi in una direzione comune. La ludopatia riguarda il gioco d’azzardo. Non c’è praticamente alcun tipo d’azzardo nei videogiochi e slot machine virtuali o casinò online non possono essere considerati videogiochi in alcun modo. Il videogioco è intrattenimento, non gioco d’azzardo.
Il problema esiste e va tenuto in considerazione. Da giocatore è inutile barricarsi dietro la propria categoria e negare l’esistenza del problema. Sicuramente tra i nostri amici, conoscenti oppure occasionali compagni di party c’è sicuramente qualcuno che può essere a rischio game disorder o che già è stato colpito da questa patologia. Capire questo è importante per aiutare “dall’interno” dei vari clan le persone a noi più vicine. Detto questo andiamo per gradi.
Per OMS la dipendenza da videogiochi, definita game disorder, è identificata come “un modello di comportamento di gioco persistente o ricorrente, che può essere online o offline, manifestato da un controllo alterato sui giochi, priorità crescente data al gioco nel grado in cui il gioco ha la precedenza sugli altri interessi della vita e sulle attività quotidiane e sulla continuazione o l’escalation dei giochi, nonostante il verificarsi di conseguenze negative “.. In estrema sintesi chi è dipendente dai videogiochi a livello patologico è colui che trascura ricorrentemente le necessità e gli obblighi della propria vita per dedicarsi interamente al gioco. Per quel che riguarda i sintomi essi possono essere suddivisi in comportamentali e fisiologici. Tra i sintomi comportamentali ci sono:
I sintomi fisiologici sono:
Ovviamente chi è colpito da questa patologia spesso racconta bugie perfino a se stesso ed è difficile fare autoanalisi o essere obbiettivi. Tuttavia, Noi che abbiamo il controller in mano non dobbiamo sottovalutare i segnali e dobbiamo provare ad essere sinceri con noi stessi. Allo stesso modo chi è genitore dovrebbe fare attenzione a non prendere sotto gamba e/o ingigantire i primi campanelli d’allarme.
Senza andare troppo nel tecnico, proverò a fare chiarezza anche sulle cause attraverso alcune semplici domande che forse non tutti si pongono.
I videogiochi contemporanei sono causa di questo disturbo? La risposta è nì. Purtroppo ultimamente alcuni tipi di videogiochi soprattutto online sono diventati un “servizio giornaliero di sfide, ricompense e gratificazioni” rapide da ottenere e che portano a premi ambiti da ostentare (le skin e non solo). Questi premi provocano un piacere tanto intenso quanto fugace. Proprio in questo processo si annidano i maggiori rischi del game disorder.
I titoli appartenenti al genere Battle Royale applicano questo schema, ma ci sono tanti altri giochi che lo sfruttano come Candy Crush, Clash Royale o FIFA FUT. Ho citato alcuni dei giochi più popolari non per additarli come demoni, ma per far comprendere che il rischio si può trovare nelle mani di chiunque, ma anche in quelle di nessuno. Come ho sempre sostenuto il videogioco è un mezzo, uno strumento; sta all’utente il compito di capire come usarlo ed evitarne l’abuso.
I giocatori sono causa del proprio stesso disturbo? Sì. purtroppo sì. Lo dico senza vergogna. Chi è nato, come me, nella generazione tecnologica conosce il medium e dovrebbe comprenderne anche i pericoli e le controindicazioni. E invece spesso si perde la misura come con l’abuso di utilizzo dello smartphone. Il videogioco spesso diventa uno schermo, un velo di sicurezza e felicità sotto cui si sotterrano delusioni, inquietudini, drammi e problemi. Ed è quando questo avviene in maniera sistematica che inizia la dipendenza.
Le famiglie sono causa di questo disturbo? E anche qui la risposta è nì. Non per fare una filippica contro i genitori o i familiari in generale, ma è così. I bambini e gli adolescenti, emotivamente e mentalmente più fragili e incompleti, sono i primi a rischiare di finire nel vortice della dipendenza da videogiochi e andrebbero seguiti e protetti. La causa più comune che scaturisce dall’ambito familiare è quella di lasciare solo il bambino/ragazzo a giocare, concedergli i giochi senza criterio, regole o filtro preventivo. Non dedicare attenzione e non partecipare, dando una guida, alla vita di un figlio può portare a tanti problemi, compresa la dipendenza da videogiochi.
Prima di tutto è necessario non essere allarmisti. Non è detto che un breve periodo transitorio o un occasionale sintomo richiedano per forza un intervento. Spesso la fase adolescenziale passa anche attraverso un periodo di introversione e isolamento.
Come prevenire il problema o arginare i primi sintomi? In ogni caso prevenire è meglio che curare. Nonostante sia una materia relativamente fresca di studio anche per i sociologi e gli psicologi, esistono alcune semplici regole dettate spesso dal buon senso che possono essere applicate in ambito familiare soprattutto dai genitori. Ci sarebbe da riportare pagine e pagine di modelli comportamentali e guide per il genitore, ma si può sintetizzare tutto con queste poche regole:
Come faccio a capire se sto diventando dipendente dai videogiochi? Farsi questa domanda è un ottimo punto di partenza. Essere cosciente che il problema può esistere vuol dire essere sulla buona strada. Se pensi di aver intravisto o percepito alcuni dei sintomi elencati in precedenza non allarmarti: puoi cambiare. Il processo è reversibile, anche se richiede sacrificio. Il primo passo è provare a cambiare abitudini di vita. Meno videogame, cercare altri hobby, pensare al proprio presente e futuro (di studio o di vita sociale) e affrontare nuove sfide e problemi quotidiani senza paura.
Se un amico ha i sintomi da dipendenza da videogiochi? Non lasciatelo da solo. Questo è rivolto soprattutto ai ragazzi e agli adulti che vedono un proprio amico, collega o conoscente che evidenzia i problemi elencati qui sopra. Non c’è nulla di male a staccare dal videogioco per un giorno o due e vedersi di persona per una attività alternativa, sia essa un gioco da tavolo, un’attività sportiva o una semplice passeggiata.
Come già detto questi sono consigli non tecnici, ma dettati dal buonsenso e dalla esperienza diretta con amici e conoscenti. Purtroppo se il problema risulta radicato è inevitabile affidarsi a uno psicologo o altro specialista che possa provare a curare la patologia e trovare le cure migliori per il singolo caso. A prescindere da questo non bisogna mai sentirsi soli o gli unici ad avere questo problema o ad avere persone care che ne sono vittima. Esistono tante associazioni che raccolgono testimonianze e programmi di recupero per la dipendenza da videogiochi, come ad esempio GameQuitters.com, creata proprio da un ex dipendente da videogiochi.
C’è da ribadire ancora una volta i videogiochi sono uno strumento. Come un coltello può essere un utensile o un’arma, come la morfina può essere usata come medicina o sostanza stupefacente, così il medium videoludico può avere sia ripercussioni negative sulla nostra vita si ottimi effetti sulla nostra salute, non a caso abbiamo più volte portato esempi positivi di questo rapporto nella nostra rubrica videogiochi e salute. Giocare ai videogiochi non è un crimine, né un male assoluto. Evitiamo i qualunquismi da servizio scandalistico da telegiornale generalista.
Fonti: WebMD.com; PsychGuides.com; GameQuitters.com
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Bellissimo articolo!
Grazie
Complimenti per l’articolo, veramente ben fatto.
Purtroppo si tende a sottostimare la pericolosità di alcuni comportamenti.
A volte non è neanche necessario un grado di dipendenza molto elevato per ridurre la qualità della vita.
Credo che come giocatori appassionati siamo tutti a rischio,nessuno escluso.
Ovviamente alcune situazioni ” ambientali” possono portare ad esacerbare il problema, ma credo che in fondo abbiamo tutti provato quella sensazione almeno per una volta.
Credo infatti che il sintomo sul quale bisogna soffermarsi di più è il disagio che si prova nel continuare a giocare pur volendo di fondo smettere.
Quando si è dipendenti dai videogiochi paradossalmente viene a mancare anche il divertimento.
Diventa semplicemente un’azione fine a se stessa.
( Stessa cosa avviene con serie TV, social, gameplay cafè…fatemi smettereeee😅).
Corretto. Il problema reale, come ho scritto, è quando tutto il resto della vita scompare. Io mi posso anche “infognare” in un gioco per un po’ ma non deve diventare la mia ossessione. E’ in quel punto che scatta la molla. Io se gioco lo faccio per il piacere di farlo ma non rinuncerei mai ad una vacanza o uscita con amici o ad un colloqui di lavoro per completare una stagione di un Battle Royale o per completare una questa al mio JRPG preferito.
Questi argomenti mi piacciono tantissimo, complimenti per l’articolo.
I videogiochi devono far divertire, non devono essere un’ossessione. Anche io spesso mi sono fatto prendere troppo da qualche nuovo gioco che aspettavo da tempo, l’importante è riuscire a riconoscere che si sta esagerando ed avere la “forza”/costanza di fare altro.
Poi crescendo, e quindi con il lavoro ed altri mille impegni, questi sintomi non si presenteranno più (o si spera).
Grazie, mi fa piacere sapere che parlare di questi argomenti è apprezzato. Purtroppo ci sono casi, molto rari, in cui il gioco ha preso il sopravvento perfino sul lavoro o sullo studio.
Io in primis ho rischiato di finirci in questo vortice per colpa allora di Football Manager 2004. Ci passavo pomeriggi e i risultati si videro.
Poi sono passato oltre e per fortuna mi sono ripreso la mia vita.
Articolo molto bello e interessante, complimenti. Da padre di un bambino di quasi 2 anni, da un aprte non nascondo la mia preoccupazione a riguardo, dall’altra essendo un videogiocatore mi conforta il fatto di sapere di cosa si parla e quindi avere qualche conoscenza di più in materia per poter affiancare mio figlio nel suo futuro approccio ai videogiochi.
Grazie Zannafix. A mio modo di vedere noi giocatori-genitori abbiamo la possibilità di creare una coscienza comune sana e diffusa riguardo l’utilizzo del videogioco. Il problema saranno i millennians da genitori (classe 2005 in poi per me) che, con una guida genitoriale alle volte poco attenta e istruita alle spalle, rischiano di essere genitori “pericolosi” nel 2035. Speriamo di essere noi un faro anche contro il loro arrivo.