Il mondo dei giocatori che possono vantare tale nome è una minoranza, se prendiamo come discriminante una dedizione costante ai videogiochi e la varietà dei titoli giocati. All’interno di questa popolazione esiste però una nicchia ancor più ristretta costituita dai cosiddetti cacciatori di trofei e obiettivi: in altre parole, ci riferiamo a tutti quei giocatori che non solo trovano soddisfazione dallo sblocco delle numerose azioni in-game pensate dagli sviluppatori per platinare, millare o completare gli Steam Achievement di un titolo, ma che fanno di questa attività secondaria lo scopo principale della loro passione.
L’inserimento degli obiettivi nei videogiochi è una mossa strategica che non ha bisogno di grandi analisi per essere compresa. Tutto quello che contribuisce a trasmettere un senso di soddisfazione, di realizzazione e di successo riesce inevitabilmente ad agire in modo positivo sull’umore delle persone. Sapere di aver ottenuto un premio, una “coppa”, per aver compiuto una piccola impresa stimola risposte mentali che probabilmente non si discostano molto da quelle legate, per esempio, al cibo, al fumo, alle relazioni sentimentali coinvolgenti. Proprio basandosi su questa psicologia spiccia e sfruttando, nel nome del marketing, la debolezza insita in molti, le varie piattaforme hanno introdotto ricompense che esulano dallo scopo e dalle motivazioni del gioco stesso.
Approfondendo la questione, basti pensare che alcuni titoli, anche di primissimo livello, possono essere completati in una manciata di ore. Prendiamo il remake di Resident Evil 3, per stare sui tripla A, ma ci sono molti più esempi in campo indie, nei quali l’esperienza si riduce a un paio di sessioni di gioco. In un contesto come questo, è alto il rischio che l’utenza abbandoni il titolo poco dopo averlo acquistato, o che ancor peggio rimandi o eviti l’acquisto proprio per non spendere troppo in rapporto alla longevità.
Lo strumento degli obiettivi permette così di dare una seconda vita a qualunque gioco, spostando l’interesse dalla storia o dal gameplay alla percentuale di completamento delle sfide proposte dagli sviluppatori. Questo ha enormi conseguenze sulla longevità e sulla possibilità che l’utente non collezionista conservi un gioco abbastanza da essere stuzzicato dall’arrivo di un DLC. A essere influenzato può essere pure il giudizio complessivo e soprattutto l’effettiva possibilità che un indie sconosciuto e a basso budget arrivi al più ampio pubblico.
Il fenomeno può risultare assurdo e insensato ai più
Eppure la proliferazione di community social dedicate alla caccia a trofei e obiettivi e il successo su Internet e su YouTube di guide, walkthrough e video esplicativi per l’ottenimento delle ricompense dimostrano che la questione è di primo piano. Non solo, ma a testimonianza di quanto questo strumento possa influire sulle vendite e sulla vita effettiva di un gioco c’è un vero e proprio esercito di titoli la cui unica, palese ragion d’essere è quella di solleticare i cacciatori con Platini o 1000 G sbloccabili in pochi minuti. Senza scomodare solo i piccoli sviluppatori, però, possiamo trovare una tendenza ben chiara anche in titoli tripla A e persino in tutte le ultime grandi esclusive Sony.
Facciamo un passo indietro. Per prima cosa, sebbene da molte parti quella della caccia a trofei e obiettivi sia vista quasi come un’aberrazione, come la manifestazione dei prodromi di una qualche malattia mentale, dobbiamo cercare di valutare il fenomeno anche dal suo interno. Da un certo punto di vista, il completismo è sempre esistito. Alcuni giocatori, sin dagli inizi del gaming negli anni Ottanta e Novanta, non si accontentavano di portare a termine un titolo, ma si impegnavano per esplorare e completare tutto al 100%. Non solo, ma non era raro cercare di arrivare ai titoli di coda ponendosi sfide particolari in termini di tempo impiegato o condizioni speciali di gioco.
I trofei e gli obiettivi, quindi, non hanno fatto che canonizzare una tendenza che qualcuno già aveva e renderla appetibile per un pubblico più ampio. Di qui sorge la questione centrale del tema: quando gli obiettivi sono funzionali alla fruizione profonda di un gioco, quando sono strutturati in modo ridicolo per vendere un prodotto altrimenti anonimo, quando invece sono un semplice artificio per tenere il giocatore incollato allo schermo portandolo inutilmente a frustrazione?
Come dicevamo, Sony ha dimostrato negli ultimi suoi titoli esclusivi di essere orientata alla prima possibilità. Lo stesso si può dire, per esempio, di molti giochi Ubisoft. In questi, la lista di trofei e obiettivi è pensata in modo da favorire l’accesso a contenuti non direttamente legati alla storia principale, l’esplorazione, la raccolta di oggetti e documenti collezionabili ed eventualmente il gioco a livelli di difficoltà maggiori. Sono requisiti onesti, non impossibili da ottenere ma spesso solo lunghi, grazie ai quali arrivare alla soddisfazione del Platino o dei 1000 G è un processo naturale, lineare, mai frustrante e che in qualche caso completa la nostra esperienza. Marvel’s Spider-Man, per citarne uno, è uno dei tripla A con la più alta percentuale di completamento, intorno al 50%. Ciò dimostra che la lista dei trofei è composta da una serie di azioni che ai giocatori non dispiace compiere, che è accessibile a tutti e che ottiene il risultato di prolungare la vita del gioco.
La seconda categoria di videogiochi è ben nota a tutti i cacciatori, perché è quella che di fatto droga le classifiche mondiali con metodi non del tutto condivisibili. In questa parentesi di mercato è d’obbligo inserire editori come Ratalaika Games, Artifex Mundi e Lightwood Games, anche se ce ne sono molti altri che sfruttano lo stesso sistema. Il trucco è semplice: da una parte ci sono cacciatori competitivi che vogliono aumentare la loro posizione in classifica, dall’altra sviluppatori di giochi che non emergerebbero mai dalla massa. Il punto di incontro sono liste di trofei e obiettivi tanto banali e veloci da risultare svilenti per il gioco stesso, anche se a quanto pare non lo sono per chi li sfrutta.
Parliamo di Platini o 1000 G che si sbloccano, in alcuni casi, nel giro di dieci minuti
Le richieste vanno dall’iniziare il gioco al morire almeno una volta, passando magari per il completamento di dieci livelli quando un titolo ne comprende oltre cento. Come se ciò non bastasse, sono proprio questi giochi a essere presentati sugli store di diverse regioni e per diverse piattaforme, in modo da garantire i cosiddetti “stack”. Con un singolo gioco, insomma, acquistato e giocato più volte nella sua versione europea, asiatica, nordamericana, per PlayStation 4 e PlayStation Vita, si possono ottenere otto trofei di Platino in un paio d’ore. Ci sarebbe poi un lungo discorso su una pletora di visual novel o simili che non hanno neanche i sottotitoli scritti in caratteri occidentali e che vengono giocati seguendo passo passo videoguide solo per arrivare facilmente e rapidamente a sbloccare tutto.
C’è poi una terza famiglia, che è quella che non guarda al benessere dei giocatori e non ha bisogno di vendere col trucco delle liste accessibili. Al contrario, alcuni titoli fanno leva sul bisogno di sfida e costruiscono il proprio elenco di obiettivi in modo da renderlo impossibile ai più. Sebbene una pratica come questa sembri più ragionata rispetto a quella dei giochini farsa citati prima, il suo effetto negativo è quello di costringere i giocatori più cocciuti a ripetere centinaia di volte azioni che non risultano naturali, né funzionali all’interno del gioco. Le cosiddette fasi di grinding per accumulare punti esperienza, o per raggiungere un determinato numero di uccisioni, oppure le speedrun impossibili, o ancora le partite in cui completare livelli difficilissimi senza morire rischiano di portare alla frustrazione.
I problemi qui sono due. I cacciatori più accaniti rischiano di fossilizzarsi per un tempo inutilmente lungo su attività vuote che li distolgono da altri giochi e che, di fatto, fanno perdere significato all’esperienza videoludica. I completisti, inoltre, possono arrivare a escludere a priori l’acquisto di un gioco proprio per la rarità del suo completamento, in modo da non “macchiare” la loro carriera con una percentuale diversa dal 100%. Non bisogna dimenticare, infatti, l’ulteriore suddivisione tra chi cerca di finire più giochi possibili per salire nelle classifiche e chi invece ha la necessità di avere magari meno titoli, ma tutti completi al 100%, DLC inclusi.
Come dicevamo, la pratica della caccia non va demonizzata a priori. Come tutte le attività, essa può diventare un problema quando esce dai confini del sano agonismo, del sano spirito di competizione e della sana ricerca di sfida personale. Ben venga l’acquisto di giochini dal completamento quasi immeditato, insomma, a patto che ciò non diventi una dipendenza con risvolti economici o psicologici importanti. Ben vengano anche i titoli dal completamento impossibile, a patto che la disperazione per non riuscire a realizzare un obiettivo non si trasferisca nella vita reale sotto forma di nervosismo e irritabilità.
Ma che cosa porta i cacciatori di trofei e obiettivi a fare ciò che fanno? Sebbene la prima risposta naturale vada nella direzione dell’autocelebrazione all’interno della community dei videogiocatori, ci possono essere anche ragioni più profonde. Le quali possono essere comprese solo entrando in quella community, parlando con i diretti interessati e andando contro alla regola generale per cui un sistema non può essere pienamente compreso dal suo interno. In questo caso vale l’esatto contrario.
Parlando con i cacciatori più accaniti si può scoprire la passione pura e sana di persone che hanno molti interessi e che tra essi annoverano anche i videogiochi
Si possono incontrare individui per i quali l’evasione concessa dal mondo videoludico viene arricchita dalla soddisfazione per l’ottenimento di ricompense virtuali e contribuisce, con essa, a superare difficoltà e malumori legati alla vita reale. Ci si può imbattere, infine, nelle meccaniche sociali di un microcosmo fatto di condivisione di sessioni di gioco mirate allo sblocco di determinati obiettivi online, le quali sfociano in momenti di divertimento, condivisione e interazione che possono far nascere nuove amicizie. Non è tutto bianco o nero, insomma, ma le sfumature possibili in questo mondo sono varie e tutte interessantissime da conoscere e analizzare.
Dopo questa lunga premessa, passiamo alle questioni pratiche. Visto che di trofei e obiettivi si parla, e visto che lasciarsi tentare dalle liste facili e veloci non è un peccato mortale, scopriamo insieme dieci tra i giochi dal completamento più semplice attualmente disponibili. Alcuni di quelli che citiamo sono reperibili anche per Nintendo Switch, ma ignoriamo la cosa considerata l’assenza di un sistema di obiettivi sulla console ibrida.
Metagal
Partiamo ovviamente da Ratalaika Games, la regina nel mondo dei videogiochi con gli obiettivi più semplici e veloci. Tra le numerosissime proposte ci soffermiamo su Metagal, una sorta di rivisitazione del gameplay e delle atmosfere di MegaMan che, a dirla tutta, potrebbe far sentire la propria voce in termini videoludici. Il problema è che l’acquisto è molto incentivato da una lista di trofei/achievement che, per essere completata, consente di finire solo il primo livello. Tra le richieste memorabili segnaliamo il morire almeno una volta e l’attivare il primo checkpoint. Su PlayStation le varie versioni del gioco permettono di ottenere otto platini in un paio d’ore al massimo, ma sono disponibili anche le edizioni per Xbox One e PC (Steam).
My Name is Mayo
Cambiamo completamente genere e passiamo a quello dei punta-e-clicca. Perché di fatto My Name is Mayo e il suo recente seguito, My Name is Mayo 2, richiede di fare proprio questo: puntare e cliccare. Il problema è che non c’è alcun ragionamento dietro. Vedremo un vasetto di maionese con diversi look e dovremo cliccare su di esso migliaia di volte per sbloccare via via tutti i trofei o gli Steam achievement delle versioni PlayStation e PC (Steam).
Jack ‘n Jill DX
Torniamo in casa Ratalaika; d’altronde, vi avevamo avvisato. Jack ‘n’ Jill DX è un platform dallo stile molto particolare, tutto in bianco e nero e con personaggi stilizzati che si muovono in un mondo un po’ “Super-Mario-eggiante”. Lo scopo è condurre il protagonista dall’amata attraverso numerosissimi livelli con ostacoli e livello di difficoltà crescente. Peccato che la maggior parte degli utenti non superi il livello 20 dei centoquaranta disponibili, perché quello è il limite fissato per sbloccare tutti gli obiettivi. Pensare che già nel primo livello si ottengono tre ricompense nel giro di qualcosa come sei secondi. Il gioco è disponibile per PlayStation (sei versioni), Xbox One e PC (Steam).
Little Adventure on the Prairie
Molto famoso nel mondo dei cacciatori è anche Little Adventure on the Prairie, esclusiva (non certo di peso) per PlayStation 4 e PlayStation Vita. In quello che è un gioco che sembrerebbe realizzato da un ragazzino come progetto di esame in un corso per sviluppatori, controlliamo un rigidissimo protagonista muovendoci in orribili, vuoti mondi in cui di tanto in tanto si incontrano assurdi nemici mostruosi. Tutto è assolutamente legnoso, scomodo, non reattivo, banale e insensato, ma si può raggiungere il Platino in pochi minuti completando i dodici livelli proposti. Sarà comunque una delle esperienze peggiori che ricorderete.
Giochi Lightwood Games
Lightwood Games è un piccolo studio di sviluppo inglese specializzato nella realizzazione di giochi enigmistici. I filoni principali della produzione sono due: titoli basati sul picross e titoli basati sui giochi di parole. Anche in questo caso, quello dei trofei e degli obiettivi è stato lo strumento per ritagliarsi una fetta di mercato e per dare visibilità a prodotti che, in molti casi, resterebbero sconosciuti pur avendo un effettivo valore intrinseco. Nello specifico, se cercate Platini o 1000 G facili potete andare sul sicuro con qualunque gioco di Lightwood Games, ma tenete presente che nelle proposte a base picross bisogna fare un grande investimento in termini di tempo. Molto più veloci e divertenti tutti gli altri titoli, tra cui Epic Word Search Collection, One Word, One Phrase, Alphaset, l’ottimo Crypto, e così via.
Slyde
Slyde è considerato il più veloce Platino disponibile per PlayStation 4, unica piattaforma su cui si può acquistare il gioco. Dal punto di vista del gameplay, se così si può definire, Slyde è un gioco di puzzle nel senso più italiano del termine: diverse figure a tasselli si scomporranno e starà a noi riordinare il tutto. Il fatto che esista una sequenza di tasti direzionali univoca che vale come soluzione di tutti gli schemi rende però possibile sbloccare tutti i trofei in pochi secondi, semplicemente avviando un puzzle a caso e premendo i tasti indicati in qualunque guida nel tempo più rapido possibile. Se esiste un Platino a pagamento, insomma, quello è proprio il caso di Slyde.
Road Bustle
Ecco un’altra esclusiva PlayStation che guarda solo ed esclusivamente ai cacciatori di trofei. Lo scopo di Road Bustle è quello di far attraversare al protagonista strade trafficate e pericolosissime. Farlo garantisce punti e tutti i trofei sono legati proprio al punteggio. Se già non fosse abbastanza facile, è stato scoperto un glitch per cui il contatore procede anche se il giocatore si blocca in una precisa posizione contro a un muro e continua a camminare in avanti. In questo modo si portano a casa tutti i trofei in qualcosa come cinque minuti o poco più, a fronte di una spesa di un euro che farà la fortuna degli astuti sviluppatori.
Enigmatis: The Ghosts of Maple Creek
Enigmatis è il primo gioco di un trilogia di punta-e-clicca pubblicata da Artifex Mundi. Il publisher è specializzato in questo tipo di titoli che combinano il punta-e-clicca classico alla ricerca di oggetti nascosti, per un risultato che in qualche caso è accettabile e coinvolgente e in altri risulta imbarazzante, almeno a livello di trama. Enigmatis: The Ghosts of Maple Creek ricade nella prima categoria, grazie a una storia che si lascia seguire e a un gameplay che risulta abbastanza vario da essere piacevole. Non disturba quindi il fatto che sbloccare tutti i trofei o gli achievement sia un processo rapido e indolore, a patto di prendere alcune precauzioni ricordandosi di non usare mai gli aiuti in-game. Leggere una guida prima di iniziare potrebbe far risparmiare tempo, a fronte di un minimo rischio di spoiler.
Giochi Telltale
Tra i giochi dagli obiettivi più semplici troviamo molte avventure pubblicate da Telltale Games. L’ormai defunto studio si era specializzato in giochi che assomigliavano a film interattivi nei quali prendere decisioni in tempi rapidi, con effetti più o meno importanti sul procedere della trama. Senza entrare nel dettaglio dei singoli titoli, basti sapere che lo schema generale prevede il semplice completamento di tutti i capitoli della storia, senza che siano richieste azioni particolari per sbloccare i trofei e gli achievement.
Life is Strange
Pur non appartenendo ai giochi di secondo piano, almeno a giudicare dal grande successo che ha riscosso tra larga parte del pubblico, anche la serie di Life is Strange può vantare trofei e achievement molto semplici. Che si tratti del primo capitolo, del prequel Before the Storm o di Life is Strange 2, si può abbinare una storia ricca di emozioni e tematiche attuali al completamento veloce e lineare della lista obiettivi. Anche se sono previsti gli immancabili collezionabili, infatti, la possibilità di selezionare singoli capitoli e addirittura sezioni specifiche di ognuno di essi rende il tutto davvero abbordabile.
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