La prima Collector’s non si scorda mai!

Soldi buttati o benedetti? Parliamone insieme!

Editoriale di Salvatore Cardone

L’evoluzione videoludica cui abbiamo assistito negli ultimi anni è un qualcosa di più complesso di ciò che può sembrare. Dietro al semplice acquisto di un videogioco, si sa, c’è molto di più, sia dal punto di vista del distributore sia – e soprattutto – da quello del consumatore. La società è cambiata, i tempi sono cambiati. Anche i gusti delle persone hanno seguito lo stesso percorso. Questo ha portato inevitabilmente alla genesi di un modo tutto nuovo di concepire il rapporto tra il produttore ed il consumatore.

Che ci piaccia o no, ormai l’andazzo è quello: DLC, espansioni – gratuite o meno – e giochi distribuiti quasi a rate rappresentano la regola. Difficile, se non impossibile, immaginare un cambiamento sotto questo aspetto, almeno nel breve periodo.

In questa nuova realtà fa la sua comparsa anche un altro giocatore, uno di quelli che guadagnano di più, per intenderci, ma che sa fare la differenza: le Collector’s Edition.

Il binomio action-figure e videogiochi è sempre stato di grande rilevanza. Il vero colpo di genio è stato quello di unificare le cose, proprio con la creazione delle edizioni da collezionista. Questo anche perché riuscire a reperire un gadget o un statuina del nostro personaggio dei videogiochi preferito non risulta cosa semplice.

Non soltanto action-figure, però: le collector’s edition spesso offrono dei contenuti di diversa natura. Qualche volta riescono anche a sorprenderci. Sicuramente, una delle edizioni da collezionisti più riuscite degli ultimi anni è quella di Ni No Kuni 2, che contiene tra le altre cose uno splendido carillon.

La diffusione di queste edizioni speciali, quindi, passa un po’ anche per le nostre mani. Inutile negare che ormai la prima reazione all’annuncio di un nuovo titolo è quella di controllare quanto costa e com’è fatta l’eventuale collector’s.

Personalmente, il mio rapporto con le Collector’s è iniziato forse troppo tardi, ma ad oggi risulta carico di soddisfazioni. Non nego di aver speso davvero tantissimi soldi in edizioni speciali varie, specialmente con l’avvento dell’attuale generazione di console.

Basti pensare che, soltanto nello scorso anno, ho messo mani al portafogli in sette diverse occasioni per portare a casa le varie Collector’s sulle quali avevo posato gli occhi. Non nascondo che, in diverse occasioni, mi è sembrato un po’ di sperperare “inutilmente” i miei risparmi. Spesso e volentieri, tale sensazione è scaturita da una questione meramente economica. Acquistare un edizione speciale, che quasi sempre ha il costo di almeno due giochi diversi, può voler dire sacrificare altre cose. Quando si tratta di videogiochi, però, la mia volontà sarebbe quella di acquistarli tutti, ma questo è un discorso a parte.

È impossibile negare il fatto che, specialmente in alcuni casi, queste edizioni hanno un costo veramente proibitivo, che non tutti possono sostenere. Questo però non ha fermato la loro espansione: al giorno d’oggi è praticamente logico aspettarsi un’edizione da collezione praticamente per ogni singolo gioco. Persino i giochi sportivi si sono adeguati, a testimonianza di quanto questa nuova tendenza abbia lasciato il proprio segno.

Intraprendendo un breve viaggio all’interno del viale dei ricordi, non posso non rimembrare la mia “prima volta”. Era una torrida estate, nel “lontano” 2013, e sul mercato stava per arrivare quello che sarebbe poi diventato uno dei giochi più amati di sempre.

Sto parlando di The Last of Us di cui, fiducioso come non mai, decisi di acquistare l’edizione speciale. Ricordo ancora con emozione quel giorno: coinvolsi persino mia sorella ad immortalare l’evento, per ricordarlo e un po’ anche per pavoneggiarmi della cosa. Da lì in avanti l’abitudine è rimasta. Quando proprio non mi è possibile acquistare la più costosa delle edizioni, almeno una Steelbook Edition dev’essere mia.

Da ciò si evince quanto per me l’acquisto di un videogioco sia una questione prioritaria. Tutto ciò che riguarda la sfera ludica rappresenta per me un qualcosa di scontato e quasi doveroso, ma mi rendo conto che non può essere lo stesso per tutti.

Il fenomeno “Collector’s” ha raggiunto, cl tempo, vette qualitative e di diffusione elevatissime. Questo però non significa che si tratta di un qualcosa che va veramente bene a tutti. Ci si rende conto che, per diverse ragioni, non tutti sono favorevoli all’acquisto delle suddette edizioni. Vuoi per mancanza di spazio o per una questione puramente economica o semplicemente perché si predilige il mercato del digitale, non tutti amano le Collector’s.

La diversità insita in ognuno di noi, quindi, fa nuovamente – e fortunatamente – la propria comparsa, ricordandoci ancora una volta che è davvero bello essere diversi.

E voi da che parte siete? Parliamone insieme!

 

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