La catena di montaggio Ubisoft

Perché il loro modello produttivo non giova al mondo dei videogiochi

Editoriale di gmg215

Quando si tratta di pianificare le uscite dei propri giochi, Ubisoft ha brevettato un approccio da orologio svizzero. Negli ultimi anni, a partire almeno dall’uscita di Far Cry 3, il calendario videoludico è stato scandito da blockbuster dal grande appeal commerciale: il già citato Far Cry, Assassin’s Creed, Watch Dogs e Ghost Recon, solo per citarne alcuni.

E allora prendiamo il toro per le corna e parliamo del ‘metodo’ Ubisoft: che cos’è, dove ha portato la compagnia e dove la guiderà in futuro.

Far Cry 3, gioco fondamentale della produzione Ubisoft dell’ultimo decennio

Una questione di metodo

Tracciare la storia della “paternità” di queste saghe è un’impresa assai ardua. Al fine di garantire la regolarità delle uscite, infatti, Ubisoft ha l’abitudine di rimpallare queste proprietà intellettuali fra i suoi studi interni. Strutture di sviluppo potenzialmente indipendenti si prestano dunque a sinergie coatte che vengono coordinate dalla casa madre secondo criteri economico-commerciali.

La qualità dei giochi Ubisoft non è oggetto di questa discussione. Il metodo sì

Questa catena di montaggio produce giochi differenti ma inevitabilmente simili. Le idee di design vengono riciclate in contesti narrativi differenti, la struttura ludica si ripete al netto di modifiche incrementali. Persino gli asset grafici spesso trovano ricollocazione in mondi differenti. Il patrimonio di creatività di migliaia di sviluppatori a libro paga di Ubisoft viene cosi diluito in molteplici prodotti che si sforzano di adottare metodi poco invasivi per camuffare un contenuto simile. Attenzione però, perché la qualità di quest’ultimo non è oggetto della presente discussione ma lo è invece il metodo.

Assassin’s creed Valhalla, l’ultimo prodotto della catena Ubisoft

Tempo al tempo

Lasciare i franchise riposare per un numero di anni è un atto di rispetto nei confronti dell’opera: non significa sminuirne il potere commerciale bensì, in molti casi, consente di infondere di nuova linfa vitale giochi che rischiano invece di invecchiare in fretta. Si prenda ad esempio God of War: nessuno avrebbe scommesso sulla rinascita (artistica prima che commerciale) delle avventure di Kratos. È stato necessario il coraggio di Santa Monica Studio, principalmente nella figura del game director Cory Barlog, per rimettere in discussione le basi consolidate della serie, mettendo così a repentaglio la fedeltà di una base di appassionati che contava di sapere esattamente cosa aspettarsi.

Sarebbe assurdo pretendere da Ubisoft lo stesso rischio che si è preso Santa Monica Studio?

Il risultato è sotto gli occhi di tutti. È davvero così insensato desiderare una mossa del genere da parte di Ubisoft? Proprio come Sony, il colosso francese ha (avuto) la possibilità di coltivare negli anni il talento dei propri studi di sviluppo partendo da un’opera di razionalizzazione del loro output. Tanto per fare un secondo esempio in casa del colosso giapponese, Naughty Dog ha impiegato 13 anni a partire dall’uscita del primo Uncharted per giungere a realizzare The Last of Us Parte 2. Il secondo perfeziona in ogni aspetto l’idea ludica introdotta dal primo. In mezzo ci sono state quattro iterazioni (considerando The Lost Legacy in sviluppo parallelamente all’odissea di Ellie) che hanno gradualmente rifinito tutti gli elementi di gioco: dalla gestione della narrativa al gameplay, al motore grafico. Il tempo è un ingrediente essenziale per fare videogiochi tuttavia questo non viene fattorizzato in una catena di montaggio che produce molto ma fatica a migliorare sé stessa nel processo.

Assassin’s creed Odyssey

Qualcosa si muove?

Spesso è oggetto di discussione come lanciare nuove IP sia rischioso. Tuttavia, mantenere una IP in eterno non è da meno. Come in tutti gli ambiti dell’intrattenimento, i gusti delle persone possono cambiare repentinamente a seguito dell’affermarsi di nuovi canoni e nuove aspettative. Solitamente il gruppo minoritario di giocatori hardcore è più irrequieto e assetato di novità rispetto al pubblico maggioritario e casuale. L’assunzione che l’inerzia di quest’ultimo sia poderosa è l’ancora dell’intera strategia commerciale di Ubisoft: il colosso francese ripropone a intervalli regolari lo stesso prodotto – o quasi e in cambio si aspetta di ricevere sempre il medesimo, ricco, risultato. Sarebbe davvero una follia sperare che questo smetta di accadere?

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