Il posticipo a quest’estate del Taipei Game Show 2020 ha lasciato l’amaro in bocca a molti appassionati delle opere di From Software. Nella line-up dell’evento taiwanese era stata infatti confermata la presenza di Elden Ring, nuovo atteso titolo creato da Hidetaka Miyazaki.
Le poche ma elettrizzanti notizie attinenti al gioco restano quindi le stesse ricevute dallo scorso E3 2019, ovvero in sintesi, il contributo di George R.R. Martin ed una lore di stampo fantasy ispirata ai miti celtici e norreni. Ma siamo sicuri che nei precedenti lavori di Miyazaki non vi fossero già tracce evidenti delle antiche saghe nordeuropee?
Prima di addentrarci nella nostra analisi è necessaria una doverosa precisazione: il patrimonio delle leggende e del pantheon divino celtico è costituito da numerose saghe, miti e racconti provenienti da un insieme di popoli che hanno occupato gran parte del continente europeo dal III/IV secolo A.C. Qualsiasi opera fantasy popolata da eroi, maghi, orchi, draghi e via discorrendo, è quindi maggiormente riconducibile ad essi. Come vedremo, le vicende e la lore della saga di Dark Souls hanno un legame ben più profondo di un semplice bestiario con il folklore degli antichi popoli nordeuropei. Ma perché il fantasy di ambientazione tardomedievale si ispira principalmente alla mitologia di popoli che hanno vissuto fino a quindici secoli prima?
Il motivo sta nell’epoca in cui certe storie sono state trascritte e pubblicate, dato che celti e norreni tramandavano le proprie leggende solo oralmente. I primi testi risalgono all’anno mille, dove romanzieri e storici, quest’ultimi non sempre attenti a discernere la realtà dal mito, hanno riportato su pergamena saghe la cui origine si perdeva nella notte dei tempi, attualizzando ambientazioni, usi e costumi alla loro epoca. L’opera più celebre è senz’altro la saga di Re Artù, appartenente al patrimonio celtico del ciclo bretone. L’immagine più comune dei Cavalieri della Tavola Rotonda, giostranti ed equipaggiati di corazza di piastre metalliche, è infatti quella proveniente da “La morte di Artù”, scritta da sir Thomas Malory nel XV secolo. Una delle sue più celebri trasposizioni cinematografiche è “Excalibur” (1981) di John Boorman, che ha ispirato, tra l’altro, armamentario e sistema di combattimento del gioco.
Storicamente la concezione del tempo dei popoli celti aveva un andamento circolare: osservando il susseguirsi e ripetersi delle stagioni e delle fasi lunari, la progressione veniva misurata in cicli, con un inizio, una fine ed un nuovo inizio. Come il giorno e la notte, ogni ciclo poteva segnare il passaggio da fasi luminose a fasi di oscurità. Una visione che si riflette, o viene ulteriormente palesata, attraverso le leggende sopravvissute sino ai nostri tempi e che può aver fortemente ispirato la fervida immaginazione di Hidetaka Miyazaki. La ciclicità degli eventi e l’esodo delle divinità sono infatti temi centrali della serie videoludica. Particolarmente significativo è il mito dell’arrivo in Irlanda dei milesi, i primi umani di lingua gaelica, ceppo linguistico parlato dai celti nelle isole Britanniche. Al tempo l’isola era abitata dai Túatha Dé Danann, letteralmente “popolo della dea Danu”, creature divine che avevano conquistato il suolo irlandese sconfiggendo il mostruoso popolo dei Fomori, grazie soprattutto alle gesta di Lúg, il dio della Luce.
I milesi, arrivati dal continente europeo e guidati tra gli altri dal comandante Donn, il cui nome pare significare “oscuro”, riescono dopo aspre battaglie ad opprimere i Túatha Dé Danann, costringendoli all’esilio. In Irlanda si conclude così il ciclo degli dei ed inizia quello degli uomini. I Túatha Dé Danann lasceranno quindi questa dimensione e vi torneranno soltanto nelle forme fiabesche che tutti conosciamo: elfi, fate e folletti, etc.
Proprio nel racconto che narra l’invasione dei milesi, in una versione riadattata ad inizio secolo scorso, si trova un curioso dialogo tra il druido Amergin e la dea Birgit:
Qualcosa di analogo, senza contrasti né spargimenti di sangue avviene ne “Il Signore degli Anelli”, opera che attinge a piene mani dai miti celtici, dove gli elfi, i Figli Maggiori, sono destinati a lasciare la Terra Di Mezzo per lasciar prosperare i regni del Secondo Popolo, ovvero gli umani.
In alcune versioni delle vicende di Artù, Merlino ammette amaramente che l’Era della Magia sta per concludersi, per lasciar posto ad un nuovo ciclo ed una nuova religione che si consolideranno con il ritrovamento del sacro Graal.
Nella mitologia norrena, la visione del tempo è meno definita ma il Ragnarok, conosciuto comunemente come la fine del mondo secondo i vichinghi, non è altro che la fine di un ciclo cosmico. Anche in questo caso, il ciclo degli dei. Saranno un uomo ed una donna, rifugiatisi nel sacro albero di Yggdrasil durante la battaglia finale, a dare vita alla nuova stirpe umana. Il tema del Ragnarok costituisce la parte conclusiva del dramma musicale “L’anello del Nibelungo” di Richard Wagner, che porta il nome di “Crepuscolo degli Dei”. Come vedremo in seguito, quest’opera potrebbe aver dato un importante, fondamentale, contributo alla lore di Dark Souls.
Molti figure centrali della saga Dark Souls portano nomi di lingua gallese e gaelico scozzese. Molte assegnazioni possono rappresentare scelte puramente stilistiche ma altre sono tutt’altro che casuali. A partire da Lord Gwyn, il cui nome significa bianco, sacro o puro. Gwyn, o meglio Gwyn ap Nudd (Gwyn figlio di Nudd), è anche il nome del dio sovrano dell’oltretomba del pantheon divino celtico.
Il significato di Gwynevere, da Gwynfahr, dovrebbe invece corrispondere a “bianco spirito” dalla composizione dei termini “Gwyn” e “Fahr/Fair”. Gwynevere è anche il nome originale della moglie di Re Artù, da noi conosciuta con la versione italianizzata di Ginevra. Più complesso il discorso per quanto riguarda Gwyndolin, il figlio dall’aspetto e dal nome femminile che significa “dalle bianche ciglia” o “anello bianco” o ancora “arco bianco” e che nella variante italiana corrisponde a Guendalina.
Per quanto riguarda i luoghi geocrafici, il significato di Anor Londo è ancora oggetto di discussioni, ma pare comunemente accettata la provenienza del termine ‘anor’ dal Sindarin, uno dei linguaggi elfici inventati da Tolkien, che si traduce con ‘sole’.
Nel dibattito riguardante la storicità della figura di Re Artù, molti studiosi collegano la leggendaria figura del sovrano di Camelot a Lucius Artorius, condottiero romano che visse tra il V ed il VI secolo d.C. Artorius venne inviato dall’imperatore in Britannia nel disperato tentativo di arginare l’inesorabile avanzata dei popoli sassoni. È lui la figura che potrebbe aver ispirato le vicende di Artorias, cavaliere inviato da Gwyn a Oolacile per fermare il dilagarsi della corruzione che traeva origine dall’abisso.
Nel 1833, il poeta e scrittore Alfred Tennyson scrisse il poemetto “La dama di Shalott” ispirandosi alla triste vicenda Elaine di Astolat, personaggio secondario del ciclo arturiano. La dama di Shalott è una fanciulla che vive nel regno di Artù, vittima di una maledizione che la condurrà alla morte dopo aver rivolto lo sguardo verso la città di Camelot. La sua figura ricorda un altrettanto triste personaggio femminile del secondo capitolo di Dark Souls. Si tratta dell’Araldo di Smeraldo, il cui compito è quello di fermare la maledizione della non-morte. Il suo vero nome è in effetti molto simile, ovvero Shanalotte.
La dama di Shalott, benchè personaggio secondario nel ciclo arturiano, è una figura centrale della corrente preraffelita. Questo movimento pittorico sviluppatosi in Gran Bretagna durante l’epoca Vittoriana traeva grande ispirazione dalle leggende celtiche, specialmente dal ciclo arturiano, e la dama di Shalott è forse il personaggio più rappresentato. La direzione artistica di Dark Souls trae molta ispirazione da questo stile. Un buon esempio è la rappresentazione di Filianore nel DLC “Ringed City” del terzo capitolo, poco prima di incontrare Gael.
Il calderone rappresenta un elemento centrale della simbologia del mito celtico. Le sue virtù spaziano dall’arte magica, come strumento di divinazione o particolari riti pagani, alla prosperità, poiché da esso era possibile generare nutrimento. Gli dei celtici possedevano il calderone dell’abbondanza, in grado di placare la fame di interi eserciti e di resuscitare i morti in battaglia una volta immersi al suo interno. Nel ciclo arturiano esso viene rappresentato dal Santo Graal. Il ricettacolo dei Lord è senz’altro un recipiente ispirato al calderone celtico e, come il Graal, deve ospitare essenza divina.
Il Calderone di Gundestrup rappresenta ad oggi uno dei manufatti più importanti appartenenti al patrimonio archelogico protostorico europeo. Datato intorno al III secolo a.C., venne rinvenuto verso la fine del 1800 nello Jutland, area settentrionale della Danimarca. Esso si presenta come un recipiente in argento, dal diametro di 69 cm, alto 42 cm e dal peso di quasi 9 chilogrammi. Nonostante origine ed appartenenza siano ancora temi di accesi dibattiti tra gli studiosi, le immagini in esso contenute rivelano figure appartenenti al pantheon divino celtico. Il suo aspetto, come potete notare dall’immagine sottostante, ricorda molto il ricettacolo dei Lord.
Concludiamo ritornando a parlare dell’opera di Wagner ispirata ai miti norreni che, come avevamo detto, poteva contenere un’importante informazione riguardante la lore di Dark Souls. Ebbene, ne “L’Anello del Nibelungo”, un personaggio centrale del dramma potrebbe aver ispirato la figura del nano furtivo. Si tratta del nano Alberich, nemico giurato del dio Odino e dei giganti. Alberich, grazie ad uno speciale mantello che lo rendeva invisibile, dandogli quindi la possibilità di muoversi furtivamente, riuscì a rubare l’oro custodito dalle Ondine, creature elementali della mitologia germanica, per creare un potente anello magico. Il nano venne successivamente affrontato, sconfitto e catturato da Odino e si ritrovò costretto a consegnare l’anello, scagliando al contempo una maledizione su di esso e su coloro che ne faranno uso, innescando l’inizio dell’inesorabile rovina degli dei Asgard.
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Davvero una ricerca interessante. Complimenti. Una lettura che ricorderò immancabilmente nelle prossime discussioni che terrò su una delle serie che amo di più, Dark Souls ovviamente. 😉🍻
Complimenti per l’articolone :D. Ho sempre adorato l’ambientazione dei vari Souls, ma non ho mai apprezzato il gameplay (mea culpa). Ne ha di segreti e ispirazioni questa serie.