Cosa è successo nel rapporto tra Nintendo e le limited edition non è chiaro. Il collezionismo e il merchandising correlato ai videogiochi oramai sono una realtà consolidata, ancora più in considerazione del fatto che il digitale sta cancellando sempre di più la percezione e il gusto del possesso quando si tratta di videogiochi. E proprio a metà strada tra il fan collezionista e il piacere di possedere un oggetto che si vanno ad incasellare le collector’s edition. Li potremmo chiamare feticci da esposizione, ma ognuno di noi non può nascondere il piacere di vederli in bella mostra nella propria stanza dei giochi.
Nintendo sembrava aver intrapreso con ardore questa strada qualche anno fa abbinandolo a quello di Amiibo, salvo poi fare in questa generazione vistosi passi indietro e lasciando che le sue statuette interattive finissero ridimensionate in un microcosmo molto lontano dal centro della scena. Se pensiamo alla storia di questi ultimi anni è difficile comprendere cosa non abbia funzionato tra Amiibo e le limited edition al punto dal cessare il loro abbinamento.
Basta pensare al periodo storico in cui è arrivato il boom di Amiibo. Nel 2014 il ciclo di WiiU era al suo secondo anno e i risultati finanziari e di pubblico non erano certo esaltanti. In mezzo alla confusione di quel periodo, l’azienda di Kyoto tirò letteralmente fuori il coniglio dal cilindro con la serie Amiibo. Statuette rappresentanti i personaggi più storici del brand con un design e una qualità realizzativa ottime. Un fulmine a ciel sereno che riempì i cuori dei fan storici strizzando l’occhio al sempre vivo mercato del collezionismo. Per di più queste statuette avevano anche la particolarità di poter interagire con alcuni dei videogiochi in maniere diverse. Non un qualcosa di innovativo – c’erano già Skylanders in giro da un po’ e prima di loro altri – ma che seppe far breccia nel cuore di vecchi e nuovi fan avidi di possedere una rappresentazione della storia di Nintendo e dei videogiochi in generale.
Gli Amiibo sono stati un successo inaspettato su Wii U, ma su Nintendo Switch sono scomparsi dalle edizioni da collezione.
Da Mario in poi la collezione di statuette si arricchì di una serie infinita di personaggi che ancora oggi, dopo sei anni e un cambio di generazione, continua nella sua estensione della collezione anche se con numeri ridotti. Queste statuette spesso hanno accompagnato i videogiochi in edizione speciali. Su Nintendo WiiU e Nintendo 3DS gli Amiibo hanno segnato una stagione florida di bundle da collezione: da The Legend of Zelda: Twilight Princess HD + Link Lupo a Chibi-Robo! Zip Lash + Chibi-Robo passando a Super Smash Bros per Wii U + Super Mario e arrivando perfino alle edizioni con doppio Amiibo di Animal Crossing: Amiibo Festival e Fire Emblem: Echoes of Valentia su 3DS.
Ovviamente in quel periodo non sono mancate le strategie di mercato stranamente controtendenza: The Legend of Zelda: Majora’s Mask special edition solo con delle spille; Metroid: Samus Returns Legacy Edition con una multiforme sequela di gadget meno che Amiibo; la limitata di Hyrule Warriors con quella bussola la cui funzione è ancora ignota. A parte questi casi eccezionali, il trend sembrava portare ad un entusiasmante e duraturo sodalizio per conquistare il mercato del collezionismo, ma non è stato così. Al lancio di Nintendo Switch gli Amiibo sono scomparsi dalle edizioni da collezione. Quei pochi centimetri di materiale plastico plasmati a immagine e somiglianza delle icone Nintendo sono spariti dagli scatoli in edizione limitata.
Perfino The Legend of Zelda: Breath of the Wild non ha ottenuto un bundle con Amiibo, nonostante la collezione di statuette ad essa dedicate sia stata molto ricca e di pregio. La Master Sword inserita nella collector’s edition – comunque bella – stonava un po’ con la passerella di Amiibo che avrebbero potuto essere inseriti nel bundle. Io avevo sperato fino all’ultimo in una versione con uno speciale Amiibo più grande sulla falsariga di Mega Yoshi di lana visto per Yoshi’s Woolly World. E non è l’unico esempio di possibile bundle mancato visto che Splatoon 2, Super Mario Party e altri sono tutti arrivati senza Amiibo abbinati nella scatola.
In tempi recenti Nintendo ha dimostrato di non aver dimenticato le edizioni limitate senza però tenere più in conto gli Amiibo, ne è un esempio recente La collector’s Edition di Daemon X Machina con statuetta al seguito. Switch si è focalizzata su altre meccaniche e la connettività gadget-software si è persa nel cimitero degli elefanti dei videogiochi, andando a morire senza clamori e senza fare rumore e portandosi con sé anche gli Amiibo. Nonostante ci si debba arrendere al borsino della popolarità e delle politiche aziendali che fanno salire e scendere idee nel borsino dei prodotti “fruttuosi”, non si può negare che il fenomeno Amiibo era un mix perfetto di culto e interattività al servizio del collezionista. Ora rappresenta un’occasione sprecata che ha esaurito la sua scintilla vitale.
Meglio quindi trovare in una scatola in edizione speciale un soprammobile dalle dimensioni contenute e interattivo come gli Amiibo che ogni altro oggetto
Con il numero di personaggi, di oggetti, di pose e outfit alternativi si poteva creare una collezione pressoché infinita di bundle e al contempo tramutare quelle statuette in oggetti rari da collezionismo. Perseverare con l’interattività tra Amiibo e videogioco avrebbe potuto tenere salda un’altra unica caratteristica delle produzioni Nintendo fruttando all’infinito il peso in popolarità che i personaggi come Mario e Link hanno nell’immaginario dei giocatori.
Amiibo aveva – e ha tutt’ora – il potenziale per dare prestigio ai bundle da collezione e ingolosire così chi del collezionismo di oggetti e figure fa il suo hobby più grande. Al diavolo gli art book, le spillette, gli steelbook e tutto il contorno di ammennicoli che si vedono ultimamente. Tutto questo contorno di oggetti spesso finisce in un cassetto, per paura che venga perso o rubato, o addirittura resta relegato nella scatola che contiene l’edizione limitata come a voler indirettamente dare valore al cubo di cartone che la contiene senza però mettersi in mostra.
Una statuetta invece è per antonomasia un oggetto decorativo da mettere in bella mostra, nato per stare su di una mensola o in una teca di vetro, da apprezzare per la cura del particolare o la sua unicità. Meglio quindi trovare in una scatola in edizione speciale un soprammobile dalle dimensioni contenute come gli Amiibo che ogni altro oggetto. Meglio ancora se esso ogni tanto può interagire con i videogiochi e dare l’opportunità di prenderlo tra le mani e non lasciarlo per sempre nell’angolo di un espositore. Un oggetto da collezione vivo e non un simulacro di devozione.
Amiibo è un’occasione sprecata di Nintendo per tutte queste ragioni. Un vero peccato perché forse con un po’ più d’impegno il concetto di toy-for-life insito in Amiibo sarebbe rimasto, seppur sottotraccia, sul mercato. Se gli oggetti esclusivi di un gioco o delle ricompense speciali fossero state disponibili con le statuette dell’edizione limitata? Se i dati di un DLC esclusivo fossero stati inseriti nel chip di un Amiibo presente nella scatola da collezione? Fantasie da giocatore che però avrebbe dato più valore e fatto tentennare più utenti sull’acquisto di una versione limitata piuttosto che su una digital o retail.
Ovviamente non possiamo essere nella testa né negli uffici dirigenziali dove si valutano i rapporti tra costi e benefici, tra spese e guadagni. Nintendo forse avrà fatto le sue considerazioni e avrà deciso cosa è meglio per il suo bilancio, epurando Amiibo e in generale un certo tipo di limited. Eppure nella mia testa aleggia pesantemente la sensazione che c’era del potenziale inespresso nel binomio Amiibo-limited, che si poteva fare tanto di più, che i collezionisti avrebbero potuto avere molti più scatoli da mettere in mostra. Chissà se il prossimo Nintendo Direct del 2020, anticipato a quanto pare da GameStop, non possa smentire questo trend.