I videogiochi possono migliorare la salute mentale, aumentando serenità e rilassamento

Oxford conferma che giocare ci aiuta a vivere sereni e a rilassarci

Videogiochi e Salute di Francesco Margheriti

I videogiochi fanno male, i videogiochi fanno bene, i videogiochi rendono i bambini più aggressivi, i videogiochi aiutano lo sviluppo della creatività. Sui videogiochi ne leggiamo di tutti i colori, spesso qualcuno scrive e parla per sentito dire oppure, come sui nostri lidi, si preferisce invece riportare dati e numeri, razionalizzando e discutendo.

Ma questi dati e numeri sono reali, rappresentano la realtà o sono frutto di una situazione artificiale creata ad hoc? I centri di ricerca o i ricercatori stessi mettono in piedi studi e ricerche partendo da un’idea, cercando di usare il videogioco come mezzo ma, come spesso accade, lo studio e il videogioco da analizzare non vengono inseriti in un contesto reale, familiare.

Animal Crossing: New Horizons

Di solito, come abbiamo già visto, le prove sul campo vengono effettuate in ambienti controllati, in ambienti che sono qualcosa di diverso dalla propria cameretta o dal proprio soggiorno. Occhi, telecamere, sensori, questionari, persone in camice, tutti elementi che possono creare un disturbo o una distrazione nel soggetto che viene studiato in quel momento. Anche la prestigiosa Università di Oxford ci suggerisce qualcosa in merito, sostenendo che chi gioca può trarne un maggior benessere mentale. Nulla di strano se non fosse che, per la prima volta, gli studiosi non hanno usato cavie umane all’interno di ambienti controllati (le loro stanze o laboratori), ma hanno usato dati di gioco reali, in tempo reale.

I dati usati sono stati quelli relativi a due giochi in particolare, Animal Crossing: New Horizons di Nintendo e Plants vs. Zombies: Battle for Neighborville di EA. I giocatori analizzati che hanno giocato ad Animal Crossing erano 2756, mentre quelli che hanno giocato a Plant vs. Zombies, 518. Ciò è stato possibile grazie al fatto che i giocatori erano costantemente connessi a internet e questo ha permesso ai ricercatori di collegare le azioni di gioco, i punteggi e le ore effettive passate in partita con quelle che erano le risposte a questionari di tipo psicologico, avendo, però, un dato certo e controllato.

Se il videogioco viene vissuto nella propria zona di comfort, i risultati saranno sicuramente più veritieri

La grande differenza, ancora più grande rispetto al fatto di essere nella propria casa rispetto a un centro di ricerca, è il fatto che la descrizione del tempo, qualitativo e quantitativo, in gioco non era più auto-riferito. Secondo Andrew Przybylski, a capo del progetto, non avere dati di gioco reali sui quali fare qualsiasi tipo di ragionamento può essere fuorviante e poco utile perché è vero che il videogioco stimola in senso positivo o negativo determinati aspetti della nostra personalità, biochimica e anatomia, ma, allo stesso tempo, la persona vive il videogioco nel suo ambiente ideale, nella sua confort zone, non in un ambiente artificioso come può essere un laboratorio o una stanza, un dipartimento o un’aula universitaria.

E3 2019

Questo studio, primo nel suo caso, che ha visto collaborazione effettiva fra studiosi e grandi aziende (Nintendo ed EA), proprietarie dei dati di gioco, che hanno gestito attraverso i vari account dei partecipanti allo studio tutti i dati telemetrici, ha dimostrato che se giochi quattro ore al giorno ad Animal Crossing, esprimi più felicità e spensieratezza quando ti vengono poste determinate domande.

Secondo Przybylski questo nuovo modo di approcciarsi alla scienza legata al videogioco porterà, in futuro, a maggiore trasparenza da parte dei publisher nei confronti del grande pubblico, e porterà a comprendere meglio e in tempo reale le emozioni che un videogioco può far esprimere a determinate fasce di giocatori, sia in positivo che in negativo. Si arriverà a parlare con vera cognizione di causa.

Lo studio, più che cercare di capire quanto si possa essere felici e sereni dopo aver giocato ai due giochi su menzionati, servirà per introdurre un nuovo modo di approcciarsi in maniera scientifica al medium in questione, arrivando a discutere di dipendenza e altre problematiche che ora vengono sì trattate ma non come dovrebbero.

Lo studio porta ad avere dei dati reali, una fotografia precisa di ciò che avviene nel cervello dell’utilizzatore comune, che non si sente più studiato e osservato, ma che è invece rilassato e/o concentrato nell’attività che lo intrattiene, scegliendo lui stesso quante ore può dedicare al gioco, quali modalità provare e come farlo.

I dati sono reali e realistici e ci dicono che, se siete tristi o arrabbiati o nervosi, dedicate qualche ora del vostro tempo a curare il vostro alter ego virtuale oppure a difendere il vostro giardino da una stramba apocalisse zombie, così da riappacificavi un po’ con voi stessi e con gli altri.


  • Videogame play is positevely correlated with well-being; Nikas Johannes et al.; Oxford Internet Institute (OII), University of Oxford

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