Apple attacca Epic Games dopo l’inclusione dell’app Itch.io nella propria offerta ludica

Una mossa che puntava all'inclusività si ritorce contro la compagnia?

Notizia di Lorenzo Arduino

Lo scorso venerdì segnava la quinta giornata di scontro in tribunale tra Apple ed Epic Games, e l’accusa della compagnia della Mela si è rivolta verso l’inclusione dell’applicazione Itch.io nell’offerta online dei creatori di Fortnite.

Per chi non conoscesse Itch.io, è una piattaforma che permette a sviluppatori indie di creare senza sforzi eccessivi pagine dedicate alla vendita dei propri titoli. E’ quindi possibile trovare ogni tipologia di gioco al suo interno, e sì, anche titoli per adulti. Non che ciò sia un male in alcun modo, poiché alcuni artisti hanno modo di pubblicarvi le proprie creazioni proprio grazie alla trasparenza delle regole imposte.

Ma nel concreto, cosa significa tutto ciò? Per comprenderlo è necessario fare un nemmeno troppo lungo passo indietro, a quando quest’ultima incluse, in aprile, Itch.io al proprio store online. Trattandosi di sue società separate, la metodologia di approvazione dei giochi risulta differente, e la presenza di titoli apparentemente “offensivi e sessualizzati” è stata addotta da Apple come motivo di mancanza di serietà da parte dell’avversario. Addirittura i prodotti in questione sono stati definiti “talmente offensivi” da non poter essere menzionati di fronte alla corte.

Non sorprende che sia emersa una mossa di questo tipo, vista la motivazione iniziale che ha dato vita all’intera bagarre tra i due colossi: il rifiuto da parte dell’azienda di Cupertino di ospitare applicazioni esterne sull’App Store. Il tutto, bisogna dirlo, ha quel sapore di colpo basso (e nemmeno troppo riuscito) che punta a far leva su un qualche supposto perbenismo imperante da parte dei non giocatori, che avendo ben pochi mezzi per comprendere le diverse piattaforme, si spera possano venir facilmente guidati da una qualche sorta di senso etico di protezione nei confronti del quieto vivere.

Nel caso foste interessati alle dichiarazioni discusse nell’aula di tribunale, potete trovarle accuratamente riportate in questo articolo di The Verge.

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