“Io sono te, tu sei me”. Se dovessimo scegliere un piccolo aforisma, una citazione, per provare a descrivere cosa si prova una volta impugnato un pad per portare avanti le avventure di Ren Amamiya e di tutti gli altri splendidi protagonisti di Persona 5, con ogni probabilità, la nostra scelta ricadrebbe velocemente sulla frase sopracitata. Essa, infatti, riesce a descrivere quasi perfettamente quel senso di empatia e di totale immersione che si respira a pieni polmoni dal primo all’ultimo istante e in ogni singolo angolo di una delle opere più incredibili del recente passato di un medium videoludico sempre più ricco dal punto di vista tematico e dell’ispirazione generale.
Persona 5, JRPG dalla forte ispirazione pop sia nell’estetica sia nell’esplorazione lessicale di temi maturi e tremendamente attuali, è stato un po’ la summa cum laude del lavoro di Atlus, che negli anni ha saputo perfezionare, di capitolo in capitolo, una formula ludica sempre più a fuoco, affascinante e mai banale. Le centinaia e centinaia di ore passate in compagnia degli splendidi protagonisti dell’opera ci hanno visti impegnati nella lotta contro le ingiustizie, gli abusi e i soprusi di una società sempre più malata e perversa, in cui nessuno (o quasi) si mostra per quello che effettivamente è. Del resto, proprio la ricerca del vero io delle persone, celato dietro maschere fin troppo sottili per poter nascondere ciò che c’è dietro è uno dei temi fondamentali di tutta l’opera, che lasciava al giocatore, una volta portata a termine la propria missione, una sensazione di appagamento difficile anche soltanto da esplicare.
Per tal motivo, l’arrivo sul mercato della nuova versione del titolo di Atlus, ridefinito Persona 5 Royal, ha generato nella mente e nel subconscio dei giocatori una duplice sensazione fatta di due pensieri diametralmente opposti tra loro ma entrambi difficilissimi da ignorare. Da un lato troviamo infatti un quesito tanto semplice quanto complesso: è possibile migliorare un gioco già praticamente perfetto? Mentre d’altro canto, in ogni caso, è chiaro quanto la possibilità di ritornare tra i banchi di scuola della Shujin Academy fosse già di per sé una ragione più che valida per iniziare a fregarsi le mani. Il fine ultimo di questa disamina, comunque, si riferisce in particolare al primo dei due quesiti posti in precedenza: è stato possibile migliorare ancor di più un prodotto pressoché privo di sbavature? La risposta è sì, e vogliamo spiegarvi il perché!
Anno nuovo, vita vecchia?
Chiunque conosca Atlus e la sua dedizione lavorativa saprà bene che fidarsi dell’azienda non è una mossa poi tanto ardita e, così come è avvenuto con Persona 3 e Persona 4 con le loro versioni “rivedute e corrette”, anche Persona 5 Royal centra in pieno il difficilissimo obiettivo: migliorare sotto praticamente ogni punto di vista la versione “base” del gioco.
Questa nuova edizione di uno degli JRPG più amati e apprezzati degli ultimi anni, e probabilmente di sempre, si afferma e stupisce con classe, naturalezza, stile, ricalcando così con forza quelli che sono i tratti più iconici di un prodotto pensato e portato avanti con una perizia invidiabile, e lo fa dall’inizio, già dai primissimi scampoli di gioco, che ci danno subito l’idea di come Atlus abbia saputo lavorare sulla sua creatura per renderla ancor più perfetta, quasi irreale. Avviata la partita, infatti, il giocatore si rende praticamente subito conto di quanto il plot narrativo del gioco sia stato non soltanto meramente ampliato con nuovi contenuti, il che non risulta necessariamente un lavoro titanico, ma, incredibilmente, quanto esso sia stato completamente rivisto e plasmato da zero per dare alle nuove leve un senso preciso all’interno della struttura tematica del titolo.
Sia chiaro, la trama di base rimane sempre quella, e ciò certamente non è un difetto, ma viene perfettamente riconfezionata per donare alle nuove introduzioni quella coerenza narrativa necessaria ad un prodotto come questo per affermarsi con maggior forza come, ancora una volta, uno dei punti di riferimento per il genere. Indossati di nuovo i panni del malcapitato Ren Amamiya (abbiamo deciso di chiamare il nostro avatar utilizzando il nome “convenzionale” datogli da Atlus per le opere cartacee e televisive), ci siamo risentiti subito a casa, trascinandoci nuovamente in una storia incredibilmente cruda, adulta, ma narrata con quel piglio unico che soltanto la software house in questione sa donare ai propri lavori.
Per chi non conoscesse Persona 5 e le sue tematiche (male, molto male), il succo della storia è pressoché questo: il protagonista, un giovane sostanzialmente timido ma pervaso da un grande senso della giustizia, si ritrova coinvolto in una brutta storia che gli costa una condanna per aggressione e, di conseguenza, l’espulsione dalla scuola nonché l’appellativo di persona violenta, spietata e capace di fare qualsiasi cosa. Non vogliamo rovinarvi la sorpresa nello scoprire (in realtà sin da subito) quanto tutto questo non sia vero, giacché lo stesso protagonista è in realtà caduto vittima di quella che è una società spaventosamente corrotta fino all’osso, che non si cura dei più deboli e che, anzi, sembra essere sempre di più dalla parte dei più forti e sempre più incurante di loro. Proprio la lotta contro le ingiustizie e i soprusi e l’ergersi come baluardi della classe sono i capisaldi della storia che lentamente affonda le sue radici in una dimensione paranormale e sovrumana con cui lo stesso protagonista è costretto ad entrare in contatto già dalle primissime battute.
Il corrotto mondo in cui egli vive è un po’ una maschera di quello che si nasconde veramente dietro ogni persona e ogni situazione, cose che si manifestano inesorabili e in tutta la loro spietatezza all’interno del Metaverso, un mondo cognitivo invisibile a molti, che rappresenta in realtà la manifestazione dei desideri perversi degli esseri umani. Più potente è l’individuo e il suo sogno distorto, maggiore sarà il proprio impatto sul Metaverso, tanto da generare una dimensione esclusiva plasmata appieno sulle proprie sensazioni, creando quelli che vengono conosciuti come Palazzi.
Nuove aggiunte, vecchio stile
Il viaggio del nostro giovane eroe, dunque, nonostante sul suo cammino abbia trovato e troverà via dicendo degli alleati fondamentali e soprattutto dei nuovi amici, è tutt’altro che semplice ma perfettamente coerente a livello narrativo. Per tal motivo, ci chiedevamo in che modo Atlus avesse potuto impreziosire il tutto senza andare in qualche modo a snaturare l’opera originale, ma per fortuna siamo stati smentiti dopo pochi minuti. Le nuove aggiunte, infatti, sono state plasmate perfettamente all’interno della mastodontica opera e risultano, manco a dirlo, implementate ad hoc all’interno di quello che è un vero e proprio trionfo della scrittura.
Persona 5 Royal ruberà il vostro… cuore!
Chiaramente, a livello narrativo il nodo più complicato risultava quello legato all’introduzione dei nuovi personaggi, su cui spicca quello della nuova aggiunta al party dei Phantom Thieves (l’iconico nomignolo che i giovani e scapestrati eroi si sono auto attribuiti): la giovane e splendida Kasumi Yoshizawa. La principale nuova aggiunta al cast ci ha destato non poche preoccupazioni a causa appunto della perfetta coesione tra i vari membri del party originale, e ci chiedevamo in che modo ella avrebbe potuto inserirsi all’interno di un contesto tanto perfetto e soprattutto con quanta coerenza e credibilità. Inutile dirvi che ci sono bastati pochi minuti per capire quanto Atlus abbia saputo introdurre perfettamente la nuova “ladra” all’interno della storia, confezionando per la bellissima ragazza dai capelli rossi una struttura tematica credibile, stratificata e soprattutto a fuoco. Anch’ella una nuova studente del liceo Shujin, Kasumi non ci darà mai la sensazione di essere un tassello aggiunto in modo postumo, ma anzi, risulta probabilmente uno dei personaggi in assoluto meglio caratterizzati e più intriganti dell’intero pacchetto.
Atlus, comunque, non si è certamente limitata ad introdurre “solamente” Kasumi, ma ha anche introdotto altri due personaggi, sicuramente meno appariscenti e rilevanti della bella ladra ma allo stesso tempo di innegabile rilevanza all’interno della nuova edizione. Parliamo del piccolo José e del Dottor Takuto Maruki, rispettivamente un nuovo formidabile “alleato” all’interno dei complessi dungeon che il gioco ci permette di esplorare e un nuovo, importantissimo, confidant. Nel primo caso ci troviamo di fronte ad uno strano vendor che si aggira misteriosamente per il Memento e che ci chiede dei particolari oggetti da raccogliere i quali, una volta portati nelle sue mani, ci consentono di accedere ad un catalogo di oggetti molto utili per l’esplorazione, come ad esempio i vitali consumabili per il ripristino degli SP e tanto altro ancora.
Le nuove aggiunte sono perfettamente in sintonia col gioco “base”
Discorso simile per il nuovo confidant: Maruki è uno psicologo chiamato a salvaguardare il benessere degli studenti dopo i drammatici eventi accaduti nella Shujin Academy e a livello narrativo risulta perfettamente inserito nel contesto della titanica opera di Atlus, ma non soltanto. Sul piano strettamente ludico il suo innesto risulta fondamentale perché, così come per Josè, le abilità sbloccate dal rafforzamento del suo legame col protagonista hanno un ruolo chiave all’interno di quello che è il gameplay in sé, in particolare per quanto concerne l’esplorazione e i combattimenti.
Le novità, comunque, non si fermano di certo qui: Atlus ha introdotto (ma attenzione, per sbloccarlo dovete per forza di cose soddisfare un requisito ben preciso) un intero nuovo trimestre, ambientato, in parole povere, dopo il finale “canonico” del gioco base. Insomma, per quanto possa essere visto come una semplice edizione comprensiva di un corposo DLC dai più, Persona 5 Royal è in realtà molto di più, e ciò si palesa non soltanto sul piano tematico, ma anche pad alla mano, con una formula ludica puntellata a dovere e ancor più ricca che in passato.
A caccia di cuori!
Gli innesti fatti da Atlus sul fronte del gameplay sono, ancora una volta, molteplici, seppur mai rivoluzionari, e contribuiscono alla realizzazione di un prodotto perfezionato sotto praticamente ogni punto di vista. Come dicevamo in precedenza, la missione dei Phantom Thieves è molto chiara: per “rubare” il cuore dei cattivi, sia quelli più influenti e dunque con un palazzo proprio sia quelli dei pesci più piccoli sparsi lungo i vari livelli del Metaverso (la cui struttura rimane sempre più interessante a causa della sua natura procedurale), è necessario accedere al mondo cognitivo di cui i “normali” esseri umani sono ignari e addentrarsi così in un luogo ostile e ricco di intemperie.
Le rifiniture apportate al gameplay funzionano alla grande
Per fortuna dei nostri eroi (e nostra), in questa lotta contro le cosiddette Ombre, che solitamente sono la trasposizione di personalità deboli e insicure in qualche modo legate al Metaverso e ai Palazzi in generale (e ai loro padroni), non siamo soli. In nostro soccorso arrivano gli immancabili Personae, tutti molto diversi tra loro e in possesso di abilità, elementali e non, sempre diverse e utilissime per mettere al tappeto i nemici. La struttura ludica del titolo abbraccia in tutto e per tutto i dogmi dei giochi di ruolo giapponesi, con uno stile di combattimento a turni che combina perfettamente l’azione, la strategia e la pianificazione, in un trionfo non soltanto estetico ma anche e soprattutto sensoriale.
Portare avanti gli scontri, ma anche procedere all’interno dei complicatissimi dungeon, è però tutt’altro che semplice, in ogni caso, e gli sviluppatori hanno pensato di venire leggermente incontro ai giocatori con una serie di ritocchi alla formula principale decisamente molto interessanti e soprattutto funzionali. Su tutti spicca sicuramente l’aggiunta del comodissimo Rampino, il quale consente una libertà d’azione ed una verticalità decisamente maggiore rispetto all’opera originale. Sia chiaro, questa feature è stata implementata in modo conservativo e non stravolge l’equilibrio di partenza, poiché il Rampino stesso non può essere usato a piacimento ma solamente in alcuni casi ben precisi.
A snellire la progressione in generale ci pensa anche la rivisitazione delle armi da fuoco, ora nettamente più utili e meno accessorie rispetto al passato. A differenza di prima, infatti, che le munizioni si ricaricavano una volta usciti da un dungeon, qui esse si ricaricano dopo ogni battaglia, risultando così una valida aggiunta al proprio arsenale in battaglia. Sia chiaro, le armi da fuoco non saranno mai veramente decisive, ma il loro utilizzo può sicuramente rendere alcuni passaggi meno frustranti e sicuramente più rapidi.
La sciagura è tra noi
Una delle aggiunte più interessanti riguarda sicuramente, come detto già in precedenza, il personaggio di José. Il simpatico e strampalato bambino misterioso è un vendor di grande rilevanza e ci permetterà di poter accedere ad oggetti veramente importanti qualora decidessimo di dedicarci alle sue richieste.
Tra tutti, chiaramente, spiccano gli oggetti consumabili utili al ripristino degli SP, la cui barra è uno degli elementi più importanti da tenere d’occhio durante ogni tipo di attività nel Metaverso. Rimanere senza SP è una delle piaghe che ha maggiormente afflitto ogni tipo di giocatore, e questo espediente risulta sicuramente una delle aggiunte più interessanti. Va detto però che il piccolo José non vende solamente tali consumabili, ma ha anche a disposizione numerosi altri oggetti di natura diversa, che riguardano direttamente un’altra aggiunta apportata da Atlus alla formula di base: il Covo dei Ladri. Tale struttura è un vero e proprio altare dei Phantom Thieves, personalizzabile liberamente proprio grazie al piccolo alleato.
Se l’introduzione del Covo dei ladri risulta comunque una scelta più che altro estetica e stilistica, a risultare decisamente più intriganti sono le aggiunte sul fronte del combattimento in sé, in particolare quelle riguardanti le Battaglie Sfida e le Ombre Sciagura. Le prime sono disponibili nella Velvet Room e rappresentano un ottimo mezzo per perfezionare il proprio stile di combattimento e le proprie abilità. Ognuna di queste missioni, di difficoltà sempre maggiore, donano al giocatore delle interessanti ricompense di natura più corposa in base ai risultati ottenuti in battaglia.
Persona 5 Royal racconta una storia sempre più bella
E proprio tornando al discorso delle battaglie, è doveroso segnalare un’altra piccola aggiunta decisamente funzionale. Nel bestiario, anch’esso in parte revisionato e reso per certi versi più “intelligente” in alcune situazioni, vengono introdotte anche le Ombre Sciagura. Questi nemici sono molto particolari, sia sul fronte estetico sia sul fronte del gameplay, e rappresentano un’innovazione sicuramente non rivoluzionaria ma molto gradita. Le Ombre Sciagura si contraddistinguono da una colorazione diversa e dal fatto che non vi attaccheranno. Si, avete capito bene: questi nemici si limiteranno a reagire ai vostri colpi, arrecando però, in molti casi, ingenti danni. Una volta sconfitti, questi ultimi esplodono sul campo di battaglia ferendo le Ombre circostanti, diventando in tal modo un utile strumento per risolvere le battaglia più complicata riducendo al minimo lo sforzo.
Un Confidant è per sempre?
Uno dei punti di forza più evidenti del titolo e in generale della formula ludica coniata da Atlus, in “vigore” a partire dal terzo capitolo della serie, è certamente quella natura ibrida a metà tra il classico gioco di ruolo giapponese e quella volontà forte e presente di ricalcare ed ereditare lo stilema da simulatore di vita reale.
Persona 5 Royal, così e forse più del suo precedessore, è un titolo che si basa fortemente proprio sulla gestione della vita reale del protagonista, il vero e proprio ago della bilancia di una crescita personale, intima, del tutto affidata alla volontà del giocatore. Pur rimanendo l’obiettivo principale e sicuramente la parte più eccitante e frenetica del gioco, infiltrarsi nei Palazzi o nel Memento, alla ricerca dei “tesori” da rubare per purificare l’animo delle persone più corrotte, non è assolutamente l’unica attività presente nel gioco, anzi. Da buon simulatore di vita reale Persona 5 mette nelle mani di chi siede al di là dello schermo una vasta scelta di attività da portare a termine, le quali influenzano direttamente lo sviluppo e la personalità stessa del buon vecchio Ren.
Durante le ore passate nella nuova città, infatti, il protagonista può dedicarsi liberamente (o quasi, con qualche restrizione di natura temporale) ad una lunga lista di attività del tutto ordinarie, come andare in biblioteca a studiare, giocare a freccette, pulire il locale del signor Leblanc o guardare un film in DVD, donando così al gioco una forte carica se vogliamo emotiva. Queste attività, inoltre, non sono fini a se stesse, anzi, poiché ogni volta che si decide dedicare tempo a una o l’altra, esse contribuiscono ad aumentare, in base alla tipologia dell’attività stessa, una delle cinque statistiche del personaggio: conoscenza, fascino, gentilezza, perizia e coraggio. Portare avanti queste statistiche, manco a dirlo, risulta fondamentale per sviluppare i rapporti interpersonali del nostro alter ego il quale, man mano, può entrare in sintonia e in intimità con i personaggi che pullulano per le strade del coloratissimo mondo creato da Atlus.
La libertà (d’azione) è tutto
In base al nostro livello di gentilezza o di fascino, ad esempio, è possibile accrescere il nostro rapporto con uno dei vari “Confidant”, e ciò ha delle pesanti ripercussioni anche sulla parte più “fisica” del gioco, ossia i combattimenti. Sviluppare un Confidant potenzia infatti diverse abilità e ne aggiunge di nuove, tutte in qualche modo molto utili alla progressione all’interno dei pericolosissimi dungeon. Ma non solo: avere un livello più o meno alto di una di queste statistiche può portare alla preclusione o allo sblocco di nuove linee di dialogo con tutti i personaggi e, dunque, il nostro consiglio è quello di cercare di portarle tutte il più avanti possibile, per non perdervi alcun passaggio dell’opera. Nel “vecchio” Persona 5 questo era molto complesso e richiedeva una pianificazione molto accurata, cosa che ritorna, ma con qualche semplificazione, all’interno di questa edizione Royal. Dopo aver esplorato il Memento o un Palazzo, ora è possibile avere la sera libera per dedicarsi ad attività come lo studio o la pulizia del locale o alla creazione degli Strumenti di Infltrazione, tutte attività che potenziano una delle statistiche e rendono il nostro Ren decisamente più preparato e pronto a ogni evenienza.
Va detto poi che nella versione Royal sono stati introdotti nuovi Confidant, tra cui, come dicevamo in precedenza, lo psicologo Maruki ma anche una nuova zona, la quale, visitandola, diventa il teatro di nuove attività utilissime a potenziare le abilità combinate dei vari protagonisti come la Staffetta, a cui ora è possibile donare dei bonus extra in base al livello di potenziamento di quest’ultima.
Da vedere e da sentire è la solita epifania sensoriale!
Sul fronte tecnico e artistico, onestamente, Persona 5 è stato probabilmente un prodotto a tratti perfetto, inarrivabile, quasi privo di sbavature. Pur dovendo rimarcare la natura “povera” di alcuni elementi secondari, specialmente riferendoci ai personaggi meno importanti e alle strutture del Memento, eccessivamente riciclate e poco ispirate, è chiaro quanto artisticamente il titolo di Atlus sia una vera e propria gioia per gli occhi.
Lo stile anime che pervade il titolo è sublime e la caratterizzazione dei nemici, ma anche degli alleati e dei Boss e dei loro Palazzi è nella maggior parte dei casi quasi perfetta, accompagnata da un comparto tecnico di sicuro affidamento. Per tal motivo, da questo punto di vista, non ci aspettavamo grandi rivoluzioni e invece Atlus ha saputo ancora una volta stupirci. La scelta di utilizzare i modelli poligonali visti in Persona 5: Dancing in Starlight ha saputo donare una veste decisamente più dolce e aggraziata dei lineamenti dei personaggi, calati in un mondo ora ancor più vivo e nitido grazie al supporto alla risoluzione 4K su PlayStation 4 Pro, che rende il tutto ancor più incredibile da vedere.
Il vero, grande, lavoro è stato però ancora una volta svolto sul comparto sonoro, che si conferma come uno dei punti di forza più impressionanti e invidiabili dell’opera di Atlus. La colonna sonora confezionata dal maestro Shoji Meguro, già di per sé strepitosa, si arricchisce con nuovi brani che si integrano perfettamente con lo stile artistico e tematico della produzione e soprattutto ampliano un bagaglio che traboccava già di qualità e ispirazione.
Discorso molto simile per quel che riguarda il doppiaggio che si conferma, specialmente quello originale in lingua giapponese, uno dei punti di maggior forza della produzione. Nel cast, infatti, troviamo artisti provenienti da anime giapponesi famosissimi come Tomokazu Sugita (Charlotte Katakuri in ONE PIECE), Nana Mizuki (Hinata Hyuga in Naruto), Haruka Tomatsu (Asuna Yuuki in Sword Art Online), Mamoru Miyano (Light Yagami in Death Note) o Sora Amamiya (la bella Touka di Tokyo Ghoul), soltanto per fare qualche esempio.
L’unica cosa che non ci ha convinti appieno è la traduzione italiana del titolo. Seppur chiaramente complessa data la mole titanica di contenuti, alcune traduzioni ci sono sembrate veramente al limite dell’impresentabile (“la tua Persona”?) e in generale abbiamo assistito a più di una sbavatura decisamente evitabile. Rimane comunque nel complesso più che accettabile, ma siamo sicuri che tutti coloro si avvicineranno al titolo per la prima volta grazie appunto alla localizzazione italiana avrebbero meritato qualcosina in più.
Ho (ri)giocato Persona 5 Royal sulla mia PlayStation 4 Pro collegata ad un televisore 4K HDR 10 da 43". Ho selezionato il livello di difficoltà Normale per ovvie ragioni di tempistiche.
DurataPersona 5 è stato uno dei migliori giochi della generazione di console che si avvia lentamente alla conclusione, e in questa versione Royal riesce, incredibilmente, a risultare migliore sotto praticamente ogni punto di vista. Un nuovo trimestre, nuovi personaggi e un nuovo membro del party, splendido da vedere e perfettamente incastonato nel complesso quadro imbastito da Atlus, sono soltanto gli esempi più lampanti di un lavoro strepitoso, quasi impensabile, con cui la software house ha saputo spingere ancor di più la sua perla verso l’Olimpo videoludico.
I tanti accorgimenti sul fronte ludico, poi, sono la ciliegina sulla torta di un’edizione perfetta sia per i veterani della serie sia per chi, grazie anche alla traduzione italiana (non sempre precisissima, attenzione), si avvicina per la prima volta a quello che è, a nostro modesto parere, probabilmente il miglior gioco di ruolo giapponese degli ultimi tempi e in generale uno dei punti più alti toccati dall’industria videoludica da molti anni a questa parte.
Una delle canzoni recita così: “why does nobody won’t change?”. E voi? Cosa state aspettando? Corriamo insieme a cambiare il mondo: in fondo in fondo, come direbbe il buon vecchio Igor, ne ha veramente bisogno.
Graficamente è il solito tripudio sensoriale, addolcito da una grafica in 4K e da un design rinnovato dei modelli poligonali dei personaggi.
Solita, strepitosa, colonna sonora, ampliata con nuovi brani inediti di altissimo livello. Ottimo il doppiaggio nipponico, buono quello inglese.
La formula ludica di base, già di per sé quasi perfetta, è stata impreziosita con piccole aggiunte utilissime a rendere la progressione più veloce e meno frustrante.
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Bellissima recensione! Che gioco ragazzi, già la versione ‘liscia’ era bellissima, questa Royal è un must-have per gli amanti dei JRPG
Grazie mille! Sì, assolutamente. Grazie anche alla localizzazione italiana adesso nessuno ha più scuse per non provarlo! 😀
Leggere questa recensione mi ha sbalzato indietro a quando mi godevo il titolo durante l’ultimo periodo di università. Credo sia stato uno dei miei giochi preferiti di sempre. Ci ho giocato tantissimo, finito 2 volte.
Prenderò sicuramente Persona 5 Royal in futuro, ora ci sono nuove uscite a cui voglio dedicarmi, ma riprenderò a rubare cuori.. ne verrà assolutamente la pena!!