La recensione di Marvel 616

Arriva su Disney+ la serie documentaristica dedicata al mondo Marvel e al suo fandom

Recensione di Leonardo Alberto Moschetta

Quando si parla di Marvel non c’è bisogno di presentazioni di sorta. La “casa delle idee” nella sua lunga storia ha rivoluzionato il fumetto superoistico a stelle e strisce riuscendo a trascendere, mirabilmente, i confini della carta stampata. I supereroi Marvel oggi giganteggiano al cinema, campioni di incassi con i film del Marvel Cinematic Universe (qui la nostra recensione di Avengers: Endgame) e diventano modelli per tanti ragazzi che si riconoscono nei valori universali che questi rappresentano.

Eccovi dunque la recensione di Marvel 616, l’interessante progetto documentaristico in arrivo sulla piattaforma Disney+ dal 20 novembre.

Tante anime un solo corpo

Ci sono molto anime in Marvel 616 e a tratti si fatica a pensare che il progetto sia nato in maniera organica. Più probabile, invece, che all’interno di questo “contenitore” siano confluiti progetti nati in differenti momenti. Gli otto documentari, di otto differenti registi, che abbiamo potuto visionare in anteprima (tranne l’episodio 6, ad onor del vero), sono infatti molto disomogenei sia da un punto di vista formale sia da un punto di vista contenutistico.

Otto documentari per otto registi differenti

Si parte da un primo episodio dedicato allo “Spiderman giapponese”, una sorta di adattamento autorizzato ma molto differente rispetto all’arrampicamuri che tutti conosciamo, dotato di moto e persino di immancabile robottone.  Un soggetto sicuramente molto interessante ma che risulta paradossalmente il meno pertinente al tema che la serie cerca di portare avanti come collante tra gli episodi, vale a dire il rapporto osmotico tra il mondo di fantasia dei fumetti Marvel e il mondo reale.

Un tema decisamente valido e generalmente ben declinato nei vari episodi. Dalla splendida seconda puntata “Higher, Further, Faster”, forse la più bella dell’intero pacchetto, dedicato alle donne autrici e disegnatrici che hanno fatto grande il fumetto Marvel fino  all’episodio “Suit Up” che entra in maniera delicata e commovente nelle vite di alcune cosplayer, analizzando in maniera intelligente il fenomeno e collocandolo brillantemente nel contesto sociale.

Perché i fumetti non sono solo un prodotto da fruire, sono un veicolo di messaggi, volano di rivalsa sociale per alcuni, il sogno di un lavoro creativo per altri . I fumetti impattano sulla società e sugli individui e da essa traggono ispirazione rappresentandone bellezze, paure e storture. Non è un universo poi così avulso, quello Marvel, rispetto al nostro, ed è questo il messaggio ultimo, o quantomeno quello che colpisce di più, della serie. E in fin dei conti è anche l’intuizione più brillante del compianto Stan Lee, questa attinenza alla realtà, più volte celebrato nel corse degli episodi attraverso il materiale d’archivio.

Un prodotto celebrativo

Perché tutto sommato, è bene essere chiari in questa recensione di Marvel 616, per quanto questi documentari riescano a proporre una genuina profondità e ad instaurare empatia con il pubblico, sono anche prodotti celebrativi.

Questo non intacca in alcun modo la bontà del lavoro ma può lasciare un po’ interdetti, in alcuni passaggi, alcuni spettatori meno ingenui. Nell’episodio tre “Amazing Artisans”, ad esempio, si seguono due giovani disegnatori Marvel e le loro vite, sottolineando a più riprese la loro soddisfazione nell’essere riusciti a realizzare il sogno di lavorare come fumettisti. Si elogia anche la flessibilità di un lavoro che non conosce orari ma solo una deadline.

Un elogio che suona un po’ forzato rispetto alla quantità di stress, non menzionato, che questa metodologia di lavoro può causare. Si vede inoltre, a più riprese, la disegnatrice protagonista con un bimbo tra le braccia, verosimilmente suo figlio, ma non si affronta mai il tema della compatibilità tra il lavoro e la vita privata e familiare. Un peccato veniale che poteva sicuramente essere superato con un po’ di coraggio in più, senza per questo intaccare l’immagine, assolutamente positiva, del marchio Marvel.

spiderman giapponese marvel 616

Discontuinuità

Come detto in apertura i differenti documentari che compongono Marvel 616 risultano piuttosto disomogenei anche da un punto di vista estetico. Se formalmente la struttura di base è molto classica e uguale per tutti gli episodi, con le interviste a portare avanti lo sviluppo tematico e immagini di copertura a coadiuvare, lo stesso non si può dire dell’impostazione fotografica.

Vi sono infatti episodi più ricercati, con una fotografia davvero pregevole, come nel caso del già citato episodio tre, in cui una splendida Barcellona fa da sfondo alle vite dei protagonisti, mentre ve ne sono alcuni decisamente meno curati. Nulla che comprometta il valore degli episodi ma è un fattore, questo, che contribuisce alla sensazione di un progetto privo di una visione unica.

Molto valido, in tutti gli episodi, risulta invece il lavoro sul montaggio e sulle musiche. Il primo è sempre molto scorrevole e fluido nel passaggio tra un argomento e l’altro. Le seconde risultano piuttosto standard ma usate in maniera efficace e puntuale.

Discontinua anche la durata degli episodi, che oscillano tra i quaranta e i settanta minuti. I più lunghi tendono a risultare un po’ indigesti in qualche momento e qualche asciugatura in più avrebbe senza dubbio giovato.

locandina marvel 616

Concludiamo questa recensione di Marvel 616 consigliando senza remore la visione della nuova serie Disney, prodotta da Marvel New Media insieme a Supper Club. Un prodotto sicuramente rivolto ad un pubblico di appassionati ma che ci sentiamo di consigliare anche e soprattutto ad un pubblico generalista, magari proprio a chi non ama il fumetto o lo considera, erroneamente, un medium di serie B.

Nel mondo dei sogni di carta di questi straordinari creativi c’è molta più verità di quanto si potrebbe pensare.

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