Con Trek to Yomi è stato amore a prima vista, fin dal primissimo trailer di annuncio nel corso di uno State of Play di cui non mi sovvengono altri dettagli. Curioso essermi ripromesso di comprarlo per PlayStation non appena fosse stato disponibile e ritrovarmelo nel catalogo Xbox Game Pass. In ogni caso, poter mettere mano all’avventura di Hiroki e scoprire se l’interesse suscitato dai trailer è giustificato è una gran soddisfazione, resa ancor più intensa dalla possibilità di condividere le mie impressioni nella nostra nuova recensione-diario.
Ah, e per quanto riguarda la potenzialmente trita scelta di ambientare un gioco nel Giappone feudale e di impostarlo come una storia di vendetta personale, beh… chissenefrega, a me gasa sempre un sacco! Altra precisazione preliminare: non so niente di Akira Kurosawa e di film giapponesi classici, quindi non aspettatevi riferimenti colti da cinefilo. Sono un gamer semplice, tutto controller ed emozioni… ma sono sicuro di essere in buona compagnia!
• Prima pagina (3 ore di gioco)
• Seconda pagina (9 ore di gioco)
Dopo aver evitato come un esperto di slalom gigante tutte le recensioni di Trek to Yomi uscite a ridosso del lancio, ho avviato il gioco pregustandomi l’ingresso nel mondo in bianco e nero a cui i trailer mi avevano introdotto. Prima di tuffarmi nella storia vera e propria ho dato un’occhiata alle opzioni di gioco, se non altro perché così non sarete costretti a farlo voi (in realtà non posso trattenermi da questa cosa con nessun titolo…). Niente di particolare, comunque, se non la possibilità di attivare o disattivare i filtri che trasformano il gioco in un vecchio film in bianco e nero con la pellicola sgranata. Il consiglio, ovviamente, è quello di avviare l’avventura così come è stata pensata di default.
E l’avventura è iniziata, manco a dirlo, con una sezione tutorial, nella quale il protagonista Hiroki, in un flashback che lo vede ragazzino, sta seguendo una lezione con il suo maestro Sanjuro. L’occasione è buona per introdurci alle basi del combattimento, o almeno alle combo più basilari e al sistema di parata, schivata e contrattacco. Il tutto è tanto semplice quanto potenzialmente aperto a sviluppi interessanti in termini di varietà e complessità.
Per farla breve, gli attacchi semplici si eseguono con il tasto X/Quadrato, mentre gli attacchi pesanti con il tasto Y/Triangolo. Tenendo la levetta direzionale verso l’alto o verso il basso e premendo contemporaneamente due volte il tasto di attacco semplice si possono eseguire serie di colpi più rapide, anche se apparentemente meno efficaci rispetto a un vero e proprio affondo di katana. A livello difensivo tutto passa dal tasto LB/L1, che possiamo tenere premuto per una semplice parata, oppure premere rapidamente e con il giusto tempismo per una schivata che stordisce temporaneamente il nemico consentendoci di eseguire un contrattacco.
Le basi sono tutte qui. Bisogna solo aggiungere due elementi molto importanti, anche perché nella mia prima sessione di gioco sono gli unici che mi hanno messo davvero in difficoltà in alcune sezioni. Il primo è la necessità di cambiare manualmente la direzione del protagonista. I combattimenti avvengono tutti con visuale laterale, come in un picchiaduro a scorrimento orizzontale, quindi Hakiro può guardare verso destra o verso sinistra. Per invertire la direzione non basta usare la levetta analogica, bensì bisogna premere il tasto A/X, un meccanismo non naturale nelle fasi iniziali ma a cui ben presto ci si abitua. Nelle fasi concitate rimane comunque un potenziale ostacolo, anche perchè a complicare il tutto intervengono abilità sbloccabili che consentono di attaccare direttamente un nemico alle nostre spalle o di parare un suo attacco senza doverci voltare.
Il secondo elemento di complessità è la barra dell’energia, una sorta di stamina, che si consuma con ogni nostro attacco e con ogni nostra parata. Più è forte l’attacco e più è lunga la combo, più la barra si svuota. Allo stesso modo, parare colpi nemici, rotolare o correre contribuiscono a diminuire la nostra energia. Se la barra si azzera, per qualche secondo resteremo inabili e questo decreterà molto spesso la nostra sconfitta.
Per quanto riguarda le sensazioni legate al combattimento vero e proprio, devo dire che non posso ritenermi insoddisfatto ma che mi aspettavo qualcosa di più. Fermo restando che avanzando potrei essere piacevolmente smentito, per il momento trovo fin troppo semplice e semplificata la gestione dei duelli. Il tutto si svolge secondo un canovaccio che rimane immutato: attendere l’affondo del nemico, pararlo o controbatterlo, portare il nostro attacco, riprendere dall’inizio. Ho incontrato quattro o cinque diverse categorie di nemici per ora, ma al di là della resistenza di ognuno e del numero di attacchi consecutivi che eseguono non ci sono grandi differenze di approccio per sconfiggerli.
La varietà non manca, ma più che dallo studio dei pattern di attacco dei briganti che troviamo lungo la strada dipende dalla nostra volontà di mettere in pratica combo diverse via via che le impariamo. Molto rare, per il momento, sono state le occasioni in cui mi sono trovato accerchiato su entrambi i lati da nemici. Anche in questi casi ho notato il vecchio difetto che è comune da troppo tempo a troppi giochi: la sindrome da fila alle Poste. Ogni avversario attende che io mi sia liberato del precedente prima di farsi avanti. Questo accade costantemente quando i nemici si trovano sullo stesso lato e, fortunatamente, non quando ce ne sono da entrambe le parti. In quest’ultimo caso serve un minimo di attenzione e di gestione dei movimenti per voltarsi e parare al momento giusto senza lasciarsi sopraffare alle spalle.
Per concludere questa prima pagina di diario, che riguarda circa tre ore di gioco e tre capitoli completati, non posso non citare brevemente i boss di fine livello. Ogni capitolo ci vede muoverci per il villaggio di Hiroki o per zone limitrofe ed eliminare bande di briganti che mettono a repentaglio la vita dei nostri amati concittadini. La fine di ogni sezione coincide con lo scontro con un boss, un nemico dai pattern di attacco poco più complessi di quelli di un nemico comune, ma che comunque rientra nello schema descritto sopra fatto di parata-attacco-attesa-ripetizione. Sto portando avanti l’avventura a livello di difficoltà alto (all’inizio si possono selezionare i livelli Kabuki, Bushido e Ronin, ma sembra ci sia un livello ancor più difficile sbloccabile dopo la fine del gioco), ma non ho mai trovato seri problemi.
Non posso, infine, non parlare del comparto artistico, il vero punto di forza di Trek to Yomi. Le ambientazioni e lo stile che avevano catturato la mia attenzione nei trailer di annuncio non solo hanno mantenuto le promesse, ma sono andati oltre, regalandomi inquadrature cinematografiche di primo livello, scorci di paesaggi ricchi di dettagli e incredibilmente fotorealistici (il bianco e nero e la sgranatura da film aiutano a creare l’illusione, ma tant’è…), musiche di accompagnamento capaci di trasportarmi di peso nel Giappone feudale e un doppiaggio capace di esaltarmi anche se non conosco una parola di giapponese.
Tra un combattimento e l’altro possiamo muoverci nelle aree di gioco anche uscendo dai binari prestabiliti e anche con telecamere diverse da quella classica orizzontale, il che contribuisce a farci sentire veramente spettatori di un vecchio film nel quale possiamo dire la nostra. Esplorare alcune aree nascoste o comunque fuori dal sentiero principale consente di recuperare collezionabili o potenziamenti, oppure di aiutare concittadini che stanno per soccombere alla furia dei nemici e che ci ricompenseranno a dovere.
La ricompensa principale, però, è un gioco che nella sua semplicità e al netto dei difetti elencati e di un piccolo bug (all’inizio del capitolo 3 i nemici hanno smesso di attaccarmi lasciandosi uccidere senza reagire) sta mantenendo la promessa di intrattenere con un fascino unico tutti coloro che gli hanno dato una chance.
Prima di procedere con le impressioni per la seconda pagina della recensione diario penso sia meglio sottolineare due aspetti che avevo dimenticato nella prima parte. Il primo riguarda la presenza di altari, che fungono da checkpoint e da punti di ripristino della salute, dislocati in luoghi piuttosto ravvicinati e in prossimità di aree particolarmente affollate di nemici o che conducono a un boss. La frequenza con cui possiamo contare su queste ancore di salvataggio è un altro elemento che contribuisce a rendere Trek to Yomi meno sfidante rispetto a quanto un giocatore “veterano” si sarebbe augurato, tanto che morire si traduce solo in un arretramento di pochi secondi di gioco.
Il secondo punto da sottolineare riguarda invece la possibilità di variare rispetto al tradizionale combattimento corpo a corpo usando armi da lancio come frecce o shuriken, o addirittura un’arma da fuoco. Gli slot per le frecce o per le munizioni sono piuttosto limitati e possono essere aumentati trovando appositi collezionabili nascosti, così come i proiettili stessi che vanno ad esaurimento e che devono essere reperiti con l’esplorazione ambientale. Non mi è capitato spessissimo di ricorrere al combattimento dalla distanza, ma in alcune occasioni questo si è rivelato un salvagente non trascurabile ed è comunque un elemento di varietà apprezzabile.
Una varietà che, per concludere il tema, coinvolge anche trappole ambientali a cui possiamo ricorrere per evitare gruppi numerosi e pericolosi di nemici. Un’altra aggiunta che funziona, anche se va precisato che le trappole sono costituite da strutture predeterminate con cui possiamo interagire in alcune aree, ossia non possiamo costruire niente né adottare liberamente strategie. In questi punti, (tre o quattro in tutto il gioco) è possibile far crollare un ponte o distruggere una diga per lasciare che siano strutture ed elementi ad eliminare i nemici al posto nostro. Rimane la libertà di approccio se desideriamo vedercela di persona, beninteso…
Trek to Yomi è un gioco d'azione a scorrimento orizzontale sviluppato da Flying WIld Hog e Leonard Menchiari e pubblicato da Devolver Digital. Ho giocato alla versione Xbox Series X grazie all'inclusione del gioco nel catalogo Game Pass.
DurataPassando a considerazioni più generali, le sessioni di gioco che mi hanno condotto ai titoli di coda hanno confermato alcuni elementi emersi nella prima parte della recensione e hanno appesantito alcuni difetti. Variazioni sul gameplay non ce ne sono state: da un lato sbloccavo nuove combo, dall’altro mi ritrovavo a sfruttare sempre la stessa. Una combinazione di attacchi, infatti, consente di arrivare a un’esecuzione spettacolare del nemico e a ripristinare parte della salute di Hiroki, uno stratagemma a cui è difficile resistere. Di fatto ero artefice di una certa ripetitività a livello di combat system, ma la colpa è anche dello sviluppo che non è stato in grado di creare nemici e situazioni tali da condurre il giocatore verso la piena esplorazione delle possibilità offensive.
A livello di trama non ritengo corretto approfondire. Basti sapere che il viaggio di Hiroki assume tratti soprannaturali e che la storia, per quanto non profondissima né innovativa, riesce a tenerci interessati e a farsi comprendere senza assurdi voli pindarici o inutili soluzioni ermetiche. Ci sono persino finali diversi in base ad alcune scelte che possiamo prendere nelle ultime fasi, anche se devo ammettere che non ho ancora finito la seconda run per esplorare le variazioni di trama previste. Trek to Yomi non è comunque un’esperienza narrativa, perciò scordatevi personaggi indimenticabili e una sceneggiatura da Oscar. Rimane comunque vivissima la mia ammirazione per le scelte artistiche, per la creazione degli ambienti di gioco e per le inquadrature.
Un altro mezzo punto a favore riguarda i nuovi boss che ho incontrato, unici nemici che abbiano richiesto un minimo di studio e di variazione rispetto alle consuete tattiche di combattimento usate nelle prime sezioni dei livelli. Parlo di mezzo punto a favore perché da un lato l’impegno è stato superiore, ma dall’altro i pattern di attacco si riducevano a un paio, motivo per cui entro pochi tentativi il mio Hiroki aveva la meglio anche contro questi ostacoli.
Da segnalare, in questo ambito, una certa legnosità nei movimenti del protagonista di cui mi sono accorto gradualmente. È come se dopo una rotolata o una parata ci sia una frazione di secondo in cui il comando successivo non viene recepito, costringendoci a premere più volte il tasto corrispondente o ad aspettare un attimo prima di agire. Anche la rotolata stessa, ad esempio per evitare l’attacco in salto di un boss, non è così precisa come ci si aspetterebbe, il che ci porta a subire danni o addirittura a morire non del tutto per colpa nostra. È vero che vengo dalla recentissima esperienza con Elden Ring, che ha budget e obiettivi ben diversi, ma la precisione nei comandi dovrebbe essere prerogativa di ogni gioco, tanto più se improntato all’azione e a un ritmo tendente al frenetico.
Per concludere, devo a malincuore rivedere sia le mie altissime aspettative pre-lancio che le impressioni accondiscendenti dopo la prima sessione di gioco. Trek to Yomi gestisce magistralmente il comparto artistico, ma i suoi problemi di gameplay crescono con il procedere dell’avventura. Quando arriviamo alla fine la meraviglia per ciò che vediamo è quasi svanita, mentre la sensazione di aver premuto troppo pochi tasti e di aver pensato troppo poco resta.
Personalmente ritengo il comparto grafico/artistico il miglior pregio di Trek to Yomi. Non si tratta solo della scelta, riuscita e ben realizzata, di far assomigliare il gioco a un vecchio film in bianco e nero, ma anche delle scelte registiche e del generale effetto fotorealistico degli ambienti.
Anche in questo caso le promesse dei trailer e della campagna di marketing sono state mantenute, con una colonna sonora che trasuda Giappone da ogni poro (ammesso che la musica abbia pori) e un doppiaggio in lingua giapponese che ho trovato esaltante pur non comprendendo una parola. Ovviamente i sottotitoli non mancano.
Quelli che nei primi tre capitoli mi sembravano difettucci legati alla natura indie del titolo si sono cementificati nel resto del gioco come mancanze vere e proprie. Purtroppo la struttura del gioco non stimola alla sperimentazione e ci fa chiudere in un loop infinito di ripetizione di mosse per avere la meglio rapidamente sui nemici, il che si traduce in ripetitività. Anche la risposta dei comandi non è sempre immediata.
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Se non sbaglio l’ho visto disponibile con il game pass, per cui a breve lo proverò
Esatto, sul Padd dal Day One, io sto giocando e recensendo proprio questa versione.