Il mondo dei videogiochi è pieno di grandi classici capaci di inventare o ridefinire una certa tipologia, ma sono pochi i titoli che sono diventati un modello d’ispirazione tale da essere elevati a genere videoludico. Il franchise X-Com è uno di questi casi e forse il più singolare e sorprendente. Pubblicato per la prima volta nel 1994, nacque da una progetto sperimentale a basso budget per PC (circa 180.000 dollari) affidato ad un esiguo team di sviluppo che fino ad allora aveva lavorato prevalentemente su home computer a 8 bit, in particolare su piattaforme Sinclair.
Esistono autorevoli giochi di milizia tattica a turni, così come esistono giochi appartenenti alla categoria dei gestionali. Ma quando un autore annuncia un titolo ibrido tra i due generi, non è raro che lo definisca “in stile X-Com”. Stile che ancora oggi, in un epoca dominata da impatto grafico, fludità e meccaniche votate all’azione pura, riesce a trovare il suo spazio. Molto più dei Real Time Strategy (RTS) ed i cosiddetti Construction And Management Simulation, che avevano egemonizzato la scena videoludica strategico/gestionale negli anni ’90.
A questo persistente interesse dobbiamo, con ogni probabilità, il ritorno di Julian Gollop, autore originale di X-Com, che alcuni anni fa ha lanciato una campagna di crowdfounding per realizzare quello che lui considera il vero erede spirituale del primo inarrivabile capitolo della serie. Il nuovo gioco, che si chiamerà Phoenix Point, è ormai in dirittura di arrivo e, dopo un ennesimo recente posticipo (era previsto per questo settembre), sarà probabilmente disponibile entro la fine dell’anno. Celebriamo quindi il ritorno di un guru del panorama videoludico raccontando la storia della serie che lo ha reso famoso.
La nostra storia inizia nei primi anni ’80 quando un giovane inglese appassionato di giochi da tavolo, cominciò ad interessarsi al crescente fenomeno dei personal computer. Julian Gollop, classe ’65, intraprese lo studio da autodidatta di programmazione e game design, col desiderio di trasporre la sua passione ludica verso le nuove frontiere dell’intrattenimento elettronico. La sua carriera scolastica era destinata agli studi di sociologia alla London School of Economics, ma Julian preferiva dedicare gran parte del suo tempo alla scrittura di codice. A pochi anni dal suo primo home computer, un Sinclair ZX81, iniziò a realizzare i primi giochi in BASIC insieme al fratello Nick e ad un compagno di studi.
Secondo Gollop, anche un dispositivo da un solo Kbyte di memoria e senza vere capacità di computazione grafica, come lo ZX81, sarebbe stato in grado di ampliare (e non emulare) le ambientazioni e le possibilità tattiche dei giochi da tavolo, anche i più complessi. E’ quindi facile comprendere perché i suoi interessi in materia si fossero focalizzati verso i cosiddetti giochi strategici a turni, o turn-based tactics (TBT): una riproduzione su schermo di aree in cui i giocatori o l’IA effettuano periodicamente le azioni consentite per raggiungere l’obiettivo del gioco. Un genere molto apprezzato dagli appassionati di strategia che trova in Civilization il prodotto (o il franchise) più popolare.
Uno dei primi titoli realizzati da Gollop e compagnia fu Rebelstar Raiders, uscito nel 1984 per ZX Spectrum 48. Si trattava di un TBT esclusivamente multigiocatore dalle meccaniche assai rudimentali: i giocatori si fronteggiavano in un’area di gioco, controllando individualmente una ventina di miliziani. Il gioco catturò l’attenzione da parte di un publisher inglese, la Firebird Software Ltd, che incaricò i fratelli di realizzare sotto la sua direzione un seguito ancora più ambizioso. Per i Gollop fu una grande occasione e decisero che era tempo di fondare una loro software house, la Mythos Games.
Il sequel, che si chiamava semplicemente Rebelstar, vantava un gameplay più curato e l’implementazione di un sofisticato pattern di intelligenza artificiale. Infatti, su forti pressioni del distributore, Julian e Nick si trovarono costretti a creare una campagna single player.
Ma il vero precursore di X-Com non può che essere il titolo successivo, il leggendario Laser Squad, che introdusse quelle meccaniche tanto familiari al celebre franchise: le linee di mira, la gestione di armi e armature e la distruttibilità ambientale.
Laser Squad uscì inizialmente per ZX Spectum nel 1988, in piena era 16-bit. A discapito del contesto temporale, il gioco venne accolto più che positivamente dalla stampa e dai giocatori, destando l’interesse da parte delle grandi distribuzioni dell’industria dei videogiochi.
Poco dopo l’uscita di Laser Squad, mentre stava lavorando al sequel, il team di Mythos Games venne per la prima volta contattato da una major, la MicroProse Inc.. La casa software, che tra i suoi franchise di punta annoverava nientemeno che la serie Civilization, era interessata ad un prodotto strategico a turni che integrasse alcune meccaniche gestionali del capolavoro di Sid Meier, come il sistema di ricerca per l’avanzamento tecnologico e la vasta civilopedia.
A fronte di questa richiesta, i fratelli Gollop mostrarono a Peter Moreland, all’epoca esecutivo di MicroProse, un design di gioco su due livelli interconnessi: una parte manageriale dedicata alla ricerca ed alla costruzione di edifici e l’altra di azione basata sul collaudato sistema TBT ispirato a Laser Squad. Nonostante le iniziali perplessità da parte di Moreland, il progetto venne approvato, grazie anche alle pressioni da parte di Steve Hand, altra figura di spicco di MicroProse e grande fan di Laser Squad.
Non restava che trovare una lore adeguata. Per il soggetto Gollop si lasciò influenzare da UFO, una celebre serie televisiva britannica degli anni ’70, che narrava le vicende della SHADO (Supreme Headquarters Alien Defence Organisation), organizzazione segreta che doveva respingere le continue incursioni aliene sulla Terra. Come nella serie, il giocatore avrebbe controllato la squadra X-Com (Extraterrestrial Combat), una divisione paramilitare clandestina composta da soldati e scienziati, allo scopo di affrontare una minaccia extraterrestre.
L’impianto narrativo era tuttavia aggiornato alle emergenti teorie del complotto sugli UFO dell’epoca, in particolare ai contenuti del controverso libro bestseller Alien Liasion:The Ultimate Secret (1991) di Timothy Good.
Una scelta quanto mai azzeccata, dato che Area 51, avvistamenti, incontri ravvicinati, rapimenti da parte di alieni, l’incidente di Roswell e affini divennero argomenti assai in voga nella cultura di massa della seconda metà degli anni ’90. Basti pensare alla serie TV di culto di quella decade, ovvero X-Files. La lore di X-Com conteneva tutte le suggestioni tipiche della cospirazione aliena di quel periodo e questo, senza nulla togliere ai meriti effettivi del gioco, contribuì indubbiamente all’inaspettato successo. Colpo di fortuna o capacità visionarie da parte di Gollop?
Nel 1993, mentre i lavori procedevano senza grossi imprevisti, MicroProse venne acquisita dall’azienda americana Spectrum Holobyte. I nuovi esecutivi si dichiararono decisamente insoddisfatti dell’opera in corso di Mythos Games e ne ordinarono la chiusura. Peter Moreland ignorò tuttavia l’ordine di cancellazione a patto di anticipare l’uscita del titolo. Nel marzo del 1994, dopo un periodo di estenuante crunch time (dodici ore al giorno, sette giorni su sette), il primo gioco X-Com venne finalmente pubblicato con il titolo ufficiale UFO: Enemy Unknown. Il gioco in realtà era già uscito alcuni mesi prima nel mercato nordamericano con il titolo X-Com: Ufo Defense, una probabile mossa di marketing per accaparrarsi, per assonanza, l’attenzione dei numerosi fan dell’agenzia di Mulder e Scully.
La versione PC venne accolta con entusiasmo dalla stampa internazionale che la premiò con voti stellari, guadagnandosi il meritato titolo di instant classic. Nonostante all’epoca il genere strategico fosse dominato, e in parte saturato, dai giochi di Westwood Studios, Bullfrog, Maxis, Psygnosis e l’emergente Blizzard, UFO: Enemy Unknown riusci a ritagliarsi la sua vasta fetta di ammiratori: poco pubblicizzato e realizzato da un team per lo più sconosciuto dai giocatori PC e amighisti, arrivò a vendere quasi mezzo milione di copie.
Dal mio punto di vista e se la memoria non m’inganna, in Italia certi riconoscimenti tardarono ad arrivare. Durante i mesi antecedenti alla sua uscita, in fase di anteprima, X-Com veniva trattato con minor interesse rispetto ad altri classici del passato e, nel suo mese di lancio, nessuna delle principali riviste del settore lo scelse come titolo di copertina. Non è da escludere che la causa sia in parte dovuta anche alla scarsa campagna pubblicitaria da parte di MicroProse.
Se i severi e preparati ragazzi di “K” premiarono il capolavoro di Gollop con un altisonante 934/1000, l’allegra brigata di The Games Machine gli affibbiò un risicato 90, penalizzandolo come opera troppo legata al passato (Laser Squad) e per un ostico impatto iniziale. Non si tratta di un bassa valutazione ma è bene precisare che, dalla mia prospettiva di affezionato lettore, la rivista di videogiochi più venduta in Italia era spesso di manica (molto) larga in fase di recensione, specialmente nei confronti del genere strategico, ancora meglio se sequel di IP collaudate e di successo. Titoli delle serie più blasonate come C&C/Red Alert, SimCity, AoE o i gestionali dalle promesse infrante di Peter Molyneux puntavano quasi sempre al Top Score (95/100). Chi ha vissuto quell’epoca si ricorderà benissimo che su TGM la fascia anche immediatamente al di sotto dei 90/100 era quasi sempre riservata a giochi dimenticabili.
Parlare di quest’opera in termini di coinvolgimento e gameplay meriterebbe un articolo a parte ed immagino che la maggior parte di voi abbia familiarità con la serie. In questa sezione cercherò quindi di spiegare perché il primo capitolo sia ancora oggi da considerare un prodotto all’avanguardia ed un’esperienza insuperata, non solo in ambito tattico/gestionale.
Vi sono innanzitutto delle ragioni storiche. Come già detto in precedenza, nel gioco si respirava un atmosfera “fanta-complottista” perfettamente in linea con il periodo. Un’epoca in cui le tendenze pop legate all’intrattenimento non subivano quell’impetuoso processo odierno di sdoganamento ed esasperazione che le portava ad una rapida saturazione. Un esempio concreto: nessun produttore televisivo si era sognato di fare un programma concorrente ad X-Files, ma negli ultimi anni quante serie TV, film e videogiochi hanno avuto per tema l’ “apocalisse zombie”?
Per questo funzionava, eccome se funzionava: mai, prima di allora, un titolo strategico era pervaso da quel senso di mistero e dal desiderio di recuperare nuovi dettagli ed informazioni per scoprire cosa si nascondeva dietro agli eventi. Il gioco manteneva in tutte le sue componenti una certa tensione, anche grazie alle tracce di sottofondo della colonna sonora che ricordavano non poco le sintetiche composizioni di John Carpenter per i suoi film.
E poi, come dimenticare il senso di disagio nell’ascoltare o vedere i movimenti degli alieni durante le missioni a turni?
La struttura ibrida tattico/gestionale era profonda, appagante e complessa. Mai complicata.
Lato missioni, X-Com vantava un inedito generatore random di livelli per l’investigazione sul posto, sia esso un sito di atterraggio o schianto di un velivolo alieno, una città invasa o una base.
La possibilità di distruggere qualsiasi parte dello scenario fu tanto innovativa al tempo, quanto rara anche nelle odierne produzioni. In virtù di questa forma d’interattività, il giocatore adottava un approccio iniziale molto “caciarone”, affinando col tempo la propria strategia per recuperare il maggior numero di risorse aliene per essere vendute o studiate in fase di ricerca.
Il vero punto di forza del gioco era tuttavia legato a quel senso di non linearità della progressione del gioco. E’ importante ricordare che, X-Com a differenza di titoli come SimCity o Civilization, aveva una trama che, seppur essenziale, era fortemente legata alle scelte del giocatore. Quest’aspetto, a mio avviso, non è stato ancora eguagliato.
L’unico vero punto debole del titolo riguardava il lato tecnico, che risultava assai arretrato anche per un genere, quello strategico, non troppo avido di risorse grafiche. La causa principale era sicuramente ascrivibile all’uscita forzatamente anticipata.
La parte gestionale comprendeva una visuale dall’alto, quando ormai la concorrenza era già passata da anni ad una soluzione isometrica. Quest’ultima era stata invece implementata per le sezioni belliche, caratterizzate da modelli in pixel art assai gradevoli e dettagliati, ma in bassa risoluzione e poveri in termini di sprite di animazione.
Si tratta di lacune non trascurabili ma che non hanno penalizzato troppo l’esperienza di un gioco dal gameplay così vario e gratificante, da essere assai appetibile anche ai non appassionati del genere.
Dopo il successo di UFO: Enemy Unknown (o X-Com:UFO Defense), MicroProse chiese a Gollop un successore e anche stavolta in tempi brevissimi: sei mesi. Questo fu solo il primo passo verso quel rapido decadimento che avrebbe trasformato la serie originale nell’ennesima nobile vittima delle leggi di mercato e dell’avidità delle grandi distribuzioni.
La richiesta segnò anche una nuova frattura tra Micropose e Mythos Games, appena reduce da un crunch time forzato, che si estraniò dal progetto ma concesse agli sviluppatori interni del publisher la licenza del codice di X-Com per realizzare in tempi record il nuovo titolo.
Nel 1995 uscì X-Com:Terror From The Deep (TFTD), un sequel di chiara ispirazione lovecraftiana, in particolare i Miti di Cthulhu: la squadra X-Com stavolta doveva affrontare una nuova razza aliena emersa dalle profondità degli oceani. Nonostante il cambio d’ambientazione, l’aggiunta di sequenze cinematiche in CGI e qualche restyling grafico, il senso di deja-vu era fin troppo vistoso. Il titolo ottenne tuttavia un discreto successo di pubblico e di critica e replicò il successo di vendite del predecessore.
Durante lo sviluppo di TFTD, Mythos Games stava lavorando a un nuovo progetto della serie: Apocalypse, terzo titolo in ordine cronologico e l’ultimo lavoro in cui era coinvolto Julian Gollop. Nella mani di MicroProse era anche l’ultimo del franchise appartenente al genere strategico. Mai titolo fu più premonitore di questo.
Con Apocalypse, le ambizioni da parte di Mythos Games erano molte, ma nessuna raggiunse realmente l’obiettivo. Il gioco era ambientato in una metropoli 500 anni dopo TFTD. In un futuro distopico, il giocatore doveva vedersela con incursioni aliene extra-dimensionali e stringere rapporti con le fazioni che governavano la città.
Il nuovo gioco X-Com, stando alle dichiarazioni del team di sviluppo, introduceva un rivoluzionario modulo di IA in grado di evolversi ed imparare dalle azioni dell’avversario. Questa dichiarazione non fu mai realmente verificata e l’eventuale implementazione, almeno sul campo, non portò i risultati sperati. Furono altrettanto fallimentari i tentativi di svecchiare il titolo: un stile grafico nuovo, più dettagliato ma artisticamente poco ispirato ed un’inedita quanto fuorviante modalità in tempo reale.
Pur non raggiungendo le cifre dei primi due titoli, X-Com: Apocalypse riuscì a vendere discretamente, raggiungendo le 120.000 unità.
Nel periodo successivo i rapporti già incrinati tra Mythos Games e MicroProse si avviarono verso la definitiva rottura, anche a seguito di una fase di ristrutturazione aziendale da parte di Spectrum Holobyte. Julian Gollop ed il fratello decisero di non lavorare più con MicroProse, che tuttavia mantenne i diritti della serie. L’uscita di scena fu definitiva ed il creatore di X-Com non tornò più a lavorare sul franchise.
Naturalmente MicroProse era più che intenzionata a spremere il marchio. Dopo la dipartita degli sviluppatori originali, il publisher americano lanciò una nuova di serie di giochi a titolo X-Com, discostandosi però dal genere strategico in favore di approcci più action: la simulazione di volo spaziale con X-Com:Interceptor ed il genere sparattutto in terza persona con X-Com:Enforcer, nato da un primo fallimentare tentativo, denominato X-Com: Alliance.
I titoli erano assai mediocri ed i risultati furono di conseguenza disastrosi, tanto che MicroProse tentò un ritorno alle origini con un nuovo progetto, X-Com: Genesis. Il progetto, iniziato nel 1999 non vide mai la luce e segnò la fine indegna della serie X-Com, almeno nella sua prima incarnazione. Nello stesso anno, con la diffusione di Internet è importante segnalare, ma solo a titolo informativo, anche la pubblicazione di X-Com:First Alien Invasion, un anonimo strategico giocabile via e-mail.
Hasbro, dopo aver acquisito MicroProse nel 1999, tentò di svendere il marchio di X-Com, che negli anni successivi passò di società in società, uscendo di scena per gran parte della decade successiva.
Nei primi anni 2000, l’interesse di massa per la questione aliena passò in secondo piano. Evidentemente, dopo i tragici fatti dell’11 Settembre i complottisti avevano materiale più “terreno” da cui attingere, mentre il genere fantastico mise da parte i “Grigi” in favore di elfi, nani ed altre creature high-fantasy o, in alternativa, sensibili vampiri androgini. Anche la serie televisiva X-Files si avviò faticosamente alla sua conclusione, avvenuta nel 2002 con un audience ridotta di quasi un terzo rispetto al momento di suo massimo splendore.
Tuttavia pochi anni dopo, alcuni forum di discussione a carattere videoludico iniziarono a popolarsi di fan e nostalgici della serie X-Com e le sue gloriose origini. Alcuni topic riportavano link per scaricare software per l’emulazione di Ms-Dos ed istruzioni per avviare il primo capitolo sui PC moderni. Inoltre, nel pieno boom del software Open Source proliferarono numerosi progetti freeware ispirati all’originale gioco di Julian Gollop, tra cui Ufo Alien Invasion, UFO2000 ed il più recente OpenXcom.
Grazie alla Grande Rete, che aveva messo fan di tutto il mondo in contatto, nacque un vero e proprio culto di X-Com.
Nello stesso periodo non mancarono alcuni cloni di stampo commerciale, come la serie UFO di Altar Games. Il primo capitolo, UFO: Aftermath (2003), conteneva addirittura alcune implementazioni acquisite da The Dreamland Chronicles: Freedom Ridge, progetto cancellato a cui stava lavorando Julian Gollop e la sua Mythos Games!
Il 2007 fu un anno cruciale per la rinascita della serie, per due motivi: il famoso sito web IGN lanciò un sondaggio tra i lettori per scegliere il miglior gioco PC di tutti tempi ed il primo posto venne sorprendentemente assegnato a X-Com: UFO Defense. Inoltre, dopo numerosi passaggi di consegna avviati da Hasbro nel 1999, come sopra descritto, il marchio X-Com finì nelle mani di 2K Games, società sussidiaria di Take Two Interactive, che qualche anno prima aveva acquisito Firaxis Games, software house specializzata in videogiochi strategici e fondata nel 1996 da Sid Meier. I destini di X-Com e Civilization si incrociarono una seconda volta. Un lieto presagio? In parte sì, perchè Firaxis sembrava intenzionata a far resuscitare la serie, ma i fan dovettero aspettare ancora un pò. Nel frattempo, nello stesso anno, il nuovo proprietario del franchise ridistribuì TFTD su Steam.
La rinascita della serie, grazie al contributo di Firaxis, ha origine molti anni prima dell’acquisizione del marchio. Nel 2003, Jake Solomon, sviluppatore alla corte di Sid Meier e grande fan del primo capitolo di X-Com, propose una nuova IP basata sui giochi strategici ideati da Julian Gollop. La proposta fu accettata e Solomon ottenne la guida al progetto. L’esito finale risultò tuttavia deludente. Il primo modello di gioco presentato ai vertici di Firaxis fu un vero disastro e Solomon ne era pienamente consapevole, tanto da non stupirsi della cancellazione del progetto. Dopo la chiusura, la software house trasferì lo sviluppatore su altri lavori per diversi anni. Solomon ottenne una seconda chance nel 2008. Con il marchio ufficiale acquisito ed un alto budget a disposizione gli venne affidato il compito di realizzare la migliore “X-Com experience” dai tempi del suo creatore originale. Dopo svariate revisioni ed i consigli del saggio Sid Meier, il gioco vide la luce nel 2012 con il titolo XCOM: Enemy Unkown. Com’è facile notare, il nome nasce da un ibrido dei due nomi con cui venne distribuito il primo capitolo della serie.
La versione vanilla del gioco consegnata alla stampa era afflitta da una serie interminabile di bug, ma il prodotto ottenne un indice di gradimento al di là di ogni aspettativa. Il primo reboot ufficiale di X-Com raggiunse un valore di Metacritic pari all’89% ed il celebre sito Kotaku lo nominò gioco dell’anno 2012.
Nello stesso periodo 2K Games affidò ad uno studio parallelo, 2K Marin, la realizzazione di uno sparatutto tattico in terza persona ambientato nell’universo X-Com. Il mediocre The Bureau: XCOM Declassified uscì nel 2013 e la sua release passò quasi inosservata, come già era successo agli spin-off della prima generazione.
Intanto il team di Solomon, non soddisfatto degli ottimi risultati, tornò subito al lavoro per pubblicare sempre nel 2013 l’espansione “Enemy Within” che risolveva numerosi bug della versione liscia, ampliando la campagna principale con nuove feature ed eventi legati alla trama.
Non vi erano dubbi sulla qualità di XCOM: Enemy Unkown, titolo che riuscì a risollevare le sorti di una delle serie più amate dai giocatori. Aveva tantissimi punti in comune con l’originale, nonostante una naturale evoluzione tecnica (il gioco girava sul motore grafico Unreal Engine 3) ed una rinfrescata delle meccaniche, tra cui l’ottima componente ruolistica delle milizie, appena accennata nel gioco sviluppato da Julian Gollop.
A fronte di tante migliorie il team ha purtroppo sacrificato uno dei punti fondamentali: l’approccio non lineare. Il giocatore aveva una parvenza di libertà di azione grazie anche alla presenza delle missioni procedurali, ma col passare del tempo si intuiva perfettamente che la trama viaggiava su un unico binario.
Se la scelta è passata inosservata tra i nuovi fan, deliziati dall’ottima struttura strategica a turni, non si può dire lo stesso per certi puristi che hanno deciso di cercare una moderna esperienza X-Com altrove, magari tra i cloni di produzioni indipendenti come il valido Xenonauts.
Lo svolgimento lineare della trama si fece ancora più evidente nel sequel, XCOM 2, uscito nel 2016 in versione liscia e nel 2017 con l’espansione “War Of The Choosen”. Il titolo ripartiva dalla conquista della Terra da parte degli alieni intenti a realizzare un progetto di manipolazione genetica sugli umani.
Si trattava di un ottimo sequel, per certi versi migliore del primo, ma si avvertiva un senso di libertà ancora più limitato ed un certo distacco dalla filosofia originale, anche a causa di una differente implementazione del geoscape.
La seconda generazione di X-Com, rinominata XCOM, ha comunque ottenuto un grosso e meritato successo di vendite ed acquisito un gran numero di nuovi appassionati, riportando alla luce un genere ed un franchise che sembravano relegati ad una nicchia di giocatori nostalgici.
Nei primi mesi del 2019 Firaxis ha pubblicato un’offerta di lavoro per un nuovo gioco di XCOM, ma al momento non ci sono dettagli in merito. D’altra parte, l’uscita di un terzo capitolo è a dir poco scontata. Nell’attesa di sapere quale percorso prenderà la seconda generazione della serie X-Com, prepariamoci all’imminente uscita della nuova e promettente opera di Julian Gollop, l’unico in grado di ricreare l’atmosfera originale.
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Un ottimo articolo per una serie che si merita tutto il successo che ha. Mi stupisce come molte “vecchie leve” di X-Com disprezzino i nuovi giochi che certamente non sono in grado di ricreare l’atmosfera originale, ma sono senz’altro titoli di molto rispetto. Speriamo che il terzo XCOM sia all’altezza della serie!
Bellissimo articolo. Serie stupenda; inoltre, parlando di giochi recenti:
XCOM Enemy Unknown\Enemy Within è nella mia top10 dei giochi Xbox 360
XCOM 2 è nella mia top10 dei giochi PS4
Mi spiace solo che Phoenix Point non esca per PS4…pazienza