Dragon Ball Super: Broly – La Vera Battaglia dei Saiyan

Uno dei guerrieri più feroci dell'immaginario di Akira Toriyama torna sul grande schermo in un nuovo potente film!

Cinema & Serie TV di Alessandro Palladino

La produzione cinematografica di Dragon Ball è stata un pilastro fondamentale per la trasposizione su grande schermo di nuove idee e narrazioni legate allo storico franchise di Akira Toriyama (spesso patrocinatore delle produzioni). Il più delle volte queste pellicole portavano storie inedite, alzando l’attenzione del pubblico di appassionati e regalando trame molto interessanti come Il Super Saiyan della Leggenda, il Diabolico Guerriero degli Inferi, l’Eroe del Pianeta Conuts e tanti altri. Dall’inizio del nuovo Dragon Ball Super però, questi film hanno iniziato a entrare con prepotenza all’interno della linea temporale principale, evitando quindi quella distinzione fastidiosa tra eventi accaduti ed eventi fittizi forniti da uno scrittore “esterno”.

Tra le storie più care ai fan, e le più richieste nell’inserimento dell’universo canonico, c’è senza dubbio quella di Broly e della sua leggenda. Si tratta infatti di una pellicola molto importante per la storia dei Saiyan e per la loro cultura/mitologia, specialmente per la figura di un nuovo Saiyan super potente basato sulle credenze della razza guerriera. Una simile tradizione è davvero troppo appetitosa per farla finire completamente fuori dalla linea temporale, proprio per il modo in cui riesce ad amalgamarsi alle informazioni fornite in Z. E così, dopo tantissimi anni, Broly ritorna come personaggio ex novo in Dragon Ball Super: Broly, uno dei film più importanti per decidere il ritmo futuro (e passato) dell’omonima serie e il primo ad avere la dicitura Super nel titolo. La trasposizione nei cinema italiana è curata da Koch Media – Anime Factory.

SAIYAN PERDUTI

Toriyama, autore unico della storia, ha voluto riscrivere le Origini del Mito, dando un impianto molto diverso rispetto a quello passato, al fine di includere la nuova storia di Paragas e suo figlio. Una scelta decisamente controversa che può suscitare reazioni miste al primo impatto ma, dopo aver concluso la visione, si capisce benissimo quanto la riscrittura sia stata un enorme bene nella prospettiva di una caratterizzazione maggiore per degli importantissimi personaggi.

Il protagonista assoluto, come suggerisce il titolo, è proprio il selvaggio Saiyan dal potenziale immenso. La sua ferocia però non è stata trattata come un’arma pura e semplice da scatenare a comando, come era stato fatto in precedenza. Lontani da tutto quell’impianto della popolazione di alieni sfruttata come gli operai nelle fabbriche, i nuovi Broly e Paragas sono fieri Saiyan mandati in esilio per gelosia, per paura, per il tipico orgoglio cieco tanto marcato nella stirpe di Vegeta. Non costruiscono un impero, non vanno a prelevare nessuno sulla terra durante un picnic, non si creano un’armata di mercenari, piuttosto rimangono in un ambiente ostile in grado di fornire una motivazione al fatto che Broly non abbia un’intelligenza così sviluppata o un raziocinio comprensibile. Nel corposo incipit del film viene fatto tutto il possibile per creare un plausibile collegamento tra lo spettatore e il guerriero selvaggio, inserendo elementi d’innocenza e spontaneità ben dosati tra il mondo vissuto da Broly e gli amici che incontra.

Lo stesso trattamento è riservato a Paragas, sebbene rimanga sempre a un livello narrativo inferiore rispetto a suo figlio. Eppure, per quanto possa risultare secondario, il film si sforza per utilizzarlo al meglio, dandogli spesso il compito di spiegare determinate dinamiche e di essere una figura paterna opposta a quella rappresentata da Bardack o da Re Vegeta, seppur sia sempre chiaro il comune amore per la prole. Separare Goku, Vegeta e Broly nella narrazione ha permesso di gestirne meglio le origini prima della distruzione del pianeta Vegeta (considerando anche quanto visto in Dragon Ball Z) e di diversificare ancora di più la nuova storia del Saiyan della leggenda, annullando quella stupida motivazione dell’odio per Kakarot derivato dal pianto nella culla. In questo, la mano del regista Tatsuya Nagamine (lo stesso della serie) è stata abile nel giostrare il tempo sullo schermo.

Dov’è dunque la causa scatenante? Toriyama decide di affidare il motore della vicenda alla sete di potere e gloria di Freezer, il quale si ritrova a cercare le Sfere del Drago come ai vecchi tempi. Gli eventi del Torneo del Potere lo hanno reso ancora più smanioso di voler eliminare i due Saiyan da lui ben conosciuti e, nella riformazione del suo esercito, finisce per trovare e utilizzare Broly come arma da scatenare contro i due guerrieri. Un po’ per diletto, un po’ per perché gli piace torturare i Saiyan, finisce per scendere sulla Terra e far conoscere il duo di esiliati con quello che tutti conosciamo. Una volta iniziato il vero e proprio scontro finisce di netto la lunga parte dedicata alla caratterizzazione, portando il film a un tripudio combattivo tra i più alti mai visti nella saga.

FEROCIA VISIVA

Le animazioni sono il fiore all’occhiello di questa ampia sezione, creando un mix tra il vecchio stile di Dragon Ball Z e i vari canoni introdotti da Toyotaro in Super. C’è infatti una direzione artistica nuova di zecca realizzata dal direttore Naohiro Shintani (al suo primo film in tale ruolo) e dall’art director Kazuo Ogura (One Piece Film Z e Film Gold), il quale ha rimodellato le idee del design di Toriyama per produrre lineamenti più sottili, marcati e dinamici. La scelta del campo ghiacciato, che piano piano si deteriora in un cumulo di lava in base alla ferocia dello scontro, è stata azzeccata per sottolineare i sgargianti colori delle varie trasformazioni e mosse esibite dai guerrieri. Ciò crea un esplosivo tripudio cromatico così impattante da tenere altissimo il tenore dello scontro, eliminando qualsiasi tempo morto in un crescendo senza freni. Nonostante questa tendenza ad un’esagerazione di elementi su schermo, il film in realtà appare estremamente pulito e nitido: non c’è nessun movimento fuori posto, un muscolo di troppo o un frame fuori contesto. Certo, l’azione è enormemente accelerata e spesso si ricorre alla computer grafica per alcune scene più concitate, ma la cura dello studio d’animazione di casa Toei Animation è riuscita ad amalgamarle al punto giusto nonostante il netto stacco. L’espressività dei volti è un chiaro esempio di questo, specialmente perché non appaiono mai piatti e spesso vanno a caricarsi molto dell’emozione che si vuole rappresentare, una tecnica già sdoganata nella serie.

Puntare al massimo possibile, nel pieno della filosofia del marchio, si riflette in tutto il tono generale del film. La parte visiva è il manifesto più evidente della tendenza a superarsi e spesso il resto della struttura della pellicola ne diventa quasi “servo” per spingerne la spettacolarità. La colonna sonora è parte di questa equazione ed è evidente come i brani più iconici non siano usati come canzoni epiche di sottofondo, come poteva essere per esempio “Hero Kibou no Uta” per Dragon Ball Z: La Battaglia degli Dei, ma diventano piuttosto delle vere e proprie estensioni dell’animazione dello scontro. Tanti vocali monotematici, tanti nomi di personaggi e mosse, tanti bassi e tamburi, tutti elementi così funzionali alla lotta da non riuscire a separare l’immagine dello scontro con la percezione sonora. È un traguardo eccezionale se si considera lo scopo del film, soprattutto perché nelle pellicole giapponesi di stampo shonen si tende a inserire canzoni di artisti famosi tanto per avere la traccia curata da sfoggiare al momento opportuno. Invece unificare i due elementi per renderli coesi non è affatto così scontato come potrebbe sembrare e, per fortuna, Dragon Ball Super: Broly è uno degli esempi più fulgidi. Poi, naturalmente, la presenza di “Blizzard” di Daichi Miura è un ottimo gioiellino da sfoggiare.

Ciò si riflette perfino nell’escalation tempestosa dello scontro, il quale obbliga i due Saiyan a passare di trasformazione in trasformazione in risposta alla rabbia crescente di Broly. Una volta distrutto tutto il ghiaccio e fatta emergere la lava dal fondo del mare, si arriva al punto di non ritorno dove entrambi gli schieramenti devono calare l’asso da novanta. L’arma segreta dei buoni, in pieno stile Toriyama, è la Fusione Miracolosa di Goku e Vegeta: Gogeta. Finalmente canonizzato dopo la sua prima comparsa nella lotta contro Janemba, la fusione è il colpo di scena principale per passare alle mosse più spettacolari. Tutti gli elementi finora descritti vengono sforzati al massimo in un vero e proprio spettacolo talmente feroce da far calare il sipario sulla storia di Broly. Non prima però di aver coinvolto anche Freezer nello scontro, giusto per non farlo rimanere in panchina tutto il tempo.

ASSO NELLA MANICA

Il colpo di scena finale però rimane ancora vostro da svelare, non lo troverete in questo testo. Quello di cui si può parlare è il fatto di aver voluto rendere questa pellicola parte dell’effettiva storia dell’anime, un’operazione unica e ben diversa dalla “riedizione” della Battaglia degli Dei e La Resurrezione di F viste nelle prime stagioni di Super. Gli eventi di Dragon Ball Super Broly hanno quindi una valenza storica, sia perché rideterminano le origini dei protagonisti e il destino del pianeta Vegeta, sia per lo sguardo al futuro già abbozzato nella mente di Akira Toriyama.

In questo continuum entra anche un discorso relativo alla localizzazione e al doppiaggio. Tutti gli appassionati del doppiaggio nostrano potranno ritrovare le voci già presenti nell’anime di Super trasmesso in TV, come Gianluca Iacono, Emanuela Pacotto, Claudio Moneta e Lorenzo Scattorin. Ma ci sono anche voci che ritornano dal passato, come quella di Broly a cura di Mario Bombardieri. In generale, considerando questi nomi, il tenore qualitativo è molto alto e si vede come ci siano diversi punti d’ispirazione provenienti sia dalla caratterizzazione inglese che da quella giapponese. Al netto di qualche stortura e atonalità rispetto alla versione originale, la cura riposta dalla direzione di Andrea Ward è evidente fin dal primo ascolto. In particolare, in questa pellicola si è voluta avere una maggiore fedeltà con i termini del linguaggio giapponese, aggiungendo la dicitura “Signor” per tradure il “-san”, mettendo la doppia voce a Gogeta, mantenendo Kamehameha e via discorrendo.

Al netto della pura qualità del film, Dragon Ball Super: Broly merita di essere visto e vissuto in una sala cinematografica. Non solo è un ottimo film d’animazione giapponese, ma è forse uno dei migliori film di Dragon Ball di sempre, se non il più visivamente ambizioso e caratterizzato. Se poi si guarda ai due predecessori, li scalza senza il minimo sforzo. Broly è un guerriero formidabile e un degno avversario con cui far combattere i guerrieri Z, soprattutto per via del modo in cui sono stati presentati i suoi poteri e le sue origini. Il tutto è poi colmato in uno degli scontri più belli mai visti nel franchise, con tanti riferimenti e mosse conosciute dai fan. Siamo di fronte a un nuovo altissimo standard per Dragon Ball e per le sue trasposizioni cinematografiche. Se questo è l’inizio di un nuovo percorso creativo, come sembra essere, non vediamo l’ora di vedere dove ci porteranno le prossime lotte di Goku e Vegeta!

Lascia un commento