Nonostante siano passati ormai 13 anni, il ricordo rimane indelebile, disegnato fresco nella mente come fosse successo ieri. Nelle sale cinematografiche, esattamente il 26 maggio del 2006, esce X-Men Conflitto Finale, terzo capitolo della saga pronto a rivoluzionare il brand grazie ad una sceneggiatura che prende in prestito dal fumetto il concept della Fenice, entità cosmica potente e davvero ben caratterizzata (nella versione cartacea). Nonostante gli incassi, il film non risultò un successo di critica, ricevendo bocciature un po’ ovunque: forse la mancanza di Bryan Singer (allora impegnato con Superman Returns) – o il voler rischiare troppo – ha finito per produrre purtroppo uno dei peggiori cinecomic di sempre. Eppure Fox, come ultimo bagliore di una stella che presto diventerà di Disney, ha deciso di riprovare a portare la Fenice al cinema, stavolta in versione Oscura. Abbiamo dunque visto X-Men: Dark Phoenix, e siamo pronti a parlarne, nel bene e nel male.
Il rischio era alto, e il terrore nel pensare ad un nuovo Conflitto Finale era alle stelle, eppure fin da subito la pellicola si dispone in modo diverso: complice la forza ottenuta nelle precedenti iterazioni del brand (con una sequela di film davvero ben strutturati, ad eccezione di un sottotono X-Men: Apocalisse), stavolta le premesse sono valide e il modo in cui il film arriva al nocciolo della questione – nonostante qualche buco di trama davvero non giustificato – rimane gradevole nella maggior parte del film. La storia è sempre quella: un’entità cosmica, chiamata Fenice, entra nel corpo di Jean Grey, una delle studentesse della Scuola per Giovani Dotati. La scacchiera viene così posizionata, mettendo in campo le solite forze del bene e del male in una sfida decisamente pericolosa per il genere umano. Per evitare spoiler, conviene fermarsi qui sulla trama di X-Men: Dark Phoenix: di certo il suo svolgimento è sensato e abbastanza coerente, rivelando qua e là piccole problematiche decisamente sorvolabili.
Ciò che lascia storcere il naso rimangono tuttavia delle scelte discutibili: il “coraggio” avuto nel voler portare avanti un film sugli X-Men senza però accennare in modo frequente alle problematiche di minoranza verso le battute finali della pellicola sparisce, cadendo nei soliti cliché della serie di cui ormai siamo pieni fino all’orlo. L’altra grande falla nel piano di Simon Kinberg (sceneggiatore e questa volta regista) sta nel cattivone di turno: l’ennesima razza aliena pronta a fare di tutto per acquisire potere e distruggere la Terra, come se fuori dal nostro pianeta esistesse solo questa proficua attività come hobby.
In termini pratici il cast lo conosciamo bene, ed è uno dei capisaldi della serie: James McAvoy e Michael Fassbender sono perfetti come Xavier e Magneto (al punto che sarebbe bello vederli anche nel Marvel Cinematic Universe), e gli altri X-Men, ovvero Mystica (Jennifer Lawrence), Bestia (Nicholas Hoult), Ciclope (Tye Sheridan), Tempesta (Alexandra Shipp), Nightcrawler (Kodi Smit-McPhee) e Quicksilver (Evan Peters), riescono a reggere il confronto insieme ed attorno alla Regina di questo film, Sophie Turner. Persino la nemesi di questa pellicola, grazie all’interpretazione di Jessica Chastain, acquisisce quel minimo di spessore che in scrittura si è dimenticato di darle. Se questo può far piacere, purtroppo gli effetti speciali sono invece piuttosto altalenanti: si passa infatti da momenti in cui computer grafica e prop riescono ad immergere gli spettatori nell’intreccio, a fulmini di Tempesta che sembrano risalire a vent’anni fa, accompagnati da deformazioni prostetiche di parti dello scenario davvero poco credibili. Fortunatamente l’altalena porta anche a risultati positivi, spesso vicini a Magneto, Xavier e a qualche effetto di classe superiore nelle grandi battaglie. Rimane comica la scelta di inserire ad ogni film quella manciata di mutanti che, nonostante abbiano ruoli importanti nella controparte cartacea, qui non fanno altro che comparse: per esempio, così come Jubilee in Apocalisse faceva da quarta compagna nell’uscita al centro commerciale di Scott, Jean e Kurt, in questo una Dazzler canterina compare per 3 minuti durante una festicciola tra gli alberi degli studenti, poi il nulla.
In conclusione, X-Men: Dark Phoenix risulta un lavoro senza infamia e senza lode, capace di farvi passare quasi 2 ore in compagnia di giovani mutanti afflitti da problematiche tutto sommato non così trascurabili, per usare un eufemismo. Amaro in bocca rimane nel voler ricalcare pedissequamente Conflitto Finale: come una sorta di omaggio/remake, alcune parti del film seguiranno lo stesso ideale, filone e percorso visto nel terzo film del 2006, con tanto di background decisamente simile. Talvolta però, forse proprio per creare un distacco, alcune dinamiche e alcuni dettagli vengono leggermente modificati (dagli abiti di Jean all’effetto di Fenice, che nel 2006 era vicino ad una fiamma e che invece ora ha qualcosa di particellare). Più che una fenice, ci troviamo davanti un cigno, atto ad esibirsi con il suo ultimo canto prima del passaggio definitivo nelle mani di Disney, che a conti fatti potrebbe davvero rinvigorire il brand una volta per tutte.
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Bell’articolo ottimamente scritto👍
Sarà che non ho apprezzato Sansa, ma anche dai trailer di questo, la Turner continuo a non apprezzarla, in termini di recitazione. C’è di peggio ma in rapporto alla popolarità, è veramente pessima per i miei gusti.