Vorrei parlarvi di Erica; di come il gameplay pensato da Jack Attridge e Pavle Mihajlovic di Flavourworks permetta ai vari piani di realtà del “film” di sovrapporsi, modificarsi, concatenarsi in un fluire senza caricamenti o menu; di quella sceneggiatura firmata da Connor Pots che disegna i confini di un thriller a metà strada tra il gore di Tarantino e l’esoterismo di Kubrick, senza ovviamente avvicinarsi alla qualità del cinema di serie A, sempre ammesso che esista… ma non posso. Non posso perché anche le immagini a corredo della recensione rivelano, in parte, spunti e risvolti di una trama che va scoperta senza spoiler alcuno. Viviamo ahimè in tempi corrotti dalle immagini, dalle anteprime, degli screenshot postati su Facebook alla faccia dell’embargo e se consideriamo che Erica è stato pubblicato da Sony Interactive Entertainment alla fine dello scorso agosto, beh: già saprete che si tratta di un film interattivo con finali multipli e un sistema di “scelte” basato sul touch pad del DUALSHOCK 4 – o la companion app – che permette al nostro polpastrello di manipolare oggetti, assumere atteggiamenti peculiari nei confronti del nostro interlocutore o, più semplicemente, spostarsi verso un hotspot modificando così la storia e gli avvenimenti mostrati a schermo.
Il parallelo più semplice è quello con Detroit: Become Human (l’avete vista la nostra galleria fotografica?). Erica è un film, girato con attori professionisti tra i quali il Terence Maynard di Edge of Tomorrow, che presenta diverse linee di regia; diverse “storie”, se mi passate il termine, visto che tutto ruoterà comunque attorno alla macabra morte del padre di Erica. Il passato, si sà, è come il postino di paese: bussa sempre due volte, e così succederà alla nostra protagonista, ormai grande, che verrà risucchiata in un vortice di omicidi, rituali esoterici, droghe, esperimenti e i misteri che si celano nei sotterranei della Delphi House, la casa di cura per malati psichiatrici fondata dai genitori di Erica.
Erica verrà risucchiata in un vortice di omicidi, rituali esoterici, droghe ed esperimenti
Ribadendo la necessità di non raccontarvi cosa accade se, invece di seguire l’agente di polizia nella stanza della vostra vicina, vi affacciate all finestra della vostra camera, la domanda a cui vorrei rispondervi è: “Erica è un bel videogioco? Merita i miei dieci euro? Non è che poi lo compro e finisce che ti accuso di circonvenzione di incapace perché fa schifo?“. Ecco, cerchiamo di capirci: Erica è un classico B-movie destinato a morire in quella fascia di voto che va dal 65 al 75. Se lo giudicassimo per la qualità della regia, della fotografia, della colonna sonora firmata dallo stesso autore di quelle di Monaco: What’s Yours Is Mine, Journey e The Order: 1886 (Austin Wintory) staremmo parlando di una visione (interattiva) imprescindibile. Erica è bello da vedersi, gli attori non sono degli improvvisati, la localizzazione italiana è di altissima qualità e, sopra ogni altra considerazione, il giocarlo genera una sorta di dipendenza, ossia fa nascere il desiderio di scoprire tutte le storyline possibili in un susseguirsi di run che, al massimo, durano due ore ciascuna.
Comprare Erica significa comprarsi un numero indefinito di thriller da manipolare e se vi piacciono film come Eyes Wide Shut sarà inutile leggermi oltre: andate e spendete ‘sti dieci euro in tutta serenità. Se, al contrario, vi state domandando: “Ok zio: ma in Erica ci sono le scene di nudo o mi stai circuendo?“, allora è bene soffermarsi sulle sue spigolosità. In primis il sistema di controllo: che sia via touch pad, su tablet o smartphone tramite l’app dedicata, funziona male.
“Ok zio, ma in Erica ci sono le scene di nudo o mi stai circuendo?”
“Funziona male” nel senso stretto della definizione, ovvero raggiungere con il polpastrello il punto indicato dalla parola che desideriamo scegliere e che racchiude, nel suo significante, l’atteggiamento che vogliamo avere nei confronti di una determinata situazione, è difficile. Mi è capitato diverse volte, sia col touch pad che con lo smartphone, di avere problemi, di non fare in tempo e dover riprovare più volte. Può essere che con il tablet questo problema di “campo” e sensibilità venga meno, ma io sono povero e il tablet non ce l’ho, quindi ciccia. In secondo luogo Erica è la fiera del “già visto”. Dal cattivone che cerca di imbonirti mentre con la mano destra nasconde un tranquillante dietro la schiena, al poliziotto che muore come uno stronzo (si può scrivere “stronzo”? Beh: io lo scrivo. Una volta sola, certo, però lo scrivo, anche se vi chiedo di non dirlo ad alta voce in pubblico chè poi mi danno del maleducato), passando per il medico pieno di segreti che fa strane cose ai pazienti e la ragazzina capace di armare una pistola e uccidere come se fosse cresciuta a pane e Rambo fin dalla culla.
Ho giocato Erica su PlayStation 4 liscia e un ottimo Sony Bravia Full HD da 32 pollici.
DurataMi rendo conto, rileggendomi, che qualcuno potrebbe non capire il reale potenziale del gioco. Pur non avendo un albero delle scelte esplicito come quello sviluppato da Quantic Dream per quella perla di Detroit: Become Human, il bello di Erica è proprio quello di essere un film da guardare e riguardare anche dieci volte, mossi dalla curiosità di scoprire non solo i pezzi di girato che ancora non sono stati visti ma anche di capire quale personaggio stia mentendo, se il tutto sia frutto dell’immaginazione della protagonista, se davvero nei sotterranei della Delphi House si celi… e no: questo lo lascio a voi ché già ho spoilerato abbastanza, fingendo di non spoilerare, e ho usato tre congiuntivi tutti di seguito e devo andare a prendere un Oki prima di interrogarmi sull’averli utilizzati correttamente o meno.
Questo articolo contribuisce a sostenere la ricerca scientifica sulla sindrome di Rett. Trovate i dettagli dell’iniziativa a questo link.
Che voto si deve dare alla grafica di un film? Dunque: i dettagli sono ottimi, così come le animazioni (chissà che tecnica di motion capture hanno usato! Cage dovrebbe copiarli!). Luci e ombre sembrano vere, così come gli effetti speciali del fuoco. Io l'ho giocato in italiano ma sono sicuro che anche a livello di lip-sync in inglese siamo dalle parti del 100 (tipo "La ruota della fortuna")!
Oh, davvero: a lato della colonna sonora di Austin Wintory che sembra incastrarsi nel fluire del "gioco" quasi magicamente, con un paio di pezzi straordinari (Aria for Delphi su tutti), gli effetti sonori ambientali sembrano catturati dal vivo! No, 'spetta... ma non fanno già così tutti? Torno dopo, vado a vedere su Wikipedia.
Non benissimo, direbbe qualcuno. Il sistema di controllo è bruttino. Più che bruttino direi impreciso, inaffidabile, sia sul touch pad della PS4 (scomodo) che su smartphone (si disconnette di continuo). Come scrivevo, non l'ho provato su tablet.
Devi essere connesso per inviare un commento.
Questa recensione è una chicca di saggezza e bellezza narrativa. ☝️😂
Visto il mio gusto per i titoli di questo tipo, ho deciso di spendere quei 10 euro al day one e devo ammettere che concordo appieno sul giudizio. Davvero ottima grafica (😏) e comparto sonoro piacevolissimo. Tuttavia, e fortunatamente aggiungerei, la companion app non si è mai disconnessa nelle due run fatte, ma confermo che di imprecisioni touch ne soffre. A presto Boss. 😉🍻
Già il fatto che non ti si sia mai disconnesso è un bel power up, rispetto alle mie run. 🙂
Per il resto: :*