Critica benevola a Deathloop

Perché a volte l’ultima opera di Arkane esagera

Speciale di gmg215

Deathloop è l’ultima opera in ordine di tempo di Arkane Lyon, già autori del bellissimo Dishonored 2. Si tratta dunque di uno dei pochi studi al mondo capace di portare avanti la propria idea di intrattenimento videoludico scevro da compromessi legati ai gusti passeggeri del grande pubblico. La doverosa premessa a questo articolo di critica è dunque che abbiamo apprezzato Deathloop nel suo complesso (potete leggere la nostra recensione qui) e, soprattutto, che siamo contenti che ci siano in giro prodotti di questo tipo, ovvero originali nel concept e pregevoli nella fattura.

Detto questo, scegliamo di concentrarci su alcuni aspetti che, a nostro avviso, impediscono al gioco di raggiungere la piena eccellenza propria del suo predecessore con protagonisti Corvo ed Emily.

Deathloop, ultimo gioco di Arkane Lyon

Il concept

Giustamente posto sulla copertina della campagna di marketing, il concept di Deathloop comprende un’isola misteriosa, Blackreef, sulla quale otto visionari hanno dato vita ad un loop temporale giornaliero che ha intrappolato anche il nostro protagonista chiamato Colt.

Arkane notoriamente porta avanti la propria idea di intrattenimento scevro di compromessi

Distinguendo quattro momenti della giornata (mattina, mezzogiorno, pomeriggio, sera) e quattro distretti dell’isola (Updaam, Il complesso, Fristad Rock, Karl’s bay), il nostro obiettivo è pianificare la giornata perfetta in cui riuscire ad uccidere tutti i visionari, ponendo cosi fine al loop. Questa pianificazione deve avere luogo a seguito di una lunga e coscienziosa raccolta di indizi, i quale ci consentiranno di adescare i nostri target nei posti e nei tempi a noi più comodi per farli fuori. 

Deathloop si svolge a Blackreef

Sebbene si tratti di un concept estremamente originale e affascinante, tenere in piedi una premessa tanto impegnativa comporta un prezzo da pagare in termini prettamente ludici. Il gioco accetta infatti di perdere la sua linearità (e fin qui nessun problema) e di ridurre notevolmente la varietà e vastità del mondo in cui è ambientato. Quest’ultimo, percepito come un duro colpo per due motivi: in primis, la taglia modesta dell’isola rappresenta un sandbox limitato pur considerando le variazioni sul tema che avvengono nei diversi momenti della giornata; in secundis, Arkane si era distinta in passato per la versatilità artistica e ludica che infondeva nei livelli di gioco e, per quanto diversi fra loro, i quattro distretti dell’isola non reggono il confronto con le ambientazioni dei predecessori, tra i quali il già citato Dishonored 2 e Prey (quest’ultimo sviluppato dalla divisione texana dello studio ma assumiamo che il savoir faire sia largamente condiviso con la parte francese della software house).

Queste osservazioni non intendono intaccare l’effettiva qualità del level design, da sempre un’eccellenza forse assoluta nell’intero panorama videoludico, quanto sottolineare come le scelte di design fatte alla base del gioco comportino sempre dei pro e dei contro.

Uno dei quattro distretti in cui si svolge Deathloop, Updaam

La ripetitività

Largamente assente dai precedenti giochi Arkane, la ripetitività, intesa come tentare molteplici volte la medesima missione oppure ripercorrere gli stessi luoghi per obiettivi diversi, fa parte di Deathloop. Sebbene l’ambizione dell’avventura sia quella di far vivere al giocatore delle variazioni sul tema della medesima giornata, a volte questo si traduce nel fastidio di dover ripetere troppe volte cose simili in luoghi familiari. Questo risulta molesto in occasioni di missioni concatenate dove fallire un obiettivo comporta il dover ripetere compiti ancillari in momenti precedenti della giornata, in modo da ricreare le condizioni volute in un dato lasso di tempo: il riferimento è alla sequela di missioni legata alla scoperta del meccanismo del loop.

Le fondamenta del gameplay del gioco sono coinvolgenti, anche grazie a uno shooting sorprendentemente reattivo e a un ottimo feedback tuttavia, alla lunga, vengono a mancare le situazioni estemporanee e sorprendenti che invece tradizionalmente distinguevano sia Dishonored che Prey.

Deatloop, gameplay

Stealth, spazi aperti ed intelligenza artificiale

L’intelligenza artificiale di Deathloop è stato uno dei pochi punti deboli su cui si sono concentrate le critiche più severe, con largo consenso della stampa internazionale. In termini fattuali, questa semplicità di comportamento dei nemici implica che basta nascondersi trenta secondi per far si che si dimentichino completamente delle nostre malefatte.

Basta nacondersi 30 secondi per essere dimenticati dai nemici

Nulla di paragonabile insomma alla dettagliata interazione degli NPC di The Last of Us Parte 2 tuttavia il gioco Arkane non si lascia rompere tanto facilmente da questa meccanica e non manca di proporre un livello di sfida valido (corroborato, tra l’altro, dalla mancanza della scelta del livello di difficoltà). La gestione dello stealth è resa più problematica dalla presenza di vasti spazi aperti, all’interno dei quali i movimenti dei nemici e del protagonista sono meno scontati. Secondo una vecchia teoria personale, che risale al lontanissimo (e bellissimo) Metal Gear Solid 3 Snake Eater, ambienti esterni lavorano in sfavore della meccanica dell’infiltrazione, sottolineandone le mancanze e le approssimazioni rispetto alla realtà (che non è ovviamente raggiungibile da un videogioco, né probabilmente sarebbe lucidamente interessante).

Non a caso, alcune delle missioni più interessanti di Deathloop si svolgono all’interno di grandi palazzi o complessi sotterranei, in cui il level design si esalta fornendo tante vie di accesso differenti ed il comportamento dei nemici si incanala più facilmente in comportamenti semi-realistici.

Deathloop, lo stealth rappresenta una scelta consigliata

In conclusione

Deathloop ci è piaciuto, semplicemente non lo riteniamo il pinnacolo dell’opera dei suoi creatori ed è per questo sorprendente vederlo raccogliere onori e premi che sono stati negati ai suoi predecessori. Forse si tratta di un’evenienza legata alla forte valenza di marketing dell’esclusività temporale PS5 oppure all’essere un gioco originale circondato da cose più dozzinali. A ogni modo non siamo certamente dispiaciuti della considerazione finalmente accordata allo studio franco-texano.

Considerata anche l’acquisizione da parte di Microsoft e la conseguente entrata nella galassia Game Pass, che funziona con logiche slegate dalla vendita al dettaglio dei giochi, siamo certi che Arkane avrà un futuro florido per tentare di mettere a frutto la propria votazione creativa.

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