“Spegni la PlayStation e mettiti a studiare!!!”
“Stai sempre a perdere tempo davanti alla televisione con quei giochini”
Chi di noi, soprattutto in passato, non ha mai sentito un proprio genitore, parente o amico, esprimere tale concetto, quasi, anzi, senza quasi, per denigrare una delle nostre attività preferite?
Era, ed ora forse in maniera minore lo è, pensiero comune che chi passava il tempo a giocare con i videogiochi, avesse meno tempo a disposizione per studiare e, di conseguenza, avesse più difficoltà ad affrontare il percorso scolastico con risultati ottimali.
Chi giocava ai videogiochi veniva visto come poco studioso, poco attento, poco concentrato e alienato in un mondo tutto suo, rapito in un mondo fatto di bit che, con la realtà scolastica, aveva poco a che fare.
Gli anni passano, le passioni restano e si scopre, grazie alla curiosità di alcuni scienziati e ricercatori (magari anche loro stessi videogiocatori) che le cose non stavano proprio così.
Lo studio in questione, svolto dal Prof. Alberto Posso, presso il Royal Melbourne Institute of Technology, pubblicato sull’ International Journal of Communication, ha valutato l’andamento scolastico di 12000 ragazzi, studenti delle scuole superiori australiane, valutandone l’andamento accademico e gli interessi extra-curriculari.
I dati di 12000 studenti sono stati analizzati ed incrociati tenendo in considerazione i risultati del PISA 2012, Programma per la Valutazione Internazionale degli Studenti, un test riconosciuto a livello internazionale, gestito dalla OCSE, Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico.
Lo studio ha esaminato la correlazione tra i punteggi accademici e gli interessi e le attività personali e soggettive dei ragazzi al di fuori della scuola, compreso l’utilizzo di device e internet fuori di casa.
Lo studio in questione ha rilevato che i ragazzini e studenti che hanno passato, negli anni precedenti, del tempo a giocare a videogiochi online, sia per console che per PC, hanno ottenuto un punteggio superiore alla media di 15 punti in media nei test in matematica e lettura e 17 nei test riguardanti materie prettamente scientifiche.
Ci troviamo di fronte ad un esempio di causa-effetto?
Giocare ai videogiochi in età preadolescenziale ci permetterà di essere più bravi in matematica o biologia?
Il Prof. Posso vola basso, come la scienza suggerisce, sostenendo che si potrebbe trattare anche di pura casualità anche se, in studi di questa portata ed importanza, il caso viene del tutto limitato, proprio per evitare “falsi positivi”.
Posso sostiene che a parità di condizioni linguistiche, familiari, scolastiche, chi presentava la peculiarità di aver passato del tempo davanti uno schermo per giocare online mostrava poi risultati sopra la media.
Probabilmente il tutto viene spiegato secondo il concetto che chi gioca online, quindi con o contro altre persone reali e non solo contro un algoritmo, è portato a sviluppare quelle capacità di problem solving o multitasking che la scuola moderna predilige.
Superare un livello o raggiungere un obiettivo in un videogioco vuol dire risolvere un puzzle e sviluppare, anche inconsciamente, capacità e abilità in matematica, lettura e scienza.
Come detto prima, la correlazione tra gioco e successo scolastico non è chiara. Un’altra spiegazione può essere che probabilmente gli studenti dotati in matematica, lettura e scienza, essendo geneticamente portati in questi ambiti, hanno anche più tempo per giocare rispetto a chi è meno portato, perché svolgono prima i compiti a casa o studiano più facilmente e velocemente, avendo, di conseguenza, maggiore tempo libero.
Nel mentre, Posso ha anche osservato una particolarità che, al momento, mette in discussione quest’ultima tesi, portando a pensare che effettivamente il giocare, in un modo ancora sconosciuto alla scienza, porti un soggetto a sviluppare determinate abilità.
Questa particolarità è il fatto che chi, invece di giocare online, passava lo stesso tempo in internet, sui social, presentava dei risultati inferiori, di circa il 4%, soprattutto quelli che usavano Facebook o Twitter, più volte al giorno, ogni giorno.
Questo presentato è uno studio successivo a quello effettuato dalla Columbia University e dalla Paris Descartes University, studio effettuato su studenti delle scuole elementari.
In questo caso si è visto che i bambini che giocavano per più di cinque ore a settimana presentavano una media voti più alta negli anni del liceo rispetto a chi non aveva mai giocato ai videogiochi.
Il Prof. Posso spera che questo suo studio stimoli la curiosità di altri suoi colleghi per arrivare, magari fra qualche anno, a capire effettivamente quali siano quei meccanismi di allenamento cerebrale che, secondo l’idea e l’opinione di molti, uno stimolo come il videogioco, utilizzato in modo sano e ponderato, possa aiutare lo sviluppo cerebrale di un soggetto giovane in quella fase dello sviluppo che va dall’età post pediatrica alla pubertà.
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Prendo l’articolo più “recente” per complimentarmi anche qui per l’ottima rubrica Videogiochi e Salute, tematiche mai troppo esplorate seriamente. Essendo poi piuttosto vicina al mio ambito (studio Medicina) e alle mie passioni, sono interessatissimo alle tematiche trattate. Non che tutte le altre rubriche siano da meno ovviamente 🙂
Ciao. Ti ringrazio veramente tanto. Anche ieri in live ho apprezzato i tuoi commenti. Magari in futuro possiamo discutere nel merito dei vari studi che porterò