Il recente annuncio del nuovo capitolo di Assassin’s Creed ha nuovamente alimentato l’hype per le ambientazioni norrene. A dire la verità, in ambito videoludico ed entertainment in generale, “il vichingo” non è mai passato di moda e negli ultimi anni ha visto un crescente interesse grazie anche alla fortunata serie TV Vikings (dalla quale il nuovo AC:Valhalla sembra trarre ispirazione) che racconta, in chiave romanzata, una delle saghe più celebri del popolo scandinavo. L’indiscusso fascino dell’ambientazione vichinga spesso attinge da una lunga serie di luoghi comuni marchiati a fuoco nel nostro immaginario collettivo. Stereotipi che spesso non si sono rivelati veritieri, se messi a confronto con le pochissime testimonianze scritte, cronache di qualche secolo successivo e rilevamenti archeologici. Vediamone alcuni, in attesa di confrontarli con i fatti narrati da Assassin’s Creed:Valhalla.
Il primo è facile facile e ben noto ormai al pubblico, nonostante l’elmo cornuto sia ancora un apprezzatissimo souvenir dei paesi del nord e indossato da buona parte dei tifosi di calcio allo stadio durante le partite di una nazionale scandinava. Per non parlare dell’attitudine assolutamente non-sense di indossarli durante il raduno leghista di Pontida. Ma forse molti non sanno l’origine di questa errata attribuzione. Questo falso storico ha visto la luce durante il Romanticismo ottocentesco, in particolare dalle rappresentazioni wagneriane. Ma c’è qualche fondo di verità: secondo alcuni ritrovamenti archeologici, pare che il copricapo cornuto fosse realmente diffuso tra il popolo norreno, ma come indumento indossato dalle figure religiose durante i cerimoniali, come viene anche mostrato all’inizio del trailer di Assassin’s Creed:Valhalla.
Con il termine “norreno” s’indicava un abitante della Scandinavia meridionale e parte della Germania settentrionale. Non faceva parte di un popolo unito e compatto se non per l’omonimo ceppo linguistico indoeuropeo. La maggior parte di essi si dedicava all’agricoltura ed al commercio. Non era escluso che, tra i prodotti messi in vendita, vi fossero beni provenienti dalle razzie da parte di una cospicua parte dei norreni che viveva nelle baie e svolgeva attività piratesche, che noi conosciamo appunto con il nome di vichinghi. Ovviamente, come gli abitanti del medioevo non si autodefinivano medioevali, così come Kurt Cobain non affermava di suonare grunge, i pirati scandinavi non chiamavano sé stessi vichinghi. Anche se l’etimologia è ancora incerta, il termine più accreditato è legato alla traduzione di vik con baia, insenatura o fiordo. Ad ogni modo, norreno e vichingo non sono sinonimi.
Secondo l’immaginario collettivo i vichinghi vengono spesso descritti come dei possenti guerrieri di altezza compresa tra il metro e ottanta e novanta. Non fa eccezione Eivor, protagonista di Assassin’s Creed:Valhalla. Gli scavi archeologici avvenuti in Scandinavia hanno rinvenuto corpi che difficilmente superavano il metro e settanta per gli uomini, sessanta per le donne. Lo stereotipo del gigante norreno nasce forse dal fatto che si trattasse di un’altezza comunque rilevante per l’epoca, specialmente se confrontata con la media dell’Europa meridionale, a cui si deve buona parte della cronaca del tempo. Il colore dei capelli tendeva mediamente sul castano ma pare che molti praticassero una sorta di decolorazione tramite preparati a base di soda caustica, sego e cenere, ma non per motivi estetici bensì per tenere lontani parassiti come i pidocchi. Questo ci introduce al prossimo punto.
Su alcuni siti archeologici sono stati rinvenuti svariati utensili e prodotti per la cura della persona che smentiscono il mito del vichingo rozzo, trasandato e poco pulito. Era molto diffuso l’uso di pettini, pinze, forbici e rasoi ma anche saponi e detergenti. In effetti, il personaggio di Assassin’s Creed:Valhalla sembra avere un’acconciatura ed una barba ben ordinate, non trovate? Pare inoltre che facessero uso di sorgenti termali e fossero consapevoli delle relative qualità antisettiche ed anti-infiammatorie.
E’ una credenza assai diffusa quella del popolo vichingo come uno degli ultimi baluardi del paganesimo e nemico giurato del culto cristiano. Questa è stata anche, più o meno, la giustificazione dei numerosi atti vandalici nei confronti delle chiese scandinave durante il periodo d’oro del black metal norvegese nei primi anni ’90. C’è chi ha considerato la conversione al cristianesimo anche come un passaggio fondamentale per la civilizzazione del rozzo popolo scandinavo pagano da un lato, o la fine dell’indomito e fiero popolo vichingo dall’altro. Entrambe le affermazioni, così come quella precedente, sono da considerarsi poco attendibili. Delle pratiche e credenze religiose vichinghe sappiamo molto poco e le prime cronache che ne parlano si attestano intorno al XIII secolo. Molti norreni votati al commercio oltre ai prodotti importavano anche molti aspetti culturali delle terre visitate, tra cui le influenze religiose. Ricchi mercanti ed altre forme di aristocrazia norrena avevano quindi assimilato spontaneamente il messaggio cristiano dando forma a culti ibridi. Una tendenza non così rara all’epoca. Il cristianesimo era quindi tollerato anche prima del IX secolo ed i monasteri venivano attaccati e saccheggiati in quanto stracolmi di ricchezze mal custodite. E’ bene precisare che l’intolleranza religiosa è stata bensì introdotta proprio dal cristianesimo.
Spesso le legittime battaglie per i diritti civili vengono strumentalizzate da tentativi di riscrivere la storia allo scopo di trovare nel passato esempi lampanti per portare avanti una battaglia ideologica. Queste azioni spesso portano, a mio avviso, a teorie becere o poco attendibili che rischiano di creare l’effetto contrario.
Le poche informazioni fornite dalle fonti storiche non negano affatto la presenza femminile nelle razzie e descrivono una condizione più favorevole rispetto alle donne dell’epoca, specialmente dell’Europa meridionale. Tra i diritti civili concessi vi era il divorzio, l’eredità e la condanna per molestie ed atti di violenza. Ma la società vichinga era prevalentemente patriarcale. Molti ruoli, che avevano grande rilevanza a livello sociale, erano conferiti esclusivamente alla figura maschile. La maggior parte delle donne vichinghe si sposava già in adolescenza ed era solita dedicarsi alle cure domestiche, in particolar modo durante i periodi delle scorribande. In Assassin’s Creed:Valhalla è comunque confermata la possibilità di scegliere e combattere con un personaggio femminile.
Come per le vicende di Re Artù nel mondo celtico, la saga di Ragnar Lothbrok affonda le proprie radici tra mito e realtà storica. Se il sovrano di Camelot è una figura pop per eccellenza e tra i principali archetipi letterari occidentali, la fama dell’eroe vichingo è cresciuta in modo esponenziale solo negli ultimi anni grazie a Vikings. Il personaggio di Ragnar, alimentato dalla popolare serie televisiva, si identifica con un guerriero/contadino norvegese, pioniere delle scorrerie in occidente, nei territori delle attuali Francia e Inghilterra. Le leggende tramandate sino ad oggi, da cui Vikings prende spunto, parlano invece di un regnante danese di origini ignote e scaltro condottiero durante le prime incursioni in Inghilterra nella seconda metà dell’800. Quindi non era presente, né tanto meno l’ideatore, del primo assalto vichingo documentato, ovvero quello ai danni del monastero di Lindisfarne (793 d.C.), come la serie racconta. E non era ovviamente fratello di Rollo, o Rollone, condottiero normanno realmente esistito.
Una delle figure più iconiche dell’immaginario vichingo è quella della celebre imbarcazione con la sagoma di un drago sulla prua. Questa creatura mitologica si traduceva in antico norreno con dreki. E dovrebbe essere questo il nome assegnato agli scafi da battaglia e non drakkar, che nasce da un errore di trascrizione dal francese, probabilmente generato da drekar, ovvero il plurale di dreki.
Restando in tema nautico, oltre che per gli spostamenti la barca era protagonista dello struggente rito funebre di un valoroso guerriero. D’altra parte la figura del vichingo è strettamente legata al tema dell’imbarcazione e non poteva mancare durante le onorificenze di un valoroso caduto in battaglia. Quest’affermazione corrisponde quindi a realtà, ma non come siamo abituati a vedere da film, serie e videogiochi: una nave funeraria, ospitante il feretro e le sue armi, lasciata andare alla deriva e colpita successivamente da una freccia infuocata per bruciare completamente lo scafo ed il suo passeggero (vi consiglio caldamente la versione mostrata nella serie parodia “Norsemen”). Una cerimonia che, oltre ad omaggiare il defunto, era considerato una passaggio fondamentale per l’accesso al Valhalla. Gli scavi archeologici hanno rilevato che le navi funerarie venivano in realtà seppellite sotto terra con il cadavere secondo una precisa disposizione ovvero da nord verso sud.
Secondo uno degli stereotipi più negativi, i vichinghi si distinsero dagli altri popoli per la loro spietata ferocia, che sfociava durante le razzie in cui, a quanto pare, stupravano le donne e sterminavano indiscriminatamente gli abitanti delle località saccheggiate. Ma la violenza non è parte della storia vichinga, ma della storia stessa, anche la più recente. Così come non è sempre così ovvio stabilire una distinzione tra buoni e cattivi, barbari e civilizzati, colpevoli e innocenti. Lo erano forse i contemporanei Franchi di Carlo Magno, che decapitarono per volere del sovrano 4500 Sassoni perché rifiutarono la conversione al cristianesimo? O qualche secolo più tardi Federico Barbarossa che radeva al suolo intere città come avvertimento e affermazione della propria supremazia? Di sicuro quello vichingo non è stato l’unico popolo ad aver usurpato beni altrui usando la violenza, se necessario.
Tra l’altro, non sono state rare le violente incursioni ai danni del popolo scandinavo a partire dal celebre Massacro del giorno di san Brizio del 1002 nei confronti dei danesi, ordinato dal regnante inglese Æthelred.
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Ottimo approfondimento. Adoro questo genere di contenuto, collaterale all’argomento che più ci interessa nel nostro tempo libero. Viva Gameplay Cafè!
Grazie Peter!
Articolo molto interessante. Letto tutto d’un fiato
Grazie mille