Death Stranding alla Gamescom 2019: i trailer che fanno pipì

Kojima alla GamesCom di Colonia 2019. I trailer narrativi e di gameplay di Death Stranding che non portano molte novità esclusa la pipì.

Editoriale di Francesco Pagano

Kojima sul palco fa sempre notizia. Come una specie di rockstar, il buon Hideo sta facendo il suo tour promozionale per Death Stranding, la sua ultima sinfonia pronta a farsi apprezzare questo autunno in esclusiva su PlayStation 4. Alla Gamescom 2019 di Colonia sono stati ben tre i trailer messi in mostra sul palco del Opening Night Live della fiera tedesca accompagnati da un compiaciuto Kojima. Così come abbiamo fatto qualche mese fa con il precedente corposo video, analizziamo con attenzione i tre video e quanto detto Kojima sul palco e cerchiamo di capire cosa portano in più alla nostra fame di Death Stranding.

Mama e la cruda ordinaria maternità

Prima clip tutta dedicata al personaggio di Mama, interpretato da Margaret Qualley. Una clip brevissima ma di grande impatto. Sam entra in un capannone e subito incontra un acchiappasogni da culla per bambini attorno al quale appaiono i segni di una entità dell’altro mondo, che abbiamo imparato a riconoscere per le impronte di mani che appaiono. Pericolo quindi? No. A rassicurare arriva Mama che con una naturalezza cinica raccoglie in grembo quello che si può riconoscere come lo “spettro” di un bambino.

La donna lo culla e poi lo lascia di nuovo andare in sospensione in aria. In quel frangente si nota chiaro il segno etereo di un cordone ombelicale che collega il feto alla donna. Sarà proprio lei a chiarire che quello è il suo bambino e che è quello il motivo per cui non può lasciare quel posto dando a intendere che le proiezioni dei bambini dell’altro mondo sono forse collegate a luoghi specifici come dei fantasmi.

Sullo sfondo ci sono veicoli e attrezzature varie che fanno intendere che lei lavora all’interno di una specie di officina nella quale con molto probabilità potremo riparare veicoli e equipaggiamento. L’intensità della regia di questa cut scene è davvero fantastica e Mama dà l’impressione di non essere affatto sconvolta dal terrore apocalittico che ammanta la sua vita come quella di tutti gli umani. Nei pochi minuti di video viene fuori una donna pragmatica e molto concentrata sul presente, sicura di sé e con una freddezza negli occhi che può mettere a disagio chiunque. Personalmente credo che possa essere uno di quei personaggi che nasconde una lettura più sociale della narrativa del gioco.

Dead Man e il corriere dei Bridge Baby

Il secondo trailer invece è dedicato al personaggio di Dead Man, avente le fattezze digitali di Guillermo Del Toro. In realtà questo trailer esplica maggiormente alcuni aspetti della trama e dell’agenzia Bridges. Primo tra tutti è l’obiettivo principale di traghettare i Bridge Baby, a quanto pare strappati dal grembo delle madri del mondo reale. Come si potrà realizzare questo inquietante passaggio non è ancora stato chiarito e già mi fa un po’ ribrezzo pensarci.

L’agenzia per cui lavora il protagonista Sam ha proprio il compito di “portatore di vite”. Come spiega Dead Man, la tecnologia di Bridges – quella della capsule in cui sono trasportati i bambini – serve a tenere in vita i feti in un ambiente che simula il grembo materno, ma questa condizione necessita spesso di essere aggiornata e sincronizzata con la madre attraverso la rete del Chiral Network.

Un piccolo spunto di riflessione sul background della storia ce lo dà Sam quando chiede a Dead Man se è possibile recuperare suo figlio. Questo ci suggerisce anche la motivazione più profonda che spinge Sam a compiere questo lavoro: la ricerca del proprio bambino. Dead Man spiega che ci vorranno più dati recuperati e quindi più tempo prima di capire tutti i segreti dietro i Bridge Baby e l’altro mondo.

Nel trailer vengono alla luce altri due aspetti che possono dare qualche input per la trama e il gameplay. Il primo è la consistenza semi-incorporea di Dead Man, che attraversa le pareti e somiglia molto agli “spettri” dell’altro mondo. Del resto il suo nome lascia presagire che egli venga proprio da quel mondo o che ci sia stato e sia poi tornato indietro. Il secondo aspetto è il tempo entro il quale si possono consegnare i Bridge Baby che pare sia limitato e che quindi potrebbe darci delle scadenze entro le quali completare la missione principale – o tutte le missioni –  tenendo quindi sempre alta l’attenzione sul nostro obiettivo durante le fasi esplorative. Vedremo se sarà davvero così.

La misteriosa pipì e le secondarie di collegamento dell’umanità

E poi arriva il grande problema: il gameplay. Ne abbiamo visto davvero poco in questi mesi e tutto molto limitato all’esplorazione e il trasporto dei Baby. Anche alla Gamescom 2019 Hideo Kojima punta sull’esplorazione e su quella che sembra una missione secondaria, sempre legata al compito, assegnato dal Presidente, di collegare gli scampoli di umanità frastagliata dispersi in quelli che erano gli Stati Uniti e che ora sono UCA (United Cities of America).

Il video parte con Sam che si sveglia e poi… espleta le sue funzioni corporali. La pipì – di cui è addirittura segnata la quantità in ml – non è solo un semplice vezzo di Kojima ma, come ha spiegato lui stesso e come mostrato nel trailer, ha anche delle funzioni all’interno del gameplay per ora misteriose. Nel trailer dove Sam ha svuotato la vescica è apparso un fungo con un contorno che presuppone la possibilità di raccoglierlo, ma non è stato raccolto. Chissà cos’altro farà l’urina di Death Stranding.

Successivamente arriva il solito processo di esplorazione di un ambiente bello esteticamente ma obiettivamente un po’ arido e monotono nel panorama. Ed ecco che appare la ormai familiare scala estendibile per arrampicarsi tra le rocce. Tutto troppo già visto. Sul crinale raggiunto appare una specie di avamposto che grida Kojima Production da ogni poro – che poi in realtà è l’Homo Ludens, la “fazione buona” del gioco, che si oppone a Homo Demens, quella corrotta. La missione secondaria si espleta con la consegna di un carico: alcune action figure. Il ricevente ha le sembianze di Geoff Keighley, il presentatore di Opening Night Live e grande amico di Kojima, bella marchetta con tanto di siparietto comico.

Transazione curiosa a parte, quello che colpisce è il menù delle consegne che mostra in basso salute del personaggio, due parametri misteriosi per il Baby, il peso massimo da poter trasportare e quello che si ha addosso in quel momento. Subito accanto anche un contatore di “like” – collegati a quanto pare alle spedizioni – e un altro che forse indica il numero di consegne eseguite. Nel menù si notano anche altre voci riguardo materiali e armadietti personali e condivisi che fanno presagire un potenziale elevato crafting nel gioco.

Altro interessante aspetto di questa parte è la mappa del gioco che pare estendersi in tutto il territorio degli Stati Uniti, con segnati i nodi di contatto del Chiral Network che corrispondono agli avamposti/città rimaste in piedi. Ci possiamo aspettare un mondo di gioco ampio e con chiari riferimenti alle reali città del Nord America. Una chicca: al minuto 4:50 del trailer si vede il Ludens Fan che abbozza con i movimenti la sigla UCA si stile Village People.

Ed ecco la parte che meno mi ha convinto. Sam precipita (volutamente) dall’alto dirupo. Nonostante non sia protetto da alcun casco o simili nè da una corazza, precipita amabilmente sfracellandosi sul costone di roccia. Il risultato è però inaspettatamente deludente: non un segnale che la vita è diminuita, né segni visibili sul corpo di Sam o parti del corpo rotto. Si rialza come se niente fosse e la prima cosa di cui si preoccupa è che il bambino, spaventato, non pianga per evitare di attirare l’attenzione delle creature molto probabilmente. Ecco che Tata Sam prende la capsula e usando i controlli di movimento del controller culla il bambino per tranquillizzarlo. Kojima ha detto che sarà importante capire con che oscillazione e cadenza farlo o non sortirà effetto. Niente bimbo shakerato tipo cocktail quindi, come qualcuno sicuramente ha già pensato di fare. Il tutto si conclude con una discesa di una parte di terreno scoscesa da bilanciare con i dorsali del controller.

La sezione di gameplay mostrata alla Gamescom 2019 è stata un po’ fiacca e priva di mordente. Kojima ha scelto di mostrare un corollario di azioni senza entrare realmente nell’azione, quella ansiogena e dinamica. Come si è saputo in seguito, c’è stato un quarto trailer visibile solo in fiera che ha sviscerato maggiormente la narrazione con, a quanto detto da molti, tante informazioni succose.

Il furbetto Kojima con Death Stranding

Sta di fatto che le meccaniche di gioco di Death Stranding sono ancora una misteriosa e frammentata matassa della quale il furbo Kojima non vuole farci trovare il bandolo. Purtroppo rispetto alle presentazioni passate sul palco di Gamescom 2019 Hideo-san ha fatto un paio di passi indietro per quel che riguarda la comunicazione rendendo il tutto fin troppo già visto, piatto e bizzarro al punto da sembrare un trollata, modus operandi che abbiamo visto più volte usato dal designer giapponese.

In definitiva, non posso negare di essere ancora molto incuriosito dalla narrativa distopica, disturbante e oscura che Hideo Kojima ha messo in Death Stranding. Il protagonista Sam ha dato più volte spunti di riflessione sul dramma interiore e di tutta l’umanità di cui è ammantata l’esplorazione di questo open world. Dietro le pipì al vento e i corrieri da post-apocalisse c’è sicuramente qualcosa di più, tra combattimenti armi in pugno e ansiogene fughe dalle creature dell’altro mondo che sono stati a malapena mostrati in passato.

Kojima non ha mostrato le unghie per quel che riguarda il gameplay di Death Stranding alla Gamescom 2019, e forse il confermato crunch time di sviluppo di questo periodo è un indizio su quando i lavori sulle meccaniche di gioco siano forse un pelo indietro. Per ora il mio preordine è confermato perché sono sempre più convinto che ci sarà materiale per parlare ancora per tanto tempo di Kojima e del suo genio. Il prossimo mese sarà nevralgico per rischiarare i dubbi su Death Stranding.

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