La venuta di un brand come quello di Mortal Kombat nelle sale cinematografiche è servito come risposta intrinseca a tutti quelli che, trovatosi di fronte un nuovo capitolo della saga creata da Ed Boon, hanno esclamato più di una volta: “ah, ma perché Mortal Kombat ha una trama?”. Eccome se ne ha, e negli anni è talmente evoluta – in meglio e peggio – che arrivati in un culmine esasperante di eroi morti e risorti innumerevoli volte, dopo Mortal Kombat Armageddon, la serie ha avuto un netto reboot, rilanciandosi sia narrativamente che qualitativamente.
Ma andiamo per gradi. Lanciato nel 1993, Mortal Kombat si è subito imposto come un picchiaduro da una forte componente violenta. Sangue e organi degli avversari smembrati a suon di Fatality ha facilmente attirato una lunga schiera di giocatori pronti ad accettare una nuova sfida e le polemiche, critiche e censure del caso, non sono assolutamente mancate.
Una lunga carrellata di tanti titoli, approdando anche agli stage in 3D, scelta che personalmente mai ho gradito nei picchiaduro, e difatti, la saturazione di Mortal Kombat Armageddon, era un chiaro segno di come la saga, se voleva sopravvivere, doveva tornare alla radici e offrire una sfida molto più competitiva nelle semplicistiche meccaniche 2D.
Tanti sono i capitolo prima del reboot della saga avvenuto nel 2011 con Mortal Kombat IX: tra i più apprezzati vi sono sicuramente Mortal Kombat 3 e Mortal Kombat 4, capitoli capaci di rapire intere generazioni di giocatori prima nelle sale giochi, davanti a enormi cabinati, per poi approdare nelle console casalinghe.
Midway – poi fallita e rinata come NetherRealm Studios, con a capo sempre Ed Boon – negli anni ha cercato anche di spaziare per non fermarsi ai semplici picchiaduro, ma esperimenti quali Mortal Kombat Special Forces, erano la testimonianza di come uscire oltre i binari prestabiliti, non era una mossa saggia – che con il senno di poi, da piccolo era un gioco che mi divertì molto, ma effettivamente un titolo a scorrimento aveva poco a che vedere con il marchio Mortal Kombat.
Visto il successo di pubblico, con una fanbase che cresceva capitolo dopo capitolo, come prassi in queste occasioni, qualche produttore ha percepito la possibilità di portare quelle migliaia di persone al cinema, creando una trasposizione diretta del marchio Mortal Kombat.
Siamo nel 1995, periodo ottimo dato che Mortal Kombat è ancora nel pieno del suo periodo d’oro, e un film omonimo si affaccia al cinema. Alla regia, un giovane cineasta promettente, Paul W.S. Anderson. Sì, proprio lui, colui che molti anni dopo deciderà di portare anche la saga di Resident Evil al cinema – a suo modo.
Comunque, è il 1995 ed esce il primo film che si avvale tra i tanti anche di attori di un certo calibro, quale Christopher Lambert nel ruolo di Lord Raiden, scelta delle più sbagliate, ma incredibilmente tutti erano stranamente in parte e a degli ottimi incassi al box office, anche la critica sembrò accettare tiepidamente la il prodotto finale. All’epoca Anderson era un regista tecnico molto attento al dettaglio e cercò al meglio delle sue possibilità, e dei mezzi a disposizione, di trarre il meglio possibile, estrapolare il succo narrativo di Mortal Kombat e plasmarlo attorno al medium cinema. Il risultato, ancora oggi, è un film discreto, per alcuni considerato anche un cult piacevole da vedere. Missione riuscita dunque. I fan avevano apprezzato e gli incassi al box office assicurarono un sequel, che arrivò puntuale nel 1997 e, in modo più o meno inaspettato, si rivelò un disastro su tutta la linea.
Paul W.S. Anderson non tornò alla regia e molti attori non presero parte al progetto, rendendo necessari nuovi attori per Raiden, Sonya, Johnny Cage e altri. Nonostante fosse costato addirittura il doppio del primo film, Mortal Kombat – Distruzione Totale è quanto di più riconducibile ad un fan film pieno di cosplayer. Niente più cura del dettaglio, senza una storia e con un regista per nulla abile (John Leonetti, che recentemente ha firmato la regia dell’horror Annabelle) hanno decretato il terribile flop di critica e box office e cancellato ogni progetto futuro per quanto riguarda ulteriori sequel.
Nel corso degli anni si sono susseguiti tanti piccoli progetti per tentare di rivitalizzare il brand al di fuori della cornice videoludica, ma niente riuscì più a ottenere la giusta attenzione.
Questo momento di buio vede una scintilla accendersi nel 2010: il regista Kevin Tancharoen realizza il cortometraggio Mortal Kombat Rebirth – che vi lascio qui in calce – rilasciandolo nel web. Il corto, di una manciata di minuti, attingeva a piene mani dalla rilettura che Nolan aveva fatto sulla figura di Batman, quindi perché non cercare di plasmare l’universo di Mortal Kombat cercando di restituirgli una cornice più concreta, raffinata, cercando in un crudo realismo degli snodi narrativi per rendere i suoi eroi vere e proprie pedine o eroi dell’odierno.
Ecco quindi vedere il capitano di polizia Jackson Briggs e Sonya Blade, interrogare un losco figuro su diversi crimini avvenuti in città. Il resto lo lascio scoprire a voi, dato che come si può facilmente intuire, questo piccolo corto rimbalzò facilmente in tutto il globo riaccendendo la speranza di tutti: fare Mortal Kombat, con una consapevolezza maggiore, era possibile e questo regista aveva una chiara idea. Inutile dire che il successo mediatico del corto non passò inosservato dalla Warner Bros (e la stessa divisione videoludica della Warner Bros è publisher della saga di Mortal Kombat).
Con il successo di questo corto, fu lo stesso Tancharoen che bussò alla porta della Warner Bros e chiedere, con non poca sfacciataggine, fondi per realizzare un nuovo film su Mortal Kombat.
La Warner non accettò del tutto, ma diede il via a una piccola produzione per realizzare una web serie, sempre diretta da Kevin Tancharoen dal titolo Mortal Kombat Legacy e vide luce sul canale YouTube di Machinima.
Purtroppo, nel momento della stesura di queste parole, come saprà qualcuno, da diversi mesi Machinima ha ufficialmente chiuso la società come il relativo canale YouTube, motivo per cui, le due stagioni di Mortal Kombat Legacy sono difficili da reperire. Per fortuna qualcuno ha ricaricato almeno la prima stagione, mentre della seconda si ha soltanto qualche spezzone sparso, troppo vago, confuso e sconnesso per avere una narrazione completa.
Ciò che ha lasciato Mortal Kombat Legacy è un prodotto di ottima fattura – se considerato il budget inesistente e la finalità della distribuzione online – con una punta di diamante che si ha negli episodi riguardante lo scontro tra Scorpion e Sub-Zero e le origini di Raiden.
Ad oggi, a poche settimane dall’uscita di Mortal Kombat 11, c’è un capitolo aperto nella sede Warner Bros per quanto riguarda il ritorno di Mortal Kombat al cinema, un capitolo che non ha purtroppo nulla di concreto, ma solo l’idea e la voglia di riportare l’universo al cinema.
Che il sicuro successo di Mortal Kombat 11 possa ricordare alla Warner di avere ancora i diritti di sfruttamento cinematografico, un capitolo aperto e un regista che ha già dimostrato di avere molto a cuore la saga e con un’idea molto convincente per far ripartire tutta la baracca.
Come per il già annunciato reboot di Resident Evil al cinema, anche qui, dita incrociate.
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