Dopo oltre un decennio lo scenario dell’antico Giappone tornerà presto protagonista in ambito videoludico grazie ad una serie di promettenti titoli presentati all’E3 dello scorso giugno: dalla realistica ambientazione di Ghost of Tsushima, che ci porta all’indomani di una serie di scontri sanguinosi avvenuta su un’isola giapponese durante la prima invasione mongola (1274), ai feroci ed incessanti conflitti interni del periodo Sengoku (1467-1603) di Sekiro: Shadows Die Twice e il sequel di Nioh, combinati con elementi soprannaturali del folklore nipponico. Inoltre, secondo un recente leak, anche il prossimo Assassin’s Creed potrebbe essere ambientato nello stesso periodo.
Riscopriamo dunque la storia del giapponese feudale focalizzandoci principalmente su fatti e personaggi inerenti a questi attesissimi giochi. Sarebbe poco onorevole farsi cogliere impreparati.
Se in Cina le prime forme statali risalgono circa al 2000 a.C., con la prima famiglia regnante, la dinastia Xia, la storia della civiltà giapponese inizia con l’introduzione della scrittura, intorno al VI secolo d.C. In precedenza, come riportano i cronisti cinesi dell’epoca, l’isola di Wa (nome antico del Giappone) era un agglomerato di tribù in perenne conflitto fra loro. Per questa ragione le vicende che narrano la nascita dell’impero giapponese si mescolano con la leggenda. La prima forma di Stato sovrano giapponese riconosciuto dai cinesi viene infatti menzionato da alcuni scritti risalenti al IV secolo d.C, ma non vi è traccia alcuna nei principali testi di storia e mitologia del Sol Levante, ovvero il Nihonshoki ed il Kojiki.
Si tratta del Regno Yamatai, situato nell’isola di Honshū, governato dalla leggendaria regina Himiko. Le fonti cinesi, spesso discordanti riguardo a questa misteriosa e affascinante figura, la descrivono con tratti caratteristici tutt’altro che positivi: una nubile regnante dedita allo sciamanesimo ma anche alla stregoneria per soggiogare il proprio popolo.
Nell’era moderna i giapponesi sono ancora certi della sua esistenza, identificandola tuttavia nella benevola imperatrice Jingū Kogo, che secondo il Nihonshoki, assume il ruolo di himiko, ovvero “Sacerdotessa Del Sole”.
Il personaggio di Himiko non è del tutto ignoto a noi occidentali: oltre ad essere l’antagonista del reboot di Tomb Raider, è la fonte d’ispirazione di Himika, la temibile avversaria di Jeeg Robot e regina di un antico popolo risvegliato, gli Yamatai (non a caso).
Ritornando alle cronache documentate, dicevamo che la storia della civiltà giapponese nasce con l’avvento della scrittura, nello specifico con l’uso dei caratteri cinesi o kanji. I testi menzionano infatti la genesi dell’Impero giapponese dopo il 600 d.C.. Tuttavia, il ruolo dell’imperatore, nel corso dei secoli, ha sempre rappresentato una figura simbolica e cerimoniale, mentre il potere effettivo veniva esercitato dalla più alta carica militare nipponica, lo shōgun. Questo titolo, una forma contratta di sei-i taishōgun, letteralmente “Grande Generale dell’Esercito che sottomette i barbari”, veniva inizialmente conferito direttamente dall’imperatore per meriti sul campo, acquisendo in seguito il diritto di successione ereditaria.
Come in occidente, il Giappone era suddiviso in numerosi feudi amministrati dai signori locali, i daimyō, che erano alle strette dipendenze dello shōgun. Qui, finalmente, entra in scena la figura più celebre del nostro immaginario collettivo, alimentato da cinema, fumetti, cartoni animati e, ovviamente, dai videogiochi: i samurai. Sono i nobili guerrieri del periodo feudale giapponese al servizio dei daimyō e degli shōgun, esperti nell’uso della katana, la celebre spada ricurva, così come dell’arco e della lancia, e rigidi seguaci del Bushido, un codice etico analogo al codice cavalleresco europeo, votato alla fedeltà assoluta verso il proprio padrone, al coraggio ed all’onestà. Ma alla fine del primo millenio un samurai, oltre alle arti marziali, era solito dedicarsi anche alla poesia e alle arti visive codificandole sempre secondo la filosofia del proprio ordine.
Altro punto fondamentale del Bushido era l’onore. Un atteggiamento disonorevole in battaglia, una grave violazione del codice etico o la sola separazione dal proprio daimyō potevano condurre il samurai a praticare una forma di suicidio rituale purificativo noto come seppuku (o harakiri).
Un primo periodo di nostro interesse e fondamentale nella storia medievale giapponese è quello dello shōgunato di Kakamura (1185-1333), celebre per l’avvento delle prime invasioni nella terra del Sol Levante. Nel 1274, il Kublai Khan, nipote di Gengis Khan e sovrano del vasto impero mongolo, decise di invadere il Giappone, dopo aver inviato alcuni anni prima una richiesta di sottomissione allo shōgun, che replicò con un netto rifiuto. La prima invasione mongola prevedeva il raggiungimento dell’isola di Kyūshū salpando da Goreyo, la penisola coreana. Ma dopo essersi impadroniti facilmente della città di Hakata l’esercito del Gran Khan cadde vittima della sorte avversa e della sua inesperienza nel campo della milizia marittima: un terribile uragano danneggiò la flotta mongola e ridusse sensibilmente l’esercito, constringendolo alla ritirata. Un evento tanto naturale quanto provvidenziale, almeno per i giapponesi che gli hanno attribuito il nome di kamikaze, ovvero “vento divino”. Questa parola, come noto, assumerà nella storia moderna un significato decisamente meno evocativo.
Il primo contatto tra esercito mongolo e giapponese avvenne tuttavia a metà strada tra la penisola coreana e Kyūshū, in un punto strategico per il commercio marittimo: l’isola di Tsushima.
Il 5 ottobre di quell’anno, un esercito di 1000 soldati mongoli approdò sulla spiaggia di Komoda e spazzò via la modesta armata di difesa, massacrando gran parte degli abitanti, compreso Sō Sukekuni, l’amministratore locale. Probabilmente il modus operandi del samurai, specializzato nello scontro individuale e nella dimostrazione del proprio valore, era poco efficace contro esperti e spietati combattenti a cavallo, supportati da arcieri pronti a colpire nella mischia e catapulte che lanciavano palle infuocate in grado di provocare gravi ustioni.
E’ questo lo scenario tanto epico quanto drammatico in cui i ragazzi di Sucker Punch hanno deciso di ambientare Ghost Of Tsushima. Il titolo metterà il giocatore nei panni di Jin, uno dei pochi guerrieri samurai sopravvisuti al conflitto. Un personaggio leggendario, solitario e sfuggente, proprio come un fantasma. Ma la figura del samurai, a differenza delle ambientazioni, non sarà storicamente così accurata. In una recente intervista a Gamespot, il co-fondatore di Sucker Punch, Chris Zimmerman, ha ammesso di aver sacrificato la fedeltà storica per un’estetica più vicina all’immaginario collettivo, ovvero quella del samurai del periodo compreso tra il XVI ed il XVIII secolo. In effetti, Jin sembra proprio un personaggio uscito da un film di Akira Kurosawa, non è vero?
Verso la fine del XVI secolo il Giappone attraversò un lungo periodo di crisi, a causa dei costanti conflitti fra i numerosi feudi (oltre 200). Inizia il periodo Sengoku, o Sengoku jiidai, che letteralmente significa “periodo degli Stati combattenti”. I daimyō iniziarono a rivendicare la propria indipendenza dallo shōgun, assumendo il controllo autonomo sul proprio territorio ed entrando in guerra con i feudi adiacenti.
Ad un periodo di grandi battaglie corrisponde un periodo di grandi sciagure, ma anche di grandi eroi. Come Hattori Hanzo, forse il più famoso guerriero di quell’epoca, che raggiunse il grado di gran maestro samurai a soli 18 anni. Le gesta di Oni no Hanzo, “Hanzo il diavolo”, hanno dato un notevole contributo al processo di unificazione del Giappone, consegnandolo nelle mani del suo signore e futuro shōgun Tokugawa Ieyasu, ed alla fine di questa belligerante stagione. Abile stratega e specializzato nell’uso della lancia, la storia di Hanzo si fonde con la leggenda, dato che gli venivano attribuite facoltà soprannaturali come il teletrasporto e la telecinesi, consegnando il personaggio alla cultura di massa sia in oriente che in occidente. Nel mondo del cinema, ad esempio, Hattori Hanzo è il nome di un abilissimo forgiatore di spade nel cult di Tarantino, Kill Bill Vol.1. Il suo nome compare inoltre in un vasto numero di videogiochi (Nioh, Samurai Showdown, World Heroes) ed anime, anche sottoforma di parodia come Ninja Hattori-kun, conosciuto in Italia come “Nino, il mio amico Ninja”.
Utilizzati inizialmente dai feudatari come spie o agenti segreti, i ninja, o shinobi, secondo la nativa lettura dei kanji kun’yomi, venivano successivamente impiegati nelle operazioni di sabotaggio e assassinio. Per questa ragione agivano spesso di notte in abiti scuri e facevano uso di travestimenti durante il giorno. I loro metodi di combattimento poco leali venivano giudicati disonorevoli e relegavano la casta dei ninja in una posizione inferiore rispetto ai samurai. Nonostante ciò, erano sottoposti a durissimi addestramenti che gli conferivano, oltre alle abilità di combattimento e furtività, una straordinaria resistenza fisica e capacità di adattamento. Per i loro scopi i ninja potevano contare su un elevato numero di marchingegni fra cui la già citata katana, il ninjatô (spada corta), il kunaï (coltello per scavare nel terreno), lo shuriken (le celebri lame volanti circolari o a forma di stella), il kusarigama (falcetto con catena), il kaginawa (rampino), il kamayari (la picca con arpione) e le ashiko (scarpe chiodate).
Le spie nipponiche saranno ampiamente utilizzate anche nel periodo Edo, immediatamente successivo a quello Sengoku. From Software ha tuttavia preferito quest’ultimo come epoca dove ambientare Sekiro, che avrà proprio un ninja come protagonista. “Il periodo Sengoku è più truce e sanguinolento” sostiene il Hidetaka Miyazaki, “e conserva ancora tutto il fascino del Giappone medievale”, a differenza del periodo Edo, epoca di grande rinnovamento, in cui la politica militare era più orientata alla repressione ed a complessi meccanismi burocratici. Per la precisione, Sekiro sarà ambientato verso la fine del periodo Sengoku, nei primi anni del ‘600, perchè “c’è una sfumatura di maggiore bellezza nell’atmosfera di qualcosa che si avvicina alla fine“, conclude il game director.
La figura del ninja, nella cultura popolare odierna, assume un aspetto esageratamente plateale ed artificioso sia dal punto di vista estetico, sia per quanto riguarda le facoltà in suo possesso. Se si esclude il loro classico aspetto, quello in indumenti neri, spesso il ninja può essere scambiato per un samurai e viceversa. Lo stesso Hattori Hanzo viene oggi considerato da molti più un ninja che un nobile guerriero e che dire del Goemon Ishikawa dell’anime Lupin III, il ritratto perfetto del samurai, ma omonimo e quindi probabilmente ispirato da uno dei più famosi ninja del periodo Sengoku?
Ma il XVI secolo non deve essere ricordato soltanto per i numerosi conflitti interni. Dopo secoli di chiusura e diffidenza nei confronti dei popoli stranieri verso la seconda metà del ‘500 il Giappone decide di aprirsi alle influenze esterne e dai porti nipponici iniziano ad approdare numerose imbarcazioni europee, piene di mercanti e missionari. Fra questi, vi era William Adams, un ingegnere navale di origini irlandesi che in passato aveva combattuto nella Guerra anglo-spagnola (1585-1604) a bordo della nave corsara capitanata da Francis Drake. Profondamente affascinato dai traffici con l’estremo oriente, Adams si unì nel 1598 (al tempo aveva 34 anni) ad una flotta mercantile olandese che, dopo una serie di infauste vicissitudini, raggiunse il Giappone nella parte orientale dell’isola di Kyūshū. Giunto alla corte di Tokugawa Ieyasu, entro in breve tempo nelle grazie dello shogun . Una stima conquistata nonostante i tentativi di metterlo in cattiva luce da parte dei rivali spagnoli e portoghesi, soprattutto missionari e gesuiti. Ma grazie alle sue doti di diplomatico ed alle conoscienze nel campo dell’ingegneria, Adams divenne uno dei principali confidenti di Ieyatsu ed il primo samurai europeo, quando lo shogun gli conferì il titolo con il nome di Miura Anjin. Ma non fu mai un vero guerriero.
Il William Adams di Nioh, come noto, prende spunto da questo personaggio realmente esistito. All’interno del gioco vi sono altri celebri personaggi del periodo, come lo stesso Ieyasu, Oda Nobunaga, potente signore feudale alleato di quest’ultimo, Hattori Hanzo (o almeno un suo omonimo) ed Edward Kelley, occultista ed alchimista che effettivamente visse in Inghilterra e collaborò a stretto contatto col celebre filosofo ermetico John Dee. Kelley tuttavia non raggiunse mai l’estremo oriente. Di certo il titolo del Team Ninja si è preso numerose libertà, offrendo una storia di pura fantasia.
Mentre Ghost of Tsushima punta ad offrire un impianto narrativo realistico, sia la trama di Nioh che quella di Sekiro fanno uso di elementi sovrannaturali presi dalla mitologia giapponese. Come nella tradizione europea, il folklore dell’estremo oriente è profondamente consolidato nella cultura popolare ed è stato alimentato nei secoli attraverso fiabe e leggende che narrano di eroi, divinità, mostri e creature antropomorfe. Suggestioni che nascono, come nella nostra cultura, nel tentativo di esorcizzare la paura dell’ignoto, del diverso e dare risposte ai grandi quesiti sulla vita e sulla morte.
Sia William Adams di Nioh che “il lupo senza braccio” di Sekiro dovranno fronteggiare avversari appartenenti al mondo Yōkai, letteralmente “apparizione”, ovvero un insieme di bizzarre creature spesso malvagie. Gli yōkai possono assumere forme umanoidi, animalesche o manifestarsi come oggetti, come gli tsukumogami (ombrelli, tazze, barattoli). Spesso associati ai fenomeni naturali, gli yōkai possono essere catalogati in base al loro luogo o di provenienza: della montagna, della foresta, del mare, della neve, ma soprattutto del fuoco.
Queste creature sono profondamente radicate nella visione animista dello Shintoismo, la religione ancestrale giapponese, in cui si riteneva che gli spiriti dimorassero in qualsiasi luogo, oggetto o materiale presente in natura.
Le più celebri creature appartenenti al mondo yōkai sono probabilmente gli Oni, l’archetipo demoniaco del folklore nipponico. Creature benevole in origine, col tempo assunsero il ruolo di guardiani dell’inferno e portatori di distruzioni ed epidemie. Gli Oni sono spesso presenti nelle favole per bambini, un pò come i nostri orchi.
Ruoli ed aspetto variano sensibilmente da regione a regione ma si presentano solitamente come figure antropomorfe dalla proporzioni gigantesche e dalla pelle rossastra, corredate di zanne, artigli e un bel paio di corna. Vestono solitamente indumenti fatti cona la pelle di tigre ed amano brandire la mazza ferrata, chiamata kanabo.