Quando il mondo si fermava per Goldrake…

Quarant'anni fa il personaggio creato dal genio di Gō Nagai faceva il suo esordio sulle TV italiane: lo celebriamo in un articolo speciale fatto di ricordi e nostalgia

Editoriale di Massimo Reina

Pochi giorni fa, il 4 aprile, si sono festeggiati i quarant’anni dalla prima messa in onda in Italia dell’anime UFO Robot Goldrake, che segnò una piccola rivoluzione nei costumi e nell’intrattenimento nel nostro Paese. Il successo di quel cartone animato giapponese e di tutti quelli che lo affiancarono o seguirono, infatti, servì a sdoganare un genere fino ad allora “indirizzato” solo ai bambini. Gli anime trattavano tematiche spesso adulte, erano prodotte in serie e adottavano linguaggi visivi differenti rispetto ai canoni imposti dalle edulcorate produzioni occidentali come quelle di Disney o di Hanna & Barbera, raccontando storie e vicende prima impensabili per il settore.

E come accade spesso alle novità più deflagranti, di quelle che suscitano subito un grande impatto sulle nuove generazioni e non vengono sempre capiti nell’immediato dalle vecchie, Goldrake scatenò feroci polemiche, interpellanze parlamentari per cancellarlo dai palinsesti e perfino l’accusa di influire negativamente sulle menti dei più piccoli, spingendoli a compiere gesti estremi e violenti. Come decenni prima si era detto del rock’n’roll e in futuro si sarebbe detto dei videogiochi.

Fin da piccolo ho avuto un certo trasporto per i robot, anche se non in maniera smodata. Come molti della mia generazione, del resto. Avevo circa sette anni quando i miei genitori me ne regalarono uno giocattolo; credo fosse della GIG, di quelli fatti tutti in un blocco, con delle rotelline sotto ai piedi per farlo camminare, e suoni e luci incorporate per “animarlo”. Di anni ne avevo invece qualcuno in più quando mi donarono una serie di gadget marchiati Fabianplastica e Atlantic, legati proprio a uno dei miei personaggi preferiti, Goldrake. Un modo per alimentare ulteriormente la passione che nutrivo per il personaggio di Go Nagai, nata alle 18.45 di martedì 4 aprile del 1978.

All’interno del programma-contenitore “Buonasera con…” su Rete 2 (l’odierna RAI 2), uno di quelli che mostravano serie a cartoni animati, telefilm e momenti di varietà, la conduttrice Maria Giovanna Elmi presentò per la prima volta l’indimenticabile Atlas UFO Robot, come veniva chiamato in origine l’anime nel nostro Paese. Il suo fu un trionfo immediato: i protagonisti, Actarus e i suoi amici, entrarono di prepotenza nelle case di milioni di italiani per non uscirne mai più, rimanendo per sempre nel cuore di tanti bambini, che anche dopo essere diventati adulti, finirono per rimanervi legati affettivamente.

E come poteva essere altrimenti: Goldrake rappresentava il sogno a occhi aperti di ogni ragazzino, un robottone gigantesco che difendeva la terra dagli alieni, solo contro un intera armata di mostri. Certo, non tutti lo vedevano di buon occhio, come scritto all’inizio: se da un lato la maggioranza dei vertici della RAI erano generalmente soddisfatti, visti gli elevati indici di ascolto, e i giovani, come detto, ne erano entusiasti, molti genitori si mostrarono di contro perplessi, preoccupati dalla violenza presente nell’anime, che a loro modo di vedere poteva sviare le menti dei loro figli. Qualche esponente di sinistra lo definì addirittura “fascista”.

Tutto inutile: la Goldrake-mania dilagava e continuò a farlo anche negli anni a venire, con le repliche e con l’arrivo agli inizi degli anni ‘80 dei suoi “fratelli maggiori”, Mazinga Z (trasmesso da Rete 1, cioè l’attuale RAI 1) e Il Grande Mazinga (emittenti locali). A quell’epoca andavo ancora alle scuole elementari, e quei cartoni animati avevano avuto un impatto molto forte anche sui miei compagni di classe. Armati di decine di accessori tutti griffati con le effigie dei nostri beniamini, dalle cartelle ai quaderni, dalle sovracopertine dei libri alle penne, fino alle gomme e ai portacolori, aspettavamo impazienti la ricreazione per giocare imitando i nostri eroi e discutere della puntata della sera prima; per noi era diventata quasi un momento liturgico nel quale celebrare la nostra passione.

Era infatti in quei momenti che nei corridoi o nel cortile della scuola, maschietti da un lato, femminucce dall’altro, rigorosamente divisi da una sorta di infantile sessismo, come se fossimo due universi a parte e incompatibili (beata ingenuità) discutevamo di Goldrake, Actarus e del comandante Gandal.
Ma anche di Mazinga, di Koji Kabuto (che all’epoca non sapevamo fosse in realtà lo stesso personaggio chiamato Ryo Kabuto e Alcor!), di Sayaka Yumi e delle sue forme (ebbene si, c’era già qualcuno più precoce degli altri fra di noi). E fra una battuta e l’altra, il dibattito si accendeva sulla potenza dei robot terrestri o su quella dei mostri di Re Vega, appena addolcito da una Kinder al latte o insaporita da un panino con prosciutto e sottilette, e innaffiato da alcuni sorsi di succo d’arancia (che di arancia aveva ben poco) di quella nota marca di “succhi di frutta” che iniziava a spopolare all’epoca, il Billy. Un vero must per gli anni ‘80, con la sua confezione tetrapak quadrata e la cannuccia a righe bianche e rosse.

Un altro prodotto di cui non si poteva fare a meno era il tegolino del Mulino Bianco. Io personalmente preferivo gustarlo a merenda. Mia mamma cercava di farmi mangiare sano (ebbene si, la tendenza delle madri a propinare cibi nutrienti come frutta e verdura non è prerogativa dei giorni nostri). Ma come tutti i bambini, la mela o il frullato di frutta tornavano direttamente da dove erano arrivati, vale a dire in frigo o in cucina, accompagnati da qualche lamentela e da un’espressione quasi schifata. E al loro posto per magia (e rassegnazione da parte della mamma) spuntava un tegolino, col suo morbido pan di Spagna e il cioccolato che si appiccicava sulle mani e sulle dita, che andavano rigorosamente ripulite con la lingua.

Era un piacere assaporare quella gustosa brioche fatta in un’epoca nella quale il Mulino Bianco non era abitato da quell’antipatica coppia dello spot.

E nemmeno dal Banderas di turno intento a molestare la povera gallina Rosita ma, almeno dal 1982, da un piccolo, umile gnomo mugnaio col nasone e i capelli rossi, che cercava di conquistare la bionda e procace Clementina, che finiva per non vederlo mai. Il modo più dolce per trascorrere il tempo in attesa dell’inizio dei cartoni animati, mentre sulla televisione scorrevano la pubblicità della mitica Girella, con le avventure della tribù di Toro Farcito e del Golosastro,  disegnati e animati da Guido Manuli  della scuderia di Bruno Bozzetto, col suo jingle rimastomi impresso nella memoria, “la morale è sempre quella, fai merenda con Girella”.

Oppure quella dello Sprint, l’allora rivale del Nesquik. Per chi non lo sapesse all’epoca il mondo di divideva in due scuole di pensiero riguardo al “materiale” da utilizzare per insaporire il latte: da una parte la polvere di cacao prodotta dalla Nestlè. Dall’altra, appunto, lo Sprint prodotto dalla Plasmon, con la sua confezione a barattolo arancione, disponibile in due gusti differenti a seconda del colore del tappo (azzurro per la cioccolata, rosso per il sapore simil caffè), sotto al quale c’era sempre una sorpresa.

INFO UTILI

Goldrake è la terza parte di una trilogia composta, nell'ordine, da Mazinga Z, Grande Mazinga e appunto, UFO Robot Goldrake. Tuttavia la serie venne trasmessa in Italia prima delle altre, priva di una manciata di episodi di raccordo e con alcuni nomi cambiati: per esempio il personaggio di Koji Kabuto, che mantiene la sua vera identità nell'adattamento del Grande Mazinga, diventa Ryo in Mazinga Z e Alcor in UFO Robot Goldrake. In questo modo, all'epoca, si perse la continuità narrativa fra le tre storie.

Durata
  • 24 min. a puntata
Struttura
  • 74 puntate (completa)
  • Sigla Iniziale: Ufo Robot (Luigi Albertelli-Vince Tempera-Ares Tavolazzi)
  • Sigla Finale: Shooting Star (Luigi Albertelli-Vince Tempera-Ares Tavolazzi)
  • Sigla Finale 2 (tra gli episodi 26-71): Goldrake (Luigi Albertelli-Massimo Luca-Vince Tempera)

A un certo punto, all’improvviso, terminavano gli spot e partivano le prime note di Ufo Robot, la sigla del cartone animato scritta dal grande Luigi Albertelli su musica e arrangiamento di Vince Tempera e Ares Tavolazzi, e a casa mia, come in quella di milioni di altre famiglie, calava un religioso silenzio: c’era Goldrake, e per venti minuti il mondo si fermava.

 

 

 

Ci sono 2 commenti

EnzoFabio

Io e mia madre lo guardavamo sempre,piaceva quasi più a lei che a me… il tv era in bianco e nero, un 19 pollici senza il telecomando,avevano i tasti vicini allo schermo, ai tempi era un ottimo tv,solo un’anziana signora possedeva un tv a colori in paese,ma senza telecomando…qualche volta ci lasciava vedere la tv a colori…guardavamo ken il falco io e i miei amichetti.Comunque è vero,allora per 20 minuti il tempo si fermava per tutti,adulti e bambini.
W i cartoni anni 80′

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