Il ritorno del Cavaliere Oscuro di Rocksteady

Seconda ed ultima parte del viaggio attraverso la folle trilogia di Arkham

Rubrica di Roberto D'Amore

Eccoci nella seconda parte del nostro viaggio attraverso la follia della trilogia di Arkham (potete trovare la prima parte qui) sviluppata da Rocksteady Studios. Nella prima parte abbiamo visto un’ introduzione al personaggio di Batman, oltre che alla sua protetta, l’oscura città di Gotham. Dopo aver approfondito la trama del primo innovativo capitolo della trilogia, ossia Arkham Asylum ecco che questa volta andiamo a riscoprire il secondo ed il terzo capitolo di questa avventura nella follia, i quali hanno portato la saga allo status di classico vero e prorio ed infine concluso degnamente le avventure del Cavaliere Oscuro. Prima di iniziare vi ricordo che, come nella prima parte, sono presenti spoiler per i giochi trattati e anche per i riferimenti fumettistici fatti, per cui fate attenzione. Ora senza indugiare ulteriormente, addentriamoci di nuovo nei meandri di Arkham, che ora non sono più i corridoi cupi ed angusti del primo capitolo, bensì le strade desolate e pericolose della città prigione di Arkham City.

Arkham City

Nell’ottica di Rocksteady Studios, Arkham City doveva essere il capitolo che riprendeva tutto quello che c’era stato di buono in Asylum per renderlo migliore, più fludio e, soprattutto, più grande. L’obbiettivo si può dire che sia stato raggiunto sotto ogni punto di vista, sia quello del gameplay, sia quello della storia. Come dicevamo nell’introduzione, le vicende di questo seguito non sono più ambientate all’interno delle strette e anguste mura del manicomio criminale di Arkham, ma si sono spostate in un diverso tipo di penitenziario. Secondo l’idea dell’ex direttore del manicomio Quincy Sharp, ora divenuto sindaco di Gotham, i criminali non possono essere più rinchiusi nel fatiscente manicomio di Arkham, bensì vanno rinchiusi in un area delimitata della zona vecchia della città, rinominata per l’occasione Arkham City, dove possono essere tenuti più facilmente sotto controllo. All’interno delle mura di Arkham City i criminali sono lasciati quasi indisturbati, eccetto che per alcune limitazioni nel non poter possedere armi e nel dover rispondere alle guardie mercenarie, oltre che al direttore, lo psicologo Hugo Strange.

Nei fumetti non si è mai affrontato un concept così particolare come quello ideato per questo titolo. L’idea di fatto diventa interessante perché permette di esplorare di nuovo il concetto della reclusione di Batman insieme ai suoi più temibili avversari, senza però dover riprendere l’idea dell’ennesima evasione (che a questo punto sarebbe anche stata ridondante). A rendere ancora più succosa questa premessa ci sono diversi misteri riguardanti la struttura di Arkham City, come degli oppositori al progetto rinchiusi nella struttura, o i criminali pesantemente armati contro il regolamento, o ancora il mistero del Protocollo 10 che ci accompagna per tutto il gioco. Se andiamo a mettere insieme tutti questi elementi ecco che le implicazioni di questo nuovo setting offrono più di qualche interessante spunto narrativo.

Un punto degno di nota è proprio il concetto della “terra di nessuno”, ossia una zona in cui non vige alcuna legge, se non quella che si creano i suoi abitanti. Tale concetto è forse quello che più si avvicina a racchiudere il tema fondante di Arkham City, oltre che il titolo di una celebre saga legata all’uomo pipistrello da cui trae, in parte, ispirazione questo gioco. La saga Terra di Nessuno (vari autori) inizia con uno sconvolgente terremoto, che provoca ingenti danni e isola completamente Gotham dalla terra ferma a cui normalmente è collegata. Incapace di ristabilire l’ordine il governo americano decide di dichiarare la città “terra di nessuno” e di rinunciare a fornire aiuto ai suoi cittadini, lasciandoli di fatto in balia di loro stessi. Da questo catastrofico evento si vengono a creare numerose situazioni surreali e cambi di potere all’interno della città. Tali cambiamenti in una comunità non più governata dalle leggi comuni dello stato di diritto, costituiscono proprio il legame che unisce questa famosa saga con Arkham City.

Come per Asylum, Rocksteady non si è adagiata sulle glorie di un saga classica di Batman, ma ha preso soltanto ispirazione dal suo tema fondante per poi spostare il resto della narrazione su un binario completamente diverso. Nel gioco che stiamo trattando non è un evento catastrofico a creare questa situazione al limite, ma è la distorta visione di Hugo Strange, il quale inizia una sorta di esperimento sociale a cui vengono sottoposti i detenuti. Strange è ben consapevole che in un tale ambiente, quelli che erano i boss della criminalità di Gotham, come Joker, Pinguino e Due Facce sono in grado di ottenere lo stesso tipo di potere all’interno di Arkham City, controllando i loro uomini, assumendo sicari, ma soprattutto facendosi la guerra l’un l’altro e potenzialmente eliminandosi a vicenda, pur di affermare il loro dominio nella prigione.

Da quanto appena detto diventa evidente come Hugo Strange non è soltanto un semplice psicologo, ma un personaggio molto più complesso di quanto sembri. Lo sa Batman e lo sanno i giocatori, già dalle scene iniziali in cui il direttore di Arkham City non si fa problemi a rivelare ad un inerme Bruce Wayne di conoscere la sua identità segreta e che è intenzionato a dimostrargli come Batman sia inutile per salvare Gotham, se non persino dannoso per la città stessa. Procediamo per gradi e approfondiamo prima questo personaggio, per poi procedere alle sue idee.

Hugo Strange è uno dei personaggi meno noti nella galleria di avversari di Batman, con poche apparizioni al di fuori dei fumetti (tra le più importanti possiamo citare la sua presenza nella serie tv Gotham), ma non per questo uno dei meno importanti. In ogni sua incarnazione il personaggio è sempre caratterizzato da una folta barba grigia ed ispida, cranio rasato, un lungo camice bianco e degli occhialetti circolari. La sensazione che questo abbigliamento trasmette, insieme a dei modi calmi e distaccati, è quella di un uomo freddo e calcolatore, sensazione che viene arricchita da una nota più sinistra quando lo psicologo inizia ad esporre le proprie idee.

Come in ogni sua apparizione rimane sostanzialmente invariata la sensazione sgradevole che questo personaggio trasmette, così non cambia la sua convinzione che lo stato in cui versa la città di Gotham debba cambiare e che Batman sia una minaccia per la città stessa. Riconosciuto nel Cavaliere Oscuro il fulcro del problema, Strange sfrutta il suo intelletto sviluppato e le sue conoscenze come psicologo per cercare di estromettere il fattore “uomo pipistrello” dall’equazione di Gotham. Tanto è l’impegno e l’ossessione nel perseguire la sua teoria da spingerlo a ideare dei veri e propri piani criminali per eliminare Batman, finanche ad arrivare a trasformarsi in uno dei pazzi che cerca di fermare pur di riuscirvi. Il culmine di questa sua discesa nella follia è quando il buon dottore finisce addirittura per assumere la finta identità di Batman, convinto, in pieno delirio di onnipotenza, di poter essere un miglior vigilante per Gotham.

L’idea di fondo del personaggio di Strange, ossia che Batman sia dannoso per Gotham, non è però tanto folle, e non è legata solamente a questo personaggio. Nel corso del tempo numerosi sono stati i critici che si sono posti come problema la questione se di fatto Batman fosse o meno salutare per la città che si presta a proteggere. Il più delle volte Batman non affronta minacce esoteriche o nemici potentissimi provenienti dallo spazio, ma combatte contro criminali di strada, mafiosi e psicopatici, sostituendosi di fatto alle forze dell’ordine che dovrebbero proteggere Gotham. I suoi metodi brutali per arrestare i criminali non sarebbero mai tollerati nei luoghi di legge e in alcuni casi sarebbero addirittura in piena violazione dei diritti umani. Alcuni critici arrivano anche ad interrogarsi sul perché Batman non fornisca i propri strumenti alla polizia di Gotham per aiutarli a tenere sicura la città e soprattuto si chiedono se la sola presenza di Batman non sia di fatto l’agente scatenante che da il via a certi individui malati per adottare una seconda identità e darsi al crimine.

Persino alcuni autori hanno riconosciuto queste problematiche, primo fra tutti proprio Frank Miller, il quale nel già citato Il Ritorno del Cavaliere Oscuro, espone la teoria per cui senza Batman, non vi è Joker, in quanto, all’interno storia, dal ritiro del supereroe, il folle giullare non ha più dato segni di pazzia, salvo poi ricominciare proprio quando Batman si ripresenta sulla scena. Di contro l’autore propone una situazione generale di Gotham, per cui il ritorno di Batman si rende necessario, vista l’incapacità della polizia nel risolverla senza aiuti particolari. Come lui molti altri autori sono convinti che anche se Batman non è un eroe, nel senso classico del termine, è quanto di più vicino ad esso si possa trovare a Gotham e, nonostante le criticità sollevate in precedenza, egli è l’unico che possa caricarsi una tale responsabilità e compiere un’ impresa disperata senza mai attraversare quella sottile linea su cui cammina costantemente.

Parlando della sottile linea tra antieroe e criminale è giusto menzionare la conclusione di Arkham City in cui questo discorso diventa il punto cardine degli eventi. Batman si pone sempre come unica linea morale di non uccidere i propri avversari, per non diventare egli stesso uno dei killer che ha giurato di fermare, anche quando la situazione lo richiede a gran voce. Uno di questi casi è proprio sul finale di questo gioco, dopo che Batman e Joker hanno lottato per ottenere l’antidoto che li può salvare dal sangue infetto di quest’ultimo. I due si ritrovano a discutere per l’ennesima volta sul loro rapporto e su come ogni loro scontro sia parte di un ciclo infinito in cui il clown evade, uccide molte persone e provoca enormi danni, Batman lo ferma e tutto ricomincia dal principio. Alla fine, nonostante tutto, Batman lo avrebbe comunque salvato perché altrimenti tra loro due non ci sarebbe stata alcuna differenza e questa è una scelta più difficile di quanto possa sembrare.

Arkham Knight

Dopo un primo capitolo dalle interessanti premesse ed un seguito che solidifica lo status di Batman anche come grande icona nel mondo videoludico, ecco che arriva la necessità per i ragazzi di Rocksteady Studios di alzare ancora l’asticella per concludere degnamente la saga di Arkham. Per far ciò niente è meglio di una crisi atta a testare le capacità del Cavaliere Oscuro più di quanto qualsiasi sfida precedente abbia saputo fare. Ecco che si apre quindi una guerra su tutti i fronti contro il difensore di Gotham, una guerra che potrebbe definitivamente porre fine al Cavaliere Oscuro, una volta per tutte.

La premessa può sembrare molto semplice, ma nasconde più di qualche insidia. Lo psicologo Jonathan Crane, alias Spaventapasseri, minaccia di rilasciare una versione più potente della sua tossina della paura su tutta Gotham, durante la notte di Halloween. Un test fatto in scala minore in un piccolo ristorante, con effetti drammatici e duraturi sulle vittime, spinge le autorità ad organizzare l’evacuazione della città, lasciandola così di fatto in mano ai criminali. Le uniche forze rimaste a proteggerla sono i poliziotti del GCPD e Batman in persona. Questa premessa viene aggravata dal sopraggiungere di tre condizioni contingenti che complicano notevolmente le cose per Batman ed i suoi alleati, tra cui il commissario Gordon.

Il primo problema è costituito dall’alleato più importante di Spaventapasseri e dalla sua milizia armata e altamente addestrata. L’uomo in questione si fa chiamare Cavaliere di Arkham (l’Arkham Knight che da il titolo al gioco per l’appunto) e oltre ad avere una certa somiglianza con Batman in quanto a vestiario, il Cavaliere di Arkham dice di conoscerlo al punto tale da essere in grado di prevedere ogni sua mossa e di provare un forte senso di vendetta verso di lui. Le sue parole non sono di certo vuote ed infatti a più riprese il Cavaliere di Arkham si dimostra come un avversario molto temibile, sia sul piano tattico che su quello fisico, tanto da essere diverse volte un passo avanti al nostro eroe.

La motivazione di tale legame tra il Cavaliere di Arkham e Batman la si può scoprire verso il finale dell’avventura, ma grazie ad alcuni indizi sparsi lungo il corso del gioco e con un po’ di conoscenza dei fumetti si può risalire alla sua identità. Il buon cavaliere altri non è che Jason Todd, l’ex secondo Robin (quello di Una Morte in Famiglia, già citata in precedenza) che era creduto morto per mano di Joker. Senza scendere troppo nei particolari si può dire che sia nei fumetti che nel gioco, dopo la sua tragica dipartita (o presunta tale), Jason fa ritorno a Gotham con una forte sete di vendetta contro l’uomo che non ha saputo proteggerlo e vendicarlo, decidendo di fatto di farla pagare al suo vecchio mentore e di prenderne il posto, ma in una maniera più efficiente. Nella serie Batman: Under the Hood (scritta da Judd Winick e disegnata da Doug Mahnke, Eric Battle e Shane Davis) vengono narrati proprio gli eventi che hanno creato il personaggio di Red Hood e hanno dato inizio alla sua guerra con Batman, eventi che hanno poi ispirato la storia del cavaliere di Arkham. Da tutto questo possiamo capire come di fatto il nemico più pericoloso per il Cavaliere Oscuro è proprio uno da lui addestrato, o che condivide con lui l’addestramento ricevuto. Un avversario che conosce il modus operandi di Batman, oltre che le sue debolezze è un avversario che può metterlo in ginocchio, colpendo proprio quei punti che l’uomo pipistrello proteggeva grazie alla segretezza dei suoi metodi e che una volta colpiti riescono a metterlo alle strette, più di molti altri colpi che potrebbe ricevere.

Il secondo ed il terzo problema sono collegati tra loro in un certo senso, in quanto uno accentua di molto l’altro. Il primo dei due è costituito da Spaventapasseri e dalla sua alleanza con i maggiori criminali di Gotham, come Harley Quinn, Due Facce, Pinguino, Enigmista e Firefly (oltre ad alcuni altri che lavorano per conto proprio). Se da un lato il gruppo che si è creato intorno a Spaventapasseri, di fatto non costituisce un vero e proprio pericolo, di certo non aiuta la situazione, ma il vero problema è proprio Spaventapasseri. Dati i suoi studi da psicologo, Crane sa bene come piegare la mente dei suoi avversari, in particolar modo sfruttandone le paure contro di loro. Il maestro della paura sa bene che prima di creare il terrore in una persona deve fare in modo che la speranza della sua vittima svanisca e che le sue sicurezze crollino, così decide di applicare lo stesso trattamento alla città di Gotham. Ovviamente la speranza di Gotham risiede nel suo protettore, insieme con la certezza che anche nella peggiore delle situazioni egli sarà in grado di uscirne vincitore. Ecco che l’unico modo per far assaporare il vero terrore alla città di Gotham è distruggere la figura di Batman, dimostrando che egli non è una leggenda, come tutti credono, ma è solo un uomo dietro una maschera e, come tale, può fallire. Da qui inizia il piano di Crane di far cadere in ginocchio il Cavaliere Oscuro e distruggere il suo mito, colpendolo nei punti più deboli, quelli che egli credeva sicuri (e che grazie al Cavaliere di Arkham sono allo scoperto) dimostrando così, prima a lui e poi alla città, che non è infallibile e che tutti i suoi errori costeranno cari a coloro a cui Batman tiene di più.

All’insaputa di Crane però vi è un ulteriore pensiero nella testa di Batman, uno che lui forse teme più di tutti gli altri e che costituisce un ulteriore ostacolo sulla strada dell’uomo pipistrello. Dopo gli eventi di Arkham City in cui il Joker aveva provato ad avvelenare Batman e la città di Gotham con il suo sangue infetto, cinque pazienti hanno sviluppato una sorta di mutazione, ognuno dimostrando un lato della personalità disturbata di Joker. Batman è riuscito a ritrovare quattro di loro, mentre del quinto non si hanno tracce, almeno all’inizio. Grazie ad una dose massiccia della tossina di Crane questo quinto Joker si palesa proprio in Batman.

Anche nella morte, il clown principe del crimine si dimostra il più grande pericolo per l’uomo pipistrello, in quanto se gli altri quattro pazienti mostrano ciascuno solo un lato di quella personalità malata (ossessione, teatralità, aggressività, genio sociopatico), Batman mostra tutti quei tratti e riesce a tenerli sotto controllo solo grazie alla sua forza di volontà ed alla sua logica. In tutti i media riguardanti l’uomo pipistrello Joker e Batman vengono accostati come due facce della stessa medaglia, divisi soltanto dalla follia di uno dei due e dall’estrema logica dell’altro, ma è comunque un accostamento solo tematico e metaforico, mai effettivo. In questa avventura invece l’accostamento diventa reale e viene accentuato a dismisura dagli sviluppatori, sfruttando come artificio narrativo proprio il gas della paura ed il virus del Joker, per far sentire forte e chiaro ai giocatori come questo accostamento sia presente e come basti veramente poco per passare dalla sanità alla follia, da una forza del bene ad un mostro del male.

Conclusione

Nel corso di questo viaggio abbiamo visto come i ragazzi di Rocksteady siano stati a più riprese attenti nel catturare in pieno l’essenza sia di Batman che dei suoi avversari, traendo spunto dai fumetti per rendere le storie alla base dei loro giochi quanto più coinvolgenti possibile. Reinventare dei personaggi e delle storie, rimanendo però fedeli a quegli elementi che li caratterizzano, è la sfida più difficile nel trasporre dei fumetti in un altro media e si può dire che in questo caso la missione sia riuscita pienamente. A supporto di questa tesi possiamo portare come esempio una versione del Joker che è già diventata un classico per tutti i fan del personaggio ed uno Spaventapasseri completamente reinventato e portato ad un nuovo livello di pericolosità, che raramente si era visto in precedenza. In conclusione con questa riesamina delle avventure del Cavaliere Oscuro spero di avervi dato qualche spunto per recuperare alcune delle storie più importanti dell’ uomo pipistrello, per approfondire il suo mondo e magari, anche quello dei fumetti in generale.

 

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