Prop Culture: dietro le quinte dei sogni

Abbiamo visto in anteprima le prime tre puntate della serie Disney Plus dedicata agli oggetti di scena delle storiche pellicole Disney.

Recensione di Leonardo Alberto Moschetta

Approderà il primo maggio su Disney Plus, la neonata piattaforma di streaming del colosso americano dell’intrattenimento, la serie antologica ideata da Jason C. Harry e Dan Lanigan che porta lo spettatore dietro le quinte di alcuni dei più celebri capolavori cinematografici targati Disney.

Prop Culture, questo il titolo, si propone infatti come un prodotto dedicato al pubblico più cinefilo, a chi normalmente consuma ore ed ore di contenuti extra, documentari di lavorazione, backstage e disegni preparatori delle proprie pellicole preferite.

Il fulcro e motore dello show è rappresentato proprio dai “prop” che, per chi non fosse avvezzo al linguaggio da set, sono i cosiddetti “oggetti di scena”. Dan Lanigan, che oltre ad essere autore è anche conduttore dello show, ne è infatti grande appassionato e collezionista. La centralità di questi oggetti, veri e propri feticci nerd, consente alla serie di valorizzare anche quelle professionalità del mondo del cinema spesso lontane dai riflettori, ma che con il loro lavoro e la loro inventiva segnano profondamente questi film e contribuiscono a renderli indelebili nei ricordi degli spettatori.

 

 

I tre episodi che abbiamo potuto visionare in anteprima sono dedicati rispettivamente a The Nightmare Before Christmas (1993), Tron (1982) e Mary Poppins (1964). Tre pellicole estremamente diverse tra loro per epoca e linguaggio ma accomunate dall’incredibile impatto che hanno avuto nella cultura pop.

Ogni episodio, la cui durata si attesta generalmente intorno ai trenta minuti, è un piccolo viaggio itinerante che parte solitamente dai magazzini degli Studios Disney per portarci nelle case di registi, compositori, sceneggiatori ma anche e soprattutto modellisti, scultori e ogni sorta di artigiano del cinema.

Lo show riesce a mettere a nudo le emozioni di questi artisti e l’incredibile abnegazione e passione che riversano nel proprio lavoro.

L’impostazione è quella di un’intervista informale e Lanigan, nella sua veste di intervistatore, cerca intelligentemente di coniugare domande tecniche con altre più squisitamente personali. Questa dicotomia determina il ritmo di ogni puntata, che alterna momenti “wow” ad altri più introspettivi ed emotivi, i quali rappresentano senza dubbio la parte più interessante dell’offerta.

Non di rado, infatti, lo show riesce a mettere a nudo le emozioni di questi artisti e l’incredibile abnegazione e passione che riversano nel proprio lavoro. Sono uomini (e donne) che portano nel processo creativo le proprie esperienze personali, le vite private, le forze e le insicurezze. E guardano indietro a queste pellicole spesso con orgoglio, nostalgia e in qualche caso anche con rammarico.

 

 

Particolarmente emozionante, in tal senso, l’incontro del secondo episodio con il regista di Tron, Steven Lisberger, le cui parole non riescono a celare tutto il rammarico per il mancato successo al botteghino del film. Le aspettative dello studio, infatti, erano di cavalcare ed eguagliare il successo dei coevi film di Star Wars, ma gli incassi complessivi furono dieci volte inferiori.
Alla domanda “Se potessi tornare indietro, cosa cambieresti del film?” la laconica risposta è infatti: “La capacità di raggiungere il pubblico”. Una ferita evidentemente ancora aperta nel cuore del regista, che seppur conscio dello status di “cult” raggiunto oggi dalla sua creatura, quasi si pente per aver dato in pasto al pubblico un’opera troppo d’avanguardia e in anticipo rispetto ai tempi.

Tra i momenti più spettacolari e interessanti, invece, è impossibile non citare l’incontro con gli artisti responsabili dei set e dei modelli di The Nightmare Before Christmas e con lo stesso regista Henry Selick, in grado di spingere la tecnica dello stop motion oltre ogni limite tecnico. Un manipolo di persone capaci davvero di pensare fuori dagli schemi (o “out of the box”) e di inventare soluzioni artigianali estremamente affascinanti in un’epoca in cui, al netto di pochi esperimenti, la computer grafica non rappresentava la panacea di tutti i mali.

Risultano meno riusciti i momenti puramente celebrativi

Risultano meno riusciti, invece, i momenti puramente celebrativi, in cui la serie trasmette allo spettatore una spiacevole mancanza di sincerità. Si ha come l’impressione, infatti, che si voglia celebrare la major stessa togliendo centralità alla genialità e ai traguardi di questi eccezionali professionisti. Lo stesso Lanigan, in alcuni frangenti, sembra essere troppo ossequioso nei confronti di alcuni degli intervistati, come in preda ad un timore reverenziale ingiustificato per un intervistatore/conduttore. Questo fortunatamente non succede spesso e non va ad inficiare la complessiva genuinità del prodotto.

Da un punto di vista del valore produttivo di contro lo show è piuttosto altalenante. Spesso, ad esempio, il setting delle luci durante le interviste risulta piuttosto piatto, così come talvolta infelice è la scelta dei punti macchina. Un difetto probabilmente dovuto al poco tempo concesso da alcuni degli intervistati e dall’impossibilità di invadere le abitazioni private degli stessi con troupe più strutturate e numerose. Un difetto in fin dei conti non così importante e che forse, in una certa misura, contribuisce a restituire quella sensazione di “chiacchierata tra amici” che Lanigan sembra cercare.

 

 

Ad impreziosire lo show è invece, senza ombra di dubbio, il recupero di video e materiale d’archivio, documenti di straordinaria importanza e bellezza, sapientemente inseriti nel corpus della puntata da un montaggio sempre attento e funzionale al racconto. Impagabili i video di un giovane Tim Burton intento ad esplorare il potenziale dell’animazione in stop motion.

In generale questo Prop Culture è un prodotto non particolarmente innovativo, ma onesto e diligentemente confezionato, dotato di una propria personalità che gli consente di differenziarsi da altri prodotti analoghi.
Un viaggio che non mancherà di ammaliare e interessare tanto gli estimatori di queste iconiche pellicole quanto il pubblico più giovane, che magari proprio attraverso questo show scoprirà e imparerà ad amare questi straordinari classici.

Non ci resta quindi che attendere con interesse gli otto episodi che andranno a comporre la prima stagione e che ci porteranno dietro le quinte, oltre ai film citati, di pellicole come Chi ha incastrato Roger Rabbit? (1988), Tesoro, mi si sono ristretti i ragazzi (1989) e Pirati dei Caraibi: la maledizione della prima Luna (2003).

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