Videogiochi istruzioni per l’uso. Di microtransazioni se ne è sentito parlare molto spesso soprattutto in maniera critica e controversa quando avvengono vicende di spese pazze in videogiochi come Fortnite oppure come nel caso recente di un gruppo di ragazzini ha praticamente svuotato il conto in banca dei genitori con gli acquisti in app in FIFA 19. Una vicenda non isolata che si è ripetuta altre volte e ha sollevato un vero e proprio polverone. La percezione dell’opinione pubblica su questo argomento ha generato un senso di impotenza dei genitori salassati da questo tipo di interazione con il medium videoludico e la percezione di avere una generazione di bambini che non percepiscono il valore del denaro. E la causa di tutto questo viene attribuita ai videogiochi.
Nonostante sia lungi da me l’intenzione minimizzare o estremizzare il problema, è innegabile che anche in questo caso la disinformazione porta alla demonizzazione dell’oggetto – videogioco – piuttosto che a valutare e modificare il tipo di approccio che si ha con esso. Il Bugiardino Videoludico ha qualche consiglio utile per comprendere e su come arginare l’abuso delle microtransazioni.
Il termine microtransazione indica ogni acquisto all’interno di un videogioco (acquisti in-app) che fa ottenere oggetti oppure elementi decorativi. Questo può avvenire per la maggior parte dei casi con soldi veri convertiti in valuta virtuale nel gioco. Si tratta di cifre di denaro (reale) relativamente piccole ma che spesso diventano talmente frequenti da diventare rischiose. In molti free-to-play con le microtransazioni si acquista il cosidetto Pass Battaglia necessario per sbloccare maggiori ricompense del gioco.
Questo tipo di transazioni si trova maggiormente nei giochi gratuiti ma di recente anche in alcuni titoli “a pagamento” si possono trovare le microtransazioni. Per fare un paio di esempi famosi, c’è la modalità FUT di FIFA con le bustine di giocatori da acquistare.
Spesso le microtransazioni non rappresentano un reale contenuto aggiuntivo, ma solo dei kit estetici che non influiscono sul gameplay. Spesso la valuta di gioco serve per ridurre i tempi di attesa per il raggiungimento di un determinato obiettivo. In FIFA, ad esempio, chi scarta più bustine ha più possibilità di ottenere i giocatori migliori da schierare e questo invoglia a comprarle piuttosto che aspettare di ottenerle gratuitamente giocando.
Le microtransazioni sono sostanzialmente la fonte di guadagno principale per gli sviluppatori di giochi free-to-play. Piuttosto che vendere il gioco ad un determinato prezzo, questa strategia di marketing offre il prodotto inizialmente gratuito compensando i costi di sviluppo attraverso le microtransazioni. Un sistema questo che permette di mantenere vivi interesse e popolarità del gioco nel tempo e che ha portato molti sviluppatori a ottenere profitti elevatissimi oltre che il successo di pubblico del loro prodotto.
Questo successo e popolarità delle microtransazioni ha stuzzicato quindi anche i grandi editori che hanno affiancato questo modello di business (denominato freemium) – o sostituire in alcuni casi – ai DLC/contenuti aggiuntivi. Il rovescio della medaglia è che le microtransazioni in alcuni casi hanno portato ai problemi di cui sopra, con alcuni utenti che hanno spesso molti più soldi di quanti ne avrebbero investiti in un gioco “a pagamento” fatto e finito.
Ancora una volta chiariamo che il problema esiste ma non perché esistono le microtransazioni. Il problema c’è perché si perde il senso di della misura e molti non conoscono i metodi per arginare gli eventuali eccessi negli acquisti. Ma le varie console e perfino i dispositivi mobile mettono a disposizione sistemi per evitare l’abuso di microtransazioni.
Esistono alcuni semplici trucchi per evitare di vedere dilapidato il patrimonio con le microtransazioni. Prima buona norma è quella di non associare la propria carta di credito con gli account di gioco o i vari store. Meglio abbinare una prepagata semplice sulla quale caricare volta per volta i soldi necessari per gli acquisti. Si tratta di un passaggio scomodo e lungo che farà spendere qualche euro in più per i passaggi di denaro, ma terrà di certo a freno la smania di acquisto dei figli o addirittura le proprie. L’alternativa più semplice è acquistare le ricariche o i codici dei pass disponibili nei negozi fisici. Niente carte collegate e quindi ancora con meno possibilità di eseguire microtransazioni in maniera “selvaggia”.
L’alternativa è il filtro famiglia o parental control. Sia le console, che il PC, che gli smartphone offrono tutti gli strumenti per limitare gli acquisti in-app. Per la maggior parte dei casi si tratta di procedure che necessitano di attenzione per impostare tutto al meglio, ma solo la prima volta. Ogni console ha il suo sistema di filtro famiglia che permette di gestire oltre agli acquisti in-app e spese negli store delle console anche tempi di gioco e limitazioni del PEGI. Nel Bugiardino Videoludico abbiamo già snocciolato come impostare queste limitazioni su PlayStation 4, Xbox One, PC e Nintendo Switch.
Mancavano all’appello solo gli smartphone. Per quel che riguarda i sistemi Android il sito ufficiale di Google mette a disposizione una serie di guide per impostare il filtro famiglia e relativa limitazione sugli acquisti. A questo si può associare la sempre utile creazione del gruppo famiglia. In maniera simile, anche su dispositivi Apple è possibile impostare sia le limitazioni di tempo di utilizzo, sia gli acquisti in-app sia l’account del proprio figlio. Anche in questo caso tutto spiegato sul sito ufficiale del supporto Apple.