Resident Evil 2 1-Shot Demo

Abbiamo passato una mezz'ora al commissariato di Raccoon City

Hands on di Giuseppe Pirozzi

Ci siamo quasi, il 25 gennaio si avvicina a grandi falcate e Capcom ha deciso di infiammare l’attesa pubblicando la 1-Shot Demo di Resident Evil 2, il remake dello storico secondo capitolo della saga horror più famosa di sempre.

A poco più di ventiquattro ore dalla pubblicazione della demo anche noi di Gameplay Cafè abbiamo deciso di ritornare nei vicoli di Raccoon City vestendo i panni di Leon S. Kennedy, portando con noi solo un inventario limitato, piantine miracolose che ristabiliscono l’umore e aprendo le porte di luoghi che si aprono con arzigogolati meccanismi e stravaganti chiavi.  Vi è mancata Raccoon City? A noi tanto, e non vediamo l’ora di parlarvene.

Dopo le varie calibrazioni di rito della telecamera il gioco ci porta nell’ingresso principale della stazione di polizia di Raccoon City dove Leon si reca per il suo primo giorno da poliziotto. Una volta metabolizzata la presenza del cronometro che aggiunge un certo grado di ansia alla demo, giocabile per soli trenta minuti, iniziamo ad ambientarci nella nuova veste della città.

La prima cosa che salta all’occhio è che Leon è più sbarbatello che mai. Non che fosse una sorpresa dato che al tempo di Resident Evil 2 Leon ha circa ventuno anni, tenendo presente che nel quarto capitolo è ancora glabro come un bambino e che dobbiamo aspettare Resident Evil 6 per vederlo con un accenno di barba (2013 nella cronologia del gioco), ma rivederlo in alta definizione dopo averne apprezzato le fattezze pixellose fa il suo effetto.

Qui in realtà c’è un primo sostanziale cambiamento (retcon) rispetto alla storia originale. Nell’avventura del 1998 Leon arriva di corsa alla sede della R.P.D. dopo aver passato una notte in motel in preda ai fumi dell’alcol conseguenza dell’essersi lasciato con la propria fidanzata, mentre nel remake i riferimenti alla vita passata di Leon sono stati quasi del tutto evitati con l’agente che decide di recarsi di persona al commissariato dopo aver atteso invano gli ordini dei propri superiori.

La nuova visuale à la Resident Evil 4 con inquadratura sulla spalla del personaggio rende piena giustizia all’ambientazione, con scene ansiogene almeno quanto lo erano con la telecamera fissa dell’originale se non meglio. Sicuramente della nuova telecamera ha beneficiato la mira, che rende gli scontri con gli zombie più gestibili ed accurati. Chiaramente sono state aggiunte animazioni nuove e possibilità di interazione con i nemici più realistiche, per cui la pistola d’ordinanza farà poco più del solletico ai non morti ma sarà soddisfacente vedere quanto realistiche siano le ferite inferte alla testa, con pezzi di pelle che cadono a seconda della quantità di colpi in una determinata zona.

Oltre la fida pistola d’ordinanza Matilda, durante l’esplorazione si viene in possesso del fucile a pompa W-870 nascosto nel deposito di armi della centrale chiuso da un lucchetto elettronico apribile, ovviamente, con la carta adatta. Personalmente sono entrato in possesso solo di queste due armi da fuoco ma non credo ce ne siano altre, nonostante la fretta sia cattiva consigliera e possa aver mancato qualcosa.

Assieme alle armi principali ritorna l’iconico coltello da combattimento, da sempre fido compagno di Leon, ma stavolta profondamente rivisto: non più un’unico coltello ma diversi da trovare durante l’esplorazione, non più dagli usi illimitati ma con percentuale di durabilità e da utilizzare non solo nel corpo a corpo (un vero e proprio machete quando si tratta di smembrare gli zombie, in pieno stile Dead Space) ma anche per tagliare nastri adesivi che bloccano entrate e porte altrimenti inaccessibili, meccaniche già sperimentate in Resident Evil 7. Un tocco di classe è il conficcare il coltello nella carne dei non morti per allontanarli dopo un assalto, recuperandolo una volta sistemato l’aggressore.

Nonostante il cambio di telecamera e di approccio al gioco una buona notizia per i fan di lunga data è che l’atmosfera che si respira è rimasta intatta, magari con qualche nuovo jumpscare pronto a far drizzare i capelli ai vecchietti che hanno giocato l’originale. L’odore di sangue e viscere è palpabile e l’illuminazione precaria della centrale di polizia aiuta a provare un senso di angoscia perenne. Il comparto grafico è davvero di ottima fattura e rende giustizia ai corpi degli agenti straziati, i primi piani delle scene d’intermezzo sono terrificanti: non vediamo l’ora di affrontare aberrazioni più contorte dei semplici zombie, uniche creature disponibili nella demo.

“Cambiare tutto per non cambiare nulla”. L’inflazionatissima citazione de “Il Gattopardo” ben si applica alla sostanza di Resident Evil 2, un gioco che cambia pelle ma non il cuore. Rimangono i classici enigmi della serie, in particolare questa breve demo ruota intorno all’enigma della statua della Dea, in cui bisogna inserire i tre medaglioni per sbloccare un passaggio segreto che ci porterà all’esterno della città ed alla salvezza. Purtroppo durante la demo è possibile trovare solo due dei tre medaglioni necessari a sbloccare il passaggio, con la sequenza completabile in circa ventuno minuti (record personale) esplorando abbastanza velocemente le aree del distretto.

Le lancette corrono ed è difficile guardare attentamente ogni ambiente e leggere ogni documento (anche se sembra che alcuni utenti PC siano riusciti ad aggirare il timer), a stento si riescono a seguire i dialoghi con l’agente Marvin Branagh, agente della R.P.D. che ci aiuta ad uscire interi da una situazione spinosa. La demo termina con l’agente che ci richiama nella hall subito dopo aver trovato il secondo medaglione del puzzle, facendo partire un filmato in cui le telecamere di sicurezza dell’impianto hanno trovato un superstite: Claire Redfield.

Che considerazioni traiamo da questa demo? Indubbiamente il remake è realizzato con cura certosina che svecchia un titolo che il prossimo 21 gennaio compie ventun’anni, riuscendo a catturare col proprio gameplay claustrofobico fatto di proiettili contati minuziosamente ed enigmi cervellotici anche il più refrattario degli amanti del genere horror, che sicuramente non dovrà farsi convincere per mettere le mani su quello che ha tutta l’aria di essere il blockbuster della primavera, al netto di Kingdom Hearts III è ovvio.

Abbiamo parlato già del lato grafico, ma una nota di merito la riserviamo all’audio: sempre coinvolgente, riesce a convincere il giocatore che qualcosa di sinistro è costantemente nell’ombra ad aspettarci (e spesso è così), magari in Capcom non saranno andati a catturare i suoni della metropolitana di San Francisco come in Dead Space per rendere più agghiacciante la colonna sonora, ma qualcosa si saranno inventati. Il doppiaggio italiano non sembra avvicinarsi a quello nipponico per qualità, e vi consiglio di giocarlo con le voci originali o in inglese data la scarsa quantità di dialoghi e quindi la possibilità di leggere i sottotitoli in tutta calma.

La demo è disponibile fino al 30 gennaio su Steam, Playstation Network e Xbox Live, cinque giorni dopo l’uscita del gioco completo. Se siete della vecchia scuola e avete dubbi sulla bontà del remake dategli una possibilità nonostante i 7Gb di download, se non vi siete mai avvicinati alla serie e siete intrigati dal clamore che sta seguendo il progetto magari è il caso di partire dal primo straordinario capitolo, anch’esso rimasterizzato nel 2015 per console della generazione attuale (o quantomeno giocate quel capolavoro di Resident Evil 4, da cui questo remake riprende la giocabilità).

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