Fumetto e videogioco sono mondi sempre più in collisione, tante opere cercano fortuna lanciandosi dal cartaceo al treddì videoludico con fortune alterne e stavolta è il turno di Blacksad di lasciare la carta inchiostrata per mettersi in gioco sulle console di milioni di appassionati. Per chi non fosse ferrato (male, ve ne ho parlato approfonditamente nella puntata di Viaggi Mentali dedicata ai detective) John Blacksad è un gattone antropomorfo di professione detective privato, protagonista dell’omonima serie a fumetti partorita dalla penna di Juan Diaz Canales e tratteggiata da Juanjo Guarnido, debuttata nel duemila con Da qualche parte fra le ombre a cui sono seguiti nei successivi quattordici anni quattro albi: Artic Nation, Anima Rossa, L’inferno, il silenzio, Amarillo.
Blacksad: Under the Skin segna il ritorno in pista di John pronto a sgomitare con i criminali di una New York anni ’50, abitata da una moltitudine di specie zoomorfe fin troppo umane nei vizi e nelle passioni che strizzano l’occhio ai cliché della letteratura classica come le fiabe di Fedro.
Ambientato tra gli eventi di Artic Nation ed Anima Rossa l’incipit dell’indagine è affidata all’amico Jake Ostiombe, un gorilla esperto di pugilato già incontrato in Da qualche parte tra le ombre, che incarica Blacksad di investigare sulla morte dell’allenatore di boxe Joe Dunn per conto di sua figlia Sonia. A complicare le cose si mette la scomparsa dell’astro nascente del pugilato Robert Yale, protetto di Dunn, che a due settimane dall’omicidio dovrà disputare l’incontro valido per il titolo contro il campione in carica, e se non si presentasse Sonia perderebbe la palestra ereditata dal padre.
Una delle perle metanarrative di John: «Ma, di tanto in tanto, incontri qualcuno con così poca personalità da meritare di esistere solo come stereotipo»
La sinossi sembra un cliché tratto da uno dei tanti noire dello scorso secolo con la boxe a fare da sfondo come The Set-up (in Italia “Stasera ho vinto anch’io”) che ai giocatori di L.A. Noire ricorderà il caso “La trappola”, ma ben presto Blacksad si rende conto di avere a che fare con un puzzle ben più complicato di quanto pensasse. Un grosso punto a favore di Blacksad: Under the Skin è l’attenzione data alla morale di John e dei personaggi, che spesso si discostano da comportamenti convenzionali per risultare molto più complessi di quanto ci si possa aspettare permettendo al gioco di affrontare temi forti come razzismo e prostituzione minorile, raggiungendo l’apice verso la conclusione dell’indagine in cui un paio di scene a dir poco cruente vi coglieranno alla sprovvista tradendo quel feeling cartoonesco dato dalla rappresentazione dei personaggi.
L’impianto di gioco deve tantissimo ai giochi Telltale ed in particolare raccoglie l’eredita di The Wolf Among Us, altra trasposizione videoludica di un fumetto investigativo, ma viene impreziosito da elementi tipici degli Sherlock Holmes di Frogwares; ciò significa niente inventario, il che è già una novità dato che i Pendulo Studios hanno lavorato sulla serie Runaway e The Next BIG Thing, e niente puzzle ma per avanzare nel caso dovremo affidarci alla raccolta di indizi da assimilare per formulare ipotesi da collegare tra loro per sviluppare una teoria poi utile ad incalzare i sospettati durante i dialoghi.
In base alle nostre domande e risposte date ai vari personaggi la trama prende una specifica direzione, sebbene la maggior parte dei bivi servono semplicemente a modellare il carattere di Blacksad e non influiscono sull’avventura, cristallizzate in una pagina del menù piena di barre che indicano le tendenze del nostro John: se adottiamo in genere un atteggiamento più o meno diretto, siamo empatici o crudeli e se le nostre scelte ci stanno portando ad una parcella più ricca o come al solito esigua. Queste voci non fanno altro che darci la percezione che ogni walkthrough sia diverso dall’altro, ma in realtà i bivi che fanno davvero la differenza sono pochi ed anche i finali alternativi non cambiano drasticamente. Una nota di demerito a tal proposito è che spesso si ha solo la sensazione di avere scelta, quando magari tre opzioni su quattro portano alla morte di John oppure al non ottenimento di una prova costringendoci a rigiocare quella sezione selezionando l’unica scelta giusta.
Oltre alla formulazione delle ipotesi un’altra meccanica mutuata dagli Sherlock Holmes è l’analisi visiva dei personaggi che permette di individuare grazie ai sensi felini di Blacksad odori, rumori e particolari dell’interlocutore da usare nell’interrogatorio.
Ma la vita dell’investigatore privato non è fatta solo da chiacchiere e raccolta di prove ma anche tanta azione, scandita dai famigerati Quick Time Event tanto cari a Telltale Games. Potranno non piacere ed effettivamente spesso risultano eccessivamente tediose, ma per il tipo di movenze eccessivamente stitiche che hanno tutti i personaggi di Blacksad: Under the Skin è un compromesso più che accettabile che valorizza le scene topiche velocizzandole rispetto al resto del gameplay incredibilmente legnoso tanto da ricordare gli osceni controlli del primo Resident Evil.
La narrazione è fluida e dipana la trama poco alla volta in maniera chiara non mostrando mai del tutto il disegno dietro agli eventi, arricchendosi di tantissimi rimandi alle opere precedenti da scoprire esplorando ogni anfratto ed esaurendo tutte le opzioni nei dialoghi. Grazie a questo modus operandi possiamo risalire al rapporto di Blacksad con le sue vecchie conoscenze Jake Ostiombe, ex gorilla (di nome e di fatto) della compianta attrice Natalia Willford, vecchia fiamma di Blacksad assassinata nella prima avventura le cui scorie ancora turbano John; il commissario Smirnoff, naturalmente un pastore tedesco con cui vige un tacito accordo di collaborazione; la donnola reporter-ficcanaso Weekly, instancabile ed adorabile aiutante del gattone.
Lungo tutto il gioco Blacksad si lascia andare a più di un momento di meta-narrazione, cioè si fondono narrazione e rimandi all’indagine in cui Blacksad si racconta come sapesse di trovarsi in un poliziesco arrivando a chiedersi se quello in cui si trova è un romanzo inglese (à la dieci piccoli indiani di Agatha Christie, in cui l’omicida è presente sin dalla prima scena) o un giallo americano (in cui alla fine lo scervellarsi del protagonista è inutile perché il mistero viene sciolto solo nelle ultimissime battute).
Per venire a capo del caso ci vorranno non meno di dieci ore, raggiunte però abbastanza artificiosamente grazie ai movimenti davvero lenti del protagonista ed ai filmati che vanno guardati integralmente sempre e comunque. Dopo la prima partita è consigliabile una seconda per trovare tutte le figurine e completare le sezioni del football, baseball, boxe ed hockey dell’album disseminate nelle location del gioco, approfittandone per sbloccare così anche gli altri finali.
Dato che in ogni indagine che si rispetti c’è sempre l’inghippo, ciò non può non valere anche per Blacksad: Under the Skin che viene tradito da un comparto tecnico non all’altezza e da tanti, troppi, bug. I modelli dei personaggi non sono da buttare ma risultano troppo plastici e non rendono giustizia alle bellissime tavole di Guarnido, migliorando durante le fasi di intermezzo ma calando vistosamente durante l’arco di gioco effettivo, con ambientazioni di contorno spesso scarne e addobbate di texture ripetute creando uno spiacevole effetto straniante, un risultato ben al di sotto delle aspettative che in parte è imputabile alla poca esperienza della software house spagnola Pendulo, al primo gioco realizzato completamente in 3D.
Se graficamente Blacksad lascia a desiderare la colonna sonora riesce a rattoppare qualche buco con delle musiche jazz dal sapore spiccatamente hard boiled che calano il giocatore nei panni di John facendogli assaporare ogni appostamento al chiaro di luna, con una menzione a parte dovuta al doppiatore inglese di John Barry Johnson già mapprezzato in Detroit: Become Human (a cui è stato dedicato il Viaggi Mentali sulla libertà di scelta), scelto personalmente da Canales per via della voce bassa necessaria a rendere il tono da fumatore accanito quale è Blacksad.
Dicevamo dei bug, purtroppo il gioco ne è funestato: spesso capita di vedere una cutscene senza sentire le voci dei personaggi ma solo i rumori di fondo, la compenetrazione poligonale va a farsi benedire più spesso di quanto vorremmo trovando il nostro Blacksad incastrato in un muletto e personaggi magici che levitano e praticamente sempre dobbiamo scendere a patti con una telecamera che si sballa completamente impedendoci di controllare le azioni di John ed in alcuni casi disperati veri e propri fenomeni di stuttering che ci costringono a tornare al menù principale e sperare che vada tutto bene.
Ho investigato nei vicoli bui di Blacksad: Under the Skin col mio fido PC dotato di Ryzen 1600 e Sapphire RX580 da 8gb di Vram ed altrettanti di ram. Il tutto su un monitor da 144hz AOC (ma il framerate era fisso intorno ai 70) con mouse Logitech G402 e tastiera meccanica Cooler Master Quickfire XTI.
Struttura
Collezionabili e Extra
Scheda Gioco
Inutile girarci intorno, dall’esordio videoludico di John Blacksad ci aspettavamo di meglio. Nonostante la scrittura sia chiaramente un punto di continuità con il cartaceo, Under the Skin non riesce ad eguagliare le sensazioni che le splendide tavole di Guarnido restituiscono al lettore zoppicando su un comparto grafico che lascia spesso a desiderare funestato oltremodo da glitch e bug che ne inficiano il gameplay, già imperfetto di suo, ma almeno la colonna sonora ed il doppiaggio anglosassone riescono a mettere una pezza dove possibile ma la sensazione di un grosso potenziale in parte sprecato rimane.
Blacksad: Under the Skin è un’opera destinata chiaramente ai fan di lunga data (a cui non sarà sfuggita la Collector’s Edition con la bellissima action figure in resina) che bramano vestire i panni di John e condurre l’investigazione in prima persona, ma anche a chi ha familiarità con i giochi Telltales e Frogwares che si troverà da subito a suo agio nel vestire i panni del gatto nero più disincantato di New York. Disponibile al costo di 49,99€ su PS4, Xbox One e Nintendo Switch e la solita decina in meno su Steam, il consiglio è quello di aspettare uno sconto sostanzioso così da dare il tempo agli sviluppatori di risolvere i numerosi problemi che affliggono il titolo, e nel frattempo fraternizzare con il mondo di Blacksad, Smirnov & Co. recuperando le storie pubblicate in edizione integrale lo scorso anno.
Neanche lontanamente all'altezza delle tavole di Guarnido.
A parte qualche sporadico dialogo mancante le musiche jazz sono perfette per ricreare l'atmosfera noire ed il doppiaggio inglese è davvero suggestivo, soprattutto Barry Johnson che interpreta John.
Tutte meccaniche già viste che però funzionano a dovere e rendono interessante l'indagine, ma i movimenti ultra legnosi di Blacksad ed i molteplici bug penalizzano il voto.