Bloodborne, un classico del gotico

Oltre l'orrore cosmico, i riferimenti del capolavoro From Software alla letteratura fantastica del XIX secolo

Monografia di Iacopo Risi

A tre anni dalla sua uscita Bloodborne continua a far parlare di sè. La sua presenza tra i titoli gratuiti di PlayStation Plus lo scorso marzo e quel teaser della From Software mostrato alla PSX 2017 hanno riportato il titolo all’attenzione di molti giocatori della console Sony e non solo. Ma la verità è che i mondi silenziosi partoriti dalla mente geniale di Hidetaka Miyazaki lasciano sempre spazio a interpretazioni e speculazioni che mantengono accese le discussioni delle community per molto, molto tempo. Quei mondi silenziosi che per essere esplorati ed apprezzati appieno nel loro contesto scenografico e narrativo meritano di essere visitati più di una volta.

Non solo Shoggoth

Bloodborne è un gioco d’orrore. Non un’avventura né un survival horror in senso stretto, ma un’esperienza videoludica che tratta stati emotivi che scrutano nelle paure dell’animo umano per l’ignoto e nelle ambizioni che conducono inevitabilmente verso l’abisso. Per questa ragione la principale fonte d’ispirazione per Bloodborne viene spesso attribuita alle opere di H.P.Lovecraft. Le manifestazioni oniriche come il Sogno del Cacciatore, l’Incubo di Mensis o la stessa Yharnam, un pantheon di divinità aliene e visioni che conducono alla follia rappresentano una chiara ispirazione alla fervida immaginazione del solitario di Providence.

Amygdala, uno dei tanti boss ispirati ai Grandi Antichi immaginati da H.P.Lovecraft

Sarebbe tuttavia riduttivo definire l’opera di Miyazaki un titolo meramente lovecraftiano. Sono molti i riferimenti letterari che interessano il mondo di Bloodborne, che all’orrore uniscono elementi tipici del romanticismo e che costituiscono le basi del romanzo gotico, che ha vissuto il suo periodo più florido nel XIX secolo, in particolare nella Londra della cosiddetta Epoca Vittoriana (1837-1901). Elementi individuabili nel decadentismo sociale, nel sublime fascino del terrore e nelle emozioni suscitate dalle creazioni umane cadute in rovina.

Alla corte del Re in Giallo

Tra le sue appassionate letture occidentali, Miyazaki potrebbe aver incontrato le opere di Ambrose Bierce. Nonostante fosse una delle più famose penne satiriche del Nuovo Continente, Bierce ha dato vita a racconti di singolare inquietudine, tra cui il celebre Una abitante di Carcosa (1886). Conosciuta solo dagli appassionati del genere fino a qualche anno fa, la città di Carcosa è divenuta famosa al grande pubblico grazie alla prima indimenticabile stagione di True Detective. Una località antica e perduta, misteriosa, abitata da individui superumani, custodi della verità.

“Un coro di lupi ululanti salutò l’alba. Li vidi, seduti sulle zampe posteriori e concentrati nel loro canto, in cima a montagnole e tumuli così numerosi da riempire metà della mia visione: un deserto esteso sino all’orizzonte. E allora compresi che quelle erano le rovine dell’antica città di Carcosa.”

Possibile che il game director si sia ispirato a Carcosa per immaginare la perduta Pthumeru, sulle cui rovine si trova Yharnam? Il mito di Carcosa verrà poi ripreso da Robert William Chambers, nella sua opera più famosa, Il Re In Giallo (1895):

“Anche tu muori, mai nato, come una lacrima s’asciuga muore nella perduta Carcosa”.

Un passo che rimanda a Mergo, il mai nato la cui coscienza è trasmigrata su un diverso piano d’esistenza. Ed ancora: “I cenci smerlati del Re In Giallo dovranno celare Ythill in eterno”. Il destino di Ythill, non ricorda forse quello della perduta capitale Pthumeriana, Ihyll? I due toponimi sono in effetti molti simili.
Il Re In Giallo, terribile monarca del romanzo breve omonimo, è una presenza fissa in tutti titoli soulsborne: il Vecchio Monaco della Torre di Latria di Demon’s Souls, così come Xanthous nella serie Dark Souls. In Bloodborne è facilmente riconducibile al martire Logarius.

Il Martire Logarius, ennesimo omaggio al Re In Giallo da parte di From Software

Tutto il fascino della Londra Vittoriana

Passeggiando per le strade della cupa Yharnam, armati della nostra affettabelve di fiducia possiamo ammirare l’architettura ispirata alle città europee del XIX secolo come Praga, Parigi e Londra. Ma dando un’occhiata ai progetti di Giambattista Piranesi e della famiglia Galli da Bibbiena non è escluso un ennesimo omaggio all’architettura italiana, dopo aver già preso il Duomo di Milano come modello per Anor Londo, la città degli dei di Dark Souls.

Anche se Miyazaki ha più volte indicato Praga come fonte d’ispirazione per Yharnam, la Londra del periodo vittoriano rappresenta, a giudizio di chi scrive, la località che meglio si adatta in termini di lore a Bloodborne. La cupa capitale inglese del periodo preindustriale è infatti teatro principale di quella narrativa gotica che condivide con Bloodborne il tema del contagio e della dualità uomo/belva: Dottor Jeckyll e Mr.Hyde di Robert Louis Stevenson, Il Grande Dio Pan di Arthur Machen e soprattutto Dracula di Bram Stoker. Anche se nell’immaginario collettivo il vampiro è spesso associato ad un pipistrello, nel celebre romanzo il principe di Valacchia approda a Londra nella sembianze di un terribile lupo, con lo scopo di portare nella metropoli una epidemia che trasformi gli abitanti in belve assetate di sangue, lo stesso destino di Yharnam. Il mito del vampiro affonda le radici nel folklore popolare sin dalle prime civiltà, ma viene periodicamente ravvivato dall’isteria collettiva con l’arrivo di epidemie e pestilenze. Eventi che oltre alla superstizione innescano episodi di ronde di cittadini armati, meglio conosciute come cacce all’untore (altro deja vu), come avvenne a Londra nel 1854, con la tristemente nota epidemia di colera a Broad Street.

Una celebre incisione (ca. 1749–1750) di Gian Battista Piranesi che ricorda l’area di Cathedral Ward Superiore

Unico indizio: la luna pallida

Prima di entrare in contatto con l’orrore cosmico simil-lovecraftiano, il nostro avatar vestirà i panni di cacciatore di belve che infestano le strada di Yharnam. Il flagello ha infatti preso il sopravvento nella città, trasformando i comuni abitanti in licantropi e gli esponenti della Chiesa di Cura in gigantesche creature quadrupedi. La figura del lupo antropomorfo è un tema assai caro ad Algernon Blackwood, altra figura di spicco della letteratura soprannaturale britannica di fine Ottocento/inizio Novecento. Oltre al racconto Un licantropo in campeggio (1908), Blackwood sarà il primo autore ad introdurre la figura del Wendigo nel suo omonimo romanzo breve. Il Wendigo, secondo la tradizione dei popoli nativi americani della costa orientale e dei grandi laghi al confine col Canada, ha origine da un processo degenerativo di un essere umano che ha praticato cannibalismo. Le sue fattezze ricordano un gigantesco lupo bipede dotato di corna di cervo. In termini estetici, non vi è alcun dubbio, la Cleric Beast ne è un ottimo esemplare.

La figura demoniaca del Wendigo, introdotta per la prima volta in un racconto da Algernon Blackwood, che ha ispirato la Cleric Beast

E’ tuttavia il francese Alexandre Dumas che, con Il Signore dei Lupi (1857), creerà lo stereotipo del licantropo moderno: un patto diabolico, un individuo trasformato in lupo e gli abitanti di un piccolo villaggio rurale pronti a dargli la caccia.
La figura del lupo mannaro aveva però già terrorizzato la Francia un secolo prima a causa della leggenda della Bestia del Geuvadan. Leggenda che trae origine da fatti realmente accaduti nel dipartimento occitano della Lozère: tra il 1764 ed il 1767 vennero infatti ritrovati nell’ampia area rurale centinaia di corpi ridotti a pezzi o parzialmente divorati. Un enigma criptozoologico ancora irrisolto che ha ispirato il film di Chrisoph Gans, Il patto dei lupi (2001), con un cast formato, tra gli altri, da Vincent Cassel e Monica Bellucci. La locandina del film mostra due loschi figuri che sfoggiano un eccentrico abbigliamento identico al nostro cacciatore di Yharnam.

Tra scienza, trascendenza ed estasi spirituale

Lo studio di entità aliene nella scuola di Byrgenwerth, le invenzioni dell’Officina dei Cacciatori e le somministrazioni del Sangue Curativo nella clinica di Iosefka sono solo alcuni esempi della dicotomia tra irrazionale e attività logico-razionale. Come nel più tradizionale romanzo gotico, l’orrore soprannaturale di Bloodborne è sempre messo a confronto con il rigore scientifico. Come il professor Van Helsing in Dracula, che tra moderne tecniche di trasfusioni di sangue, softisticati apparecchi come il fonografo e telegrafo, trova nelle antiche credenze popolari la chiave per sconfiggere il temibile vampiro. O nel Frankenstein di Mary Shelley, dove la disciplina delle scienze naturali si combinano con teorie alchemiche atte a produrre vita da materia inanimata. Ma l’esempio più calzante rispetto alle vicende narrate in Bloodborne lo si trova nel già citato Il Grande Dio Pan di Arthur Machen, dove un intervento di neurochirurgia, come un rituale mistico, conduce la coscienza della paziente verso altri piani di esistenza e di conseguenza alla follia.
Affascinati dalle filosofie misteriche, molti dei grandi romanzieri del XIX secolo (Machen, Stoker, Blackwood tra quelli citati, ma anche Sir Arthur Conan Doyle) entreranno a far parte di confraternite ed ordini ermetici, divenuti un vero fenomeno popolare dopo la pubblicazione dell’opera omnia esoterica Magus (1801) di Francis Barrett. Chi sosteneva un simile percorso mistico-spirituale era soprattutto interessato a dottrine e rituali rivolti ad espandere la realtà trascendendo il mondo dei sensi.  Sono queste le suggestioni che hanno forse ispirato l’idea della Chiesa della Cura?

 

Cosa aspettarsi da Bloodborne 2?

Molti si chiederanno a cosa starà lavorando il team guidato da Miyazaki, dopo aver messo da parte, almeno per il momento, la saga di Dark Souls. Sarà un progetto inedito, un gradito ritorno al passato antecedente alla settima generazione videoludica o siamo vicini alla riapertura della caccia? E cosa aspettarsi nel prossimo impianto scenografico? Sarebbe auspicabile una vicenda ambientata in un’epoca antecedente agli episodi della caduta di Yharnam, piuttosto che un approfondimento della perduta cultura pthumeriana oppure un’ambientazione completamente rinnovata. Sicuramente la letteratura gotica potrebbe offrire nuovi spunti. Culti pagani ambientati nelle suggestive aree rurali britanniche, magari in Galles o in Cornovaglia. Oppure, sulla stessa linea del DLC The Old Hunters, un ritorno alle suggestioni marine, magari ispirandosi ai terrori degli abissi narrati da William Hope Hodgson, uno degli autori prediletti da H.P. Lovecraft. L’E3 2018 saprà sicuramente soddisfare la curiosità di noi “cacciatori”.

 

 

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