Spiccioli psicologici: il blocco del giocatore

"Non ho niente da mettermi"

Editoriale di Farow

Febbre, raffreddore, mal di testa, malanni dall’intensità variabile di cui tutti, nel bene o nel male, abbiamo sofferto. Vi è però una patologia tanto comune tra i giocatori quanto meschina: seguendo alla lettera il cliché della donna dinanzi al proprio guardaroba, allo stesso modo noi branditori di pad ci ritroviamo persi nel vuoto cosmico dello scaffale. L’incertezza generata dalla sovrabbondanza di generi lascia presumere che l’assenza di qualsivoglia nuova esperienza sia fatto ordinario. La casistica peggiore però prevede che alla base di questo dilemma esistenziale non vi sia un’effettiva indecisione, bensì una deleteria mancanza di voglia.

Possedere una nuova avventura tra le fila della propria collezione diviene quindi ininfluente, relegandoci vita natural durante a giochini gratuiti e avvezzanti per PC e cellulari. Fortunatamente tale purgatorio possiede – in base ai gusti e alle esigenze di ognuno di noi – una data di scadenza: l’uscita del titolo più atteso dell’anno. Le spropositate aspettative riposte in questo agognato appuntamento detengono, in genere, il potere di spronare l’individuo e interrompere la degenza di cui sopra. Come si è arrivati quindi a questa condizione? Per meglio comprendere il processo che porta all’annullamento degli stimoli ludici, prenderemo in analisi tre scenari: la crisi scatenata dalla similarità di genere, il sovraccarico e infine la delusione. Truccati alla freudiana maniera e assunto un improbabile accento germanico, esploriamo assieme i meandri della psiche videogiocante.

Similarità di genere:

Inserire un disco all’interno della console o avviare il gioco sul desktop fa parte dello svago quotidiano, grazie al quale si stempera il logorio della vita moderna. Alcuni di questi rimedi ci intrattengono per un numero risicato di ore – se necessario, anche piccole manciate di minuti – mentre altri immergono il giocatore in nuovi mondi. Principi di quest’ultimo esempio sono i giochi di ruolo: appartenenti alla scuola occidentale o di stampo prettamente nipponico, gli RPG sono in grado di rapire l’utente per una quantità spropositata di tempo, talvolta anche per interi mesi. Il grado di coinvolgimento è direttamente proporzionale all’accuratezza nei dettagli, alla vastità dell’universo di gioco e alla qualità della narrazione.

Ottenere il famigerato trofeo di platino in The Witcher 3 è un’esperienza indubbiamente provante, seppur soddisfacente. Per tale motivo, riposte nel cassetto le centinaia di ore spese a macellare mostri e umani, difficilmente – masochismo escluso – troverete la stessa voglia di compiere la medesima impresa con un titolo di genere affine. Nel novembre del 2016, il sottoscritto trovò infatti non poche difficoltà nel superare i primi istanti di gioco in Final Fantasy XV, proprio perché proveniente da un interminabile viaggio attraverso le paludi del Velen. Ciò non vuole assolutamente sminuire le capacità della progenie di casa Nomura-Tabata, bensì sottolineare come focalizzarsi fin troppo su di un unico archetipo ludico possa limitare notevolmente la nostra voglia di proseguire. Così come una buona dieta prevede che si consumi poca carne in settimana, allo stesso modo è bene che si alternino gli immensi giochi di ruolo con prodotti più piccoli e meno dispendiosi. È lecito che ognuno di noi abbia preferenze diverse e ritrovi soddisfazione in un particolare genere. Bisognerebbe però bilanciare intelligentemente i propri interessi, alimentando la curiosità nei confronti di prodotti differenti, i quali potrebbero offrirci esperienze altrettanto entusiasmanti.

Sovraccarico:

Alla pari di altre passioni, anche i videogiochi richiedono il sostenimento di spese più o meno grandi. Per ammortizzare le uscite, si tende a ricercare l’offerta più succulenta, tenendo d’occhio rivenditori fisici e online. Acquistare dall’estero in passato ha fatto la felicità di molti, mentre altri hanno preferito mantenersi sul mercato nostrano. I meno abbienti tentano in genere di accaparrarsi quel singolo titolo tanto atteso, rinunciando ad acquisti non necessari. Capita però che affari particolarmente vantaggiosi o condizioni economiche permissive consentano di riporre sul ripiano più di un prodotto. Come procedere in tali scenari? Giocatori non proprio navigati e dall’euforia facile potrebbero cadere nel vecchio tranello del sovraccarico ludico.

Avviata una nuova partita e superate le prime ore gioco, la nascita di un’irresistibile curiosità nei confronti degli altri possedimenti parrebbe inevitabile. Si estrae il disco, se ne inserisce un altro: un’alternanza infruttuosa impedisce di concentrarsi concretamente, finendo col non portare a termine nessuna delle avventure. A Napoli direbbero: “Hai perso Filippo e il panaro“, traducibile con: “Per la tua scelleratezza, non hai avuto nè l’una, nè l’altra cosa“. Gli aficionados della pirateria – non mentite, alcuni di voi nascondono questo lato oscuro – sono maggiormente soggetti a questo tipo di problema. “Il pezzotto” ha fatto sì che procurarsi quantità smodate di videogiochi fosse possibile per tutte le tasche. Raccoglitori ricolmi di dischi masterizzati hanno però costituito un viaggio senza ritorno per costoro, eternamente combattuti circa la scelta da compiere. La moderazione e un procedere ragionato sono la chiave per completare tutto e non perdersi al crocevia.

Delusione:

Eccoci infine giunti all’ultimo punto dei tre elencati nella sinossi. Forse la più fastidiosa delle situazioni, la delusione di grandi aspettative ha il potere di interrompere bruscamente la nostra cavalcata nel mondo dei sogni. Ostacoli evidenti e piccoli capricci personali, come un picchio sul tronco, li ritroviamo puntualmente a tamburellare nella nostra mente. Un rumore così costante e fastidioso è capace di farci riporre il pad sulla scrivania e dire basta, relegando all’oblio ciò che tanto avevamo desiderato. È questo il caso di Horizon: Zero Dawn, il quale per chi vi scrive costituisce ancora oggi una cocente delusione ma non per effettivi demeriti della proprietà intellettuale di Guerrilla, sia chiaro, bensì per la personale incapacità di proseguire l’avventura. La lunga attesa aveva distorto l’immagine del prodotto finale, mentre le vicende tribali narrate durante la prime dieci ore di gioco non hanno fatto altro che aumentare a dismisura la pressione al di sotto del Dartos. La successiva frustrazione invece è da ricercarsi nei tentativi reiterati di riprendere in mano il controllo, dando nuove possibilità ad Aloy e compagni. Come una ciambella in un laghetto, puntualmente questi si sono tradotti in un buco nell’acqua, a causa dei medesimi pensieri e della totale mancanza di voglia nel recuperare qualcosa che avevamo ormai deciso di abbandonare. Proprio il distacco costituisce un punto di non ritorno, il quale segna la perdita l’integrale d’interesse: una volta oltrepassato, sarà molto difficile cambiare idea. Averlo comprato al day one, accecato dalla fiducia, potrebbe non essere stata un’idea brillante.

In conclusione, le tre succitate dinamiche costituiscono uno dei principali antagonisti per il giocatore incallito. Poste lungo un asse cartesiano, queste seguono un climax ascendente d’irreparabilità, il quale vi farà maledire voi stessi, le circostanze e gli investimenti. Drastici o moderati che siano, fortunatamente esistono sempre dei rimedi: raffinare i propri gusti in quanto a generi videoludici, acquistare prodotti con moderazione e informarsi per bene circa quest’ultimi sono valide risposte al nostro dilemma. Ora se permettete, tolti occhiali e baffi finti, torno a giocare a Candy Crush.

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