Detroit: Become Human, quando sei tu a decidere la storia

Avrai il coraggio di forgiare il tuo destino?

Viaggi Mentali di Giuseppe Pirozzi

Nelle scorse puntate di Viaggi Mentali siamo stati prima investigatori privati dalla pellaccia dura, poi sopravvissuti in un mondo post-apocalittico ed infine reietti in uno Stato di polizia ma stavolta alziamo la posta in palio: e se fossimo noi a plasmare l’opera in cui siamo coinvolti? Se non ci limitassimo ad essere spettatori della storia ma ci venissero dati gli strumenti per modificare il corso degli eventi?

La scelta del giocatore è il cardine dell’esperienza, ed il nostro viaggio non può che iniziare con Detroit: Become Human di Quantic Dream in cui esploriamo la realtà di una Detroit del 2038 molto simile a quella immaginata da Isaac Asimov. In Io, robot, raccolta di libri pubblicata tra il 1940 e 1950, come in Detroit l’umanità ha raggiunto un tale avanzamento tecnologico da poter produrre in massa gli androidi, entità robotiche fisicamente simili agli umani che a differenza dei progenitori in carne ed ossa non provano stanchezza nè emozioni, cosa che li rende perfetti per le più disparate mansioni dalle faccende casalinghe alle ben più pericolose operazioni belliche. L’uso sempre maggiore di queste unità porta ad un progressivo aumento della disoccupazione, causando un grosso malcontento nella società che presto degenera in scontri e violenza. Il punto forte delle opere di David Cage è la quantità impressionante di bivi e libertà di scelta che il gioco permette rendendo necessarie più partite per poter esplorare la moltitudine di finali e conseguenze pensate dal team di sviluppo. L’immedesimazione del giocatore/spettatore è garantita dalla presenza di dilemmi morali e bioetici che vanno a nozze con l’ambientazione futuristica e la tematica delle intelligenze artificiali.


E non è finita qui: Gameplay Cafè si è occupata molto di Detroit: Become Human e del suo team di sviluppo Quantic Dream. Non perderti la videorecensione, l’intervista a David Cage e le live curate da Antonio Fucito, la retrospettiva di Michele Pintaudi ed il perchè Heavy Rain è superiore a Detroit secondo la nostra Giulia Ghiadistri, oltre a molto altro.


Recentemente le storie a bivi sono tornate prepotentemente alla ribalta grazie al film interattivo Bandersnatch di Netflix, che in comune con Detroit non ha praticamente nulla in quanto a trama ma condivide la stessa struttura egocentrica, cioè basata sulle scelte dello spettatore. Ma non corriamo troppo ed immergiamoci finalmente in questo Viaggio Mentale alla scoperta di libri, serie TV, film, fumetti e manga da recuperare se apprezzate le storie a bivi.

[ Gioco ☕︎ Film ☕︎ Fumetto ☕︎ Libro ☕︎ Serie TV ☕︎ Manga ]

 

Gioco — Detroit: Become Human di Quantic Dream, Sony Interactive Entertainment


In La singolarità è vicina Ray Kurzweil ipotizza che entro trent’anni avverrà la cosiddetta “singolarità tecnologica”, in parole povere l’umanità raggiungerà un punto dell’evoluzione tecnologica che andrà oltre la propria possibilità di comprensione e previsione, evento che potrebbe manifestarsi tramite l’avvento di un’intelligenza (artificiale) superiore a quella umana ed ai progressi tecnologici che ne scaturirebbero. Per fare un parallelo videoludico probabilmente è quello che è successo all’umanità nella saga di Mass Effect dopo essere entrata in contatto con la tecnologia Prothean.

«La curva evolutiva dell’intelligenza umana è piatta, l’uomo non migliora, mentre le macchine hanno una curva d’apprendimento esponenziale. Cosa succederà quando le due linee si intrecceranno?» —David Cage

La singolarità tecnologica è il fulcro della premessa di Detroit: Become Human. David Cage ha letto a fondo l’opera di Ray Kurzweil ed ha sviluppato un mondo sì fantascientifico, ma verosimile. Il mondo di Detroit è nient’altro che il futuro, il nostro futuro, dove l’intelligenza umana è stata sorpassata da quella artificiale che la rende dispensabile e le addossa la responsabilità di aver creato qualcosa di più grande di se. In questo mondo dai tratti distopici c’è un’inversione ideologica tra l’uomo alla ricerca sfrenata dell’intelligenza pura delle macchine, fredda ed infallibile calcolatrice, e degli androidi che combattono la propria inumanità sviluppando sentimenti. I tre protagonisti del gioco, Marcus, Kara e Connor sono tre androidi mossi da diverse motivazioni: Marcus riesce ad instillare nei suoi simili coscienza di se stessi per cercare di liberarli dallo schiavismo umano mentre Connor è programmato per dare la caccia alle unità difettose e nel mezzo c’è Kara, vicina a Marcus ma mossa da motivazioni personali. La storia di Detroit è incredibilmente ramificata e piena di scelte e conseguenze, non esiste il game over e potenzialmente ogni personaggio può morire, sta a noi dunque cercare di portare la sua storyline fino alla conclusione prendendo le decisioni migliori e non fallendo i quick time event, elemento distintivo delle produzioni di Cage.

Film — Black Mirror: Bandersnatch (2018), Netflix


Vero e proprio evento televisivo dello scorso anno il Bandersnatch di Netflix è un film interattivo in cui è lo spettatore a decidere le azioni del giovane sviluppatore Stefan Butler che nell’Inghilterra del 1984 sta lavorando alla realizzazione videoludica del librogame Bandersnatch, opera a bivi del geniale quanto folle scrittore Jerome F. Davies.
La vita di Stefan non è facile e la perdita della madre in tenera età lo costringe tutt’ora ad andare in analisi ed assumere farmaci contro la depressione. Il riscatto sembra arrivare quando la demo di Bandersnatch desta l’interesse della Tuckersoft, una delle più grandi software house dell’epoca, nella quale lavora la rockstar dell’industria videoludica Colin Ritman, figura tanto carismatica quanto misteriosa che esercita uno strano influsso sul protagonista.

Il primo vero bivio si incontra quando il capo della Tuckersoft Mohan Thakur propone a Stefan di sviluppare il gioco negli uffici dell’azienda, avendo libero accesso alle risorse della compagnia. In realtà questo bivio funge da tutorial dato che una delle due risposte porterà al game over, mostrando poi allo spettatore un veloce riassunto di quanto successo fino a quel momento e riproponendo il bivio permettendo così di andare avanti nella storia. Fortunatamente non ci sono molte scelte forzate nel corso del film, il che rende l’opera esplorabile in maniera fluida rendendo necessario più di una ulteriore visione per scoprire tutti i bivi ed i finali. Bandersnatch va da un minimo di cinquanta minuti ad un massimo di due ore e mezza di scene a seconda delle scelte che faremo che porteranno ai cinque finali.

Oltre la sua natura interattiva il film Netflix è un thriller fantascientifico con elementi drammatici che ruota intorno all’ossessione di Stefan per l’opera di Jerome F. Davies, cosa che all’apparenza lo trascinerà in una ossessiva corsa contro il tempo per finire il gioco ma in realtà si rivela un viaggio nella psiche turbata del protagonista, in cui scaveremo nella sua psicosi facendo luce sugli enigmi della sua vita: cosa è successo alla madre, chi era in realtà Jerome Davies e fin dove arriva la follia di Colin.

Fumetto — You are Deadpool (2018) di Al Ewing, disegni di Salva Espin e Paco Diaz


Runner up: Topolino ed il segreto del castello (1985) di Bruno Concina, disegni di Giorgio Cavazzano

La massima forma di libertà nelle opere cartacee è il librogame, libro interattivo in cui l’autore pone delle scelte a seconda della quale la storia prende una piega piuttosto che un’altra con l’avventuriero che salta alla pagina stabilita per seguire il proprio filone narrativo. Negli anni gli scrittori di librogames hanno sperimentato ed aperto la narrazione a bivi in seconda persona anche ad altri media, tra cui il fumetto. I lettori italiani sono privilegiati grazie al trasformismo di numerosi autori nostrani di Topolino tra cui Bruno Concina che per primo introdusse i bivi nelle avventure della banda Disney nel 1985 con Topolino ed il segreto del castello coadiuvato da Giorgio Cavazzano ai disegni, fumetto che ottenne grosso favore da parte del pubblico tanto da convincere la Disney a pubblicare altre storie simili. Va detto per inciso che Concina non guardò ai giocolibri americani come spunto, che in quegli anni stavano ottenendo grosso successo oltreoceano, ma bensì alle opere degli scrittori d’avanguardia francesi degli anni ’30. Questa storia vede Minnie e Clarabella di ritorno verso Topolinia costeggiare il lugubre Vecchio Castello quando strani suoni le terrorizzano ed in preda al panico decidono di correre da Topolino e Pippo, chiedendo a questi di capire cosa infesti l’antico edificio.

Sicuramente più adatto al palato dei millennials è l’avventura Io sono Deadpool, pubblicata l’anno scorso da Panini in edizione speciale fornita di dadi, matite e scheda del personaggio come fosse un’avventura alla Dungeons & Dragons. La premessa è essenziale: Deadpool viene incaricato da un misterioso interlocutore di trafugare un casco che gli permette di viaggiare nel tempo, plot abbastanza semplice all’inizio che funge da pretesto al lettore per accompagnare Slade Wilson nella sua avventura. Naturalmente trattandosi del personaggio più caciarone della Marvel la storia è tutto fuorchè lineare, con la solita rottura della quarta parete e battute politicamente scorrette ad accompagnarci insieme a tanti eroi Marvel quali Hulk, Daredevil e Ghost Rider. Se siete fan del mercenario chiacchierone la storia di Al Ewing non vi deluderà.

Libro — Piccoli Brividi di R.L. Stines


Alzi la mano chi non ha mai letto una storia di Goosebumps, in arte Piccoli Brividi. La collana cult per ragazzi ottenne un grande successo in Italia e nel mondo con la prima serie edita tra il 1992 ed il 1997 tanto da diventare un punto di riferimento tra gli adolescenti per le sue storie infestate da zombie, mummie e lupi mannari. R.L. Stines non fece altro che raccontare il proverbiale mostro nell’armadio trovando terreno fertile nelle suggestionabili menti di un’intera generazione di ragazzi, basando il proprio immaginario sulle paure irrazionali degli adolescenti la cui fervida immaginazione li porta a credere a pupazzi parlanti, alieni che durante il tradizionale dolcetto o scherzetto si travestono per mangiare succulenti bimbi grassi o la classica scuola maledetta in cui l’incubo si manifesta nel luogo più rappresentativo per i ragazzi.

Oltre alla serie regolare di Piccoli Brividi esiste Give yourself goosebumps, la versione librogame di Piccoli Brividi edita in Italia come edizione speciale della serie originale, senza sottotitolo. A dispetto dei ben cinquanta volumi pubblicati in America qui ne sono arrivati solo quattro (Il club dell’orrore, Il cavaliere malefico, Diario di una mummia impazzita e Il genio del male) e presentano una serie di enigmi, tiri di fortuna o scelte da compiere per arrivare al finale. Ne Il cavaliere malefico ad esempio i finali sono ben ventidue, con noi stessi protagonisti della vicenda nella quale riceviamo visita da due lontani cugini inglesi: Abbey e Kip. Con loro ci sono due bauli contenenti due armature, appartenute ad un cavaliere buono ed uno cattivo ed a seconda di quale armatura sceglieremo la storia prenderà due biforcazioni totalmente separate che vanno dall’affrontare una strega orribile al finire decapitati in una stanza piena di bambole senza testa, cercando di ritrovare la nostra prima della fine del tempo.

 

Serie TV — Mosaic (2018) di Steven Soderbergh, HBO


Runner up: That Moment When (2017) di Sandeep Parikh, EKO

Steven Soderbergh in pieno delirio sperimentalista in questo thriller poliziesco con Sharon Stone. Pensato per essere vissuto tramite app in Mosaic indaghiamo la scomparsa della scrittrice di libri per bambini Olivia Lake, ricca mangiatrice di uomini che dopo aver ricevuto un due di picche da un giovane aspirante scrittore viene avvicinata da un affabile venditore, in realtà un truffatore, di cui però finisce per innamorarsi. Queste le premesse per l’omicidio della donna, lo spettatore da questo punto in poi segue le indagini di un ispettore della provincia americana (siamo nello Utah) e tramite l’app dovrà ricostruire gli eventi che hanno portato all’omicidio secondo il proprio istinto, dando la priorità ad una pista piuttosto che ad altre andando avanti e indietro nella cronologia per seguire gli antefatti della vicenda. Questo fa sì che le scene siano molto dialogate e composte da un numero ristretto di personaggi, concentrando il focus sulla trama principale senza che ci sia praticamente mai una deviazione su altre storie. Mosaic assomiglia parecchio ad Her Story, videogioco del 2015 dal cretore di Silent Hill Shattered Memories, ma perde molto dell’interazione per essere considerato un vero e proprio film interattivo/videogioco. Soderbergh ha ammesso che in realtà in Mosaic non c’è una vera e propria scelta, la storia è e rimane quella che lui ha deciso, ma cambia il modo in cui lo spettatore la scopre.

Cambiando completamente genere un’ottima alternativa è That Moment When serie comedy di Sandeep Parikh (disponibile in streaming) fortemente interattiva in cui aiutiamo Jill a destreggiarsi nel labirintico mondo della vita sociale di una ventenne qualsiasi. Ogni puntata è un boccone da mandare giù in cinque minuti in cui c’è un obbiettivo da compiere per completare la puntata. Nel primo episodio bisognerà rispondere ad una serie di domande bizzarre mentre dialoghiamo con un tale che dice di conoscerci, al fine di accumulare abbastanza lettere per poi formulare il suo nome correttamente e non fare una figuraccia, nel secondo episodio bisognerà non far esplodere di rabbia Jill, altrimenti arriverà il game over. That Moment When non brilla per intreccio e nemmeno cerca di farlo, ma cerca di creare qualcosa di unico ed interattivo in maniera molto leggera, alla stregua dei CYOA (choose your own adventure, i librogames). Dategli una possibilità, cinque minuti del vostro tempo a patto di avere una minima conoscenza dell’inglese.

Manga — Paradox Blue (2008) di Nini e Tatsurou Nakanishi


Runner up: Attack on Titan Choose Your Path Adventure (2015) di Tomoyuki Fujinami

Data la forte autorialità dei mangaka è quasi impossibile trovare un manga davvero interattivo che permetta di fare le proprie scelte sullo stile di un CYOA. In verità esiste un genere intermedio che cerca di coniugare la struttura a bivi con il manga, le Visual Novel, ma sono più assimilabili ad un videogioco che ad un manga interattivo.
Detto ciò lo sconfinato universo manga non manca comunque di dare al lettore degli spunti di immedesimazione come nel caso di Paradox Blue, manga apocalittico in cui gli angeli discendono sulla terra per sottoporre l’umanità ai loro paradossi, quesiti di difficile risoluzione che il lettore stesso è chiamato a risolvere dove ad ogni risposta corretta corrisponde una ricompensa, ad ogni errore una penalità. La prima comparsa degli angeli risale al 1993, quando un’entità a forma di croce cancellò una intera città dell’Inghilterra dal giorno alla notte lasciando in vita un unico testimone. Per evitare questa stessa sorte un gruppo di cinque ragazzi accetta la sfida degli angeli e cerca di risolvere gli enigmi, come andrà a finire spetta al lettore deciderlo.

Il manga si presenta come un gioco diviso in stage e segue alcune regole dei librogames permettendoci di risolvere noi stessi gli indovinelli (alcuni di difficile risoluzione per i lettori italiani, data la presenza di rebus e giochi di parole basati sui diversi sistemi di scrittura giapponesi, l’hiragana, il katakana e i kanji) o facendoli risolvere ad uno dei personaggi o  in extrema ratio arrenderci, cosa che porterà al game over o ad una penalità.

In alternativa se desiderate avere più libertà d’azione e magari il vostro manga preferito è L’Attacco dei Giganti non fatevi scappare Attack on Titan Choose Your Path Adventure, il librogame della serie che presenta diverse tavole ma rimane un romanzo interattivo in cui impersoniamo un soldato del 104° corpo d’addestramento reclute durante la battaglia del distretto di Trost al fianco di Eren, Mikasa, Armin e Levi. Ci saranno battaglie da vincere, puzzle da risolvere e missioni da completare per ottenere i tanti finali possibili.

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