Ricordi, tempo ed emozioni: la storia di Dontnod Entertainment

Cogliendo l'occasione del rilascio di Vampyr, ripercorriamo la storia di Dontnod, dalla debacle di Remember Me al successo di Life is Strange

Monografia di Simone Di Gregorio

A più di tre anni dall’uscita del primo episodio di Life is Strange appare strano anche solo pensare che Dontnod Entertainment sarebbe potuta essere un fallimento. Sorta dalle menti di diversi elementi provenienti da Criterion Games, Electronic Arts e Ubisoft, Dontnod è ad oggi forse una delle realtà dello sviluppo francese più notevoli, sebbene il panorama transalpino vanti diversi altri celebri team, come Quantic Dream (dal quale è stato appena lanciato Detroit) e Cyanide (a cui si deve il prossimo Call of Chtulu).

We see ourselves maybe like — it will be pretentious, but — like HBO in TV. Oskar Guilbert, CEO

Tra le difficoltà di Remember Me, la rinascita grazie a Square Enix e il ritorno alla ribalta con Vampyr, la storia dello studio è stata una vera e propria altalena con un epilogo – forse- a lieto fine. Addentriamoci quindi nel tortuoso percorso decennale che ci ha portato dagli splendidi e onorici panorami di Neo – Paris a una Londra vittoriana mai così oscura e gotica.

Nascita e caduta: la parabola di Remember Me

We faced the difficulties of building a new team, creating a new IP, finding the publisher. … It was hard to do this first project. – Oskar Guilbert, CEO

La nascita di Dontnod risale al 2008, un momento ricordato dai membri originali del gruppo come frenetico, produttivo e stimolante.  Sotto la guida dei cinque fondatori – Oskar Guilbert (attuale CEO), Jean-Maxime Moris, Aleksi Briclot e Alain Damasio – il team inizia finalmente a prendere forma e i primi lavori vengono finalmente avviati; si incomincia a costruire Remember Me, allora conosciuto come Adrift.

All right guys, that’s it, it’s over with Sony. We’ve just been nuked.

Abbastanza diverso dal prodotto finale, in particolare nell’impostazione di gameplay e narrativa, Adrift riuscì nell’impresa di attrarre l’interesse di Sony, con il conseguente risultato di garantire una certa solidità economica per lo sviluppo. I problemi arrivarono tuttavia subito; nel febbraio del 2011 la compagnia giapponese decide di staccare la spina a una dozzina di progetti in tutto il mondo. Tra questi compare purtroppo Adrift.

Un concept art di Adrift risalente alla Gamescom 2011. 

Trovatasi con le spalle al muro, un budget all’improvviso ridotto e un mondo di gioco praticamente già definito, Dontnod con difficoltà ridimensiona le prospettive da tripla A e affronta diversi ritocchi per rendere il gioco più accessibile al grande pubblico e – in teoria – a un nuovo publisher. Ecco quindi che il setting perde molto dei suoi connotati barocchi per innestarsi in ibridi dal sapore cyberpunk, compresa la classica disparità sociale trasmessa nella rappresentazione delle ambientazioni (neo)parigine.

Alla Gamescom del 2011 i ragazzi francesi trovano finalmente in Capcom un finanziatore : Adrift cambia nome e diventa Remember Me, per la prima volta presentato alla fiera di Colonia l’anno successivo, accogliendo responsi molto positivi da parte di critica e pubblico.

Consenso che però non si rinnova al momento fatidico dell’uscita, nel giugno del 2013, a causa di una qualità danneggiata in maniera drastica da uno sviluppo eccessivamente travagliato. Procediamo con ordine.

I ricordi più cari di un individuo sono merci come qualsiasi altra cosa – Recensione di Kotaku

Ambientato nella distopica Neo – Parigi del 2084, Remember Me ci vede nei panni di Nilin, una giovane a cui sono stati in parte cancellati i ricordi per alcuni ignoti crimini commessi. Una volta fuggiti dalla prigione della Bastiglia, ci troviamo in un futuro dove ogni cittadino della città possiede un Sensens, dispositivo che permette di importare, esportare e modificare le memorie di chi lo possiede.

Ribellandoci alla borghesia/aristocrazia del tempo, sempre più obliterata in falsi ricordi e piani di esistenza fittizi, scopriamo a poco a poco l’obiettivo della nostra missione : liberare la società dall’assurdità dei Sensens, quintessenza del consumismo moderno.

As with the platforming, Remember Me’s combat is more interested in pleasing your senses than it is in providing depth. – Recensione di Gamespot

Tralasciando per un attimo lo splendore visivo del gioco e l’indubbia forza di un così geniale concept, l’esperienza brillava anche per alcune trovate ludiche molto originali.

Il combat system forniva un sistema di combo sfaccettato dove era possibile personalizzare ogni colpo con i Pressens, 4 modificatori che aggiungevano specifici effetti passivi od attivi, essenziali per i nemici più coriacei e per l’attivazione degli S – Pressens, delle abilità speciali come furia, rallentamento del tempo, invisibilità e controllo remoto. Le animazioni risultavano però fin troppo legnose ed innaturali, andando a rovinare quel senso di free – flow a là Batman Arkham che si era tentato di implementare.

La perla di design del gioco erano tuttavia senza dubbio i pochissimi Memory Remix, sezioni nelle quali si cambiavano i connotati di una particolare memoria di un personaggio per volgerne il comportamento a nostro vantaggio. Le meccaniche aprivano poi a tutta una serie di fasi puzzle e trial & error, nel tentativo di creare un’alternativa virtuale convincente.

Il risultato è un gioco che un piccolo numero di persone giustamente ameranno e acclameranno. – Recensione di Eurogamer.net

Perché dunque, dopo tutta questa gloriosa disamina, il gioco fu demolito da quasi tutte le testate e rilevò vendite mediocri? Sicuramente ha contribuito a ciò una campagna stringatissima e lineare, un level design limitato e costrittivo, un comparto tecnico nel complesso non eccellente (nonostante l’utilizzo del versatile Unreal Engine 3) e una narrazione singhiozzante nel suo tratto intermedio. Fatto sta che il gioco raggiunge a malapena le 600’000 copie vendute e finisce nell’Instant Game Collection del PlayStation Plus a febbraio del 2014, a solo sei mesi dall’uscita.

Risorgere dalle ceneri : come Life is Strange ha salvato uno studio

Dontnod is not in bankruptcy – Oskar Guilbert, CEO. Intervista a GamesIndustry di gennaio 2014.

Non è un mistero che dopo l’insuccesso di Remember Me Dontnod fosse sull’orlo del fallimento. A gennaio 2014 la situazione aveva del drammatico: la compagnia francese dichiara bancarotta, o meglio, avvia quello che oltralpe viene chiamato riassestamento giudiziario. In questo stato si è già interrotto il pagamento di salari, tasse o qualsiasi altra imposta esterna. Se si hanno buone prospettive, come un nuovo contratto in arrivo, il procedimento è in grado proprio di prevenire la bancarotta il tanto che basta per recuperare e continuare.

We are also in negotiations with one big partner – Oskar Guilbert dopo l’annuncio della procedura di bancarotta

Il deus ex machina nella nostra storia si rivelò alla fine essere Square Enix, compagnia nipponica celebre per decine di franchise di grande calibro, primo fra tutti Final Fantasy. Su suggerimento del publisher Life is Strange prese dunque la sua forma episodica e persino il suo stesso nome, che inizialmente sarebbe dovuto essere What if (confondibile con il film omonimo). Gran parte del budget fu poi speso per voice acting e script, il quale fu scritto originariamente in francese e successivamente tradotto in inglese da alcuni elementi del team.

Allora, dove iniziare per parlare della seconda opera di Dontnod Entertainment? Partiamo dalle basi. Life is Strange è un’avventura grafica in terza persona caratterizzata da una narrativa dinamica (determinata in molti punti dal giocatore) e dall’efficace meccanica del riavvolgimento del tempo, inserita in modo da permettere al giocatore di “testare” una scelta prima di renderla definitiva.

Prendendo controllo di Max Caulfield, ragazza che da un giorno all’altro scopre di avere assurdi poteri, ci avventuriamo in Arcadia Bay, una cittadina dell’Oregon all’apparenza serena e pacifica, ma piena di contraddizioni e minacce nel profondo. Si parte da un ritmo tranquillo e rilassato, con tematiche da teen drama magistralmente messe in pratica, per premere il piede sull’acceleratore solo negli ultimi due episodi (di cinque), in un turbinio di eventi in grado seriamente di coinvolgere (e nel mio caso commuovere) il giocatore.

Controllare il tempo è un potere pericoloso…
We really needed the player to grow to love Chloe – Michel Koch, Co Director

Le relazioni tra i personaggi sono realizzate perfettamente, specie quella tra Max e Chloe, la migliore amica da tempo persa di vista. Gli sviluppi interpersonali sviluppano tematiche crude, dirette e di grande attualità (eutanasia, suicidio, depressione, narcisismo, bullismo, violenza e uso di stupefacenti), reificate in apparenti stereotipi destinati a riserbare sorprese attraverso il lento avanzare della linea narrativa.

We wanted it to look like an animated concept art – Michel Koch, Co Director

L’aspetto grafico è infine la ciliegina sulla torta. L’Oregon di Arcadia Bay sembra essere venuto fuori da un manifesto impressionista, con ambienti e modelli in cel shading quasi da campiture d’olio su tela. Gli effetti di luce sono soffusi (il gioco è ambientato in autunno) e tutti volti a dare l’effetto che l’intero mondo di gioco sia stato disegnato a mano.

Tirate le somme, vuoi uno storytelling in grado di empatizzare con un pubblico giovane (il gioco ha vinto un BAFTA per best story), vuoi l’energia dei due personaggi principali, vuoi una direzione artistica ispirata, Life is Strange compie il miracolo di riassestare il disastroso stato finanziario di Dontnod, superando l’importante traguardo delle tre milioni di copie vendute, una cifra all’inizio impensabile.

It has transformed the way we are seen, now publishers are calling us.  – Oskar Guilbert, CEO

Come ogni proprietà intellettuale di grande successo, l’avventura ha subito attratto decine di investimenti, in primis una serie TV, ora in pre – produzione presso Hulu, e in secondo luogo uno spin off prequel, sempre edito da Square Enix e rilasciato al termine dello scorso anno sotto il nome di Before the Storm

A seguito della recente entrata in borsa, il futuro della compagnia appare infine più florido che mai: dall’inizio del 2016 sono infatti iniziati i lavori su un sequel di Life is Strange, come su una nuova IP inedita per Bandai Namco, senza dimenticare poi un nuovo misterioso progetto il cui titolo e il cui editore paiono già essere fissati. Rimanendo pragmatici, la prossima settimana sarà la volta di Vampyr, il vero e proprio banco di prova del talento e delle capacità del team, specialmente a fronte di un videogioco che sembra ben al di fuori della comfort zone finora delineata.

Per maggiori informazioni su quest’ultimo vi rimandiamo alla recensione in arrivo nei prossimi giorni su queste pagine. Riusciranno le vicende di Jonathan Reid a convincere giocatori e critica?

 

 

 

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