Cuori, fiori, cioccolatini, cenette intime, regali inaspettati, romantiche fughe d’amore. Ci sono mille modi per festeggiare San Valentino mentre è piuttosto raro che i videogiochi diventino parte di questa festività. Su Gameplay Cafè abbiamo scelto di celebrare l’Amore con la a maiuscola raccontandovi alcuni momenti in cui la vita di coppia può avere anche per un solo momento i videogiochi come comprimari o protagonisti.
Se l’anno scorso abbiamo puntato sulle proposte per creare complicità di coppia anche nei videogiochi quest’anno ho chiesto ad alcuni membri della redazione e friends di raccontare le loro storie personali nelle quali la vita amorosa – relazione fugace, convivenza o matrimonio che sia – sia stata condita dai videogiochi. Storie dolci, storie tristi, storie sincere… l’amore in Gameplay Café ha tutte le forme!
by Roberto Turrini
Quando thatgamecompany mise in sconto per la prima volta il suo Flower, mancava una settimana a San Valentino. Era il 2010 e io non ho mai festeggiato San Valentino, nemmeno quando eravamo solo io e Federica ma quell’anno mi lanciai nell’acquisto impulsivo convinto di spacciarlo come: “Una di quelle cose che ho comprato pensando a te (leggasi: moglie), perché io ci ho provato a coinvolgerti anche se so che non ti piacerà e che quindi, piuttosto di buttarla, userò solo io”.
Non diversamente da quanto fece Marge in quella puntata de I Simpson in cui Homer le regalò una palla da bowling, dopo che le mostrai il gameplay, abbozzando una pseudo recensione improvvisata che nemmeno al Bar Sport di Stefano Benni parlando del derby, mia moglie mi strappò il pad di mano rimproverandomi che il mio non era certo il modo giusto di giocarci.
“Ci giochi come se fosse un gioco normale – disse lei, che fino a quel momento mi aveva guardato giocare solo a Mass Effect, Fallout 3, Gears of War e Bioshock– e lo fai con la solita ansia. Ma ti diverti? Raccogli tutti i fiori e se te ne scappa uno torni indietro. Controlli che non ci siano cose nascoste e continui a guardare gli obiettivi per capire cosa fare per sbloccarli al primo giro… Ma rilassati! Dammi qui che ti faccio vedere come si fa!”. Sgomento.
Passarono in silenzio giusto quei due minuti necessari ad accorgersi che il SIXAXIS o lo sai usare o non lo sai (e mia moglie non lo sapeva), prima di accorgermi che in effetti quel suo modo di giocare senza una logica era più divertente del mio. Mi ero avvicinato a Flower ancora condizionato da anni di sudditanza a un gameplay dove lo scrolling era funzionale al divertimento e non ne rappresentava il fulcro. Sono passati tanti anni e ovviamente oggi è più difficile comprendere il tipo di novità che thatgamecompany aveva portato sul mercato mainstream, ma in quel 2010 non era scontato capire che il gioco necessitava di un approccio differente: bisognava avvicinarcisi liberandosi dalle gabbie mentali tipiche dei titoli farciti di power up e monetine, senza l’ossessione di raggiungere ogni singolo stelo, altrimenti perdendo la magia dell’essere sospinti dal vento e del destreggiarsi tra rocce, colline e fili d’erba
I dieci minuti successivi sono trascorsi con lei che girava tra i massi, colorando l’erba come una bambina con i pastelli. A un certo punto un rumore alieno interruppe la partita e in quello stesso istante, nell’angolo in alto a destra del televisore, apparve un riquadro con una scritta e il disegno di una coppa color bronzo. Mia moglie, interrompendosi e girandosi verso di medi me, mi domandò cosa fosse. “Niente di che – risposi io – Continuiamo a giocare”.
by Jury Livorati
Per risalire all’unico momento in cui ho sperato che mia moglie venisse catturata dai videogiochi devo tornare al 2008. Il nostro primo figlio era nato da poco e io stavo cercando di ritrovare un equilibrio tra il lavoro di padre e la passione per PlayStation 3. Lei invece guardava ai videogame come a un’attività del tutto trascurabile e non c’era un Uncharted o un Oblivion che potesse farle cambiare idea. Ma la magia si compì inaspettatamente con Call of Duty Modern Warfare.
Una sera, non ricordo neanche perché, mi chiese di provare il multiplayer in modalità Dominio. Dopo dieci minuti aveva imparato alla perfezione i comandi ed era immersa nella conquista delle bandiere e nella loro difesa dalla squadra nemica. Nei giorni successivi non mancava mai di chiedermi se poteva fare una partita, ma anche due o tre, magari subito dopo aver allattato nostro figlio e mentre io lo facevo digerire. Nei suoi occhi, nell’intensità con cui premeva i tasti e nel modo in cui si mordeva le labbra, vedevo la scintilla che mi teneva davanti alle console da quando ero bambino.
Poi la cosa finì, così come era iniziata, come uno di quegli amori estivi adolescenziali che svaniscono con le prime foglie gialle di settembre. In seguito non sono più riuscito a coinvolgere mia moglie in un gioco single player, multiplayer o cooperativo. Da allora, però, lei non ha più avuto alcun dubbio né rimostranza sui motivi per cui trascorro volentieri una o due ore al giorno nei mondi interattivi dei videogiochi.
by Giuseppe Pirozzi
Meglio vedere la propria capitale messa a ferro e fuoco dalla cavalleria austriaca o una settimana in bianco? Probabilmente in pochi si saranno trovati nel corso della storia a dover prendere una decisione simile, ma a meno che non siate un principe tedesco vissuto seicento anni fa ci sono buone probabilità che succeda anche a voi in Europa Universalis IV – sempre che il vostro partner adori i giochi di strategia come voi. Nel mio caso è così, entrambi amiamo immergerci nei panni di sovrani medievali alle prese con la loro smania di conquistare il mondo (conosciuto) tra una rivolta religiosa a colazione e una guerra santa a cena. Capita dunque di assecondare queste pulsioni giocando in cooperativa sui nostri rispettivi PC e di scegliere due nazioni non troppo distanti tra loro, lei la potente e temibile Francia mentre io faccio il gradasso scegliendo la modesta città libera di Ulm, parte del Sacro Romano Impero.
Per chi non lo sapesse, il gioco ha luogo tra il XV e il XVIII secolo all’apice della potenza imperiale inizialmente controllata dai principi austriaci capaci di esercitare un potere ben al di sopra di ogni altra Nazione in gioco, tranne probabilmente francesi e ottomani.
Dopo qualche ora di gioco la piccola Ulm cresce, ingrassa, fagocitando città e statarelli in giro per la Germania con la supervisione della Francia amica, finché non succede l’irreparabile: il Reich austriaco consegna una lettera in carta bollata recante la scritta “Guerra”. È la fine, penso. Ma poi realizzo che mi son tenuto un jolly per casi disperati come questi: il matrimonio. Ebbene sì, in quegli attimi concitati decido di trovare una regina per il mio re scapolo (dopo aver rifiutato diverse offerte proprio dalla Francia) e provo a mettermi d’accordo con la famiglia reale ungherese, enorme reame che fa da ponte tra l’Europa centrale e la Russia.
Dopo pochi giorni di gioco gli emissari tornano in patria con una risposta positiva. È fatta, penso. Francia, Ungheria e Ulm riusciranno a respingere le offensive asburgiche! Ma non faccio i conti con la mia fidanzata che, avendo viste rifiutate le proprie richieste di matrimonio, non la prende bene, e ritira le truppe lasciando me e la mia moglie virtuale ad annegare in un mare di sangue. Manco a dirlo, la cosa non è finita sul campo di battaglia ma ha avuto ripercussioni nella quotidianità. Gioie e dolori del giocare insieme.
by Luca Longo
Dopo una lunga giornata di lavoro ci vuole un momento per stare sereni, staccare la spina. La routine della serata tranquilla a casa l’avevo creata e migliorata nel tempo. Dopo la cena c’erano quelle tre ore di tempo libero da occupare nel migliore dei modi. Un’ora a base di serie TV con la mia dolce metà e un paio d’ore da solo con i videogiochi. Un giusto compromesso, un equilibrio accettato da entrambi. Perché cambiare? Perché inserire nuovi elementi in questa equazione così bilanciata? E invece…
Alle volte le peggiori decisioni vengono prese seguendo le migliori intenzioni. Volevo condividere un po’ più di tempo con la mia partner e magari farle conoscere quel mondo che tanto amavo. L’occasione me la diede Unravel Two. Avevo già giocato il primo, e questo secondo capitolo con la modalità cooperativa in due giocatori sembrava perfetto per coinvolgerla senza farla impazzire. “Unravel è semplice, mica è Dark Souls” pensai. Quindi lo comprai e lo iniziammo. La coordinazione tasto-azione per una persona che i videogiochi non li mastica spesso è complessa da assimilare e fin dall’inizio fu evidente questa difficoltà nella mia compagna di gioco, ma l’avevo messa in conto. Pazientemente le feci forza, le spiegai e rispiegai i passaggi, attesi che capisse, che facesse suo il gameplay. Ma Unravel richiede anche tanta coordinazione tra i giocatori per proseguire l’avventura, altrimenti resti al palo, purtroppo.
Eravamo a meno di un terzo di gioco, ci avevamo messo una vita a raggiungere quel punto. E lì il dramma: un errore, due, tre. Al quarto vano tentativo di lei di compiere quello che a me sembrava un facile salto da una piattaforma a un’altra la mia pazienza si sgretolò e mi lasciai andare a uno stizzito “Ma è possibile che dopo dieci volte ancora non sei capace di saltarlo questo fossato? Dai, su!”. Non ci fu reazione, almeno non subito. Lei continuò a provare per un po’, poi, senza dire una parola, posò il pad, uscì dalla stanza e andò in bagno.
Dopo cinque minuti di attesa, mi preoccupai e andai da lei. Aperta la porta, vidi i suoi occhi gonfi di lacrime che mi guardavano con un misto tra rabbia e frustrazione. “Sei troppo cattivo con me, mi fai sentire una stupida. Non ci riesco, va bene. Non ci riesco!” mi ribadì tra i singhiozzi. Io sorrisi e la rincuorai con un abbraccio. Ebbi modo di farmi perdonare per quella sfuriata ma Unravel Two lo abbandonammo. Lui no, non ebbe seconde occasioni.
by Stefano Cherubini
La mia ragazza è talmente multitasking da fare dieci azioni allo stesso tempo, mentre io non riesco nemmeno a gestire due fornelli accesi . Potrei fare altri mille esempi ma mi limito a questo per evitare l’umiliazione pubblica.
Eppure c’è una semplice operazione che, per qualche inspiegabile ragione, non riesce proprio a eseguire: la gestione della telecamera libera. Quel movimento coordinato dell’analogico sinistro e dell’analogico destro è così complicato che mi sono trovato spesso di fronte a un possibile omicidio per frustrazione. Il movimento è asincrono, slegato. Così, prima ci si sposta con l’analogico sinistro senza muovere la telecamera e poi si arriva inevitabilmente a un ostacolo. A quel punto si muove l’analogico destro cambiando direzione e si ricomincia daccapo. What Remains of Edith Finch è stato il banco di prova. Immaginatevi quindi il dramma in un videogioco come Death Stranding. Col tempo, devo dire, si è andati decisamente migliorando con un po’ di allenamento e qualche imprecazione educativa.
Non tutto però è così drammatico. Ci sono anche tanti momenti di tenerezza. Rimanendo in tema Death Stranding, le cui lunghe passeggiate sono fonte di divertimento per la mia lei, nei rari momenti in cui il pericolo diventa tangibile ecco che il pad mi viene letteralmente consegnato in un disperato atto di salvezza. Passato il pericolo il pad cambia di nuovo proprietario e posso tornare nuovamente a schernirla con commenti sarcastici che mal sopporta ma che in fondo in fondo (molto in fondo) apprezza.
Al di là dell’ironia e della spensieratezza con la quale sto raccontando la mia esperienza, mi capita poi di riflettere sul fatto che prima di conoscermi non abbia mai videogiocato in maniera seria e che in realtà ha fatto enormi progressi. Sono sicuro che se io cominciassi a disegnare ora (cosa che lei sa fare molto bene) non riuscirei a progredire così in fretta però questo non diciamoglielo (scherzo! In realtà ha letto il pezzo subito dopo averlo scritto).