Apex Legends

Moda e qualità possono convivere?

Hands on di Francesco Dovis

Quando è giunta la notizia della pubblicazione di un battle royale sviluppato dagli autori di Titanfall, subito si è pensato che un’iniezione di parkour e robottoni avrebbe potuto innovare il genere con lo stesso impatto avuto nell’inflazionato campo degli sparatutto in prima persona. Tuttavia è bene notare come Apex Legends già dal titolo prenda le distanze dalla serie di cui condivide soltanto l’ambientazione e qualche altro piccolo dettaglio.
Il nuovo lavoro di Vince Zampella infatti è un derivato che non cerca in alcun modo di replicare la formula da cui è tratto, ma che invece sembra più sbocconcellare elementi da molti giochi attualmente di moda e riproporli in un’unica formula. Il risultato finale è un prodotto che si, funziona, ma che al tempo stesso rinuncia a qualsiasi ambizione di originalità e ad avere un’identità tutta sua.

La base rimane rodata: delle squadre vengono lanciate su di un’isola disarmate e devono rinvenire sul loco le armi e gli strumenti con cui scannarsi a vicenda. Vince il gruppo superstite.
La parte sparatutto di Apex Legends apparentemente è simile a quella di Titanfall 2 per via delle armi, che sono state trasferite qui quasi identiche nell’aspetto come nella balistica. Tuttavia la più grande differenza è la presenza di diversi pezzi di equipaggiamento, come armature, caschi, scudi ricaricabili, che possono aumentare la resistenza e rendere lo sconto a fuoco più lungo rispetto al normale. Frequentemente sarà quindi difficile uccidere un nemico usando un caricatore e diventerà essenziale fare affidamento alla manovra del Team Shot (molto familiare a chi gioca ad Halo): un giocatore deve usare una raffica per distruggere gli scudi del bersaglio, mentre un’altro si dovrà occupare di spendere i suoi colpi per effettuare l’abbattimento vero e proprio.
Già qui si evince che Apex Legends è un gioco incentrato sulla cooperativa, aspetto rafforzato anche dal fatto che si entra in partita all’interno di una squadra di tre elementi. E’ possibile sganciarsi sin da subito dai compagni, tuttavia non è consigliato a causa di altri aspetti cardine. Uno di questi è il sistema di classi, o meglio, di campioni, ciascuno caratterizzato da un ruolo preciso nel gruppo grazie alle sue abilità.

Non mi soffermo a descrivere singolarmente i personaggi, che spaziano dal soldato, al corazziere, lo scout, il medico da campo, assolvendo compiti classici (per un totale di sei personaggi pronti e altri due da sbloccare con valuta in gioco o a pagamento). Il meccanismo è del tutto simile a quello di Overwatch o altri hero shooter, per intenderci.
Ciascuna abilità appartiene ad uno soltanto e richiede un tempo di ricarica dopo l’utilizzo, tuttavia nessuno di questi campioni risulta troppo potente da solo, al punto di poter fare a meno degli altri. Andarsene in giro a zonzo in solitaria non è un’attività che ripaga e questo, da un lato, evidenzia delle meccaniche cooperative dotate di buona profondità, dall’altro però mette dei paletti. Al pari di altri titoli di questo tipo, giocare da soli e affidarsi a compagni casuali può essere un terno al lotto, in quanto se costoro inizieranno a fare mosse sconsiderate o abbandonare gli altri, servirà a poco essere dei buoni giocatori. Al contrario, un compagno che si lancia alla bersagliera o inizia ad usare male o sprecare le abilità, può condannare l’intera squadra alla sconfitta.
Ma questo non è un difetto in sé, quanto una clausola ostativa tipica dei giochi basati su classi molto sinergiche e un comparto competitivo-cooperativo. Accettato questo punto, Apex Legends implementa bene le sue meccaniche e risulta anche gradevole.

La considerazione da fare però riguarda la sua grossa mancanza di originalità. Battle Royale, Hero Shooter (e il resto che si trova qui dentro), sono tutti elementi ormai ampiamente sdoganati in giochi che vanno di moda ora ed è lampante come Respawn abbia cercato di rifarsi in ogni singolo dettaglio ai titoli di riferimento di tali categorie: Fortnite, PUBG, Black Ops4-Blackout, Overwatch.
Il voler inseguire anche graficamente questi concorrenti è lampante anche dalla restilizzazione, che passa dallo stile realistico-fantascientifico di Titanfall, ad uno stile cartonesco, che cerca di risultare attraente per il pubblico dei succitati, piuttosto che per quello di Titanfall. La stessa presenza di pose e siparietti allegri (e forse un pò ridicoli) che caratterizzano molte esecuzioni, non fa che rimandare ai teatrini delle danze di Fortnite, che tanto piacciono ai giovanissimi. Al termine di una sparatoria infatti si potrà dare il colpo di grazia al nemico picchiandolo con le bacchette della batteria, o improvvisando una danza samoana simile a quella dei rugbysti All Blacks, o magari dare scherzosamente il cinque allo sconfitto. Il cambio di toni e stile, è quindi netto, nettissimo.

Ciò che incide di più è l’emulazione sul piano della giocabilità. E’ vero che Apex Legends, preso a sé stante, funziona, ma lo fa al prezzo di rinunciare a tutti gli elementi che avevano reso Titanfall così speciale. Se può sembrare assurda l’idea di inserire dei mech e i movimenti aumentati del parkour in un Battle Royale, ricordiamoci che la stessa cosa poteva suonare altrettanto incompatibile nel panorama FPS, eppure qualitativamente ha funzionato molto bene. Insomma, la perdita di identità ludica si fa sentire, perché in questo derivato non c’è niente che non sappia di già visto o giocato altrove.

Il fatto che Titanfall 3 sia stato riadattato in corsa per diventare Apex Legends inoltre è un’altra grande metafora della scena videoludica odierna, dove studi famosi abbandonano progetti interessanti per dedicarsi a qualcosa che va più di moda. Tuttavia il successo di Apex non implica per forza un rilancio migliore per un eventuale terzo Titanfall (che non è attualmente in cantiere, come confermato).

Abbiamo visto come Epic Games, non appena ha riscontrato il fortissimo successo di Fortnite, si sia disinteressata completamente a tutti gli altri progetti in corso d’opera come il rilancio di Unreal Tournament (che si prospettava molto valido) e il già avviato Paragon (offrendosi persino di regalare tutti gli asset del valore di dodici milioni di dollari a chiunque volesse prenderseli e subentrare a loro. Ripeto per sicurezza: REGALARE-TUTTI-GLI-ASSET del valore di DODICI-milioni di dollari-DODICI).
E’ bene ricordare anche che Respawn adesso non è più uno studio indipendente, ma è stata acquistata da Electronic Arts, pertanto non necessita di fare cassa con questo, per finanziare il nuovo Titanfall. Lo sviluppo infatti sarebbe pagato dal suo editore, il quale può sponsorizzare tutti i Tripla A che vuole grazie ai vertiginosi proventi che derivano soltanto dalle microtransazioni di FIFA (che è diventato l’equivalente di un rubinetto di denaro contante).

Apex Legends usa un sistema di microtransazioni per comprare costumi ed elementi decorativi. Nessuno degli oggetti acquistabili incide sull’andamento della partita ed è solamente estetica (al pari di Fortnite).

Dovendo trarre delle conclusioni, Apex Legends è un battle royale ben progettato e realizzato, che ha delle meccaniche funzionali e che può piacere. Tuttavia è anche una produzione poco originale, che butta letteralmente via tutta la caratterizzazione stilistica e ludica della serie principale per fare qualcosa di ampiamente rodato da altri concorrenti.

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