Il weekend corrente è da considerarsi un po’ come una sorta di antipasto, una quiete prima della tempesta.
Nelle prossime settimane, infatti, arriveranno sul mercato diverse produzioni importanti, destinate a lasciare il segno in questo vulcanico 2019 videoludico. A dare inizio alle danze in questo mese di febbraio, però, ci ha pensato a sorpresa Electronic Arts che, col suo Apex Legends, ha sganciato una vera e propria bomba, lanciando un prodotto tanto curato quanto incredibilmente apprezzato dal pubblico.
A destare grande interesse in queste prime settimane del mese era anche l’appuntamento, fissato per il 7, con la Beta privata di The Division 2. Noi, chiaramente, non ci siamo in alcun modo lasciati scappare la possibilità di provarlo e, nonostante la migrazione da New York a Washington D.C., ci siamo sentiti subito a casa.
Che si tratti di un male o un bene, la prima impressione che si ha una volta impugnato il pad è quella che il tempo non sia mai trascorso. Tralasciando la splendida ambientazione, molto più colorata, ariosa e che, sotto questo aspetto, segna un forte distacco col passato, è subito chiara la volontà di Ubisoft di “omaggiare” fortemente il primo capitolo della saga.
Partendo dai menù e arrivando all’HUD, il tutto assume l’identità di una naturale evoluzione – seppur timida e conservativa – del primo capitolo, di cui questo The Division 2 sembra essere pensato più come vero e proprio seguito diretto, piuttosto che come nuovo capitolo.
The Division 2 è una naturale evoluzione del primo capitolo
Del resto, anche sul piano tematico, il titolo Ubisoft si ricollega direttamente al primo. Il cambio di città, infatti, non è solo una mossa meramente ludica, ma anche narrativa, che vuole illustrare l’evoluzione e l’espansione del contagio anche nelle altre parti degli Stati Uniti d’America. I sopravvissuti cercano, con l’aiuto della Divisione, di sopravvivere in qualche modo, in un mondo ormai alla rovina e sprofondato in mano non soltanto a terroristi veri e propri e ben preparati, ma anche a semplici bande di teppisti, desiderose di creare ulteriore scompiglio nelle strade della capitale statunitense.
Anche sul piano ludico le similitudini tra i due titoli sono tante, con questo secondo capitolo che cerca di riproporre una sorta di versione riveduta e corretta del proprio precedessore. Del resto, Ubisoft ha dimostrato ampiamente di saper ascoltare i feedback dei fan, e le prime ore in compagnia di The Division 2 non fanno altro che confermarlo.
La natura ibrida tra TPS e gioco di ruolo è ancor più marcata in questo seguito, laddove si evince si dalle prime battute che il livello di sfida è nettamente tarato verso l’alto, spingendo fortemente il giocatore ad utilizzare un approccio più tattico e ragionato ad ogni singolo scontro, anche quello più marginale e casuale possibile. Di conseguenza, riveste maggior importanza anche la scelta dei vantaggi e, soprattutto, delle abilità utilizzabili, numericamente molto simili a quelle del primo The Division, ma caratterizzate da una maggiore possibilità di personalizzazione. Tra le novità più interessanti, troviamo la possibilità di utilizzare (come una delle due abilità attive) un drone, che può risultare fondamentale in fase sia offensiva sia difensiva. I vari dispositivi a cui ci affideremo, infatti, possono essere personalizzati, decidendo quale tipo di “talento” vogliamo assegnarvi.
Nuove tecnologie, nuove possibilità
Il drone può, per dirne una, ricostruire costantemente la corazza del proprio personaggio e quella degli alleati più vicini, risultando così decisivo nei momenti più concitati. Un’altra novità del titolo è rappresentata dalla presenza della corazza e dei kit per riparlarla (che rientrano tra i consumabili e prendono un po’ il posto dei kit medici del primo capitolo): a differenza di quanto accadeva prima, i colpi dei nemici andranno a far abbassare la corazza e, una volta che essa finisce, si resta più esposti e fragili, cosa che aumenta il rischio di essere uccisi; non essendoci oggetti di cura veri e propri, l’unica cosa che si può fare a questo punto è riparare la corazza, che altrimenti si rigenererebbe solo in parte, tramite un kit di riparazione o il drone, come anticipavamo poco sopra.
Le abilità e i vantaggi sono strettamente legati ad altre caratteristiche del titolo di Ubisoft: il ritrovamento delle Casse Shade e il potenziamento della Base Operativa. Se nel secondo caso si tratta di qualcosa di già visto nel precedente capitolo, le Casse Shade rappresentano una novità assoluta. Si tratta di bottino fondamentale per potenziare il proprio personaggio, giacché ogni abilità, vantaggio e potenziamento sono legati ai punti Shade, la valuta necessaria per potenziare l’arsenale e la potenza del proprio agente.
Le casse in questione, comunque, sono facilmente ritrovabili, dato che sono quasi sempre segnate sulla mappa di gioco. Quest’ultima, poi, si presenta di dimensioni molto simili a quelle del primo capitolo, ma offre una struttura diversa per quanto concerne gli ambienti e, soprattutto, gli scontri stessi.
La vera natura di The Division 2 è quella di un gioco cooperativo, in cui la collaborazione è fondamentale
L’evoluzione del gameplay, come dicevamo anche poc’anzi, è da considerarsi come un vero e proprio gioco al rialzo: l’intelligenza artificiale è molto aggressiva ed i nemici, anche quelli apparentemente meno impegnativi, risultano più coriacei di quanto ci si potrebbe aspettare, e tendono ad aggredire il giocatore da più direzioni e con soluzioni diverse, spingendolo sempre a cambiare spesso posizione e copertura. Va di conseguenza, quindi, come la scelta del posizionamento – insieme a quella delle giuste abilità, ovviamente – abbia un’importanza centrale all’interno dell’economia del gioco. Già dalla primissima missione svolta ci si accorge quanto Ubisoft abbia virato fortemente in direzione della cooperazione e del dare un’impronta ruolistica più marcata, con gli avversari che si presentano in numero massiccio, con abilità diverse e con un approccio estremamente aggressivo.
Se la natura del gioco è chiaramente mutata sotto questo punto di vista, quello che rimane invariato è il gunplay e il feeling delle armi. Ci troviamo di fronte ancora una volta ad un titolo che offre un feedback delle bocche da fuoco molto approssimativo, che appaiono quasi sempre “leggere” e mal diversificate tra loro. Questo, probabilmente, si può imputare anche alla natura ibrida del titolo, dove forse un fattore “realismo” più marcato avrebbe rischiato di stonare.
Come accennato in precedenza, Ubisoft è intenzionata, con questo The Division 2, a fare emergere in modo più marcato la vena ruolistica e gestionale del titolo. Questo si palesa con l’importanza che riveste la Base Operativa (e il potenziamento di essa) nello sviluppo dell’Agente.
Una volta completata la prima missione, il gioco mette subito il giocatore di fronte a quello che lo aspetta: cercare di ricostruire la struttura e ripopolarla, in modo da ottenere vantaggi sia a livello personale sia a livello comunitario. La ricostruzione della Base Operativa risulta quindi un elemento cardine ed avviene tramite il completamento di alcune missioni specifiche o altre attività, come ad esempio la liberazione degli avamposti disseminati per tutta la mappa di gioco. Liberandoli diventa possibile utilizzarli come punto di spostamento rapido e luogo di ritrovamento di nuovi alleati, che possono anche essere inviati alla Base Operativa, per incrementarne l’efficienza. I nuovi insediamenti sbloccati, inoltre, sono potenziabili tramite il completamento delle missioni secondarie ad essi connesse, che faranno sì che i mercanti del luogo vendano più oggetti e che l’insediamento diventi più efficiente.
Il Quartiermastro può salvarvi la vita!
Una volta sbloccato il primo NPC della Base Operativa, il Quartiermastro, si avrà la possibilità, parlandogli, di utilizzare Punti Shade per acquisire nuove abilità (di cui si hanno otto “rami”), vantaggi e potenziamenti per entrambi, qualora fossero già stati sbloccati. Questa soluzione è chiaramente figlia della volontà di dare grande spessore al fattore esplorativo, vero e proprio fulcro dell’esperienza di gioco. Andare in giro per rintracciare Casse Shade si rivela pertanto fondamentale per quanto riguarda i vantaggi, che influiscono un po’ su tutti gli aspetti del gioco: capienza inventario, numero di munizioni e di consumabili trasportabili sono solo alcuni degli aspetti che i vantaggi vanno ad influenzare direttamente.
La vera natura di The Division 2 è quella di un gioco cooperativo, in cui la collaborazione e l’interazione con gli altri giocatori è più importante di quanto si possa immaginare. Ogni attività è infatti completabile in cooperativa e anzi è consigliabile farlo, in quanto le attività sembrano essere pensate appositamente per essere portate a compimento in gruppo. Il livello dei nemici all’interno delle varie attività si adatta automaticamente a quello del membro della squadra più forte.
La cooperativa della nuova creatura Ubisoft si presenta ben studiata e questo si stende, ovviamente, anche alle attività end-game, tra cui rientra l’importantissima Zona Nera. Quest’ultima ha subito cambiamenti sostanziali rispetto al passato. Innanzitutto le tre Zone Nere presenti sulla mappa sono separate per fasce di livello, che ruotano settimanalmente, in modo che si argini la possibilità di cadere nella monotonia e negli “abusi” da parte degli utenti più esperti (sarà ovviamente complicato, in questo modo, imparare a memoria la struttura della mappa e utilizzarla a proprio vantaggio, come accadeva nel precedente capitolo). Questa meccanica rende, pertanto, molto più appetibile la Zona Nera anche per gli utenti meno esperti.
La Zona Nera è ancora una volta il fulcro dell’end-game
Portare a termine attività o semplicemente combattere nella Zona Nera farà aumentare il grado del personaggio, rendendo possibile sbloccare vantaggi, appositamente creati. Questi, insieme alle classi e alle abilità dei propri compagni, consentono di costruire squadre equilibrate e capaci di far fronte a qualsiasi situazione. Se invece non si ha una squadra di amici, si può utilizzare il sistema di matchmaking, presente per tutte le attività, che si presenta immediato e dotato di server veramente stabili. A questo si aggiunge anche l’interessante meccanica di inviare richieste di aiuto o rispondere ad esse, mediante la semplice pressione di un tasto.
Concludendo il discorso sul comparto multigiocatore, condividiamo con voi le nostre impressioni anche sul PVP, più specificamente sulla modalità “Conflitto” (l’unica disponibile durante la beta): ancora una volta, la creatura di Ubisoft si presenta fortemente improntata alla cooperazione. La tattica migliore per vincere è infatti cooperare e giocare di squadra, e questo non solo nelle vere e proprie missioni e nella Zona Nera, ma anche nell’affrontare altri giocatori, attività piacevole e tutto sommato ben strutturata.
Se sotto il profilo ludico The Division 2 offre spunti interessanti ma si presenta tutto sommato “conservativo”, lo stesso si può dire dell’aspetto tecnico: le migliorie apportate sono ben visibili in alcuni casi e piuttosto marginali in altri.
Il titolo gira splendidamente su Xbox One X, su cui si assesta ad una risoluzione altissima (molto vicina ai 4K “reali”) sorretta da un frame-rate granitico, ancorato solidamente sui trenta frame al secondo (con la possibilità di sbloccare il “cap” sull’ammiraglia Microsoft) e da una qualità complessiva davvero lodevole. Gli shader utilizzati sembrano tanti e tutti ben utilizzati, e gli effetti di luce (aiutati da una buona introduzione dell’HDR) riescono a rendere ancor più convincente ogni scorcio. In particolare all’aperto, The Division 2 offre il meglio di sé, con un trionfo cromatico che rappresenta uno dei pochi veri punti di snodo rispetto al proprio predecessore. Molto buona è anche la modellazione poligonale degli avatar e degli NPC, differenti tra di loro e ben caratterizzati.
Su Xbox One X il titolo si presenta in grandissima forma
I ragazzi di Ubisoft hanno svolto un ottimo lavoro anche per quanto riguarda la fisica ed i particellari vari: le esplosioni sono ben delineate e l’interazione ambientale appare molto più marcata rispetto al primo capitolo. Nota stonata, invece, rappresentata dai nemici i cui modelli sono piuttosto riciclati ed offrono ben poche varianti (stando almeno a quanto visto nella Beta). Abbiamo apprezzato molto anche il grado di personalizzazione dell’interfaccia, che consente, ad esempio, di ingrandire o rimpicciolire i sottotitoli, di applicare uno sfondo sotto di essi, e così via.
Nulla da dire sul comparto sonoro che appare di ottimo livello: le musiche che accompagnano il viaggio all’interno della minacciosa Washington D.C. sono “eccitanti” al punto giusto e risultano fondamentali per aumentare il livello di adrenalina presente nel nostro corpo durante lo svolgimento delle missioni o delle attività varie. Convincente anche il doppiaggio: gli attori sembrano ben calati nei loro ruoli e trasmettono una giusta dose di disperazione e follia che infesta un po’ tutta la città.
Questo primo – corposo – contatto con The Division 2 è da considerarsi tutto sommato positivo. La nuova creatura di Ubisoft, seguito diretto di uno dei giochi più controversi degli ultimi anni, si presenta ai nastri di partenza della stagione videoludica con tante certezze e ancor più speranze.
Del resto, Ubisoft sembra aver imparato dai propri errori, ed ha portato sul mercato (a quanto pare) un prodotto completo e con un’idea di supporto continuo più chiara e delineata. The Division 2, infatti, si presenta ricco più che mai, forte di una campagna principale da oltre quaranta ore di gioco, tantissime attività secondarie, una forte componente esplorativa e, soprattutto, un end-game appagante e longevo. Una volta arrivati al livello massimo entrerà in gioco la caccia al potenziamento e alla specializzazione, che passa inesorabilmente per la Zona Nera, anch’essa riveduta e – apparentemente – migliorata in toto. Resta qualche dubbio sulla natura fin troppo monotona di alcune attività e sull’effettivo valore del supporto post-lancio, ma per questo è ancora prestissimo per poter giudicare. Tutto ciò senza trascurare il buon lavoro svolto sul fronte tecnico: The Division 2 è molto bello da vedere e non perde colpi a livello tecnico. Un dettaglio non da poco, considerando le ultime produzioni a tema (e non solo).
Insomma: The Division 2 è pronto a lanciare il guanto di sfida a titoli come Anthem e Destiny 2, ma per capire se ce la farà o meno bisognerà aspettare il prossimo 15 marzo, giorno in cui il titolo debutterà ufficialmente. Le premesse, per ora, ci sono tutte.