American Gods 2: la recensione della serie disponibile su Amazon Prime Video

Il conflitto tra i nuovi e i vecchi Dei entra nella fase più calda: chi la spunterà?

Cinema & Serie TV di Salvatore Cardone

Luce e oscurità, bene e male, bianco e nero. Il dualismo è da sempre la costante che accompagna le vicende di American Gods e del suo protagonista, il cui nome, Shadow Moon, è già di per sé una solida contraddizione. Un dualismo ricorrente, che spazia da situazione in situazione, senza mai abbandonare il filone narrativo dello show. Del resto, già soltanto le forze in gioco sono in antitesi l’una con l’altra, scontrandosi per eoni a causa, appunto, di una visione diametralmente opposta del mondo e di tutte le sue peculiarità.

In mezzo a tutto questo frastuono divino, continua l’enigmatica avventura del protagonista – interpretato da Ricky Whittle – finito quasi inspiegabilmente in un gioco ben al di sopra delle sue possibilità. O almeno così sembrerebbe. Ci eravamo lasciati, con l’ultimo episodio della prima stagione, con la presa di posizione solida da parte della due fazioni: da un lato i “vecchi” dei, coloro che si definiscono i creatori di ciò che al giorno d’oggi si vive e respira, dall’altra quelli “nuovi”, desiderosi di scacciare una volta per tutta la vetusta presenza dei “padri padroni”. Da un lato l’enigmatico Mr. Wedsnday (Ian McShane) , dall’altra l’essere col sorriso più spaventoso al mondo, Mr.World (Crispin Glover), pronti a darsi battaglia sino all’ultimo respiro, senza mai rinunciare ai propri ideali.

La seconda portata dello show, al netto della travagliata gestazione e del cambio in cabina di comando, riesce in parte a rispondere ai numerosi buchi lasciati scoperti nella precedente stagione, finendo al contempo con generarne altri, sempre più roventi e difficili da assimilare. In fin dei conti, la chiave di lettura di American Gods è sempre stata complessa e ricca di sfaccettature e, il nuovo director Jesse Alexander – nonostante sia già stato rimpiazzato per la terza stagione – non ha voluto in alcun modo essere inferiore e, col pieno supporto di Gaiman in persona, ha saputo imbastire un ottimo prodotto che, però, si è macchiato di una frettolosità di fondo tanto papabile quanto quasi doverosa, figlia di un ritmo eccessivamente lento portato in scena nei primissimi episodi.

La fase iniziale della seconda stagione vede ancora una volta come uno dei temi principali il reclutamento di nuove forze, da un lato e dall’altro. Se Odino incontra non poche difficoltà, dovute specialmente alla sua fama di doppiogiochista e fallace, lo stesso non si può dire di World che, col pugno di ferro della tirannia, sembra riuscire a tener maggiormente sotto scacco i propri sottoposti.

La chiave di volta della creazione del proprio esercito, comunque, gli viene offerta ancora una volta dalle incongruenze nei dialoghi di Wedsnday, che si lascia scavalcare in quella che è una sorta di  corsa agli armamenti, quando si presenta la possibilità di agganciare una figura potenzialmente chiave ai fini dello scontro. Tale scontro, conclusosi con il repentino intervento di Laura Moon (Emily Browning), che le vale il ritorno alla vita (letteralmente) vede però comunque la consacrazione della Nuova Media (Kahyun Kim). Quest’ultima, con l’aiuto per nulla spontaneo e gravemente forzato del Technical Boy (Bruce Langley), aprirà le porte ad un assalto finale massiccio e difficilmente arginabile. Nel mezzo, troviamo una cospicua quantità di esseri più o meno rilevanti che decidono di tirarsi fuori dallo scontro, compresi i principali tasselli di Mr.Wedsnday in persona. Per motivi nettamente diversi, sia Shadow Moon sia Mad Sweeny (Pablo Schreiber) decidono di chiamarsi fuori dalla battaglia, senza però metter in conto lo strabiliante effetto “calamita” da cui sembra essere attorniato il tanto temuto “monocolo”. Presto o tardi, si finisce con l’essere risucchiati dalla sua energia, e i due non sembrano immuni al sopracitato assioma. Prima del gran finale, la serie ha saputo imbastire diverse sotto trame dal fascino se vogliamo maggiore rispetto a quello del filone narrativo principale, ancora una volta fin troppo diluito e che nella maggior parte dei casi si perde tra un dialogo di troppo e l’altro.

Inutile negare che uno dei veri protagonisti della seconda stagione è il lepreicauno Mad Sweeney, le cui origini, tra una scazzottata con Shadow, un incontro “ravvicinato” con Laura e le immancabili azzuffate verbali con l’onnipresente Wedsnsday, vengono finalmente illustrate con maggior minuzia.

Le origini del suo potere, della sua fortuna e, soprattutto, di quella che è diventata una sfortuna senza eguali, vengono esposte alla luce del sole (abbiamo scelto apposta questa parola, ricordatevelo) rendendo ancor più straziante e doloroso il triste epilogo a cui l’uomo è costretto a sottostare nel corso di un intero episodio a lui dedicato. Durante la stagione, in verità molto riflessiva e di “evoluzione” non soltanto per lui ma anche per un po’ tutti gli altri personaggi in gioco, le tappe di avvicinamento che hanno condotto Mad Sweeney a prendere date scelte, hanno visto anche l’avvicinamento papabile e inevitabile con Laura, anch’ella impegnata nella sua battaglia, culminata, così come quella di Sweeney, in un finale però nettamente meno drammatico di quello del lepreicauno. La volontà di Laura, in stile Pinocchio per intenderci, di riavere un corpo vero ha costituito uno dei punti di maggior interesse della stagione, e non soltanto a causa dell’avvicinarsi al sopracitato omaccione dai capelli rossi.

Laura ha compiuto un grosso lavoro in termini strettamente personali ed intimi, comprendendo i propri sbagli sia da viva sia da morta, fino al confronto finale con l’ormai ex marito Shadow, la cui storia, in tutta onestà, è sempre sembrata funestata da bugie e incomprensioni (oltre al tradimento) varie.

Sullo sfondo dell’evoluzione personale di alcuni volti più o meno noti, c’è, se vogliamo, una sorta di involuzione di altri, specialmente delle figure appartenenti all’ordine dei vecchi dei. Ibis, Mr.Nancy, Czernobog, e se vogliamo anche l’Ifrit (seppur in maniera molto meno radicale), assumono quasi un ruolo da spettatore, specialmente nella seconda parte e sul finale di stagione. Ognuno di loro, in modo abbastanza palese, sembra conoscere ben più cose di quanto non dica, relegando i poveri malcapitati ignari di tutto, come Shadow stesso, ad un ruolo ancor più infausto.

Ma se tutto l’arco delle puntate ha vissuto di momenti fin troppo morti, i minuti iniziali e quelli finali dell’ultimo episodio hanno saputo regalare non poche emozioni, specialmente sul versante della tanto agognata guerra tra le fazioni divine. L’offensiva finale, manco a dirlo, proviene da Mr.World che, col supporto decisivo, e ve ne abbiamo parlato poc’anzi, della Nuova Media e del padrone delle Tecnologia, ha, in battito di ciglia, trasformato Wednesday ed il suo fido guardiano Shadow in due ricercati di fama mondiale, costringendoli così alla fuga. Durante questi eventi, Shadow ha finalmente preso coscienza di due fondamentali verità: la prima, più importante, riguarda le sue origini, finalmente svelate, grazie a frammenti di ricordi offerti in dote nientemeno che dal sacro albero di Ygdrasill in “persona”. Wedsndsday, che continua a muovere i propri oscuri passi nell’ombra, risultando ben più lontano dall’amicone che sembra essere, non lo ha affatto scelto a caso. Shadow è parte integrante del confronto, per ragioni, però, che non vogliamo svelarvi. La seconda grande verità ve l’abbiamo già in parte svelata: il rapporto con Laura, ma anche quello con lo stesso Odino, è ormai irrimediabilmente incrinato e l’uomo, ora più di prima, ha compreso di essere solo, smarrito e latente in termini di identità.

La conclusione dello scontro, comunque, è ancora ben lontana: l’offensiva mossa dai nuovi dei ha sortito un grande clamore, ma gli ultimi minuti dell’episodio hanno evidenziato una “ripresa” delle divinità antiche repentina e spietata. Il destino del mondo, al di là della fuga di Shadow, di quella di Laura, della scomparsa di Mad Sweeney e del sempre più enigmatico ruolo di Wedsnsday e dei suoi fedeli collaboratori, appare ancora ben lontano.

La seconda stagione di American Gods mette a nudo uno sviluppo travagliato e incerto, con un numero di episodi più esiguo e, soprattutto, una nutrita schiera di puntate inconcludenti e che tendono troppo a giocare al cane si morde la coda.

Per tal motivo, per esplicare i tanti interrogativi generati durante la prima stagione, si è assistito ad un finale fin troppo affrettato e approssimativo, in cui le forze in gioco, dopo uno scontro preparato per eoni, si sono scontrate in modo soltanto superficiale, scalfendo appena le loro coriacee corazze. A rendere maggiormente appetibile lo show, per certi versi, se vogliamo, deludente, ci ha pensato l’ottimo lavoro svolto in termini di sviluppo dei vari personaggi principali, Mad Sweeney e Laura su tutti, capace di elevare il loro apporto ad un livello qualitativo nettamente superiore. E poi c’è Shadow: il fin troppo passivo protagonista della storia ha saputo rialzare la china sul finale, facendo luce finalmente sulle sue origini e riuscendo a fare chiarezza su ciò che realmente lo circonda. Quel che è certo è che la terza stagione dovrà, per forza di cose, essere più precisa e coincisa. Dopo una seconda stagione praticamente di “transizione” ci aspettiamo di poter finalmente assistere al tanto atteso scontro divino, e chissà che magari non ci sia posto per qualche altro bel colpo di scena.

In fin dei conti, così come la Luna, ognuna delle figure in gioco ha dimostrato di avere più di una faccia, e perdersi nell’oscurità può voler dire non riuscire a distinguere il bene dal male.

Ci sono 1 commenti

Ulquiorra

Bellissimo questo show, peccato per il piccolo calo della seconda stagione rispetto alla prima, ma alla fine ci sta dai. Purtroppo veramente era quasi scontato, dato il ritmo lento della “prima parte”. E poi ci sono Mad Sweeney e Mr Wednesday che sono stupendi e bastano da soli a farti guardare la serie, almeno per me xD

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