Detroit: Become Human è in dirittura d’arrivo, il 25 maggio tutti i possessori di PlayStation 4 potranno mettere le mani sulla creatura di Quantic Dream, che promette di aver preso il meglio dei precedenti lavori per proporre un titolo dalla forte carica narrativa ed emozionale.
Detroit è tra le altre cose il titolo più atteso di maggio per i Friends: non vi dimenticate che abbiamo pubblicato la prima parte della monografia dedicata allo sviluppatore francese. Prima dell’uscita arriverà la seconda ed ultima.
Qualche giorno fa, invece, abbiamo avuto modo di rivolgere qualche domanda a David Cage in occasione della sua visita romana; trovate le domande tradotte qui sotto: buona lettura!
Quale è stata la maggiore fonte d’ispirazione cinematografica per la creazione di Detroit?
Tutto è nato da una demo che abbiamo prodotto nel 2012, denominata Kara (mostrata durante la GDC di San Francisco NdTanzen), con la quale abbiamo cominciato a sperimentare le emozioni suscitate e provocate da questo personaggio: la volontà di essere viva. La prima ispirazione viene dal libro che si chiama “Singularity is near”, un libro che fotografa il momento nel quale le macchine divengono più intelligenti della stessa umanità. Devo dire però che è stato poco influenzato da opere di fiction, è più una storia personale che volevo raccontare.
Attraverso Ethan Mars i giocatori si sono messi nei panni di un padre costretto a gesta folli per salvare il proprio figlio. Con Jodye e Aiden si è data l’interpretazione di un rapporto indissolubile. Qual è l’ambizione dei personaggi di Detroit?
Beh, in Detroit si controllano unicamente tre androidi che condividono la stessa aspirazione, quella di voler essere liberi e di combattere per la loro libertà, essere accettati per quello che sono: queste sono le premesse principali.
Qual è la limitazione maggiore che Quantic Dream ha avuto nella realizzazione del gioco: cosa non è ancora possibile realizzare?
Wow…per Detroit abbiamo realizzato un nuovo motore di rendering per le animazioni facciali, in generale abbiamo sviluppato tutta una serie di nuove tecnologie. Non ci siamo sentiti come se ci fossero delle reali limitazioni per se, abbiamo implementato praticamente tutto quello che avevamo in mente. Ovviamente quando avremo degli hardware più performanti potremo avere ancora maggior fotorealismo e creare un mondo ancora più reale, con Detroit abbiamo cominciato anche a sperimentare sull’intelligenza artificiale, ma siamo solo agli inizi, ripeto siamo riusciti ad implementare tutto quello che aveamo in mente per il gioco.
18 anni fa Squaresoft proponeva l’idea di attore digitale con il film in CGI di Final Fantasy. Pochi anni fa il fratello di Paul Walker è stato digitalizzato per terminare le riprese incompiute dall’attore. Oggi nei tuoi giochi vediamo livelli di motion capture di altissimo livello. Che ruolo inizia a ricoprire questa tecnologia dentro e fuori i videogiochi? Ritieni che in futuro possa superare o affiancare la recitazione tradizionale?
Credo che già siamo arrivati a questo punto, in diversi film infatti ci sono attori digitali che recitano assieme ad attori in carne ed ossa, fino agli estremi come Avatar fatto interamente in CG; sta già succedendo quindi. Probabilmente gli attori di motion capture hanno minor riconoscimento del proprio lavoro, ma credo che invece oggi debbano avere lo stesso “trattamento”.
Come giudichi la svolta narrativa di God of War, senti che i tuoi giochi hanno aperto la strada (o magari hanno dato l’impulso al cambiamento), in termini di AAA, nel mettere l’accento sulla storia prima e sul gameplay dopo?
Eheheh, non sta a me autodefinire i nostri titoli tali, questa domanda sarebbe da fare agli sviluppatori di ciascun gioco specifico. Non so, non creo videogiochi come ispirazione per altri, mi diverto nel farli per pura gioia…detto questo, già nel 2005 con Fahrenheit credevamo che ci fosse spazio per titoli guidati dalla narrativa, per impersonare il personaggio principale e fargli prendere le decisioni. Con Heavy Rain abbiamo creduto nelle emozioni dei personaggi quando pochi giocatori credevano nelle emozioni, quelle interattive. Ancora oggi continuiamo per la nostra strada, plasmando esperienze che possono provocare qualcosa: facciamo quello in cui crediamo, e se questo dovesse ispirare qualcuno, sarebbe solo che grandioso.
Buona fortuna per il lancio di Detroit, non vediamo l’ora di poterlo giocare in prima persona!
Grazie, è proprio grazie al supporto dei giocatori che siamo arrivati fino a questo punto!