Questa non è una semplice Top 10 per ZX Spectrum. O meglio, questi non sono i dieci migliori giochi che potete giocare o aver giocato sulla creatura di Sir Clive Sinclair. Innanzitutto perché ho lavorato al pezzo cercando di diversificare un po’ i generi e gli sviluppatori proposti, altrimenti questa classifica sarebbe stata occupata in gran parte dai fratelli Stamper e la loro leggendaria Ultimate Play the Game.
Ma soprattutto, eccezion fatta per due titoli, Hyper Sports ed Elite, questa è una classifica dei migliori giochi pensati e sviluppati appositamente per ZX Spectrum. Vi sono titoli multipiattaforma e conversioni da coin-op qualitativamente superiori e più giocati di qualche titolo qui presente, come Bubble Bobble e Rainbow Island o The Way Of The Exploding Fist. Ma il merito del loro successo è da attribuire rispettivamente alla Taito ed alla Beam Software ed anche agli sviluppatori che, con grande fatica, hanno superato i limiti tecnici per portare dignitosamente simili capolavori sullo Spectrum. Un evento assai raro.
Ma, proprio in virtù di questi limiti tecnici, per i porting arcade era consigliabile orientarsi verso altri lidi, il C64 in primis o l’Armstrad, se si voleva restare in ambito home computing. O magari le prodigiose prime console giapponesi, insuperabili per i coin-op. Come ho scritto nella monografia sullo ZX Spectrum, il microcomputer Sinclair era all’epoca la piattaforma di sviluppo prediletta di alcuni pionieri del videogioco che affrontavano le relative limitazioni tecniche come una sfida. Per questo i giochi per ZX Spectrum sfoggiavano una creatività e idee talmente innovative che hanno notevolmente contribuito al design dei giochi negli anni a venire. Quali idee? Lo scoprirete leggendo questa lista di titoli che, escludento i due titoli sopra menzionati, sono stati tutti realizzati prima sullo ZX Spectrum e poi, visto il successo, portati su altre piattaforme.
Attualmente gli argomenti di discussione più diffusi in ambito videoludico sono orientati alle differenze tra teraflop, al framerate ed al comparto grafico in generale. Ed il mercato di questo medium brulica di giochi derivativi che registrano vendite da capogiro. Quale periodo migliore per riflettere su quanto sia invece importante l’ingegno, la voglia di innovare e creare qualcosa che possa veramente divertire ed emozionare? Possa quindi questo articolo stimolare il vostro desiderio di creatività e vi distolga per un pò dagli agognati 60 frame al secondo. Buona lettura.
Tra i primissimi titoli manageriali ed il capostipite nel ramo calcistico e sportivo in genere, è stato il gioco che mi ha fatto capire che il medium videoludico non avrebbe avuto futuro nella sola classica veste arcade, basata su azione frenetica e prontezza di riflessi. Partendo dalla quarta divisione del campionato inglese, lo scopo del gioco era, ovviamente, portare la squadra alla massima serie e vincere il campionato. Erano presenti tutti i principali meccanismi del classico manageriale calcistico: la formazione della squadra da schierare in campo, gli infortuni, la campagna acquisti e la gestione economica. Per ogni incontro disputato venivano mostrate le occasioni salienti attraverso una scarna, scarnissima (anche per l’epoca) modalità grafica. Oltre a sperimentare una nuova frontiera del genere videoludico imparai anche il concetto di assuefazione: ore ed ore a giocare, pomeriggi interminabili in compagnia di amici tra urla, esultanze, imprecazioni e cori dinanzi a quella manciata di scattosi pixel ed un comparto sonoro ridotto ad alcuni beep. Solo Championship Manager dei fratelli Collyer, arrivato per la prima volta su Amiga dieci anni più tardi, poteva dare le stesse emozioni di questa pietra miliare.
Forse il gioco più celebre per ZX Spectrum, Manic Miner è il classico platform a schermata fissa degli anni ’80. Nei panni del minatore Willy, il giocatore deve raccogliere tutte le chiavi disseminate nel livello, solitamente una caverna, prima di aprire la porta che permetteva di accede al livello successivo. L’obiettivo dev’essere raggiunto prima del termine di una barra di scorrimento che rappresenta l’ossigeno a disposizione. I livelli in tutto sono venti, tutti contraddistinti da un’atmosfera cupa e ad alto tasso lisergico. Il gioco era altresì celebre per l’elevata difficoltà, non solo per i minacciosi avversari, ma anche per la precisione richiesta nell’effettuare i salti tra le varie piattaforme.
Lo sviluppatore Matthew Smith, una vera star ancora oggi per le varie comunità di retrogaming, realizzò altri due sequel, Jet Set Willy e Jet Set Willy II, più vari e più ampi che ebbero un discreto successo. Ma Manic Miner, in qualità di primo capitolo delle avventure di Willy, resta comunque l’esperienza più sorprendente.
Il seminale film Animal House (1978) diretto da John Landis, che ha per protagonista l’indimenticabile John Belushi, lanciò un vero e proprio filone di commedie incentrate sulle (dis)avventure di matricole e liceali indisciplinati. David S. Reidy potrebbe aver tratto ispirazione da questo trend cinematografico per realizzare Skool Daze, gioco che ha per protagonista un riottoso studente che deve riuscire a recuperare la terribile pagella nascosta nella cassaforte della scuola. Muovendosi all’interno della scuola, suddivisa su tre piani, tra aule, biblioteche e librerie lo scopo è quello di estorcere la combinazione attraverso una serie di azioni poco ortodosse e violando, se necessario, le regole in atto nelle varie fasi della giornata scolastica, come lo stare seduto in classe, uscire a fine lezione o andare in mensa al momento del pasto. L’importante è non farsi scoprire dal preside, dagli insegnanti o dalla spia di turno, pena una serie di richiami che potrebbero alla fine costare l’espulsione dalla scuola. Da notare che per certe irregolarità compiute dal protagonista possono essere puniti altri alunni e viceversa. Gli insegnanti puniscono infatti il primo alunno che si trova di fronte a qualche azione illecita, indipendentemente da chi l’ha compiuta. E’ tuttavia possibile compiere cattive azioni, come colpire alunni o insegnanti, usando i pugni o la fionda o scrivere sulla lavagna, così come entrare nelle stanze proibite anche senza dover necessariamente seguire lo scopo del gioco, entrando così in una sorta di modalità sandbox. Incredibile pensare quante azioni si potevano effettuare in un gioco del 1984, non è vero?
Diciamoci la verità, lo ZX Spectrum era un computer per aspiranti darkettoni. Per evitare l’effetto colour clash, come specificato nella monografia, buona parte dei giochi erano contraddistinti da uno sfondo nero, anche i più improbabili come i titoli calcistici. In alternativa ai giochi ambientati nello spazio, gli sviluppatori aggiravano questo inconveniente dando ai loro giochi una connotazione volutamente lugubre, come il sopracitato Manic Miner. E’ il caso del celebre e seminale Knight Lore, terzo capitolo della trilogia Sabreman, disponibile solo per ZX Spectrum e poche altre piattaforme meno diffuse. Nonostante faccia parte della serie appena citata, il gioco sembrava però essere l’erede spirituale di Atic Atac, realizzato dagli stessi sviluppatori l’anno precedente.
Il gioco è ambientato all’interno di un castello infestato da creature mostruose e trabocchetti in cui il protagonista Sabreman deve trovare una serie di ingredienti per creare una cura alla licantropia, di cui è affetto. Il nostro personaggio avrà quaranta giorni di tempo per adempiere alla sua missione in un ciclo giorno/notte che lo porterà, con l’avvento delle tenebre, a trasformarsi in lupo mannaro, che aumenterà alcune abilità.
Si tratta di un titolo fondamentale per il mondo dei videogiochi. Innanzitutto è il primo gioco avventuroso/esplorativo immerso in un mondo isometrico tridimensionale, grazie al motore grafico Filmation, sviluppato appositamente per il gioco dai creatori, i fratelli Tim e Chris Stamper. Knight Lore era un’opera complessa in termini di design e gameplay ed aveva gettato le basi per la progettazione videoludica moderna. Non a caso, alla cerimonia dei Golden Joystick Awards del 1984 venne premiato come gioco dell’anno.
Due curiosità: la prima è legata l’uscita del titolo, posticipata di addirittura un anno per non danneggiare le vendite del suo predecessore, Sabre Wulf ancora affidato ad un’impostazione bidimensionale. La seconda riguarda i giocatori italiani, che conosceranno il gioco anche con il titolo Licantropus, il titolo con cui era stato inserito in una delle tante raccolte pirata di videogiochi liberamente acquistabili in edicola.
Solitamente nelle Top 10 di giochi per ZX Spectrum si tende a prediligere titoli per le versioni 48k e 128k, ragion per cui sarà difficile trovare in altri lidi questa perla videoludica che girava splendidamente anche sul “piccolo” 16k. Realizzato dai fratelli Stamper, gli stessi di Knight Lore, Jetpac è uno shooter spaziale a schermata fissa, che vede come protagonista un astronauta alla ricerca dei pezzi per ricostruire la propria astronave, nell’intento di lasciare il pianeta. Elemento centrale del gameplay è il jet pack, lo zaino dotato di propulsione che permette a chi lo indossa di spiccare il volo. Molto diffuso nell’immaginario fantascientifico degli anni ’50, lo zaino a razzo era tornato in voga nella fantascienza degli anni ’80. Un prototipo funzionante venne addirittura mostrato durante la cerimonia di chiusura dei giochi olimpici di Los Angeles ’84, quando un uomo attraversò, volando, buona parte dello stadio sotto gli occhi attoniti degli spettatori.
Tornando al gioco, il nostro astronauta, equipaggiato di jet pack, era in grado muoversi su tutto lo schermo, sfidando la forza di gravità, per potersi posizionare sulle tre piattaforme sospese. Un aspetto del gameplay che ricorda non poco il famoso Bomb Jack, che sarebbe uscito qualche anno più tardi. Completava l’esperienza di gioco la possibilità di sparare per difendersi dagli alieni. Ottimo il comparto grafico e, per una volta, anche l’aspetto sonoro poteva definirsi gradevole. Il tutto in grado di girare con soli 16k di memoria. Un vero prodigio.
In una lista di giochi appartenenti prevalentemente alla prima metà degli anni ’80 non può mancare un gioco a tema giochi olimpici e sport multidisciplinari. Questo genere, un pò finito nell’oblio eccezion fatta per la serie Mario & Sonic, esplose con l’uscita del coin-op Hyper Olympic, conosciuto ai meno attempati con il nome di Track & Field, ovvero la versione americana. Il motivo? Era la rom più facile da reperire per l’emulatore M.A.M.E.. I titoli contesi per ZX Spectrum erano essenzialmente tre: Daley Thompson Decathlon, World Games e Hyper Sports. Altri, bellissimi in versione C64, come le serie cult Summer Games e California Games, su ZX Spectrum rasentavano invece la decenza.
La scelta ricade su Hyper Sports non solo per una questione di gradimento ma anche per affetto personale: è stato il primo titolo giocato dopo aver effettuato l’upgrade del mio ZX Spectrum 16 a 48k. Un salto qualitativo davvero indimenticabile.
Hyper Sports non era altro che la conversione del coin-op sequel di Hyper Olimpic, molto più adatto ad un porting domestico grazie ad un maggior numero di discipline ed una maggior varietà: nuoto, tiro al piattello, volteggio (o salto della cavallina), tiro con l’arco, salto triplo, sollevamento pesi e salto con l’asta.
La versione per ZX Spectrum risultava ben riuscita, grazie ad un’ottima resa cromatica, nettamente superiore agli altri due contendenti. E, fortunatamente, le specialità richiedevano di rado quell’incessante rapida alternanza di tasti, poco salutare per la delicata tastiera di gomma.
Mentre il ciclo vita per lo ZX Spectrum stava per volgere al termine, la celebre Codemasters realizzò un piccolo miracolo, nonostante un budget estremamente limitato. Dizzy è un’avventura dinamica che ha come protagonista un uovo antropomorfo intento ad esplorare la Terra di Katmandu, alla ricerca di una serie di oggetti da introdurre in un calderone per creare una pozione in grado di sconfiggere il malvagio Zaks. Tra passaggi segreti, puzzle da risolvere e salti vertiginosi (in inglese letteralmente “dizzy”) il nostro simpatico personaggio si muove in un’ambientazione strutturata su cinquanta livelli a schermata fissa interconnessi, infestati dalle solite creature antagoniste. Oltre ad essere immediato e divertente, la modalità esplorativa funzionava magnificamente, stimolando il giocatore a scoprire nuovi paesaggi presenti in questa fiabesca ambientazione. Graficamente risultava molto carino, l’estetica era impreziosita da uno stile cartoonesco, ma sulla nativa versione per Spectrum pesava il fastidioso colour clash.
Realizzato a basso budget e privo di ambizioni, Dizzy: The Ultimate Cartoon Adventure divenne un successo di critica e di pubblico, ed il capostipite di una lunga e fortunata serie di videogiochi. Se fosse stato realizzato qualche anni prima, il simpatico ovetto sarebbe potuto diventare la mascotte dello ZX Spectrum.
Ecco un’altra pietra miliare realizzata appositamente per ZX Spectrum e convertito per altre piattaforme solo l’anno successivo. Con questo titolo il compianto sviluppatore Mike Singleton portava il giocatore in un’ambientazione epic fantasy, forgiando un interessante mix di meccaniche di gioco, tra avventura, strategia a turni ed aspetti ruolistici.
Nei panni di quattro personaggi (Luxor the Moonprince, Rorthron the Wise, Corleth the Fey e Morkin), il giocatore doveva vagare nell’oscura Terra di Midnight, un vasto mondo esplorabile composto da circa 4000 ambientazioni, nell’intento di reclutare fedeli alleati per combattere contro Doomdar, il cattivone di turno.
Il comparto visivo del gioco era affidato alla tecnologia Landscaping, che consentiva una visuale in prima persona anche su paesaggi tridimensionali. Niente che faccia gridare al miracolo, sia chiaro, dato l’esiguo numero di colori, ma le schermate fisse risultavano alquanto suggestive e davano il giusto contributo all’immersività del gioco. Del tutto assente, invece, il sonoro. La parte esplorativa era sicuramente il punto forte del titolo, dato che il gameplay era ridotto ai minimi termini e, durante il turno della CPU, l’attesa poteva durare anche diversi minuti.
Si tratta comunque di una grandissima opera sperimentale ed un’esperienza indimenticabile per i giocatori appassionati di fantasy.
Non nascondo un certo rammarico nell’introdurre quest’ennesimo capolavoro, pensando a quanto mi abbia deluso Elite:Dangerous. Chissà, forse avevo troppe aspettative per un capitolo di ultima generazione che preserva più o meno la stessa filosofia del primo gioco della serie Elite, uscito ben 35 anni fa.
Con il primo capitolo, David Braben realizzò un capolavoro di game design e un’opera rivoluzionaria che non ha certo bisogno di presentazioni. Si tratta, in sintesi, di una simulazione spaziale, in cui il giocatore, per sbarcare il lunario, poteva compiere numerose attività, dallo scambio merci più o meno legale al recupero e vendita di minerali, dalla carriera militare al ruolo di privato cacciatore di taglie. Lo spazio esplorabile era composto da otto galassie ed oltre duemila pianeti visitabili in un mondo aperto realizzato in grafica tridimensionale/vettoriale. Un modalità, come già specificato nell’articolo precedente, in cui lo ZX Spectrum non sfigurava affatto nei confronti del C64. Pertanto la versione per computer Sinclair era molto simile a quella dell’ammiraglia Commodore. Braben, a mio avviso, fece ancora meglio con il seguito realizzato per Amiga, Elite II:Frontier che ho incluso nella relativa Top 10.
Il classico gioco pensato per la prodigiosa macchina di Sir Clive. Arrivato un pò in sordina ad inizio generazione, senza alcuna spinta promozionale, Chuckie Egg conquistò in breve tempo il cuore dei Sinclairisti grazie ad un gameplay semplice che punta tutto su velocità e frenesia in grado di tenere incollato il giocatore per ore. Il concept è molto semplice e prende in prestito alcuni elementi dagli arcade del periodo.
Nei panni del contadino Hen-House Harry, il giocatore deve muoversi all’interno di un pollaio per recuperare dodici uova. Il pollaio viene rappresentato da un livello a schermata fissa formato da piattaforme raggiungibili attraverso scale e, nei livelli successivi, ascensori. Il tutto entro un certo limite di tempo senza scontrarsi con le anatre che circolano liberamente, camminando lungo le piattaforme, eccezion fatta per un’anatra gigante in grado di volare da una pedana all’altra. Quest’ultima resterà tuttavia imprigionata in una gabbia per i primi livelli. La conformazione del pollaio presenta ben otto varianti che si ripeteranno con una difficoltà sempre maggiore. Il gameplay può sembrare un pò datato, eppure mantiene quella freschezza adatta al retrogaming ed al gusto della riscoperta.
Chuckie Egg fu un campione d’incassi, vendendo oltre il milione di copie, e conta oggi diversi remake. All’epoca, dopo il porting su altre piattaforme, venne realizzato anche un seguito in stile avventura dinamica, il genere più in voga per gli home computer. Non ebbe tuttavia altrettanto successo.
Confesso di non aver mai sentito parlare di questo titolo fino a quando non ho messo le mani sul primo e meraviglioso capitolo di X-Com, molti anni dopo. Non tutti i successi provenienti dall’estero, specie dal UK, venivano infatti replicati qui da noi e, chissà, forse i distributori dell’epoca non ritenevano il mercato italiano ancora pronto per giochi del genere. Ad ogni modo, il gioco non era diffuso nella mia strettissima cerchia di Sinclairisti. Inoltre all’epoca dell’uscita ero in procinto di passare all’Amiga.
L’ho recuperato su emulatore solo dopo aver scoperto essere un titolo pionierisitico nell’ambito degli strategici a turni ed il precursore di un titolo leggendario, uno dei più amati dai giocatori PC. Molto più dei suoi predecessori appartenenti alla serie Rebel Star, che presentavano meccaniche ancora un pò troppo ruvide. Ma di questo ne parlo ampiamente nella storia di X-Com. Era un titolo senza dubbio di qualità eppure non abbastanza meritevole per rientrare nella mia personale Top 10 per ZX Spectrum. Tuttavia, per la sua importanza storica la menzione speciale era doverosa.
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E’ impressionante come ancora oggi escano così tanti giochi per ZX Spectrum, C=64 e sistemi ad 8 bit
Perché la giocabilità era impressionante. Talvolta li riuso con un emulatore, e mi diverto ancora.
Innanzitutto, complimenti per la qualità dell’articolo che è scritto davvero bene.
Anche la selezione è abbastanza buona, e condivido appieno l’opinione che la Ultimate – Play the Game abbia lasciato il segno.
Poi, dico la mia e cioè che avrei inserito assolutamente :
”The Hobbit” ( Melbourne House, 1982 );
”Alchemist”, ( Imagine, 1983 );
”Deathchase” ( Micromega, 1983 );
”Ant Attack” ( Quicksilva, 1983 );
”Boulder Dash ( Front Runner, 1984 );
”Pyjamarama” ( Micro-Gen, 1984 );
”Dun Darach” ( Gargoyle Games, 1985 );
”Movie” ( Imagine, 1986 );
”Marble Madness: The Construction Set” ( Melbourne House, 1986 );
”Batman” ( Ocean, 1986 );
”Head over Heels” ( Ocean, 1987 );
almeno 1 titolo della Vortex, altra software house che ha sfornato solo gioielli.
( sì, lo so … ”Batman” è il meno meritevole, ma ci giocai un bel po’ di ore ).
Ciao.
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